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Autore: Padme Mercury    11/07/2016    2 recensioni
Padme è una giovane donna come tante altre. Laureata, con un lavoretto che, per ora, la soddisfa, si trova un giorno a viaggiare assieme ad uno strano uomo in una strana cabina blu. E questo strano uomo, che si fa chiamare "Dottore", un giorno la porta in un posto che non si sarebbe mai immaginata.
Padme incontrerà delle persone che sognava di conoscere da tanti anni. Ma non tutto quello che il suo cuore desidera potrà avverarsi davvero.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Don't take it away from me because you don't know what it means to me




Lasciarono da parte il bicchiere vuoto e, questa volta, fu Padme ad alzarsi per prendere da bere. Un'altra birra per Freddie e una bibita analcolica per lei. Tornò al tavolo non senza fatica, cercando di non far strabordare i liquidi dai bordi. Il barista aveva decisamente abbondato, prima non erano così pieni. Gli avvicinò gentilmente la birra e si sedette nuovamente al suo posto, sospirando.
“Decisamente difficile!” disse teatralmente, poggiandosi una mano sulla fronte. Freddie rise.
“Ma non rompere le palle!” la prese in giro. La ragazza fece finta di essersi offesa, alzando il mento verso destra e incrociando le braccia sul petto. “Tra l'altro, ti ha riempito di più i bicchieri. Ovvio, ad una bella ragazza…”
“Bella ragazza… Allora doveva riempirli così a te, Melina” scherzò lei, facendo una smorfia. Lui rise.
“Ehi! Però è un bel nome se dovessi fare la drag queen… Lo terrò presente”
“Scemo!” rise lei, assieme a lui. Avrebbe dovuto dirgli anche il nome che avrebbe avuto Elton John in quel loro strano gioco? No, era meglio di no. Si sarebbe accontentata di essere l’ispirazione per il suo, era un traguardo che la faceva già sentire bene. “Comunque c'è una ragazza che continua a fissarti” disse poi in modo semplice, rilassando le spalle e tornando a guardare di fronte a sé.
“Se è rossa e seduta al tavolo con me, lo sapevo già” rise nuovamente, ma smise subito allo sguardo truce della ragazza.
Guardò oltre la sua spalla e effettivamente c'era una ragazza che lo guardava. Scrollò le spalle, osservando le bollicine della schiuma candida che scoppiavano a contatto col vetro.
“Non mi interessa”
Padme rimase decisamente stupita da quell’affermazione. Non se lo aspettava, ma quella piccola frase l’aveva resa dannatamente felice. Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso, non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. Ma la semplicità della sua voce avvolta dalla sua solita dolcezza… L’aveva fatta sciogliere. Ogni minuto che passava con lui, sentiva di adorarlo sempre di più. Non solo come Freddie Mercury, ma proprio come uomo. Adorava Farookh, quel giovane uomo gentile ed altruista, un po’ ingenuo ma dolce. Era meraviglioso parlare con lui, vedere come i suoi occhi si illuminavano ogni volta che si parlava di qualcosa che amava.
Sorseggiò piano la sua coca cola, facendo scoppiare le piccole bollicine pungenti sul palato in una sorta di solletico. Tenne lo sguardo basso, verso il bicchiere. Vedeva le sue mani, le dita lunghe e aggraziate della mano sinistra dipinte di nero che tamburellavano gentilmente sul tavolo a ritmo di una musica che aveva lui in mente. Probabilmente pensava al concerto che stava per arrivare o a una canzone che avrebbe voluto mettere nel prossimo album. Non ne aveva idea, Padme, non riusciva a riconoscerne il motivo. Le spuntò un leggero sorriso sulle labbra. Adorava quelle mani, le aveva sempre viste in foto e avrebbe potuto riconoscere il proprietario anche solo da quelle. Erano tutto il contrario delle sue. Quelle di Freddie erano grandi, belle e delicate. Contrasse appena le dita contro il bicchiere freddo.
“Ehi, tutto bene?” lo sentì dire. Alzò la testa, leggermente confusa, e lo vide guardarla con le sopracciglia corrugate e lo sguardo a metà tra il preoccupato e il curioso. Quanto tempo era rimasta a fantasticare?
“Sì, certo… Vado in bagno un attimo” replicò sorridendo, mentre si alzava. Lui annuì leggermente e la ragazza si allontanò, cercando non senza difficoltà le indicazioni per il bagno. Alla fine dovette arrendersi e chiedere informazioni alla ragazza che stava al bancone, seguendo poi la strada che le aveva indicato.
Aveva sempre avuto difficoltà a trovare i servizi in posti come quello, ogni tanto aveva fatto anche delle figuracce. Una volta si era trovata in un'altra sala con le persone che stavano mangiando. L'avevano guardata con altissimo sospetto, dal momento che stava facendo passare il suo sguardo verde su tutta la sala. Sembrava quasi stesse cercando qualcuno o avesse qualcosa di losco in mente.
Scosse la testa mentre si lavava le mani, reprimendo una leggera risatina. Ne aveva fatte di figure di merda, abbastanza da riempire un intero libro.
Aprì la porta del bagno e tornò verso il suo tavolo. Chissà se Freddie si sarebbe messo a ridere a quelle storie… Rimase impietrita quando vide la scenetta che le si parò davanti.
Deglutì un paio di volte. C'era una ragazza seduta di fianco a Freddie. Di fianco poteva sembrare un eufemismo, visto che aveva letteralmente il seno spalmato sul suo braccio e sembrava cercare di attirare la sua attenzione in tutti i modi possibili. Lui non sembrava prestarle molta attenzione, ma non l’avrebbe di certo biasimato se avesse deciso di ricambiare, di flirtare con lei. Si era quasi dimenticata del fatto che a lui piaceva farlo, ma forse in quel momento si sentiva in colpa.
Si avvicinò trattenendo il respiro. Non guardò il sorriso che l'uomo le stava rivolgendo in quel momento, si limitò a prendere la borsa e il giubbino. Sapeva che lui, molto probabilmente, era confuso da quel comportamento. Chiunque lo sarebbe stato. Uscì rapidamente dal pub, fortunatamente passando inosservata. Probabilmente erano abituati a scenate e uscite più teatrali. Lei sembrava solamente avere fretta, come se fosse in ritardo o qualcuno la stesse aspettando fuori. Non che fosse tanto sbagliato. Forse avrebbe dovuto andare dal Dottore per tornare a casa. Sarebbe stata la cosa giusta da fare, lei non apparteneva a quell’epoca, per quanto le sarebbe piaciuto. Non avrebbe mai dovuto passare nemmeno un minuto in più in quella Londra, nella sua Londra.
“Padme! Cazzo, ti vuoi fermare o no?!” lo sentì strillare dietro di lei. “È la quarta volta che ti chiamo!” concluse, avvicinandosi di più e prendendole il polso. Lei si fermò, prese un grosso respiro e si girò verso di lui.
“Torna dentro…”
“Non senza di te”
“Ma quella ragazza era interessata a te. Ed era bella. Molto bella” replicò con un sorriso triste. In effetti era vero. Aveva i capelli più rossi dei suoi, gli occhi azzurri e anche da seduta sembrava molto più alta di lei. In più era decisamente più magra e… Apparteneva a quel tempo. Sarebbe stato più giusto.
“Sei gelosa?” la stuzzicò con un sorrisetto, che però sparì non appena incrociò il suo sguardo. Sospirò, passandosi le mani nei capelli. “Senti, non mi interessa quella ragazza. È bella e tutto quello che vuoi, ma non è lei che mi interessa. Chiaro?”
“Non parlo di impegni. Parlo di una notte, di sicuro ti divertiresti di più e-”
“Dio, ma ti ascolti quando parli?! Sei fottutamente insopportabile!” la fermò, quasi urlando.
Padme rimase a guardarlo. Si sentiva in colpa, dannatamente in colpa. Fece un passo indietro, come per andare via. Di sicuro non l'avrebbe più voluta lì…
“Dove cazzo stai andando?”
“Me ne vado. Non mi sopporti, è inutile che stia qui…”
Lo sentì fare un verso esasperato, per poi tirarla verso di sé. Lo guardò confusa, stava per parlare ma venne zittita immediatamente dalle sue labbra. Le sue mani, quelle bellissime mani scivolarono a tenerle il viso, le accarezzò le guance con i pollici. La ragazza stette, dal canto suo, immobile, gli occhi spalancati. Come era successo? Un momento prima le diceva che era insopportabile e quello dopo… Quello dopo la baciava. Era contraddittorio, sbagliato e bellissimo. Piano, quasi tremante, poggiò le sue mani sui polsi dell'uomo, chiudendo lentamente gli occhi. Decise di prendere il coraggio a due mani e ricambiò quel bacio, per non fargli credere che fosse sgradito. In effetti, era una cosa su cui aveva fantasticato per tanto tempo. Si era sempre chiesta se quelle labbra erano morbide come sembrava, che sapore avessero. Ora lo sapeva, sapeva com'era baciare quell'uomo che sembrava così irraggiungibile.
Sapeva di birra, quella che aveva bevuto prima e, probabilmente, lasciato a metà per rincorrerla. Aveva sempre odiato la birra, ma in quel momento le piaceva più che mai. Si sposava perfettamente con il sapore delle sue labbra, quasi fosse un accostamento obbligato.
Anche lui si sentiva il cuore nelle orecchie? Non avrebbe saputo dirlo. A lei batteva così forte da farle male al petto, le costole scricchiolavano come pronte a frantumarsi da un momento all'altro.
Rimase con gli occhi chiusi anche qualche istante dopo che le loro labbra si furono separate. Credeva fosse un sogno, e non voleva farlo terminare. Era troppo bello per vederlo sciogliersi come neve al sole. Quando li riaprì, ogni traccia di ostilità era sparita dagli occhi neri del suo compagno. Sorrideva, e lei non poté fare a meno che imitarlo. Anche la minima traccia di quella stupida ed insulsa gelosia che provava prima era svanita. Stava semplicemente bene lì, assieme a lui. Era tranquilla nonostante le tremassero le gambe e il cuore le battesse ancora come un martello.
“Direi che possiamo anche andare…” si azzardò a sussurrare lui, rompendo il silenzio con quella sua voce dolce e melodiosa. La ragazza si limitò ad annuire piano, allungando una mano a prendere timidamente la sua. Lui gliela strinse con più coraggio, incamminandosi con lei al suo fianco.
Le era sempre piaciuto passeggiare lungo il Tamigi alla sera, da quando si era trasferita nella metropoli. Adorava vedere come la luce della luna e quelle di case e negozi si riflettessero nell’acqua nera, impreziosendola di tocchi adamantini e arcobaleno. Era meraviglioso, si sentiva sempre bene quando i suoi occhi incontravano quella vista meravigliosa. Alzò leggermente lo sguardo, incontrando il profilo dell’uomo che era lì con lei. Somigliava un po’ ai suoi occhi. Anch’essi erano neri e luccicavano quando colpiti da una luce esterna o interna. Padme adorava gli occhi chiari, i suoi preferiti erano quelli verde chiaro. Credeva fossero meravigliosi, non come i suoi che erano di un verde così scuro da essere scambiato per marrone. Tuttavia, non aveva mai visto degli occhi più belli di quelli di Freddie. Era abbastanza ironico, se ci pensava. Erano del colore più scuro a cui potesse pensare, eppure lei li avrebbe scelti a scapito di qualsiasi altro senza pensarci due volte.
“Vuoi andare da qualche parte in particolare?” chiese lei, quasi come se stesse chiedendo qualcosa di estremamente imbarazzante. E in effetti, ai suoi occhi poteva anche sembrarlo. L’uomo scosse la testa.
“Se per te va bene, potremmo andare da me” suggerì con tranquillità e anche un mezzo sorriso sul volto. Padme si sentì mancare il respiro per qualche istante. Le stava davvero chiedendo di andare a casa sua?! Sembrava incredibile. Beh, tutta la serata lo era, a pensarci bene. Quasi era tentata di tirarsi un pizzicotto per scoprire se fosse davvero sveglia oppure se stesse solo dormendo.
Si accorse che stava ancora aspettando una risposta, allora annuì e gli sorrise leggermente.
“Certo” sussurrò timidamente, al che il sorriso dell’uomo si allargò e la stretta sulla sua mano si fece più ferma.

****


“E questa è casa! Non è molto grande, ma prima o poi avrò una villa enorme con un giardino meraviglioso” annunciò Freddie, sorridendo mentre teneva la porta aperta per la ragazza. Lei sorrise. Parlava di Garden Lodge, lo sapeva. Avrebbe tanto voluto essere lì con lui una volta costruita per poter vedere quel bellissimo sorriso e i suoi occhi luccicare di orgoglio e felicità. Sarebbe stato meraviglioso.
“Secondo me è molto carina. Già è più grande di casa mia!” ridacchiò lei, passando la mano su un mobile. Aveva bisogno di toccare quelle cose, di sentire che era davvero lì e non stava immaginando tutto. Sentì la sua risata leggera e dolce, non riuscì a trattenere un altro sorriso mentre guardava ciò che la circondava.
“Fa caldo qui dentro, ti consiglio di togliere il giubbino. A meno che tu non voglia scioglierti, allora non ti posso dire nulla, mia cara” le suggerì, appendendo il suo chiodo e la sciarpa all’attaccapanni. Lei si girò e annuì. In effetti cominciava ad avere estremamente caldo, non se ne era accorta prima. Gli passò la giacca e la borsa e tornò a passeggiare per il salotto. Era davvero molto carino, le piaceva.
“Mi suoni qualcosa?” esordì, indicando il pianoforte. Lui la guardò, forse un po’ sorpreso, ma subito sorrise e annuì.
“Certo, perché no? Hai qualche idea?” le chiese, sedendosi sullo sgabellino lungo e facendole cenno di mettersi di fianco a lui. Si accomodò, gonfiando le guance mentre pensava alle canzoni che poteva chiedere. Scosse poi la testa, facendo girare i ricci tutti attorno al viso.
“No. Stupiscimi!” si morse il labbro inferiore, osservando i tasti bianchi e neri di quello strumento che tanto la affascinava.
Lo vide tenere la lingua tra i denti mentre pensava a tutte le canzoni che poteva riproporle al piano, per poi sorridere quando gli venne in mente. Le sue dita iniziarono a muoversi elegantemente sui tasti, producendo una musica dolce e lenta, molto simile ad una ballata romantica. Non riconobbe subito la melodia, non riusciva a ricondurla ad un titolo, ma l’aveva già sentita. Probabilmente era dei Beatles, lo stile era quello - sebbene filtrato da quello di Freddie, cosa che le faceva apprezzare la canzone ancora di più.
“Something in the way she moves, attracts me like no other lover, something in the way she woos me...” iniziò a cantare. Something dei Beatles, ecco cos’era. Sorrise e chiuse gli occhi, ondeggiando leggermente a ritmo di musica. Era meraviglioso, bellissimo. Si ricordò che, quando l'aveva ascoltata la prima volta, aveva subito pensato che sarebbe stata meravigliosa cantata da lui. Era contenta di sentire che non si era sbagliata. La sua voce la accarezzava e la cullava, ogni parola sembrava misurata e creata al momento, apposta per loro due. Era così bello…
Aprì gli occhi e lo guardò. Osservò le sue mani muoversi con velocità e dolcezza sullo strumento. Erano quasi ipnotiche. Erano molto più lente rispetto a quando suonava ai concerti, la melodia era più dolce. Passò poi alle sue labbra. Le guardò arricciarsi e vestire le parole, che assumevano una sfumatura ancora più dolce grazie a quella bocca. Adorava come si arrotondavano e luccicavano, rosse e carnose alla luce del lampadario.
Lo afferrò per la manica non appena ebbe finito si suonare e si avventò sulla sua bocca, baciandolo quasi con urgenza. Ne sentiva il bisogno, aveva bisogno di sentire le sue labbra contro le proprie. Erano morbide e dolci, si muovevano con gentilezza. Le passò una mano sulla nuca, avvicinandosi di più a lei mentre giocava con i suoi capelli. Schiuse leggermente la bocca, lasciandogli libero accesso alla bocca. I denti non davano fastidio, sembravano quasi non esserci, e lui era così dolce e gentile in quel bacio.
Lo vide sorridere quando si separarono, era leggermente divertito.
“Adesso prendi tu l’iniziativa, eh?” chiese trattenendo una leggera risata, ma continuando ad accarezzargli dolcemente i capelli. Lei arrossì violentemente. Non ci aveva pensato, aveva ragione… Doveva scusarsi? Non lo sapeva nemmeno lei, si sentiva così in imbarazzo!
“S-scusa…?” chiese poco convinta. Non sapeva precisamente se dovesse farlo, ma era come se si sentisse in dovere di scusarsi. Quasi lo avesse offeso a morte. Lui sorrise e scosse la testa gentilmente.
“Non devi scusarti. Ero solo un po’ sorpreso perché sembravi molto timida, mia cara. Ma non disdegno affatto, non credere! Apprezzo davvero molto” commentò con un sorriso, gli occhi socchiusi.
Padme dovette mordersi il labbro inferiore per non dire cose a sproposito, magari mezze urlandole perché lei non era affatto capace di modulare la voce. Perché doveva essere tutto così difficile? Non poteva essere come tutte le altre ragazze che trovano estremamente facile approcciarsi agli altri senza fare brutte figure? Doveva essere sempre quella goffa, quella strana, che dice battute a sproposito che non fanno ridere nessuno se non lei.
“Padme? Ehi, ci sei?” le agitò una mano davanti, ridendo. Lei arrossì ancora di più se possibile e balbettò qualche scusa sconnessa. Appunto, parlava di figuracce…
“Scusa, mi ero incantata” replicò, cercando di suonare il più naturale e tranquilla possibile. Si azzardò anche a sorridergli come niente fosse. Lui rise leggermente, scuotendo appena la testa.
“Me ne ero accorto!” si passò una mano tra i capelli, ravvivandoli. Era forse nervoso anche lui…? “Posso offrirti qualcosa? Non so… Quello che vuoi” Padme ridacchiò. Si sarebbe divertita…
“Voglio vederti cucinare!” esclamò con un sorriso sornione. Lo vide immobilizzarsi e guardarla con gli occhi spalancati.
“Scusa?”
“Hai capito bene!”
“Ma non so cucinare!”
“Appunto per questo voglio vederti farlo!” disse, non riuscendo più a trattenere una grossa risata che cercò comunque di dissimulare e nascondere con una mano.
“Allora sei stronza!” esclamò, cercando di suonare arrabbiato ma non riuscendo comunque a nascondere la risata. La prese per i fianchi e iniziò a farle il solletico. Lei cominciò a ridere e dimenarsi per cercare di sfuggirgli, ma lui la tenne più stretta. “Eh no, adesso la paghi!” aggiunse, continuando a muovere le dita contro i suoi fianchi.
“Smettila!” quasi urlò, senza riuscire a smettere di ridere. Lo prese per i polsi e si liberò, scappando dall'altra parte della casa. Sentì distintamente che anche lui si era alzato e, ridendo leggermente, la voleva seguire.
Si chiuse nella prima stanza che trovò, riprendendo fiato e massaggiandosi i fianchi. Si guardò attorno. Era finita nella sua camera da letto… Si morse il labbro. Dannazione! Non ne aveva intenzione, lei…
“Ah, passi già lì, eh?” commentò lui dopo aver aperto la porta, poggiandole le mani sulle spalle. Lei sobbalzò, sorpresa. Si girò verso di lui.
“No, in… In realtà è la prima stanza che ho trovato e… Non volevo!”
Lui scosse la testa, come a dirle che non doveva preoccuparsi e men che meno scusarsi. Si allontanò leggermente, andando verso il comò.
“Mi sono piaciute le correzioni su Death on two legs di stamattina” disse con tono calmo, ravanando nei cassetti. Tirò fuori dei fogli scritti, quasi non c'era più uno spazio bianco. Glieli porse. “Non so se riuscirai a capirci qualcosa, non credo, ma vorrei la leggessi”
Padme annuì, prendendo i fogli. Si tolse le scarpe e si andò a sedere a gambe incrociate sul letto, la schiena contro un cuscino. Sentì il materasso abbassarsi di fianco a lei e le molle cigolare pigramente, segno che anche Freddie si era accomodato. Guardò i fogli. C'erano righe scritte e poi cancellate, scarabocchi e disegnini ornavano quasi ogni angolo. Si sistemò gli occhiali e si portò i capelli indietro, cercando di decifrare le parole che riusciva a malapena a leggere.
“Non si legge un cazzo! Nemmeno il titolo!”
Lui rise, passandosi una mano sulla fronte.
“Lo so, tesoro. Quello è il foglio peggiore. Ecco, prendi questo…” sfilò uno degli ultimi dalle dita della ragazza, mettendolo in cima. “Ho provato a scriverla mettendo assieme tutto, ma non mi convincono molto alcune parti”
La ragazza annuì, assicurandolo con il pollice ai suoi compagni. Si costrinse a rimanere calma. In cima capeggiava la grande ed elegante scritta ‘Bohemian Rhapsody’. Si schiarì la gola, iniziando a leggere il testo. Era perfetto, era proprio quello… Voleva dire che non ne era così sicuro? Sorrise.
“È perfetta così. Davvero. Sarà un grande successo!”
“Dici davvero?” si raddrizzò con la schiena, gli occhi gli brillavano. “Vorrei farla in parte operistica, una specie di opera rock, ma non credo che la manderanno mai per radio…”
“Fidati di me, un modo lo troverai” gli fece l'occhiolino. “Credo proprio che con questa canzone sfonderete e sarete conosciuti dappertutto!” non voleva dirgli che sarebbe successo davvero, non gli avrebbe creduto. Ma quello sembrava un augurio, un qualcosa che tutti potrebbero dire e che, se avverato, può sembrare mera coincidenza. Lo vide sorridere, felice e impaziente di vedersi finalmente famoso. “Ho una sola domanda…”
“Tutto quello che vuoi”
“Che cosa significa?” non le costava nulla chiederglielo. Al massimo non le avrebbe risposto. Ma lei era così curiosa… Voleva saperlo, non lo avrebbe detto a nessuno. Sarebbe stato il suo piccolo, grande segreto. Freddie sorrise, scuotendo leggermente la testa.
“Mi spiace, ma il segreto mi seguirà nella tomba!” ridacchiò.
“Allora ti conviene inventare qualcosa per le interviste, te lo chiederanno di sicuro!” in fondo sapeva che non glielo avrebbe detto. Era forse un po’ delusa? No, non molto… andava bene così, dopotutto.
“Dirò che non lo so!” commentò con nonchalance. “Ti piace davvero?”
“Da morire” replicò sorridendogli dolcemente. Lui si sollevò e si allungò appena, prendendo delicatamente i fogli e poggiandoli sul cuscino. Le stampò poi un bacio sulle labbra con tanto di schiocco.
“Ti fermi a dormire?”
“Io credo…” si illuminò una lampadina nel suo cervello. Dannazione, e se Mary fosse arrivata? Di sicuro non sarebbe stata felice e avrebbe potuto rovinare la vita di entrambi in un modo che non avrebbe voluto immaginare. “La tua fidanzata non torna a casa stasera?”
“Mary? No, è dai suoi genitori… Sua madre non sta molto bene e quindi suo padre ha chiesto aiuto a lei. Non preoccuparti” le sorrise, passandole una mano tra i capelli. Si sentiva leggermente sollevata. Non voleva certo andarsene in quel momento, voleva stare con lui tutto il tempo possibile.
Si sistemò di fianco a lui, stirando leggermente la schiena. Gli passò un braccio attorno al petto. Aveva un buon profumo, le piaceva molto. Soffocò uno sbadiglio, mettendosi meglio. Le carezze dell'uomo sulla schiena la rilassavano così tanto… Prese a giocare con i suoi capelli, come faceva sempre quando era stanca.
“Vuoi cambiarti?”
“Mh?”
“In caso ti addormenti. Non credo siano molto comodi quei vestiti…”
“Non è una scusa per guardarmi mentre mi spoglio?” replicò, tuttavia si alzò annuendo. In fondo aveva ragione, le conveniva cambiarsi.
“Cazzo, mi hai scoperto!” commentò ridendo, aprendo un cassetto dell’armadio e lanciandole una t-shirt bianca e un paio di pantaloncini. Gli mostrò il dito medio e si cambiò, notando con la coda dell'occhio che lo stava facendo anche lui. Si tolse il reggiseno una volta che aveva indossato la maglietta, poggiandolo sopra agli altri vestiti. “Potevi toglierlo anche prima…”
“Pervertito!” ridacchiò sedendosi accanto a lui.
“Non vi capisco voi donne. Perché lo portate se ve ne lamentate sempre?”
“Beh…” l'aveva presa in contropiede. Già, perché lo facevano? Era effettivamente una tortura. “Le donne con le tette grosse devono metterlo per tenerle… Altrimenti poi fa male la schiena”
“Okay, e quelle piatte come te?”
“Ehi!” gli tirò uno schiaffo sul braccio mentre lui rideva e cercava di proteggersi. “Decenza, credo. Io poi cerco di farle sembrare più grandi. Anche se a volte vado in giro senza”
“Dovresti farlo sempre! Come le hippie. Così si vedrebbero sempre dei bei meloni saltellare su e giù!” rise di nuovo, mentre Padme lo guardava stizzita e gli tirò un pizzicotto sul fianco.
“Ma certo che sei stronzo!”
“Fino al midollo, tesoro!” affermò, prendendole i polsi e tirandosela più vicino per poterle dare un bacio.

****


Padme si svegliò quando il sole era già alto nel cielo la mattina dopo. Si stropicciò gli occhi. Girò la testa e sorrise leggermente. Quasi si era dimenticata di essere lì. Freddie stava ancora dormendo, il viso mezzo affondato nel cuscino e un braccio attorno alla vita della ragazza. Di sicuro il risveglio più bello che avesse mai avuto. Si allungò sul comodino per riprendere gli occhiali, cercando di non svegliarlo. Diede un'occhiata alla sveglia. Le nove meno un quarto. Non era nemmeno così tardi, avevano ancora un po’ di tempo da passare assieme.
Si alzò, scivolando via dal suo abbraccio il più piano possibile. Non voleva svegliarlo, non in quel momento almeno. Sgattaiolò in bagno e, dopo qualche minuto, in cucina. Voleva preparare la colazione, sperando di non far danni. Magari sarebbe riuscita a fare un the decente. O forse no. Ma voleva provarci lo stesso. Al massimo avrebbero pulito e sarebbero andati a mangiare fuori.
Frugò tra i ripiani dei mobiletti finché trovò il bollitore. Lo riempì d’acqua e lo mise sul fuoco, dedicandosi poi alla ricerca delle bustine del the. Le fece scivolare gentilmente nelle tazze, stando attenta a prendere l’Earl Grey, il preferito dell'uomo. Rimase qualche istante davanti alla teiera. Come faceva a sapere quando era pronto? Doveva fischiare, come le pentole a pressione? Era abituata ai bollitori che suonavano, o al massimo a mettere la tazza piena di acqua calda nel forno a microonde per un minuto. Si grattò la testa. Era completamente senza idee.
“Problemi col the, tesoro? E poi sarei io quello che non sa cucinare?” ridacchiò divertito Freddie, passandole le braccia attorno da dietro. Poggiò il mento sulla sua spalla, l'aria divertita mentre Padme gli faceva la linguaccia.
“Non ho mai detto di esserne capace, in realtà. Comunque non sei simpatico!”
“Ah, che peccato! E dire che volevo svelarti come capirlo…” disse, nascondendo una risatina nel collo della ragazza. Era quasi in procinto di chiederglielo, quando un fischio acuto nacque dalla teiera. Gli mostrò il dito medio, trionfante.
“Non ne ho più bisogno!”
“Allora sono inutile!” rise di nuovo, separandosi da lei e alzando le mani. Prese un pacco di biscotti che lanciò sul tavolo mentre lei versava l'acqua nelle tazze e le poggiava davanti a due sedie.
“C'è il miele?”
L'uomo annuì, indicandole un mobiletto sopra il ripiano della cucina. Padme si alzò in punta di piedi per riuscire a raggiungerlo, odiava essere così bassa. Recuperò anche un cucchiaino e si sedette di fianco a lui, addolcendo il the e addentando un biscotto. Fecero colazione in silenzio. Si sarebbero dovuti separare in poco tempo, nessuno dei due voleva farlo.
Una volta finito, misero tutto nel lavandino. Padme voleva lavare, ma Freddie le disse che non doveva preoccuparsi. Lo avrebbe fatto lui dopo. La sospinse verso la camera per cambiarsi. Non doveva far tardi, altrimenti avrebbe perso il suo viaggio.
“Dove devo accompagnarti?”
“Allo studio di registrazione di ieri. È lì che viene a prendermi il mio… Amico” disse leggermente esitate, allacciandosi la camicia. Lui annuì, finendo di vestirsi a sua volta.
Quando furono pronti, uscirono di casa e presero un taxi. Il viaggio fu abbastanza silenzioso, disturbato solamente da alcuni vani tentativi del tassista di instaurare una conversazione e le note di varie canzoni che passavano alla radio. Era decisamente imbarazzante. Non era uno di quei silenzi tranquilli, in cui non si ha bisogno di parlare. Lì non sapevano cosa dire, a parte qualche risatina alle battute del conducente o delle risposte mezze borbottate. Ovviamente lui non aveva riconosciuto Freddie. Padme si trovò a pensare che sarebbe stato divertente quando, in futuro, quell'uomo si fosse reso conto a chi aveva dato un passaggio. Probabilmente avrebbe sputato il caffè o qualsiasi cosa avesse in bocca. Fu tuttavia veloce ad arrivare a destinazione. Dopo una breve lotta per chi dovesse pagare il passaggio - che vinse Padme - si trovarono davanti agli studi di registrazione. Freddie si passò una mano tra i lunghi capelli corvini.
“Abbiamo ancora dieci minuti” disse piano, guardandola negli occhi. Lei annuì, deglutendo a vuoto. “Ci rivedremo?”
“Io… Non lo so. Lo spero” gli disse con un leggerissimo sorriso. Non ne era per niente convinta, il Dottore non l'avrebbe di certo portata di nuovo da lui. Si mordicchiò il labbro inferiore.
“È un addio, quindi?” mormorò, aggrottando le sopracciglia. Padme non riusciva a guardarlo negli occhi. Quegli occhi così belli… Non poteva mentirgli guardandolo così. Sospirò pesantemente.
“Per ora… Sembrerebbe di sì. Vorrei tanto che non lo fosse…” si strinse appena nel giubbino per la folata di vento. Freddie ridacchiò leggermente, ma la ragazza poteva percepire una leggera nota di tristezza dietro la sua voce. Si sentì sfiorare la guarda e alzò lo sguardo, incontrando il suo. Sorrideva. Come poteva esistere un uomo più perfetto di lui?
“Nemmeno io. Però sono contento di averti incontrata” continuò, poggiando la fronte contro la sua. Padme poteva sentire il suo profumo dolce entrarle nelle narici. Lo amava, non poteva negarlo. Si separò leggermente, togliendosi un anello e mettendoglielo in mano. Era una semplice fedina d'oro, senza niente di particolare.
“Tienilo. Mettilo quando vuoi e sarà come avermi lì con te” si passò la lingua sulle labbra. Sapeva che quello suonava come un vero e proprio addio, ma in fondo sapeva che lo era. Vide l'uomo annuire e infilarsi l'anello sull'indice destro. Guardò l'orologio da polso e sospirò. “Devo andare ora…”
“Devi per forza?”
“Sì… Non vorrei nemmeno io” accennò un sorriso leggero nella sua direzione e gli accarezzò piano una guancia. “Ciao…” quasi aveva paura paura dire quella parola. Si girò e iniziò ad allontanarsi. Si bloccò quando si sentì prendere per un braccio. Si trovò velocemente tra le sue braccia e sentì le sue labbra permute con forza contro le sue. Si trovò a ricambiare quel bacio con le mani sul suo viso. Forse quello sarebbe stato il loro ultimo bacio. anzi, ne era convinta. Quando si separarono, rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, finché Freddie aprì la bocca per parlare.
“Credo che ora tu debba proprio andare…” sussurrò.
“Già…” sospirò. Si guardarono ancora per qualche istante e poi si salutarono con una dolce e leggera carezza.
Padme si infilò nel vicoletto buio in cui sapeva trovarsi ancora il Tardis. E infatti era lì, sempre meraviglioso. Sospirò e tirò fuori la sua chiave, aprendolo e entrandovi a passo lento. Il Dottore alzò la testa, sorridendo felice.
“Padme! Bentornata! Dove andiamo?” chiese entusiasmato, pigiando qualche tasto. La risposta della ragazza, però, gli fece abbassare le spalle. La guardò con gli occhi grandi, dispiaciuto. In fondo sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma si era lasciato convincere. La vide andare via con la schiena curva. Il Dottore sospirò. Gliela doveva, doveva farlo per l'ultima volta. Digitò una data, lontana di qualche anno. Probabilmente se ne sarebbe pentito, ma non poteva viaggiare con la sua compagna in quello stato. Doveva porvi rimedio assolutamente.
24 novembre 1991. Sì, doveva portarla lì.
   
 
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