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Autore: Final_Sophie_Fantasy    14/07/2016    1 recensioni
I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV… fermi. Mi chiederete: perché ti fermi solo ad un passo dall’ultimo numero rimasto? Beh, io scendo a questa fermata. I più vanno oltre, oppure si fermano a qualche numero indietro, cosa che io stessa ho fatto. Ma ho deciso di andare avanti, scorrendo, fermata dopo fermata, forse nemmeno scendendo. Poi l’ho visto: XIV. Un bel numero se pensiamo che ognuno di quei simboli che vi ho scritto all’inizio, dentro il semplice scritto racchiude storie, storie... Per noi che li conosciamo, racchiudono più di quanto possiamo immaginare. Ogni numero di questi racchiude emozioni. Dentro di loro portano una parte della nostra vita, desideriamo andare avanti, vedere dove ci porta il treno della fantasia finale. Io scendo al XIV. Conosco pochi, quasi nessuno, che scendono con me. Io mi sono fermata qui per questo, per raccontarvi. Per descrivere tutto questo, per esprimervi le emozioni che sono nate in me.
Benvenuti nel quattordicesimo confine di immaginazione.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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« Affonda! Affonda, ragazzo! Mollo con i piedi, indietro, indietro! Attento! »
L’allievo non fu capace di fermare il colpo da destra e finì per terra. La divisa l’aveva protetto, ma il colpo lo aveva comunque lasciato senza fiato.
La Scuola dei Lancieri si trovava nel vecchio quartiere di Gridania, sovrastata da un grandissimo albero, uno tra i più antichi dove ai suoi piedi aveva visto crescere quell’Accademia dalle sue più antiche radici. In nessun’altra parte di Eorzea si poteva godere di un apprendistato migliore di quello. Costava entrarci, ma se la buona volontà c’era si era sempre aperti alle iscrizioni.
L’edificio in legno comprendeva due piani, l’entrata larga composta da una serie di almeno tre palchi e gradinate, si passava sotto il terrazzo sorretto da pali e si arrivava alla porta massiccia. Ovunque erano appesi stendardi di Gridania, con due serpenti gialli attorcigliati sopra uno scudo, e quelli dell’Accademia, con due lance argentee incrociate. La radura che circondava la scuola era molto vasta, dotata di una piccola sorgente, manichini per addestramenti all’esterno, verso destra si poteva arrivare al porticciolo da cui partivano le barche a risalire il fiume fino al centro abitato delle Lavender Beds; a sinistra e di fronte giungevano le varie strade.
L’interno s’apriva con una vasta sala, dotata di poltroncine e il banco di iscrizioni, sul muro in fondo il simbolo dell’Accademia troneggiava su tutti. Oltre il balcone a destra s’apriva la porta per le sale d’addestramento. La principale era la prima a comparire, larga, in fondo una serie di manichini e lance appese ai muri. Su un angolo alla sinistra c’erano le scale che portavano al piano superire dove s’aprivano altre stanze d’addestramento o i ripostigli con armi, armature e oggetti d’allenamento.
Il ragazzo, battuto dall’avversario, fu portato in un angolo per lasciare posto al prossimo concorrente.
« Non ti preoccupare, hai fatto il tuo, giovanotto. » Le parole del Maestro erano sempre una medicina piacevole in qualunque situazione.
Non di rado durante i mesi dell’anno l’Accademia organizzava sfide dove gli allievi potevano sfidarsi. Erano dei tornei riservati ai partecipanti della scuola, niente di pubblico quindi. Era un ottimo modo per mettere al confronto le proprie abilità e sfidare qualcuno non tanto forte quanto i maestri.
Entrai con la mia divisa in cuoio, placche di osso a coprire il ventre e le spalle, le gambe coperte da pantaloni, stivali e sulle braccia manopole. Non avevo bisogno dell’elmo, non lo avevo quasi mai voluto.
Maestro Ywain s’accorse del mio arrivo e mi accolse calorosamente con un sorriso:
« Oh, Sophie! Che piacere sapere che hai accettato l’invito! Non poteva certo mancare la mia allieva migliore al torneo di metà anno! »
E mi circondò le spalle con un braccio, scrollandomi.
Ywain era un uomo robusto, saldo sulle gambe, i capelli scuri rasati ai lati della testa e quelli lunghi legati in un signon sulla nuca. Occhi castani come i tronchi degli alberi e volto ruvido come il legno ma fiero come un leone. La simpatia nata fin dagli albori del mio arrivo era proliferata, arrivando ad un rapporto di piena fiducia. Vedeva la mia passione per l’arte della lancia e stavamo entrambi impiegando al massimo le nostre forze per migliorarmi. Stavo imparando molto da lui.
« Grazie, Maestro. Anche per me è un onore. » Dissi, sorridendo.
Mi fece accomodare al suo fianco, vicino ad altri maestri e prese a spiegarmi la situazione.
I contendenti si sfidavano nella sala principale, uno contro uno, il primo a cadere perdeva. Molto semplice. Avevo visto tornei più complicati.
Passarono diversi turni prima che i giudici pronunciassero il mio nome.
Ywain allora mi batté una mano sulla spalla:
« Vai, Sophie! Falli tutti secchi! »
Io sospirai e mi affrettai verso il centro della sala.
Sapevo perché il Maestro ci teneva così tanto a me: non tutti i giorni capitava una ragazza nell’esercito a cui piacesse picchiare forte con il ferro invece che prediligere le arti mistiche.
Afferrai la lancia posta sulla mia schiena e fui subito scattante in posizione di attacco.
Il mio avversario doveva essere tra i nuovi arrivati quell’anno. Era abbastanza incerto sia nelle gambe che nello sguardo, aveva gli occhi di chi ancora deve capire cosa ha in mano e che cosa deve fare. Nonostante tutto non sembrava poi così sbandato come altri che avevo visto in precedenza.
Prendemmo finalmente entrambi posizione e fui io ad aspettare la sua mossa.
Il ragazzo partì subito con un affondo, fin troppo previsto. Scartai di un passo a sinistra e con l’asta della lancia deviai l’arma di poco dal mio fianco. Lui ritirò l’attacco ed io roteai l’arma tra le mani, giusto per minacciarlo e allontanarlo.
La lancia non era un’arma da combattimento ravvicinato. Era un attrezzo da usare ad una media distanza, controllarlo da troppo lontano era faticoso e da troppo vicino era molto difficile.
Ci tenemmo dunque due metri buoni di distanza e poi prese lo scontro vero e proprio.
Maestro Ywain mi aveva insegnato a non prendere mai lo scontro con troppa foga; era meglio mediare, giocare su una finta attesa, capire cosa il nemico voleva, come si muoveva, su cosa trovava il fulcro della forza. Ogni suo passo perché veniva scelto e perché difendeva particolari punti. Era una questione di osservazione e concentrazione.
In quel momento vedevo chiaramente quanto quel ragazzo proteggesse le gambe. Era malfermo su di esse, sempre sbilanciato in avanti come se le volesse allontanare e lasciare indietro, i piedi non erano sufficientemente scattanti, troppo saldo sul terreno. Ma le braccia erano tutt’altro, erano forti, sapevano dove andare e come usare bene l’asta della lancia. Ogni mio attacco verso il basso era riflesso con accuratezza. Dovevo puntare verso l’alto, allora, per distrarlo da ogni difesa. E feci così, con l’estremo posteriore della lancia affondai contro il suo collo, rigettandogli la testa indietro e con una giravolta su me stessa andai a colpire, senza ferirlo, un punto sensibile della gamba. Il ragazzo cadde in ginocchio e io ne approfittai per gettarlo a terra con un colpo finale.
Ne seguirono gli applausi, gli sguardi soddisfatti del Maestro e quelli dei giudici, che mi posizionavano già contro il prossimo avversario.
Io abbassai la mia arma e con un sorriso aiutai il ragazzo a rialzarsi, lui mi rivolse anche due occhi quasi stupiti quando gli dissi:
« È stato un piacere. Sei bravo. »
Mi biascicò un “grazie” e zoppicando si ritirò dal torneo.
Ywain mi riaccolse con compiacimento e insieme a lui e agli altri studenti osservai il resto della competizione.
Mano a mano che andavo avanti, gli avversari erano sempre più svariati e difficili. Ogni volta era sempre più complicato e presto ogni vittoria mi diede sempre più soddisfazione. Dopo tutto, qualche mese di allenamento non mi faceva certo ancora un Lanciere provetto, ero appena una novellina. Non sarei mai arrivata alla semi finale se non fosse stata la mia passione per la battaglia a spingermi.
Ywain mi consigliò una pausa prima dello scontro finale, che io accettai volentieri. All’entrata dell’Accademia, l’inserviente mi presentò un rinfresco e uno spogliatoio dove rimettermi a posto dal sudore e la fatica.
Mi concessi qualche minuto, ma come ebbi finito di vestirmi, sentii un gran brusio e un vociare confuso. Percepii la voce del Maestro ed un rumore di ferro.
Afferrai la lancia quasi al volo e corsi fuori, notando l’inserviente che guardava preoccupata la sala d’addestramento. Entrai e notai subito un elemento sconosciuto.
Era un Elezen dalla carnagione scura, quasi grigiastra, alto e robusto. I corti capelli bianchi avevano sfumature scure e alcuni ciuffi coprivano di poco due occhi maligni, dalle iridi di un luminoso rosa. Indossava un completo da Lanciere in cuoio nero e placche in osso.
La lancia acuminata era puntata contro uno studente a terra, ferito.
Ywain dietro di lui con sguardo provocatorio lo fissava, mentre i giudici dal rialzo sopra il campo erano allibiti e gli studenti intimoriti.
L’Elezen si voltò appena verso di me:
« Ma guarda guarda chi abbiamo qui! » fece una pausa per voltarsi del tutto « Chi è? La tua nuova pupilla? »
Vidi chiaramente la mascella del Maestro serrarsi per contenere le parole.
L’Elezen sorrise. Anzi, continuò a sorridere, poiché fino a quel momento non aveva smesso nemmeno per un istante. Poi ci colse di sorpresa, scoppiando in una risata a dir poco rivoltante:
« Ahahah! Mi prendi per i fondelli? Una micetta? »
Mi fissò con un ghigno ed io capii subito tutto del suo sguardo. Anche il Maestro lo intese e protese una mano in avanti:
« Aspetta! È solo una novellina! »
L’Elezen si fermò dalla sua già anticipata carica e rivolse l’arma contro Ywain. Subito delle guardie saltarono sulla difensiva e lo respinsero, parandosi davanti al maestro. Anche io mi decisi ad intervenire e presi la mia lancia:
« È un oltraggio minacciare il Maestro dell’Accademia! » Gli urlai.
L’Elezen si voltò a fissarmi, forse stupito per la mia presa di nervi:
« Mai visto un gatto che parla… »
Strinsi i denti e Ywain rivolse apposta la sua attenzione lontano da me:
« Vattene, non sei il benvenuto qui. »
« Non lo sono mai stato, se è per questo. »
« Esci e non farti più vedere. O mi costringerai a farti del male. » Disse a tono più duro il Maestro.
L’Elezen fece scomparire quel sorriso maligno per rivolgergli uno sguardo truce e colmo d’odio:
« Vedi bene di non costringere me a farlo… »
Ywain sbarrò gli occhi in un rabbioso stupore e tacque.
L’Elezen ripose la lancia e si voltò pronto ad andarsene. Ma mi rivolse un ultimo sguardo, ovviamente sorridendo, e disse:
« Ciao, micetta. »
Quando questo fu uscito, l’atmosfera tesa nella sala sembrò tranquillizzarsi. Un brusio di sottofondo nacque e io approfittai del momento per avvicinarmi a Ywain:
« Chi era quell’individuo, Maestro? »
« Non ti preoccupare di lui, Sophie. Dimenticalo e continua a concentrarti sul tuo addestramento. » Mi disse, volto pensieroso e sguardo basso.
« Sì, Maestro. »
 
Quella mattina era grigia quando arrivai all’Accademia qualche giorno dopo l’accaduto. Ma la folla di istruttori e allievi all’entrata non mi piacque affatto. Pensai di aver già capito la situazione e mi feci largo per entrare nella scuola. Arrivai al piano degli spogliatoi e dei ripostigli, in uno di questi ultimi trovai delle guardie, due a terra soccorse da dei maghi, e il Maestro Ywain. Tutto intorno era un gran disordine, come se qualcuno avesse messo soqquadro la stanza per cercare qualcosa. La finestra era rotta, addirittura scardinata.
« Cos’è successo? » Esclamai.
Ywain si voltò, del tutto turbato nel volto e cercò di spingermi fuori:
« Sophie! Non dovresti essere qui! »
« Ditemi cos’è successo! » Insistetti, piantando i piedi per terra.
« Quel… quel maledetto di Foulques… ha ferito le nostre guardie e ha setacciato la stanza come una belva affamata. Cercava qualcosa… » Mi disse, non guardandomi negli occhi.
« Foulques… era il tipo dell’altro giorno? »
« Sì… sì e vuole qualcosa da noi. Vendetta credo… »
« Per cosa? »
« Ti ho detto di lasciar perdere, Sophie! Ora esci! » Mi disse, aumentando il tono di voce e fissandomi negli occhi.
A quel punto cedetti ed uscii.
Ma nessuno poteva ferire le persone a me care e la mia casa in questo modo. E questo tizio nascondeva fin troppo di sé stesso.
Un’idea stupida mi passò per la testa.
Ma io ero un avventuriero.
Gli avventurieri fanno cose stupide.
 
Il mio viaggio mi portò fuori Gridania, dentro la Black Shroud, verso Nord. Tracce e odori mi guidarono. Conoscevo talmente bene il bosco che avrei saputo dire anche se qualche rametto si era spezzato o qualche foglia era caduta. Dagli accampamenti appostati nei dintorni mi dissero che di recente era stato affittato un trasporto verso la zona nord della foresta.
Avrei impiegato troppo tempo a piedi e la mia preda avrebbe avuto tempo di darsela a gambe oltre il confine. Non possedevo ancora una cavalcatura, quindi dovetti spendere qualche mio spicciolo per prenderne una in prestito. Lì i Chocobo erano la norma.
Grandi uccelli terrestri dalle piume gialle, un corpo snello ma forte, grandi zampe, e lunghe piume sul posteriore.
Mi bardarono l’animale con uno stemma che ne identificasse la provenienza e poi me lo consegnarono. Montai e partii immediatamente, seguendo le tracce.
Verso sera arrivai alla zona Nord della Black Shroud.
Gli indizi confluivano ad una serie di tunnel aperti e gole nelle colline aride e fredde. La zona pullulava di mostri, ma fortunatamente non ne incontrai. Lasciai il Chocobo in un luogo coperto e sicuro e proseguii a piedi: sentivo che il mio obiettivo era vicino.
Infatti mi sporsi oltre un masso e sotto di me vidi il famoso Foulques.
Restava fermo, rivolto con braccia conserte al baratro davanti a lui. Forse non si era accorto di me.
Mi feci coraggio. Avevo fatto tutta quella strada per trovarlo, tirarmi indietro ora era escluso. E volevo sapere la verità.
Così saltai giù dal mio nascondiglio e atterrai dietro di lui. L’Elezen lasciò le braccia lungo i fianchi ma non si voltò. Anzi, lo fece solo dopo qualche secondo, guardandomi con la coda dell’occhio e increspando la bocca con un sorriso.
« Cosa vuoi, micetta? » Mi disse.
« Voglio sapere perché hai ferito quelle persone e perché hai saccheggiato l’Accademia. Perché disturbi la scuola? Cosa vuoi? » Risposi, sguardo duro.
Lui chiuse gli occhi:
« Cosa voglio? » Fece una pausa poi riaprì le palpebre « Vendetta… »
Rimasi di sasso e lui si voltò del tutto per fronteggiarmi.
Parlò:
« Un tempo ero un allievo dell’Accademia, uno dei migliori. Ma il Maestro Ywain non mi scelse mai come suo prediletto. Tentai con tutte le forze di guadagnarmi la sua attenzione, le sue lodi… ma più ci provavo e più lui tendeva a scacciarmi. Fino al giorno in cui mi spinsi a ferire gli altri studenti, a non mostrare pietà verso nessuno per fargli vedere quanto ero forte. Ma lui come ricambio mi spedì in carcere, accusandomi. » Rise « Ma io non ero uno stolto e sono fuggito dalla prigione. Non mi vennero a cercare… e di questo gliene sono grato, mi sono riguadagnato la libertà! Così ho fatto irruzione nell’Accademia; voglio vendetta, voglio ancora dimostrare a quel farabutto che sono il miglior Lanciere che Gridania abbia mai visto! Ma il Maestro è tornato a mostrare i denti e in questi giorni non hanno fatto altro che cercarmi. » Serrò la mascella e per un istante abbassò lo sguardo « Ho dovuto ammettere a me stesso che per il momento era meglio fuggire, che sarei tornato ancora più forte e determinato. Per questo ho saccheggiato e rubato alle sale dell’Accademia: qualche scorta dovevo pur prenderla! »
A quel punto alzò gli occhi scintillanti su di me. Sorrise. La mano andò alla spalla per estrarre la lancia:
« Ma non posso fuggire se felini si muovono nell’ombra alle mie spalle… Nessuno deve sapere più niente di me, niente! E tu sai già fin troppo! Preparati, gatta parlante! »
Lo vidi venirmi addosso. Io scartai da un lato con una capriola e mi voltai immediatamente per vederlo fermo nella posizione di affondo. Io sguainai la lancia e lo vidi ricomporsi lentamente:
« Non mi puoi scappare… io sono il miglior Lanciere di sempreee!! »
Caricò ancora. Questa volta accolsi l’affronto e parai. Non mi lasciava altra scelta.
Foulques prese a colpire a ripetizione con la lancia, affondando, colpendo lateralmente, dall’alto dal basso, ovunque potesse muovere l’arma. E a me creava non pochi problemi. La sua tecnica era tutta basata sul corpo a corpo. La distanza era fondamentale nell’uso di un’arma a lungo raggio e lui la faceva completamente saltare in aria, lasciando tra il suo viso e quello dell’avversario qualche centimetro appena. Gestire una lancia con quelle misure era davvero difficile. Mi dovevo allontanare. Ma quando? Staccarmi da lui era quasi impossibile!
Abbassai lo sguardo per fissare le aste delle nostre armi roteare ad un soffio dalle nostre ginocchia. Dovevo trovare un ritmo e una volta fatto, con un calcio sarei dovuta cavarmela. Così provai a prendere lo scontro tra le mani e gestirlo con le mie redini. Ci riuscii e instaurai un ritmo meccanico e spontaneo, abbastanza lento per permettermi di agire. Mi concentrai. Guardai ancora una volta in basso. Calcolai e finalmente trovai l’istante giusto. Con gran forza lo calciai nel ventre e lui fu spedito lontano, barcollando pericolosamente per mantenere l’equilibrio. Avrei potuto avventarmi su di lui, ma mi resi conto di essere molto stanca e impreparata per quello. Così attesi e lui si rimise su due piedi, chino su sé stesso. Una mano era premuta sul punto colpito, ma quando vidi che da quel palmo compariva una luce rossa capii che non stava affatto soffrendo la lesione.
Un incantesimo.
C’era un solo modo per schivarlo. Presi a correre lontano e dietro di me lo sentii dire:
« Dove credi di scappare!? »
Mi voltai e mi abbassai appena in tempo per vedere una piccola meteora infuocata volarmi contro. Quella sfrecciò ancora più avanti, colpendo il terreno e bruciandolo in un circolo perfetto. Il fuoco ancora vivo mi bloccò la strada.
Magia Nera! Ma quando l’ha imparata? Pensai stupita.
Mi rialzai e corsi ancora per aggirare l’incantesimo, ma in pochi minuti la terra ardente mi bloccò ogni via di fuga, spingendomi indietro, costringendomi ad avvicinarmi all’Elezen.
Foulques si avvicinò a me, la lancia pericolosamente stretta in mano:
« Sei mia… »
Mi voltai, per vedere i suoi occhi scintillare di male puro, il fuoco riflesso nelle sue pupille stesse, il sorriso maligno stampato in volto.
Tremai nel profondo alla vista della sua figura così minacciosa.
Con un grido, Foulques si gettò su di me. Fu per istinto che alzai la lancia davanti a me e tranciai l’aria.
Colpii qualcosa. Un lamento seguì subito dopo. Non sentii alcun peso o dolore addosso.
Quando riaprii gli occhi, l’Elezen si stringeva convulsamente il petto sanguinante, gli occhi sbarrati dallo stupore e dal dolore.
Indietreggiava, ancora e ancora, barcollante nel dolore. Non s’accorse di dove stava andando e presto uno dei suoi piedi finì nel cerchio di fuoco ardente sul terreno. La sua divisa prese s’infiammò, le lingue ardenti risalirono lungo la gamba.
« No! Nooo! » Gridava addolorato, dimenandosi come un pazzo.
Io lasciai cadere la lancia, capendo subito dove si stava dirigendo, e allungai una mano verso di lui:
« Foulques! » Esclamai.
« No! Non mi toccare, non ti avvicinare! Io sono il migliore! Io e solo io! Iooo!! » Mi urlava.
« Foulques!! Il burrone! » Ma non feci in tempo a finire la parola che lo vidi perdere l’equilibrio.
Dondolò vertiginosamente sulla sommità del baratro, il terrore infisso negli occhi rosei. Poi lo vidi cadere giù, la bocca aperta in un urlo muto.
Corsi verso il bordo e mi sporsi.
Ma la nebbia lattiginosa di quella notte lo aveva già inghiottito nel suo silenzio.
 























Salve a tutti!
Scusate, scusate l'immenso ritardo ma se l'estate può sembrare un momento libero per scrivere, ebbene non lo è! Ho più impegni in questo periodo che durante l'anno scolastico.
Lo so, come sempre è venuto un poema.
Dunque, questo capitolo sarebbe una sorta di storia nella storia perchè si distacca dalla trama principale; non era necessario ma l'ho ritenuto utile per conoscere meglio il personaggio. La vicenda sarebbe quella che il proprio personaggio segue una volta scelta la così chiamata "Classe" che si vuole attribuire. E visto che la nostra brava Sophie è un Lanciere, questa è la storia... o almeno un riassunto modificato dell'originale. Fatemi dire che sicuramente al 99% ci sarà un altro capitolo del genere all'interno, perchè questa storia continuerà con altri protagonisti... ma più avanti... prima ci vuole un poco di trama principale: bisogna ancora far crescere Sophie drasticamente.
Bene, con questo chiuderei
Ci si vede al prossimo capitolo!     
   
 
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