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Autore: Ecila2000    13/07/2016    2 recensioni
Prendete la storia di Kaichou Wa Maid-Sama, inseriteci i personaggi di Dissidia Quattuordecim, sbatteteli nel mondo di Final Fantasy XIV, mescolate un pò... et voilà! La storia è servita!
Ringrazio Final_Sophie_Fantasy per avermi imprestato la sua protagonista e per la sua guida pisicologica e spirituale XD
Genere: Comico, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kain Highwind, Un po' tutti
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La rappresentate è una maid! (Parte 1)




Ci sono parecchi fattori che la mattina, appena alzati, fanno capire se la giornata sarà buona oppure pessima: la forza di alzarsi per esempio, che a volte è così poca che nella stragrande dei casi porta a riprendersi le coperte e a coprirsi pure il volto per ottenere qualche altro istante di oscurità da sfruttare per poter riprendere sonno, oppure la quantità e la qualità del cibo che viene offerto per colazione, che è un po' il fattore determinante per una giornata piena di attività.
Una buona e sostanziosa colazione è sempre un buon inizio.

Peccato che quel giorno, un giorno come tanti senza nessuna particolarità, Ginevra Darnus, rappresentante degli studenti della classe dei dragoni e unica Au'Ra tra di essi, non si era potuta permettere il lusso di sedersi comodamente al loro vecchio e solido tavolo per una buona colazione a base di pane e latte, e tutto per colpa del loro sciocco gallo, che, in quella fresca mattinata, aveva deciso di andare in sciopero e permettersi un giorno di riposo in mezzo alle calde e piumose gallinelle che riempivano l'aia.

Stupido pollo, un giorno ti spiumo pensava furiosa la giovane, mentre usciva dalla sua umile casupola diretta alla sua scuola, l'Accademia delle Armi Bianche.
Quel giorno Ishgard, o più propriamente La Santa Sede di Ishgard, era circondata da un banco di nuvole che impediva al Sole di illuminarla e concederle tutto il suo splendore di cui si poteva vantare.
Il bastione, situato in mezzo ai monti settentrionali, quella mattina pullulava di gente per le strade, il che fece diventare la corsa di Ginevra un agile slalom tra ricchi e poveri cittadini.
Riuscì a schivare parecchi grassocci mercanti e qualche donna che si trascinava dietro i pargoli per farli scorrazzare in giro, manco fossero degli animali di compagnia, ma non riuscì a evitare un giovane uomo a cui fece cadere una borsa da cui uscirono un blocco notes e qualche penna.
« Oh, mi scusi, sono mortificata» disse livida per la vergogna Ginevra e si chinò subito per raccogliere il materiale caduto.
«Oh, non ti preoccupare, non fa niente» disse lui e raccolse la borsa in cui fece posare gli oggetti a Ginevra.
Era un signore di altezza media, dal fisico atletico e dai lunghi capelli scuri, pettinati leggermente in avanti a destra, lasciati indietro a sinistra. I suoi occhi erano di verde quasi grigio che mostravano un'allegria piuttosto giovanile.
Era sicuramente uno straniero, anche perché portava una sgangherata divisa da guardia decisamente diversa da quella di Ishgard.
L'uomo osservò per un attimo la divisa della ragazza e infine nei suoi occhi si dipinse un'espressione di pura sopresa e sollievo.
«Ma tu sei una studentessa dell'Accademia! Oh, siano ringraziati gli Dei, pensavo che non ce l'avrei mai fatta ad arrivare a quel palazzo» esclamò l'uomo stringendole con forza una spalla.
La ragazza venne scossa per un po' mentre l'uomo se la rideva di gusto in mezza alla folla che passava e lanciava loro sguardi tra il curioso e lo stupito, rendendo la scena ancora più ridicola di quanto non potesse essere in principio.
«Stavo cercando l'Accademia per iscrivere mio figlio Squall. Ci siamo appena trasferiti e non so ancora orientarmi bene in questa città di montagna» disse mentre mollava la presa di Ginevra e la spostava su un ragazzo vicino a lui.
Il giovane, Squall, aveva i capelli castani tagliati corti e gli occhi di un profondo azzurro cielo.
Una vistosa cicatrice gli attraversava il viso che dava al suo viso un'espressione costantemente truce.
Non assomigliava molto al padre, specialmente nel carattere: se l'uomo appariva espansivo, allegro e quasi un po' infantile, il ragazzo era l'esatto opposto, chiuso in una bolla di indifferenza.
«Senti, non è che per oggi potresti farci da guida fino all'Accademia? Magari potresti anche indicare a Squall dov'è la sua classe! Saresti davvero gentile!» continuò l'uomo incurante delle occhiate truci che il figlio gli stava lanciando.
«Ehm, sì, non c'é problema. Ma dovremo allungare il passo, siamo in ritardo» disse lei e subito si girò e prese a marciare verso la cima della città.
Sentì subito che i due la seguivano e tenevano facilmente il passo e, sollevata da ciò, arrivarono rapidamente davanti all'entrata della scuola.
Appena varcarono il salone d'entrata, venne incontro al gruppo una ragazza.
Questa aveva lunghi capelli neri legati verso la fine ed un espressione piuttosto gioviale stampata sul volto dai tratti delicati.
La nuova arrivata si diresse subito verso Ginevra e le sorrise, ricambiata.
«Buongiorno Ginevra»
«Buongiorno Tifa, com'è l'ambiente oggi?» domandò la bionda alla scura venendo subito affiancata.
Ginevra intanto aveva indicato ai due una porta dove avrebbero trovato qualche servo a cui chiedere informazioni e una nuova divisa per il ragazzo.
Presto la giacca di pelle e i jeans di quel tipo sarebbero spariti e lui sarebbe diventato uno dei tanti studenti che quella scuola accoglieva.
Chissà quale classe avrebbe frequentato...
«Tranquillo, per adesso non ci sono stati troppi problemi tra gli studenti della classe di magia e nella classe dei lanceri da quando hai fatto loro quel discorso nessuno si è più azzardato ad alzare la voce contro l'insegnante» disse veloce e efficiente la compagna.
Da quando la giovane Au'Ra aveva deciso di diventare rappresentante della sua classe e voce principale del consiglio della scuola, si era sempre fatta affiancare dalla affidabile e leale monaca, la quale con un pugno riusciva a stendere chiunque creasse problemi al suo capo.
Tutti nella scuola conoscevano quella strana coppia e tutti portavano alle due una sorta di rispetto.
O almeno la maggior parte.
Seduti in un angolo, vicino alla finestra che dava sul cortile della scuola, tre ragazzi stavano animatamente chiacchierando di qualche argomento che evidentemente li stava divertendo, date le grasse risate che si stavano facendo.
Ginevra di avvicinò al trio con passo di marcia e si fermò davanti a loro aspettando che la notassero, cosa che successe molto dopo.
«Oh, Kaichou! Cosa la porta qui?» domandò Kuja, il capetto indiscusso dei tre.
I due che l'affiancavano, Tidus e Vaan, risero per il tono irrispettoso del compagno, ricevendo un sorrisetto tirato dalla ragazza.
«Vaan, allaccia i bottoni di quella casacca, Tidus, le tinte non sono ammesse in questa scuola e lo sai benissimo e tu Kuja, togliti gli orecchini!» concluse la ragazza recitando poi ad alta voce la formula dell'incantesimo di teletrasporto.
Due secondi dopo, i tre non erano più davanti a loro.
«E non fatevi più rivedere finché non avrete sistemato il vostro aspetto!» urlò l'Au'Ra dalla finestra verso i ragazzi che si erano ritrovati al di fuori della scuola, poi girò i tacchi e, sempre seguita da Tifa, ritornò alle sue mansioni.
 
«Ma tu guarda se di prima mattina devo cacciare quei tre idioti! Accidenti» esclamò esasperata la ragazza, seduta al tavolo del consiglio.
La sala era praticamente vuota se non per qualche ragazzotto che evidentemente si era dimenticato di firmare qualche modulo o di compilare qualche documento inerente al loro lavoro di rappresentanti.
Tifa era seduta accanto a lei, pronta ad aiutare il suo capo nel caso gliel'avesse chiesto.
Ricordava ancora la prima volta che avevano parlato lei e Ginevra: la mora era stata confinata in una stanza piuttosto periferica dell'edificio dopo aver insultato una sua compagna.
Questa però, essendo figlia di un marchese piuttosto in vista, non aveva ricevuto nessun tipo di punizione, mentre lei aveva ottenuto ben dieci frustate ogni giorno e l'obbligo di stare in quella sala un'ora dopo le lezioni.
Il tutto per una settimana.
Il preside Garland sapeva decisamente come farsi rispettare.
Un giorno era entrata una ragazza bionda che, dopo essersi guardata in giro, aveva puntato gli occhi su Tifa, la quale era seduta a gambe larghe con il petto appoggiato allo schienale della sedia sul quale aveva le braccia incrociate e la testa poggiata sopra.
Quel giorno le frustate erano state doppie per via del pugno che aveva rivolto alla compagna, la quale, oltretutto, era uscita illesa dalla questione, di nuovo.
Quella stupida ragazzina viziata le si era avvicinata e le aveva dato una sonora pacca sulla schiena, dove le piaghe non si erano ancora rimarginate.
La rabbia le aveva divorato l'anima e senza preavviso si era lanciata contro di lei davanti all'intero corpo studentesco.
A ripensarci, non aveva neppure sofferto troppo: dopo la decima sferzata il dolore era stato così costante che non aveva più sentito la differenza tra prima e dopo il colpo.
La giovane Au'ra le si era avvicinata e le aveva passato una mano davanti al volto, richiamandola dal rifugio che la mente offriva alle coscienze stanche.
“Tu sei Tifa, la ragazza che oggi ha picchiato Prishe, giusto?”
“E se anche fosse? Cosa ti può interessare?” la ragazza sorrise e si sedette di fronte alla mora sul pavimento di pietra.
“Sei stata magnifica oggi! Ormai sei l'eroina dei meno abbienti” le disse la ragazza, sempre con il sorriso stampato sulle labbra.
“Vai subito al dunque, non girare intorno alla questione” le ingiunse Tifa, capendo che la bionda non era lì per farle qualche stupido complimenti.
Il sorriso della sua interlocutrice si trasformò in un ghigno piuttosto lieve, ma non distolse mai lo sguardo dagli occhi della monaca.
“Sai qual è la situazione di questa scuola, no? Da poco aperta anche a coloro che non hanno un titolo nobiliare e non sono umani, l'Accademia è ormai teatro giornaliero di ingiustizie da parte di sbruffoni che si credono superiori solo perché il paparino ha qualche soldone in più degli altri.
Queste scene sono ormai di routine e la maggior parte degli studenti non può fare altro che sopportare in silenzio, anche perché il nostro preside non ha nessun interesse a risolvere questo problema.
Se riuscissimo a guadagnare voti alla prossima elezione dei rappresentanti e facessimo entrare nel consiglio qualcuno di interno alla questione, forse riusciremmo a far fronte a queste ingiustizie” spiegò la ragazza decisa e sicura nel suo discorso.
Tifa, piuttosto scettica a riguardo, le domandò “E chi si prenderà l'increscioso incarico di sopportare tutti quei figli di papà con la puzza sotto il naso?” e la bionda sorrise, gli occhioni azzurri che trasmettevano ancor più sicurezza “Semplice: io”
“Tu? Ma non farmi ridere, lucertolina! Pensi davvero di poter tenere testa a quelle persone?”
“Penso di poter ottenere l'appoggio dei professori migliorando il mio rendimento scolastico e di poter ottenere i voti della maggior parte del corpo studentesco se mi faccio aiutare da colei che in questo momento tutti vedono come una figura da imitare per il suo coraggio” rispose lei e Tifa vide negli occhi dell'Au'Ra la convinzione e il carisma di un leader.
Davanti a questa decisione non potè che accettare di aiutarla e alla fine il consiglio fu loro, la maggior parte dei rappresentati fu sostituita da persone fidate e la situazione scolastica migliorò sensibilmente.
Non fu facile, anche perché, per quanto ci fossero un sacco di studenti volenterosi di aiutarle, il potere del preside era ancora al servizio dei nobili, perciò ci furono spesso punizioni piuttosto truci.
Presto il ruolo di Tifa si fece evidentente ad entrambe: mentre Ginevra doveva mantenere la facciata della paladina della giustizia sempre fedele alle regole, la mora doveva aprirle la strada in ogni modo possibile, anche infrangendo ciò che la bionda invece doveva rispettare.
Luce e Ombra, l'accoppiata perfetta che spinse la loro causa verso la vittoria, una vittoria che aveva portato le entrambe sempre più vicine al loro ideale di scuola mista.

Un fischio lungo e continuo risvegliò entrambe le ragazze dai loro pensieri, facendo ricordare loro l'inizio delle lezione.
Ginevra chiuse con forza la “Guida Del Perfetto Studente”, che Firion stava scrivendo sotto la sua giurisdizione, e si alzò dalla sua postazione seguita a ruota dalla compagna.
«Ci vediamo dopo per la ronda dopo le lezioni, d'accordo?» e dopo aver ricevuto un segno d'assenso dalla compagna la vide, inghiottita dalla folla di divise bianche.
Anche lei, in fretta e furia, si diresse verso la sua aula riuscendo ad arrivare con ben cinque minuti d'anticipo prima dell'arrivo dell'istruttore.
La palestra che ospitava la classe dei dragoni era piuttosto spaziosa e veniva usata per la metà delle ore scolastiche, mentre nelle altre si insegnava strategia e le basi della magia.
Ormai quella stanza aveva assorbito l'odore di sudore, sangue e fatica che faceva sentire tutti gli studenti di quell'ambito un po' a casa.
Un po' masochistico, vero?
Dopotutto, per scegliere una classe del genere, era naturale essere un po' masochisti, se no nessuno sarebbe ritornato in quell'aula il giorno dopo sapendo cosa avrebbero fatto.
Sicuramente la più masochista della classe era Ginevra, unica femmina di quell'ambiente.
Che avesse caratteristiche che richiamavano quelle di un drago non interessava a nessuno, ma il fatto che fosse un essere di sesso femminile in mezzo a quella calca di maschi rendeva la vita della diretta interessata un bersaglio per le frecciatine sessiste della peggior specie.
Qualsiasi ragazza dopo un mese avrebbe rinunciato, ma lei non era così: era determinata a dimostrare a quei bambocci che niente l'avrebbe fermata e che il loro maschilismo se lo potevano infilare dove non batteva il sole.
E quando infine le lezioni finirono e tutti gli apprendisti dragoni caddero a terra esausti, lei fu l'unica che, a passo svelto e agile, lasciò la stanza per dare inizio alla ronda pomeridiana.

Nel pomeriggio la maggior parte degli studenti si rinchiudeva nell'immensa biblioteca della scuola, mentre la restante parte si dedicava ad attività extracurriculari a scelta.
La servitù avrebbe lavato la sera tutto l'edificio, rendendolo lindo per il giorno dopo.
Quel pomeriggio i corridoi erano quasi vuoti, se non per qualche ragazzo che chiacchierava sommensamente sulla porta della propria classe, che Ginevra spedì velocemente in classe senza troppi giri di parole.
Dalle vetrate del corridoio entravano fasci di luce che illuminavano a tratti il pavimento di pietra e si sentiva da fuori lo starnazzare dei chocobo che correvano per le strade misto al vociare delle persone che ridevano e vivevano.
Sorrise sommensamente, pensando che un giorno sarebbe fuggita e avrebbe visto il mondo al di là delle montagne che non aveva mia superato.
«Eddai! Solo per oggi! »
«M-ma io veramente avrei un'altro impegno...»
«Non è colpa mia se il mio insegnante mi ha ordinato di scrivere cento volte la formula dell'incantesimo nuovo perché non stavo seguendo! Eddai, fammi questo favore!» disse quasi ordinando Kuja, cercando di sbattere in mano ad una ragazza un mucchio di fogli bianchi.
«Fai da solo i tuoi compiti!» rispose con tono severo al posto della ragazza la bionda, raggiungendo il gruppetto.
Erano sempre quei tre, pronti a mollare il lavoro a qualche povero studente per poter bighellonare senza meta per la scuola e ridere di coloro che invece dovevano lavorare.
I tre scansafatiche non aveva sistemato il loro aspetto neppure di una virgola e alla vista dell'Au'Ra il loro sguardo si era fatto da ammiccante a scuro e annoiato.
«Quelli che trascurano i loro compiti si occuperanno della pulizia delle stalle per una settimana» disse perentoria Ginevra per poi liberare la ragazza dall'ingrato compito di mandare via i tre fastidiosi studenti.
«Ancora tu, Ginevra Darnus?» chiese Kuja, infastidito dalla presenza della Kaichou.
«Questo dovrei dirlo io, Trio di Idioti» rispose gelidamente la giovane, incrociando le braccia e spostando il peso da una gamba all'altra, attendendo una spiegazione per il comportamento davvero meschino dei tre ragazzi.
«Chi hai chiamato “Trio di Idioti”?» domandò con un moto di rabbia il platinato tra i due biondi, anche loro piuttosto arrabbiati dal nome che era stato affibiato loro.
«Idioti come voi non meritano di essere chiamati per nome! E vi ho già detto di sistemare il vostro aspetto! Togliti gli orecchini» e si avvicinò pericolosamente al ragazzo, il quale, annoiato a morte, se ne stava andando senza neanche più ascoltare Ginevra.
Vedendoselo sfuggire la ragazza iniziò a seguirlo e gli urlò dietro: «Basta scherzare! Togliteli, adesso!»
«Accidenti, vuoi stare un po' zitta? Me li toglierò dopo!» e provò a tirare un pugno alla ragazza che gli fermò la mano a un palmo dalla propria faccia.
La rabbia iniziò a fluire nella studentessa e il suo sguardo si fece così scuro da sembrare irriconoscibile.
«Ho detto ora» ingiunse gelidamente la ragazza per poi saltare alla gola del ragazzo e strappare con cattiveria gli orecchini da dove erano appesi.
«Confiscati!» urlò dopo averli presi e si rialzò con innata eleganza dal ragazzo ancora steso a terra.
Si spolverò un attimo i vestiti e si sistemò i capelli sulla spalla come se niente fosse, per poi guardare le facce sconvolte di Tidus e Vaan che osservavano il loro amico che si era appena alzato.
I tre si guardarono per qualche secondo e quando videro gli occhi scarlatti di lei se la diedero a gambe urlando come delle femminucce.
Ginevra si lasciò sfuggire uno sbuffo di esasperazione e poi si infilò in una delle tasche gli orecchini ancora sporchi di sangue per poi ricominciare la ronda.
Dopo poco sentì il tenue singhiozzare di una ragazza e attirata da questo rumore si diresse verso una delle entrate, trovando una ragazza in lacrime davanti a un biondo assolutamente riconoscibile.
Chi altri non poteva essere se non Kain Highwind, uno dei due ragazzi più ambiti dalla fauna femminile della scuola e il miglior studente della classe dei dragoni?
I biondi capelli che gli arrivavano a metà schiena, mai legati e mai tagliati in tutti quegli anni scivolavano sulla divisa bianca e quasi si confondevano con essa, vista la luminosità di essi.
Il viso severo non si era mai piegato in un sorriso a memoria d'uomo, se non per ghignare malevolo contro un avversario sconfitto.
La sua figura statuaria torreggiava praticamente su tutti gli studenti, specialmente sulle studentesse che spesso erano messe a disagio dalla bellezza di costui.
Era anche piuttosto noto per la lista infinita di dichiarazioni amorose da parte delle ragazze dell' Accademia che lui, in modo molto sistematico, aveva rifiutato senza nessuna esclusione.
Ancora non si capiva perché le ragazze continuassero a farsi infrangere il cuore dai gelidi occhi di Highiwind sapendo perfettamente che sarebbero state rifiutate… Fatto sta che appena Ginevra entrò nel campo visivo dei due, la ragazza, evidentemente in imbarazzo, scappò a gambe levate lontano dai due, piangendo disperata.
«Maledizione Highwind, te l'ho detto un milione di volte di essere più sensibile quando parli ad una ragazza!» urlò la bionda al biondo «La prossima volta te la farò pagare!» e si girò, per poi seguire la ragazza appena scappata.
Kain intanto, si mise a meditare su quante volte Ginevra gliel'avesse detto.
«Mi chiedo perché la Presidentessa odi così tanto i ragazzi» si domandò Cloud, il “compagno di rifiuti” del biondo.
Cloud Strife, allievo della classe degli spadaccini, era il secondo ragazzo a cui venivano fatte più dichiarazioni e teneva anche il record per quelle ricevute dai maschi, non che ne andasse fiero, però era pur sempre un record.
Anche lui biondo (che strano), aveva una corporatura robusta, i tratti ben delineati e il capelli sparati in tutte le direzioni.
Si avvicinò a Kain con un sorrisino e, appoggiandosi alla sua spalla, gli sussurrò brevemente:
«Puoi trovare un modo per farle dire “zio”, Kain-san?»
«Fallo da solo, non mi interessa» rispose lui annoiato e se ne andò anche lui, lasciando Cloud ad immaginarsi la Darnus dire “zio” in vari modi.

Odio i ragazzi che fanno piangere le ragazze, pensava l'Au'Ra mentre tornava a casa.
Il ritorno fu molto più tranquillo dell'andata tanto che si sorprese quando si ritrovò davanti alla sua sgangherata casa, esattamente vicino alle enormi mura che circondavano tutta la città.
Era un po' malandata e contava due piani e un piccolo giardino in cui tenevano qualche gallina.
Prima di essere adottate da Shantotto, lei e sua sorella vivevano a Camp Dragonhead, ma quando i loro genitori erano morti, la maga Lalafell aveva deciso di prendersele e di tenerle con sé, a patto che anche loro facessero la loro parte nel finanziamento delle tasse.
All'inizio aveva odiato la donna, perché pretendeva troppo dalle due ragazze, ma quando era riuscita a trovare un equilibrio nella sua vita, tutto era migliorato e lei aveva iniziato ad apprezzare la signora.
Appena aprì il cancello della casa, quello le si smontò in mano, a promemoria della loro situazione finanziaria abbastanza precaria a causa dei debiti di gioco dello scomparso marito di Shantotto.
Il secondo promemoria di tale situazione le venne dato da un buco sul pavimento coperto precedentemente da della paglia.
Appena ci cascò dentro una porta si aprì delicatamente e da essa uscì Terra, la sorella minore di Ginevra.
«Oh, sembra che tu sia in casa, Onee-chan» disse con voce altrettanto delicata la minore guardando la sorella con ancora il piede dentro il buco.
Bionda (ma davvero?), magra, timida e dall'aspetto piuttosto innocente, Terra Banford era tutto ciò che un genitore avrebbe voluto avere in una figlia, per questo motivo i genitori di Ginevra avevano deciso di adottarla per dare una compagnia alla loro giovane Au'Ra.
Quando poi erano state adottate dalla Lalafell, quella che aveva risentito di meno del cambiamento era stata proprio lei, poiché più abituata ai cambiamenti drastici.
«Cos'é questa trappola, Terra?!» esclamò sconvolta Ginevra, voltandosi verso la sorella.
«Prima per sbaglio ci ho messo il piede dentro. Sembra che il pavimento lì sia marcio»
«Quindi hai pensato fosse saggio nasconderlo sotto a un mucchietto di paglia?» domandò l'altra finalmente uscendo.
«Ci sei caduta dentro, come avevo programmato...» disse sommensamente la ragazza, ritirandosi poi dentro la stanza da cui era uscita.
«Terra, non ti sei fatta male?» chiese Ginevra e non ottendendo una risposta suppose che lei stesse bene.
Salendo le scale con un po' più di leggerezza per non rischiare di trovare altri buchi, si diresse verso la stanza della tutrice e la trovò intenta a creare amuleti scaccia spiriti a forma di orsetti.
Li stava dipingendo e intanto sussurrava una litania di cui la ragazza capì qualcosa come “ broccoli” oppure “bambola”, per poi decidere che non era il caso chiedere.
«Signora Shantotto? Sono tornata» la chiamò e lei si interruppe per poi alzare gli occhi su di lei.
Si era cambiata, e ora al posto della divisa dell'Accademia portava una semplice casacca bianca con dei pantaloni leggeri neri.
«Bentornata» disse solamente la maga, per poi riportare la sua totale attenzione sugli amuleti.
«Siete stata tutta la notte sveglia a fare amuleti? Non avete esattamente una costituzione robusta, quindi non dovreste lavorare troppo»
«Sto bene» la interruppe la nana «Anche se volessi, non potrei lasciare tutto il peso su di te»
«Se solo vostro marito non fosse scomparso lasciando solo tutti i suoi debiti...» intervenne Terra comparendo all'improvviso e attirando su di sé l'ira della maga e il disagio della sorella.
Incurante di ciò, la Banford si girò verso Ginevra e le disse con una voce monotona: «Oh, prima ha chiamato il capo del posto dove lavori: a quanto pare manca una ragazza, quindi vuole che prendi il suo posto»
«Davvero? Allora devo andarmene subito!» esclamò correndo velocemente a prepararsi.
«Perché non me l'hai detto subit-Whoa! Stavo per cadere di nuovo nel buco!» sentirono Terra e Shantotto dal piano di sotto.
«Onee-chan, potresti spedire questa mentre sei fuori?» domandò Terra e porgendo una busta a una trafelata Au'Ra.
«Un altro concorso a premi?» chiese lei prendendo la carta dalle mani dell'altra.
Dopo aver ottenuto una risposta affermativa si avviò di corsa verso la porta consigliando alla maga di riposarsi un po' e lasciando alle due da pulire i disastri lasciati dalla corsa di Ginevra.

«Bentornato, Padrone!» dissero in coro Ginevra e due delle sue colleghe.
Se si aveva bisogno un lavoro che desse larghi compensi a poco sforzo, lavorare al Forgotten Milk era esattamente quello che si cercava.
Anche se era fuori città, questa famosa locanda era piuttosto conosciuta proprio per le sue strane lavoratrici: tutte con una divisa nera piuttosto sensuale e con un grembiule bianco, le maid dovevano essere cordiali con i clienti e dovevano sempre, sempre, SEMPRE sorridere.
Ebbene sì, il lavoro che l'Au'Ra svolgeva per poter portare soldi in casa era quello della maid!
«Scusa di avertelo chiesto così all'improvviso, Ginny-chan» disse Cosmos, la proprietaria della locanda, a Ginevra.
Era una donna che brillava di una luce piena di allegria, speranza e…Sì, anche un po' di spirito infantile ed era la persona più cordiale che Ginevra avesse mai visto.
La sua bellezza era così raffinata e pura che era, oltre alle maid, uno dei particolari per cui la locanda era così famosa.
Milioni di pittori e bardi si erano fermati per poter vedere quella bellezza e per poterne tessere le lodi o raffigurarne le grazie.
Decisamente, la signora Cosmos non passava inosservata.
«Oh, non fa niente. Ho diverse spese da fare questo mese, quindi questa è una buona opportunità» rispose subito lei con un sorriso piuttosto stanco sul viso.
Dopo aver servito un cliente tirando fuori tutta la buona volontà che aveva, venne incaricata di buttare la spazzatura che la cucina creava dopo neanche mezz'ora dall'apertura della locanda.
Benché lavorasse lì da tanto tempo, non era riuscita ancora ad abituarsi del tutto a quell'ambiente.
Non aveva molto tempo libero a causa dei continui compiti che aveva da svolgere per il Consiglio Studentesco, perciò le serviva un lavoro ben pagato come quello.
«Ma se qualcuno della scuola mi vedesse in queste vesti sarebbe la fine...»
«Wow» disse una voce alle sue spalle.
Si voltò di soprassalto e con lo spavento stampato a caratteri cubitali sul viso guardò il suo nuovo interlocutore.
«Questa è una sorpresa. Dimmi che non è la Presidentessa» disse la voce voltandosi e il mondo di Ginevra crollò.
Kain Highwind!!!!
Era arrivata la sua fine.




 






Angolo Autrice

Ciao genteeeeeeee!
Allora, premetto subito che questo non è propriamente il mio fandom e che questo lavoro è una mezza collaborazione con Final_Sophie_Fantasy la quale fantastica tipella mi ha guidato nel mondo di Final Fantasy e mi ha aiutato con l'ambientazione e coi personaggi.
Se trovate errori e/o incongruenze non fatevi problemi e esplicatemeli con messaggi privati o commenti.
Saranno presenti la maggior parte dei personaggi di Dissidia, non tutti con ruoli principali alla storia, ma spero di riuscire a metterne il più possibile.
Mmmmmmmmmm… I capitoli in teoria dovevano essere uno per episodio dell'anime, solo che mi uscivano troppo lunghi, quindi ho preferito frammentarli ottenendo più capitoli medi.
Poi bho, non dovrei avere altro da dire.
Ci si vede al prossimo capitolo!
Bacioni,
Alice

 
  
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