Fumetti/Cartoni americani > I Pinguini di Madagascar
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Autore: Koome_94    12/07/2016    4 recensioni
Soldato ha diciannove anni quando si iscrive al primo anno del College più rinomato degli Stati Uniti.
Timido e impacciato, si troverà subito nei pasticci, costretto dal regolamento scolastico ad iscriversi a uno dei mille Club Studenteschi.
Skipper, capo e fondatore del Club di Spionaggio, vede la sua associazione a rischio soppressione a causa della carenza di iscritti. Assieme ai suoi fratelli gemelli, il geniale Kowalski e l'esplosivo Rico, troverà nella giovane matricola dallo sguardo ingenuo la leva giusta per salvare il suo club.
Ma il Club di Spionaggio affonda le sue radici in una storia torbida e pericolosa, una vicenda di vendette e ricatti nella quale il giovane Soldato rimarrà suo malgrado invischiato.
Chi sono i misteriosi Johnson e Manfredi, che sembrano tanto tormentare il passato dei tre gemelli?
E che ruolo avrà Hans, il misterioso studente del progetto di scambio con la Danimarca?
Chi è il nemico che trama nell'ombra in attesa di vendetta?
Ma soprattutto, riuscirà Soldato a sfondare il muro di paura e rimorsi che attanaglia il cuore del capo del più folle gruppo di spie che l'America abbia mai visto?
Lo scoprirete solo se rimarrete con noi, fino alla fine~
[Human!College!AU]
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Kowalski, Rico, Skipper, Soldato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII~













La notizia giunse un pomeriggio di pioggia a metà di Dicembre.
I ragazzi del Club di Spionaggio avevano appena finito la loro riunione settimanale e si erano recati al caffé della scuola, dove Marlene li attendeva per raggranellare i gossip per il suo giornalino.
- Come sarebbe a dire che Leonard non c’entra niente?! Maledizione, così dovrò rifare da capo la prima pagina! – si lamentò la ragazza nel ricevere gli ultimi aggiornamenti sulle indagini del quartetto.
Fuori dai grandi finestroni dell’edificio la pioggia scrosciava senza pietà, sferzando violenta i viottoli del parco. Il freddo appannava i vetri e per colpa delle nuvole basse alle tre del pomeriggio sembrava già notte fonda.
Un tempo da lupi, insomma, e nulla poteva essere più piacevole di starsene rintanati al tavolino più remoto del caffé con un bicchiere di cappuccino fumante stretto fra le mani.
- No, sul serio, ragazzi, non posso ridurmi di nuovo a scrivere il solto articolo sulle feste di Capodanno di Julien! Ci vuole qualcosa di nuovo, di fresco, di frizzante! Qualcosa che stimoli la fantasia e la curiosità dei lettori! – spiegò Marlene.
- Non ti basta la notizia dell’esplosione della stanza di Soldato? Insomma, è un affare importante, qualcuno avrebbe anche potuto restarci secco! – suggerì Skipper, rifilando un’occhiata in tralice ai fratelli che Soldato condivise appieno.
Marlene alzò gli occhi al cielo e fece un gesto con la mano come se avesse dovuto scacciare una mosca, bevve un sorso del suo cappuccino e sbuffò.
- E’ passato troppo tempo, non fa più notizia, ormai... – si lamentò, sbuffando ancora e poggiando il mento sui palmi delle mani.
Fu a quel punto che la porta della caffetteria si spalancò, rivelando la figura di Doris, le punte dei capelli inumidite dalla pioggia e un sorriso elettrizzato stampato in faccia.
Senza nemmeno chiedere, prese una seggiola vuota dal tavolo accanto e si sedette vicino a Kowalski, che le rivolse uno sguardo incuriosito.
- Ragazzi, avete saputo la notizia? – domandò nello sporgersi in avanti, senza badare al fatto che non aveva nemmeno salutato.
- NOTIZIA? – si informò Rico prima di dare un morso al suo muffin al cioccolato.
La ragazza annuì e si sistemò una ciocca dietro l’orecchio.
- Ma sì, dai! Lo scambio culturale! Davvero non sapete niente? –
Gli altri cinque fecero segno di diniego con la testa, così che la bionda si sentisse in dovere di proseguire con la speigazione.
Fregò un sorso di cappuccino alla compagna di stanza, si schiarì la voce, e prese a raccontare.
- Oggi durante la lezione pomeridiana di Geologia è venuta la prof responsabile dei Club. A Gennaio, appena dopo le vacanze di Natale, arriveranno degli studenti dall’Europa per uno scambio culturale! –
- Questa sì che è una notizia! Dimmi di più! – esclamò Marlene rizzando la schiena e avvicinando la seggiola al tavolo.
Doris si schiarì la voce e si assicurò di avere l’attenzione di tutti i presenti su di sé, poi, dopo aver accavallato meglio le gambe, si decise a raccontare come si deve.
- In realtà non ho ancora informazioni specifiche, i dettagli arriveranno in settimana, ma il succo della storia è che dopo secoli il College si è deciso a riaprire il programma di scambio culturale con l’Europa. Pare che l’ultima volta risalga ad almeno dieci anni fa... – incominciò.
- Non è chiaro se gli studenti saranno tutti della stessa nazione o se arriveranno da parti diverse del continente, ma di certo sappiamo che rimarranno per tutto il secondo semestre! –
A quel punto, dopo aver ponderato per qualche secondo, Soldato espresse la sua perplessità.
- Ma se i dormitori sono tutti occupati dove metteranno gli studenti dello scambio? – domandò saggiamente.
L’espressione euforica della bionda si rabbuiò appena mentre si portava l’indice al labbro inferiore con fare pensoso.
- A dire il vero non lo so. Che voi sappiate c’è qualche struttura sull’isola che potrebbe ospitarli? Insomma, non credo che li spediranno sulla terraferma, far partire il traghetto tutti i giorni sarebbe un bel costo per la scuola... –
Fu Kowalski a prendere la parola dopo quell’osservazione.
- Vicino ai campi sportivi c’è una vecchia costruzione con dei locali agibili, potrebbero sistemarli lì. Altrimenti credo che la soluzione più semplice sarebbe noleggiare dei prefabbricati, anche se dovrebbero darci dentro per averli pronti da qui a Gennaio. Si sa già quanti saranno gli studenti dello scambio? –
Doris fece spallucce.
-Una decina, credo, non di più. Fra l’altro cercano studenti che si offrano come tutor per i nuovi arrivati, pensavo di mettermi in lista! –
- Sembra divertente! Dove bisogna firmare? – si informò Soldato, sempre più incuriosito da quella faccenda.
Rico fece una smorfia, come a voler dire che lui avrebbe volentieri fatto a meno di sobbarcarsi le grane di uno studente d’oltreoceano, ma Doris lo zittì con un gesto della mano e poi rivolse alla matricola uno sguardo indulgente.
- Mi dispiace, Soldato, il modulo è solo per i secondi e i terzi anni! Per voi primini e per i laureandi non è consigliabile, secondo la presidenza... –
- Venduti... – borbottò il ragazzino, suscitando una risata generale.
Marlene strappò il cappuccino ormai quasi terminato dalle mani della compagna di stanza e ne bevve l’ultimo sorso.
- Perfetto, ora si che ho un vero scoop per il mio giornalino! Ragazzi, mi raccomando, ogni più insignificante informazione su questo progetto dovrà essere riportata alla sottoscritta! Vedrete che articolo! – cinguettò con un sorriso gigantesco, il morale completamente risollevato.
Nei due giorni a seguire per i corridoi non si parlò d’altro che dello scambio con l’Europa. Tutti erano curiosi di sapere chi sarebbero stati i fortunati studenti da oltreoceano e ovviamente grande era l’aspettativa per i presidenti dei club.
Julien sosteneva che i nuovi arrivi sarebbero stati tutti suoi sudditi, Marlene non vedeva l’ora di poter accaparrarsi qualche aspirante giornalista straniero che potesse portare una ventata d’aria fresca al suo club, e quelli di Cucina erano elettrizzati dall’idea di poter finalmente ricevere un italiano fra le loro fila.
Solo Skipper non sembrava particolarmente entusiasta di quella novità e non era preso dall’eccitazione come tutti gli altri.
- E’ incredibile come tu riesca ad essere impassibile davanti a uno sconvolgimento simile! Insomma, è un’occasione rara quella che ci sta capitando! – commentò un venerdì sera Soldato, seduto a gambe incrociate sul suo letto mentre il compagno di stanza ficcava abiti a caso nella sua grande valigia.
I gemelli sarebbero partiti la mattina successiva per Seattle, dove avrebbero trascorso assieme alla famiglia le festività natalizie, e quel pomeriggio erano stati tutti e tre presi dai preparativi, approfittando del fatto che le lezioni erano finite due giorni prima, propriò a metà della settimana.
- Io invece trovo incredibile come tu riesca ad emozionarti per qualsiasi novità! – replicò il ragazzo con quella che si sarebbe potuta definire una nota di affetto nella voce.
- In ogni caso so già come andrà a finire, saranno solo grane e casini burocratici, te lo dico io! – aggiunse, pragmatico come sempre.
- E non sei curioso di vedere chi si iscriverà al Club di Spionaggio? –
Skipper si fermò, le mani che stringevano una camicia immacolata a mezz’aria sulla valigia.
In tutta onestà sperava che nessuno mostrasse interesse nei confronti del suo club. A Settembre aveva avuto bisogno di iscritti per non doverlo chiudere, ma adesso che con loro c’era Soldato e avevano scongiurato il peggio non aveva davvero bisogno di altri elementi, anzi, aggiungere membri alla squadra avrebbe persino potuto considerarsi pericoloso.
Con un grande sospiro ripose anche quella camicia in valigia e si voltò verso il coinquilino.
- Scherzi? Con la squadra che ho già non ho bisogno né interesse in altri nuovi membri! – fece, scompigliandogli i capelli in un gesto di rara affettuosità che gli servì a mascherare una preoccupazione leggera.
- Sei proprio sicuro di non voler tornare a casa per le feste? – chiese poi, sedendosi sul ciglio del letto con i gomiti poggiati sulle ginocchia.
Soldato scosse il capo e si lasciò cadere all’indietro con la testa sul cuscino.
- Mia madre lavora qui a New York, è sempre così impegnata che raramente riesce a venire in Kansas per Natale. Quest’anno visto che io sono già qui pensavo di approfittarne e rimanere assieme a lei. Zia Abby e Zio Nigel se la caveranno anche senza di noi! – sorrise anche se con una vaga punta di malinconia nella voce.
- New York è bella lontana dal Kansas... – osservò Skipper.
- Tuo padre vive qui o è a casa con il resto della famiglia? – chiese poi, curioso di saperne di più sulla famiglia del più giovane.
Soldato parve esitare un momento, e quella lievissima reticenza fece pentire immediatamente Skipper di aver posto una simile domanda.
- Non ho mai conosciuto mio padre, è morto prima che io nascessi. Ma non preoccuparti, non è un problema! – lo rassicurò subito il ragazzino nell’esibire un altro sorriso sincero.
Dopotutto non aveva detto altro che la verità. Certo, ogni tanto sarebbe piaciuto anche a lui avere una famiglia normale, un padre e una madre che lo accompagnassero lungo il tragitto fino alle scuole elementari, ma non poteva certo lamentarsi. Gli zii lo avevano cresciuto come fosse stato figlio loro, e anche se sua madre lavorava lontano si faceva in quattro per non essere assente nella sua vita.
Sì, tutto sommato Soldato era felice della famiglia strampalata che gli era capitata.
- I tuoi come sono, invece? – chiese per toglierlo dall’imbarazzo.
Skipper chiuse la valigia e la sistemò ai piedi del letto, sfilandosi la camicia e indossando i pantaloni del pigiama.
- Lavorano sempre anche loro, è per questo che approfittiamo delle vacanze per tornare a casa. Anche quando vivevamo tutto l’anno a Seattle li vedevamo solo alla sera, e a volte nemmeno tutti i giorni. Mamma è meno impegnata, ma nostro padre è spesso via per periodi lunghi. Da piccoli avevamo una governante che si occupava di noi. – spiegò, strappando un risolino all’amico.
- Che c’è? – fece, lievemente offeso da quella reazione.
- Nulla, solo che il termine “governante” è buffo! Detta così sembra una persona cattiva! – ridacchiò ancora Soldato.
Skipper andò a lavarsi i denti e tornò in camera, scivolando sotto le coperte e mettendo il cellulare sotto carica.
- Non era un mostro di simpatia, in effetti! – concordò con aria divertita.
Poi il suo sguardo si adombrò appena.
C’era un altro motivo se quell’anno, come i precedenti, sarebbero tornati a casa. Skipper in realtà non era così entusiasta di tornare a Seattle, ma sapeva perfettamente che non avrebbe potuto fare altrimenti.
“Rimanere a scuola durante la pausa di Natale non ti fa bene, Skipper. Sai meglio di me che hai bisogno di distrarti in quei giorni.” era solito ricordargli Kowalski, e Rico si dimostrava sempre d’accordo con il fratello.
Ma come poteva distrarsi proprio in quei giorni, sapendo che il suo lavoro non era ancora finito, che era ancora ben lontano dall’offrire giustizia a chi la meritava?
- Skipper? – lo chiamò piano Soldato, preoccupato da quel silenzio improvviso.
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e gli rivolse un sorriso tranquillo.
- E’ tardi, sarà meglio andare a dormire o domani al JFK mi ci dovranno trascinare per i piedi! – scherzò.
Augurò la buonanotte al compagno e si sporse fino a raggiungere l’interruttore al di sopra del suo comodino.
La stanza piombò nel buio, fatta eccezione per la lucina del caricabatterie del cellulare che mandava fiochi bagliori a intermittenza.
- Buonanotte, Skipper. – replicò Soldato, sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa e accoccolandosi al calduccio fra le coperte.
Quella notte, a causa di due motivi ben diversi, nessuno dei due riuscì a chiudere occhio.
 











 
 
La neve, a Seattle, era un evento raro. Difficile da spiegare con la cartina alla mano, dato che la città si trovava a meno di tre ore di macchina da Vancouver, eppure Skipper ricordava solo una volta, alle elementari, in cui le scuole erano state chiuse per neve.
Di solito gli inverni erano grigi e smorti, intervallati da noiosi acquazzoni, e quelle rare volte in cui la neve riusciva a rimanere ancorata ai marciapiedi per più di dodici ore era già da considerarsi un evento epocale.
Quel giorno, tuttavia, i gemelli si erano svegliati e avevano trovato al di là delle loro finestre un panorama fiabesco e avvolto in un candore silenzioso.
Skipper si era svegliato presto, disturbato da qualcosa la cui natura non era stato in grado di riconoscere. Forse, semplicemente, aveva dormito dodici ore di fila e adesso non aveva più sonno.
Era rimasto qualche minuto sdraiato a letto, immerso nel buio della sua stanza a fissare le stelline luminose che aveva fatto appiccicare al soffitto quando aveva quattro anni.
Se le era giocate con Kowalski a carta-forbice-sasso, e alla fine il gemello più grande aveva dovuto cedere e accontentarsi dello stock con le navicelle spaziali e i piccoli multiocchiuti extraterrestri.
Rico, che aveva ottenuto senza dover combattere gli adesivi con i dinosauri, era stato alla fine quello più soddisfatto del trio.
Sorrise a quel ricordo e allungò una mano fino al comodino, alla ricerca del cellulare. Erano le otto, e dal corridoio riusciva a sentire i passi tranquilli di sua madre che riassettava la casa.
Aveva dormito.
Si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra, portandosi all’indietro le ciocche corvine che gli cadevano sugli occhi, poi spalancò le imposte e quello che vide gli fece spalancare la bocca di stupore.
Il giardino era interamente ricoperto dalla coltre bianca della neve, e il cielo statico sembrava prometterne altra in arrivo per il pomeriggio.
Sorrise e si cambiò in fretta, indossando i pantaloni della tuta e una vecchia felpa del liceo che magicamente gli entrava ancora, poi finalmente uscì dalla sua stanza.
Sua madre era seduta sul divano, il tablet posato sulle ginocchia e un sorriso gentile sulle labbra.
- Buongiorno, tesoro! – lo salutò.
Skipper percepì lo sguardo della donna indugiare sul suo volto alla ricerca del particolare sbagliato, del dettaglio fuori posto, e sentì uno strano calore impadronirsi del suo cuore quando la vide ampliare il suo sorriso.
- Hai dormito bene? – gli chiese.
Annuì e si sedette accanto a lei, guardandosi attorno come se avesse visto quella casa per la prima volta.
- Benissimo! – rispose stiracchiandosi.
- Nemmeno un brutto sogno? –
Lo sguardo di sua madre era dolce, eppure celava una preoccupazione profonda, assieme alla speranza di una svolta, un cambiamento che potesse portare un po’ di pace alla sua famiglia.
Skipper prese una mano della donna fra le sue per tranquillizzarla.
- Nemmeno uno, mamma! Sto bene, non devi preoccuparti. –
La donna gli accarezzò il viso, poi spense il tablet e lo ripose su un tavolino di vetro accanto al divano.
- Allora, raccontami un po’ di questo primo semestre! Kowalski mi ha detto che ve la state cavando alla grande con il Club! – fece poi, l’ombra che fino a poco prima aveva velato il suo viso completamente scomparsa.
- Considerando che quel cane rognoso di Segreto ce lo voleva far chiudere... Sì, devo dire che quest’anno va meglio dei precedenti! – raccontò.
- E poi c’è Soldato... –
Skipper incarcò un sopracciglio a quella considerazione. Sua madre aveva pronunciato il nome del ragazzo con un tono indecifrabile, le labbra arricciate verso l’alto in un sorriso che lo mise impercettibilmente in imbarazzo.
Nel corso del semestre le aveva scritto un’infinità di mail per aggiornarla sulla vita quotidiana al college, per tenerla informata riguardo alla frequenza dei suoi incubi e per tranquillizzarla quando questi avevano iniziato a diminuire la loro intensità. E sì, aveva parlato anche di Soldato, all’inizio con sospetto, poi con ammirazione sempre crescente.
- Certo, ormai è un elemento imprescindibile della nostra squadra. – fece con un mezzo sorriso.
- E come sta andando la convivenza forzata? Ormai sono due mesi che state in camera assieme... – osservò la donna.
Skipper fece spallucce.
- Credevo sarebbe andata peggio, ma il preside ha ragione, forse è giunto il momento di lasciarmi alle spalle quello che è successo. Pensavo che la presenza di Soldato mi avrebbe dato fastidio, invece...– non concluse la frase, non avrebbe saputo nemmeno lui come andare avanti.
Invece Soldato era stato in grado di portare nella sua vita una luce nuova, una sicurezza che non credeva avrebbe mai più ritrovato.
Invece aveva scoperto che non tutto era perduto, che anche se le cose non sarebbero mai tornate come prima, forse poteva permettersi di provare, almeno, a tornare a vivere.
- Mi fa piacere che le cose vadano meglio, quel ragazzino è stato davvero una manna dal cielo per voi... – considerò sua madre, ripensando alla sera prima, quando i figli avevano scartato i loro regali di compleanno.
Anche Skipper tornò con la mente a quel momento, quando tutti e tre, seduti attorno al grande tavolo di cristallo della sala, avevano scartato i pacchetti che ogni ventun dicembre ricevevano da parenti e amici.
Anche Soldato aveva pensato a loro.
La mattina della partenza si era svegliato per salutarli e prima che Skipper abbandonasse la stanza gli aveva consegnato tre pacchetti di carta colorata chiusi con un dubbio scotch a stelline.
- Sono per voi, per il vostro compleanno. Per piacere, apriteli quando sarete arrivati a casa! – era riuscito a dirgli fra balbettii inconsulti e guance intermittenti.
L’idea che la matricola avesse fatto un regalo ad ognuno di loro gli aveva fatto uno strano effetto, ma quando aveva scoperto che i regali erano stati confezionati a mano proprio dal ragazzino non aveva potuto fare a meno di arrossire come una scolaretta.
Come poteva essere così buono, così generoso da spendere il proprio tempo in un’attività simile?
- GUANTI! – aveva esclamanto Rico, sventolando il paio di guanti di lana che aveva ricevuto da Soldato.
Kowalski aveva esibito il suo cappello con un sorriso soddisfatto, e Skipper aveva preso fra le mani la sciarpa che aveva ricevuto in dono, osservandone con attenzione l’intreccio di fili blu e verdi –i suoi colori preferiti- e saggiandone la morbidezza.
Senza nemmeno rendersene conto si era ritrovato ad inspirare a fondo il profumo della lana, il profumo del suo compagno di stanza.
Era stato un regalo semplice, senza troppe pretese, eppure si vedeva in ogni fibra l’attenzione, la cura e l’affetto che il ragazzino vi aveva infuso.
- SKIPPER! – la voce gracchiante di Rico lo riportò alla realtà, subito seguita dallo sbadiglio di Kowalski che, in vestaglia, lo salutò con la mano spuntando dal corridoio assieme al gemello.
- Già in piedi? – biascicò stupito, andando poi a salutare la madre mentre Rico filava in cucina e ne riemergeva con una scatola di riso soffiato al cioccolato dalla quale aveva preso a pescare a piene mani.
- Dopo dodici ore di sonno filato mi sembra il minimo! – rispose, alzandosi anche lui in cerca del suo agognato caffè mattutino.
I fratelli gli rivolsero un’occhiata stupita, poi entrambi si voltarono verso la madre, che in tutta risposta dedicò loro un occhiolino e un segno di vittoria.
Finalmente, dopo tanto dolore, le cose stavano ricominciando a girare per il verso giusto.
Finalmente, dopo tanto dolore, forse quel Natale avrebbe portato un po’ di gioia anche a loro.
 






 






- Lene! Mi passeresti una taglia più grande? –
La voce di Doris giunse appena ovattata dalla pesante tenda violetta del camerino, mentre un braccio faceva capolino nel porgere un abito a fiori.
L’amica si precipitò a metterlo a posto e riapparve immediatamente con il cambio richiesto.
- Non capisco perchè si ostinino a disegnare gli abiti in questo modo! Farebbero difetto a chiunque! E’ ovvio che sembri un lamantino ubriaco poi! – si lamentò la bionda.
Soldato, seduto su un divanetto appena fuori dal camerino, scoppiò a ridere.
- Come sarebbe un lamantino ubriaco, scusa? – domandò.
La tenda si aprì con violenza, rivelando una Doris scura in volto che indicava i suoi fianchi, sui quali la stoffa era afflosciata a grinze e decisamente poco elegante.
- Così. – replicò.
Gli amici rimasero qualche secondo a fissarla, poi scoppiarono a ridere.
- D’accordo, niente lamantino per questo Capodanno, forse ci conviene cambiare negozio! – convenne Marlene con una leggera alzata di spalle.
Mancavano due giorni all’ultimo dell’anno e Julien aveva annunciato ufficialmente la festa per San Silvestro il mattino precedente, gettando la scuola nello scompiglio.
Non si sarebbe trattato di una festa regolare di quelle organizzate dal college: quella sarebbe stata clandestina e, anche se il corpo docenti ne era al corrente da quando Julien si era iscritto all’Università, vi era sempre il vago ed elettrizzante brivido dell’illegalità ad accompagnarne i preparativi.
Doris aveva pregato in ginocchio i suoi amici affinchè la accompagnassero a comprare un vestito adatto, ma dopo due ore passate a percorrere le vie di Brooklyn senza alcun risultato Soldato aveva iniziato a capire perchè Marlene avesse cercato di dissuaderla con tutte le sue forze.
Per quanto Doris fosse obbiettivamente una bellissima ragazza trovare un abito che la soddisfacesse era un’impresa titanica.
Fino a pochi giorni prima avevano creduto che sarebbe tornata a casa per le vacanze, ma aveva bruscamente cambiato idea e la mattina del ventiquattro aveva deciso di rimanere.
“I miei abitano a Brooklyn, possono vedermi quando vogliono, non c’è alcun bisogno che torni a casa da loro. Ci vedremo a pranzo a Natale e poi me ne tornerò al dormitorio.” aveva spiegato, il tono appena nervoso, quando l’avevano beccata a svuotare la valigia già mezza piena.
Marlene gli aveva spiegato che i rapporti fra Doris e i suoi genitori erano particolari, che nonostante fossero brava gente e andassero d’accordo con la figlia, la ragazza non sembrava mai avere smania di rivederli.
Per quanto lo riguardava, gli sembrava assurdo che qualcuno non volesse trascorrere le feste con i propri cari, ma dopotutto la faccenda non lo concerneva e non sapeva cosa rendesse Doris insofferente all’idea di tornare a casa. Forse aveva solo voglia di emanciparsi come tutti gli altri studenti, dopotutto erano in pochi i newyorkesi come lei iscritti al college e restare l’avrebbe fatta sentire più indipendente e meno fuori dal coro.
Soldato, invece, il giorno di Natale lo aveva passato con sua madre: erano andati a mangiare in città e poi a pattinare a Central Park e ogni cosa era stata meravigliosa. Aveva raccontato alla donna del Club, di Skipper, Rico e Kowalski, delle ragazze, di Mortino e Julien, dell’esplosione della sua camera e dei test impossibili nei quali comunque, con un po’ di impegno, riusciva a ottenere voti invidiabili.
Sua madre gli aveva fatto un sacco di domande, specialmente su Skipper e i ragazzi, fino a che non aveva iniziato a sentirsi un pochino in imbarazzo e aveva cambiato discorso, approfittando delle dita congelate e dello Starbucks dall’altro lato della strada.
Certo era che, indipendentemente da sua madre, non aveva fatto altro che pensare a Skipper in quei giorni di vacanza.
La stanza senza di lui sembrava incredibilmente vuota e la sera era un pochino noioso andare a dormire senza scambiarsi le opinioni sugli avvenimenti della giornata, senza parlare del fatto che chiudere gli occhi senza il solito “buonanotte matricola” non era la stessa cosa.
Chissà se a casa con i ragazzi si stava divertendo? Chissà se gli incubi che lo tormentavano erano riusciti a raggiungerlo persino tra le sicure mura domestiche?
Non che non lo avesse più sentito, tutti e tre i gemelli gli avevano scritto a Natale per fargli gli auguri e il ventuno per ringraziarlo dei regali di compleanno. Quando aveva ricevuto il messaggio da Skipper era in camera di Doris e Marlene, e la reazione delle ragazze nel vederlo arrossire come un pomodoro maturo era stata immediata e catastrofica: il lato negativo di avere migliori amiche è che non si può nascondere loro assolutamente niente.
Soldato si lasciò sfuggire un piccolo sospiro sconsolato al pensiero che per Capodanno sarebbe stato ancora da solo, ma si riscosse in fretta da quell’idea davvero poco elettrizzante e si concentrò sulla missione che aveva da compiere.
- Aspettate, prima di arrenderci avevo visto un vestito carino di là! – esclamò, correndo nel locale adiacente e ritornando con un abito corredato da una cintura in vita.
Doris gli diede un’occhiata e annuì, sparendo di nuovo nel camerino.
- Sì! Assolutamente sì! – la sentirono urlacchiare appena prima che riuscisse allo scoperto e facesse una giravolta su se stessa per mostrare come la stoffa le cadesse bene addosso, la vita sottile esaltata dallla cintura a fascia.
- Che ne dite? – domandò con un sorriso, chiaro segno che qualsiasi opinione avessero offerto lei non sarebbe comunque stata a sentirli.
- Meravigliosa come sempre! Approvato! – esclamò Marlene, rivolgendo un occhiolino al ragazzo accanto a lei.
- Soldato, mi hai salvato la vita! – fece Doris schioccandogli un bacio sulla guancia.
- Allora è andata, prendo questo! Aspettate che mi faccio una foto per mio fratello! -  annunciò poi, mettendosi in posa davanti allo specchio del camerino e scattando la fotografia.
- Non sapevo avessi un fratello! – fu la spontanea reazione di Soldato, stupito da quella scoperta.
La bionda si cambiò velocemente e apparve da dietro la tenda con l’acquisto fra le mani.
- E’ più grande di me, adesso vive a Copenhagen, lo ha chiamato l’Università due anni fa, subito dopo la laurea, per un programma di ricerca scientifica super all’avanguardia! Mi avrebbe fatto piacere andarlo a trovare durante le vacanze, ma è sempre così impegnato con il suo team che probabilmente avrei finito per fare un viaggio a vuoto! – raccontò con un sorriso orgoglioso.
- Una famiglia di piccoli geni! – commentò Marlene, che da come aveva ascoltato il resoconto di Doris doveva aver già sentito parlare del misterioso fratello un milione di volte.
Doris pagò e raccolse il sacchetto con il vestito per la festa, poi andò verso la porta del negozio e la tenne aperta per gli amici.
- Piantala! Mio fratello è ad un livello nettamente superiore! Non lo dico per vantarmi, lui è seriamente un genio! –
Soldato sorrise: l’affetto che Doris provava per suo fratello si poteva percepire ad ogni parola, lo sguardo che le brillava di un amore profondo e incondizionato.
- Mi farebbe piacere conoscerlo! – confessò, supportato da Marlene.
- Magari se il progetto di ricerca gli da un po’ di tregua quest’estate possiamo andare a Copenhagen a trovarlo! – propose Doris.
Gli altri due si dimostrarono entusiasti, all’idea di un viaggio in Europa non si poteva certo dire di no!
Nel frattempo, il cielo bianco di neve si riversava sulla città in fiocchi ordinati e soffici, immergendo New York in un’atmosfera fuori dal tempo. Ogni cosa sembrava sospesa, come incantata: i lampioni ancora spenti, le panchine di Battery Park, il traghetto che sbuffando silenziosamente li aveva riportati sull’isola dove sorgeva il college...
A casa, in Kansas, nevicava quasi ogni anno, ma non vi era paragone con la soffice coltre che ricopriva la Grande Mela.
Mentre il traghetto attraccava e le ragazze lo precedevano spettegolando lungo il molo, Soldato si ritrovò a pensare che quella città gli piaceva davvero. Era immensa, caotica e brulicante, ma non dava quell’idea di solitudine che aveva sempre pensato si percepisse nelle grandi metropoli. New York era dinamica, ma aveva angoli tranquilli e facce dai sorrisi cordiali e, giunto lì, si era sentito immediatamente a casa.
- Allora ci vediamo a cena! Passi a prenderci tu? – domandò Marlene distogliendolo dai suoi pensieri, una mano già nella tasca del giaccone alla ricerca delle chiavi della stanza.
Soldato annuì con un grande sorriso.
- Mi raccomando, vedete di farvi trovare pronte che ho una fame tremenda! – e con un ultimo cenno della mano le salutò e scivolò oltre la porta del suo dormitorio, togliendosi il cappellino e sfilandosi i guanti per poi cercare di ficcarli senza grandi risultati nelle tasche già piene del cappotto.
Nel dormitorio faceva decisamente più caldo, ma anche se le sue dita avevano ripreso mobilità le guance erano ancora arrossate dal freddo pungente dell’esterno. Per fortuna in camera aveva il bollitore che gli aveva regalato sua madre per Natale e quattro sacchetti di té, infusi e tisane da perpararsi per rilassarsi un poco prima della cena ed evitare l’ipotermia. Con mano ancora un poco tremante inserì la chiave nella toppa, ma non poté impedirsi di rimanere stupito quando al primo scatto la serratura smise di opporre resistenza. Che avesse dimenticato di chiudere a chiave la porta? Qualcuno era forse entrato nella sua stanza mentre lui non c’era?
Preoccupato dall’idea di poter cogliere qualche losco individuo con le mani nel sacco, spinse lentamente la porta, rivelando una schiena diritta e un paio di spalle ampie che lo fecero sussultare dalla sorpresa.
Sul letto opposto al suo se ne stava una grande valigia metallizzata, alla maniglia ancora legata l’etichetta targata Seattle.
- Skipper! – esclamò, correndogli incontro e abbracciandolo di slancio, senza pensare che quel gesto avrebbe potuto essere un tantino imbarazzante una volta smorzato l’entusiasmo della scoperta.
- Soldato?! – la replica parve talmente stupita che il ragazzino si domandò se per caso durante le vacanze non avesse dimenticato che ormai condividevano la stanza. Lo sentì irrigidirsi appena fra le sue braccia e quella lieve tensione fu più che sufficiente a far piombare Soldato nella realtà con una violenza sorprendente, mandando a fuoco le sue guance già arrossate dal freddo e facendogli fare un balzo indietro, le caviglie a cozzare contro l’angolo del letto.
- Scusa, non volevo, cioè, io... Ciao Skipper! – esclamò, sempre più paonazzo a mano a mano che la consapevolezza di averlo abbracciato senza apparente motivo si faceva strada in lui.
Inaspettatamente però il compagno scoppiò a ridere di una risata sincera e allegra e gli scompigliò i capelli affettuosamente.
- Ciao anche a te, Matricola! – replicò mostrando i denti in un’espressione divertita.
- Che cosa ci fai qui? – fu la domanda istintiva del più giovane, che si pentì immediatamente delle parole che aveva scelto.
- Cioè, non che mi dia fastidio, anzi, mi fa piacere che tu sia tornato, solo che non mi aspettavo che... Da quanto sei arrivato? – terminò con un profondo sospiro sconfitto.
Skipper parve non far caso alla serie di balbettii e strafalcioni dell’amico e si limitò a rivolgergli lo stesso sorriso divertito di poco prima.
- Non avrai mica pensato che avremmo lasciato il nostro preziosissimo Club in mano a una matricola inesperta! – scherzò, aprendo la valigia e incominciando a svuotarla ficcando gli abiti ben ripiegati nel suo armadio.
Poi il suo sguardo si fece appena più serio, le labbra curvate verso l’alto in un’espressione indecifrabile, come persa in un ricordo o in un qualche pensiero profondo.
- Siamo rimasti a Natale, ma a dirla tutta il college è mancato a tutti e tre quest’anno... Abbiamo pensato che fosse meglio tornare qui. Sai, per la festa di Julien! – concluse per sviare la concentrazione da quell’attimo di tenerezza che si era concesso. Soldato non vi cascò: Skipper detestava le feste di Julien.
Che il loro rientro anticipato fosse in qualche modo legato all’oscura attività che portavano avanti parallelamente a quella del Club e di cui ancora non avevano voluto parlargli?
Ma la curiosità fu presto soppiantata da un pensiero che avrebbe fatto meglio a non formulare e che lo fece arrossire senza nemmeno averlo esposto ad alta voce.
- Quindi andrai alla festa? – chiese, ringraziando mentalmente la sua buona stella per non avergli fatto chiedere se aveva voglia di andarci con lui.
Insomma, già aveva dato sufficiente spettacolo in quei trenta secondi da quando era rientrato in camera, non era davvero il caso di peggiorare la situazione. Vero era, però, che una parte di sé, all’annuncio del grande party di fine anno, si era rammaricata del fatto di non poterci andare assieme a Skipper. Lì per lì rendersi conto di aver pensato a lui come singolo e non ai ragazzi del Club nella loro interezza lo aveva fatto sentire un egoista, ma nei giorni successivi si era accorto con un misto di terrore ed euforia del perchè Kowalski e Rico non avessero assunto nel suo immaginario la stessa posizione del capo del Club.
In realtà non era stato felice nel realizzarlo, anzi, quella scoperta aveva portato sui suoi occhi un leggero velo di tristezza. Come poteva anche solo sperare una cosa simile, quando era evidente che il suo desiderio andava a cadere talmente lontano dalla realtà da non poter essere esaudito nemmeno nell’arco di un millennio?
Nonostante le ragazze avessero accolto quella novità con grande entusiasmo, la decisione di Soldato era stata praticamente immediata e non aveva avuto bisogno di eccessive ponderazioni: che Skipper non l'avrebbe mai visto in quel modo era evidente, ragion per cui continuare a sperarci sarebbe stato completamente inutile, senza contare il fatto che uno sbilanciamento da parte sua avrebbe potuto compromettere l'amicizia che con tanta fatica era andato ad instaurare con il compagno in quei mesi.
Era per quel motivo che avrebbe continuato a mantenere un basso profilo, a comportarsi come aveva sempre fatto e a ingoiare ogni volta il battito di troppo che gli causava lo sguardo azzurro di Skipper posato su di lui. Si sarebbe limitato a vivere la sua vita in maniera normale, senza prendere iniziative e si sarebbe accontentato di poter, di tanto in tanto, sognare l’impossibile.
- Beh, Kowalski e Eva ci vanno, Rico anche, non so se avrò voglia di starmene tutta la sera chiuso in camera mentre fuori si fa baldoria. Chiaro, se tu non vai resto anche io! – fu la risposta del ragazzo.
Soldato impiegò qualche secondo a registrare quelle parole e, un poco spiazzato, si limitò a fare spallucce.
- Ho promesso alle ragazze che sarei andato, perciò... –
- Fantastico, allora andremo assieme! –esclamò Skipper.
Un momento, cosa aveva detto? Aveva capito bene? Aveva detto che sarebbero andati assieme?
- Certamente... – balbettò, spiazzato dalla piega che aveva preso la conversazione.
Non lo aveva invitato ad andare alla festa di Julien. Quello non era un invito, quello era un ordine, un dato di fatto: aveva dato per scontato che lo avrebbe accompagnato per non mollarlo solo ad un evento a cui in circostanze differenti avrebbe evitato di partecipare.
Non lo aveva assolutamente invitato alla festa di Julien.
Troppo impegnato a non lasciarsi andare a errate interpretazioni, Soldato non notò lo strano sorriso sulle labbra del compagno di stanza, né si accorse del fatto che le sue guance avevano perso il loro solito pallore e l’ombra in fondo ai suoi occhi sembrava essersi momentaneamente ritirata.
Se il cambiamento era passato inosservato a Soldato, tuttavia, non fu lo stesso per Marlene.
- Ti trovo bene, Skipper! – esclamò infatti a cena, mentre accanto a lei Kowalski e Doris discutevano animatamente di una questione sollevata poco prima durante una conversazione sui buchi neri.
- Le vacanze sono sempre un toccasana dopo un semestre di studio intensivo! – scherzò lui, giocherellando con il bicchiere mezzo vuoto.
Marlene però si fece seria in un modo che attirò l’attenzione degli altri due gemelli.
- Sai che cosa intendo. –
Skipper parve valutare un momento la risposta, poi chinò appena il capo e socchiuse gli occhi, sospirando lievemente.
- Va un po’ meglio, sì. – rispose pacatamente con una rapidissima occhiata a Soldato, seduto fra lui e Rico.
- MOLTO! -  gracchiò quello con una sonora pacca sulle spalle al fratello.
- Mi fa piacere... – fu il commento sollevato di Marlene.
Kowalski non disse nulla, ma Soldato aveva imparato a riconoscere i suoi silenzi e quello era un silenzio di quelli che portavano con sé la soddisfazione di un traguardo raggiunto.
I due giorni successivi non vi fu tempo, tuttavia, di pensare a nulla: la festa andava preparata nei minimi dettagli, e tutti si erano dati da fare sotto la direzione di Julien, che non aveva invece mosso un dito.
Soldato era rimasto decisamente stupito nel vedere Segreto e gli altri membri del Consiglio Studentesco aiutare con cibo e bevande e trasportare qua e là per i dormitori tavole e casse di bicchieri e piatti di plastica e persino dei televisori recuperati chissà dove.
- Il fatto che trattiamo direttamente con la presidenza non significa che anche a noi non piaccia divertirci! – era stato il commento di Eva, divertita dalla sua espressione sconvolta e dagli sbuffi di Segreto che era stato assegnato al trasporto dei televisori da un Julien che lo comandava a bacchetta.
E così il trentun Dicembre era finalmente arrivato, e esattamente alle dieci di sera, due ore dopo la chiusura della mensa, la festa aveva avuto inizio.
Kowalski era stato il primo del gruppo ad incamminarsi; era andato a prendere Eva al dormitorio femminile e poi insieme erano tornati indietro e si erano recati al terzo piano, dove gli studenti avevano messo a disposizione alcune delle loro camere per non dover stare tutti schiacciati nei corridoi.
Rico era poi passato a recuperare Skipper e Soldato, e insieme avevano raggiunto gli altri al piano superiore, dove già la musica e il chiacchiericcio riempivano l’aria.
- Buonasera a tutti! Benvenuti, benvenuti! – continuava a esclamare Julien, contento come non l’avevano mai visto nonostante Mortino gli stesse attaccato come una cozza.
- Ciao ragazzi! – fu il saluto di Doris.
Rico si esibì in un lungo fischio di approvazione e le rivolse un sorriso ammirato.
- BELLA! – esclamò.
La ragazza fece una giravolta su se stessa facendo sì che il vestito si sollevasse appena nel movimento.
- Grazie, ma è tutto merito di Soldato che mi ha aiutata a trovare l’abito adatto! – fece con un occhiolino all’amico.
- La nostra matricola è piena di risorse, eh? – commentò Skipper scompigliandogli i capelli.
Il resto della serata fu un coloratissimo e divertente caos: quelli del Club di Cucina avevano preparato un sacco di manicaretti apposta per l’occasione, e i televisori che Segreto e gli altri avevano trasportato su e giù per le scale si erano rivelati monitor per le consolle che Julien aveva messo a disposizione degli studenti.
Intorno alle undici c’era stato un torneo di Just Dance che aveva visto Marlene sfidare all’ultimo sangue l’organizzatore della festa, rimasto tuttavia imbattuto nonostante l’avversaria si fosse dimostrata un vero osso duro. Anche Doris si era lanciata nella competizione, ma aveva dimostrato di avere doti decisamente più sbalorditive come sterminatrice di zombie nello sparatutto che aveva portato Rico da Seattle.
Un gruppo di incauti primini aveva osato sfidare Kowalski a Trivial Pursuit e ne era uscito massacrato.
- Diamine, Kowalski, potevi anche lasciarli vincere! -  aveva esclamato Skipper con un’occhiata di rimprovero, ma il gemello maggiore aveva gonfiato il petto d’orgoglio e, incurante della sua condotta terribilmente antisportiva, si era limitato ad asserire che se le matricole gli erano inferiori lui non poteva farci niente.
Soldato non ricordava di aver mai riso tanto in vita sua: aveva provato assieme a Doris il gioco di Rico, ma ogni volta che un nemico macilento spuntava da dietro un angolo emettendo versi inquietanti chiudeva gli occhi dallo spavento e si faceva colpire, così si era gettato sul buffet assieme a Skipper e insieme avevano osservato  il resto della folla finchè Julien non si era messo a sbraitare alla ricerca di cavie per il karaoke.
Il primo a offrirsi di cantare un duetto con lui era stato ovviamente Mortino, ma il poveretto non aveva idea di chi si apprestava a sfidare, e le strabilianti capacità di rapper di Julien lo lasciarono letteralmente ammutolito.
Eva cercò di costringere Segreto a cantare assieme a lei, ma il ragazzo, che era diventato di un preoccupante colore violaceo, riuscì a farla franca, mandando Miccia al suo posto con il risultato di offrire la più assurda cover di Bruno Mars che fosse mai stata cantata a un karaoke.
Poi, alla sesta canzone, furono Kowalski e Skipper a venire incastrati.
- Dai, ragazzi! Fuori la voce! – li esortò Marlene, seduta sulle ginocchia di Julien accanto al televisore.
- Questa è una canzone a tre voci, ci manca un elemento! – osservò Kowalski che, complice l’alcool in circolo, sembrava particolarmente allegro.
- Coraggio, Matricola, unisciti a noi! – esclamò Skipper, facendo segno a Soldato di raggiungerli.
Il ragazzino avvampò, scivolando istintivamente dietro a Doris.
- Eh no, caro mio, stavolta ti tocca! – cinguettò l’amica, sospingendolo delicatamente verso gli altri.
- Ma no, davvero! Non sono un granchè, non è il caso! – cercò di difendersi, gli occhi che guardavano dovunque tranne che in direzione degli amici.
- Dai, Soldato! – fece il tifo per lui Mortino, mentre Rico gli faceva segno di unirsi ai suoi fratelli.
Con un sospiro andò ad affiancare Skipper e Kowalski e prese il terzo microfono.
- Questa la sai? – chiese Skipper indicandogli il titolo della canzone sullo schermo.
Soldato annuì, mentre il gemello maggiore selezionava il brano e le prime note iniziavano a diffondersi nell’aria.
Si trattava di una canzone di Natale uscita l’anno prima e che aveva avuto un successo incredibile e purtroppo Soldato la sapeva a memoria: non avrebbe nemmeno avuto la scusa di non conoscere il testo.
La prima strofa, colorata di giallo, andò a Skipper. Era la prima volta che lo sentiva cantare, la sua voce solitamente fredda e tagliente era ora dolce e vellutata, intonata e melodiosa come la canzone richiedeva. Era strano vedere un tipo come lui, sempre poco incline a dare spettacolo, essere così a proprio agio con un microfono fra le mani, ma il vero shock giunse con la strofa di Kowalski.
Quando le parole sullo schermo si colorarono di verde, nell’aria si alzò una voce lievemente roca, potente, ma misurata e Soldato vide diverse ragazze scambiarsi occhiate stupite e gomitatine d’intesa, mentre Doris avvampava e spalancava la bocca in modo indecente.
Non poté concedersi il lusso di stupirsi come tutti gli altri, dal momento in cui sul finire della strofa di Walski lui doveva intervenire come seconda voce, le parole colorate in blu.
Questo poteva significare una cosa sola, una cosa terribile che gli fece puntare lo sguardo sui suoi piedi e stritolare il microfono fino a farsi sbiancare le nocche: a lui sarebbe spettato il ritornello.
Fu così che, dopo un breve botta e risposta con Skipper, il ragazzo si trovò a prendere un profondo respiro e a cantare le note lunghe del ritornello, salendo di un’ottava per seguire la melodia.
Accanto a lui il capo del Club di Spionaggio ebbe la stessa identica reazione che aveva avuto Doris poco prima a causa di suo fratello.
La voce di Soldato era limpida, pulita e intonata, e riusciva a raggiungere le note più alte senza sfociare nel falsetto. Chi avrebbe mai detto che il ragazzino avesse un simile talento?
Dopo un primo momento di silenzio attonito, la piccola folla che stava assistendo alle esibizioni al karaoke scoppiò in un applauso scrosciante e Julien persino si lasciò sfuggire un “bravo!” sentito dal profondo del cuore.
Sostenuto dal pubblico, Soldato si sentiva un po’ meno stupido e un po’ più rilassato, tanto che osò levare gli occhi sugli amici, trattenendo una risata all’espressione sconvolta di Kowalski che lo guardava come se aver taciuto quel talento fosse stato un tradimento diretto alla sua persona.
Quando finirono di cantare i presenti si profusero in un altro applauso, ma Julien fu rapido a stroncarlo.
- Presto! E’ quasi mezzanotte! Tutti sul tetto! – esclamò nell’indicare spasmodicamente l’orologio del cellulare.
- Dannazione, Soldato! Tu si che sai cantare! – osservò ammirato Skipper porgendogli la giacca e sospingendolo dolcemente verso le scale che conducevano al tetto del dormitorio.
- Certo che sei pieno di sorprese! – gli fece eco Marlene avvolgendosi nel suo sciarpone rosso mattone.
Rico, per evitare inutili discorsi, lo strinse in un abbraccio spaccaossa e sollevò un pollice in segno di approvazione, dedicandogli poi un occhiolino che lo fece ridacchiare.
Gli studenti si riversarono sulla terrazza emettendo nuvolette di vapore ad ogni respiro. Il cielo era terso, non nevicava più e da Manhattan provenivano le luci interminttenti dei grattacieli.
- Presto, presto! Tutti insieme! – esclamò Julien, controllando un’ultima volta  il cellulare e dando il via al conto alla rovescia fra l’euforia generale.
Dieci, nove otto!
Pochi secondi e quell’anno sarebbe finito, lasciando il passo a giorni nuovi e ricchi d’avventure.
Sette, sei, cinque!
Sarebbe stato un anno nuovo in quella città che aveva saputo accoglierli tutti quanti appianando le differenze e unendoli come una grande e assurda famiglia.
Quattro, tre, due!
E ogni cosa sarebbe stata meravigliosa, tutto sarebbe filato per il verso giusto e non avrebbero più dovuto preoccuparsi di nulla.
Uno!
Il cielo si accese di mille colori, mentre dalla terrazza del dormitorio si alzava un corale “auguri” e i fuochi d’artificio esplodevano in cielo, crepitando e scendendo lentamente sulle loro teste.
Soldato si guardò attorno: era con i suoi amici ed ogni cosa era perfetta.
Strinse gli occhi ed espresse il suo desiderio, mentre persino il freddo si arrendeva al meraviglioso spettacolo pirotecnico che dal cielo sopra Manhattan si rifletteva sulla superficie del mare.
Sospinto dalla calca attorno a lui, Skipper andò a sfiorargli la mano con le nocche e il ragazzino, senza stare troppo a pensarci, fece scivolare le sue dita fra quelle del compagno.
Skipper si voltò verso di lui, ma Soldato stava ancora guardando i fuochi d’artificio che esplodevano sopra di loro.
Senza dire nulla ricambiò la stretta e tornò a guardare il cielo.
Quella sera aveva diritto a un desiderio anche lui.




















 
Note:

Buonasera a tutti!
Sì, siamo vergognose e siamo consapevoli che è passato un anno e mezzo dall'ultimo aggiornamento, ma abbiamo -purtroppo xD- valide scusanti tipo il peggior anno accademico di sempre con un'Università maledetta che ci ha impedito di vedere la luce del sole per mesi e mesi. In più ci siamo lanciate in un progetto un po' particolare che ci ha tenute lontane dalle fanfiction per un po', ma che speriamo davvero possa andare in porto e che ci auguriamo di potervi svelare presto. <3
In ogni caso non temete, siamo troppo affezionate a questa storia e a voi lettori per abbandonare Until the End al suo destino, perciò sappiate che, anche se a rilento, questa fanfiction continuerà fino all'ultimo capitolo! V.V
Nel frattempo, in questo sono successe COSE.
Come avevamo annunciato nel capitolo 6, qui abbiamo una grande anticipazione sulla piega che prenderà la trama dal prossimo capitolo. Doris ne è estremamente elettrizzata, vedremo poi se questa euforia per lo scambio con l'Europa si rivelerà ben fondata! xD
Rispetto ai capitoli scorsi questo è decisamente meno cupo, finalmente Skipper pare migliorare e forse è sulla strada giusta per risolvere i misteriosi problemi che lo affliggono. E' stato divertente fare un piccolo accenno alle famiglie dei protagonisti, e anche se finora è stato detto molto poco sappiate che si tratta di personaggi che abbiamo tutta l'intenzione di far ricomparire in futuro.
E poi chi meglio di una mamma è in grado di porre le domande più mirate e imbarazzanti su quella certa persona di cui il figlio non fa altro che parlare? xD
Ebbene sì, ormai quei due sono cotti l'uno dell'altro, ma il realizzare questo sentimento non ha avuto gli stessi effetti da entrambe le parti, e riuscire a ritrovarsi sugli stessi binari sarà molto più complicato del previsto.
Intanto alla festa di Julien si  scoprono cose e se ne anticipano altre -non troppo- fra le righe...
Ma non aggiungiamo altro, altrimenti è spoiler xD
Grazie infinite a chi ancora ha la pazienza di seguirci nonostante il buco nero in cui siamo piombate, e grazie a chi deciderà di seguirci per la prima volta, siete tutti bellissimi! <3

Un bacione e un abbraccio,
Koome


Ps: la canzone che Skipper, Kowalski e Soldato cantano al karaoke sarebbe un riadattamento di questa.
Non potevamo non metterla... xD

 
   
 
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