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Autore: Meril27    15/07/2016    0 recensioni
Anno 2193 - Lynn e Cleo sono sorelle e hanno una vita normale nonostante il governo del terrore che ha preso potere negli ultimi anni in quella che una volta era l'Italia. Ma quando i soldati della "Nuova Inquisizione" bussano alla porta della loro famiglia alle due ragazze non resta altra scelta che fuggire: sono streghe ora, e la cattura equivarrebbe a una morte sul rogo. Non hanno più una famiglia nè una casa, e anche le loro idee su quella nuova Caccia alle Streghe che pensavano essere solo un modo per controllare la popolazione vengono messe in discussione dall'incontro con una ragazza che sembra sapere tutto su di loro.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alya correva sul sentiero che attraversava il bosco, alla massima velocità concessale dalla stanchezza e dal lungo vestito che indossava. I corti capelli castani continuavano ad appiccicarsi al suo viso a causa del sangue e del sudore che lo bagnavano. Sangue. Doveva essere passata quasi mezz’ora da quando il sasso tiratole da un contadino le aveva aperto quel taglio sulla fronte, eppure nuovo sangue continuava a colarle sugli occhi, dandole non pochi problemi a vedere dove andava. Almeno non sentiva più le urla dei suoi inseguitori dietro di lei. Doveva averli distanziati, ma comunque fermarsi era fuori discussione: voleva mettere la maggior distanza possibile tra lei e loro.

Le sue gambe però non sembravano pensarla come lei e ogni passo era più doloroso del precedente.

Se non avesse trovato velocemente un posto dove nascondersi l’avrebbero presa. Ma da quando era entrata nel bosco non aveva visto nemmeno un sentiero oltre a quello principale. Quella non era la parte del bosco che conosceva, quella dove era solita raccogliere le piante e giocare con suo fratello, e nulla nel paesaggio le era famigliare. Intorno a lei c’erano solo alberi che si facevano sempre più fitti, foglie secche e tanti, tantissimi rovi; e questi ultimi continuavano a impigliarsi nel suo vestito, graffiandole le gambe e rallentandola.

Strega. Era così che venivano chiamate quelle come lei, le uniche che erano in grado di curare seriamente le persone senza inventare bugie solo per rassicurare un cliente spacciato. L’unica cosa da fare per aiutare una persona sul letto di morte era starle vicino il più possibile e assicurarle che non sarebbe andata all’inferno.

Ma era passato ormai molto tempo da quando la conoscenza delle piante era diventata una maledizione invece che un dono. E spesso non era nemmeno necessario possederla per diventare agli occhi di tutti una strega. Bastava essere troppo bella, o troppo brutta, o trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

E ovviamente alla parola “strega” seguivano “inquisizione”, “processo” e “rogo”.

Uno dei piedi di Alya urtò una radice sporgente e la ragazza cadde pesantemente in avanti. Il dolore alle mani e alle gambe le fece capire di essere atterrata proprio su un cespuglio di rovi. Soffocò un grido; non poteva permettersi di rivelare la propria posizione, non ora che era riuscita a distanziare gli abitanti del villaggio.

La ragazza si rialzò, nonostante il dolore. Voleva vivere...Doveva vivere, per unirsi alle persone scontente dell’inquisizione, per aiutare ad uccidere coloro che avevano provocato questo scempio. Con le carestie e le epidemie degli ultimi anni il malcontento era cresciuto sempre di più, la situazione non sarebbe potuta rimanere così ancora per molto. Con un po’ di fortuna si sarebbe riuscita a chiudere per sempre quella assurda storia della caccia alle streghe che andava avanti ormai da più di cento anni. C’erano stati troppi morti, troppe vite innocenti bruciate dal fuoco dei roghi, a causa di denunce a volte addirittura senza prove.

Un’altra radice la fece inciampare e nuove spine le perforarono la pelle. Questa volta non si rialzò, rimase sdraiata in attesa di riprendere almeno un minimo di fiato. Non aveva la forza di rimettersi in piedi e la testa le pulsava dolorosamente.

Quando sentì che il respiro si era regolarizzato e il cuore aveva rallentato i suoi battiti si rialzò e iniziò nuovamente a correre, zoppicando.

Al precedente silenzio si era sostituito un suono di urla che si facevano sempre più vicine. Era stata troppo ingenua, aveva buttato all’aria ogni suo sforzo, ora sarebbero arrivati in poco tempo. No, non era così. Aveva cercato fino a quel momento di convincersi che sarebbe riuscita a salvarsi quando non aveva mai avuto nemmeno una speranza. Nessuno sfuggiva all’inquisizione. Il suo destino era stato segnato già quella mattina, fin dal momento in cui avevano iniziato ad inseguirla.

Ma in quel momento, ancora più forte della consapevolezza della morte che sarebbe sopraggiunta a breve era la sensazione di tradimento. Conosceva il nome di ognuna delle persone che ora la stavano inseguendo.Tra quella folla c’erano il mezzadro che le vendeva la frutta tutte le mattine, la sarta che le aveva insegnato a cucire, il macellaio che era stato tanto amico di suo padre…

Per tutto quel tempo aveva pensato di potersi fidare di quelle persone, che avevano sempre saputo che lei conosceva le piante, che più di una volta erano andati a chiederle di curare loro o i loro famigliari. Ma erano bastati un paio di morti in più tra i bambini del villaggio e la convinzione che ci fosse una strega nei paraggi a far ricadere ogni sospetto su di lei. L’inquisitore sarebbe dovuto arrivare quella mattina e lei sapeva che non c’era nessun altro che gli abitanti potessero accusare: la strega era lei, e di dubbi in proposito non ce ne era neanche uno. Aveva sentito i sussurri delle persone negli ultimi giorni, le occhiate che le lanciavano. In fondo stavano aspettando tutti quel momento, avevano avuto paura di lei fin da quando sua madre era stata bruciata.

E così negli ultimi giorni Alya aveva compreso che la sua ultima speranza era la fuga, perchè nei processi alle streghe le assoluzioni non esistevano, e lei lo sapeva bene. Aveva preparato tutto così bene, era stata attentissima a non far notare i suoi preparativi. Ma quella mattina, quando all’alba era uscita di casa, aveva trovato alcuni contadini ad attenderla. E da lì era iniziata quella corsa che ormai durava da ore. Se l’avessero presa non le sarebbe stato nemmeno concesso un processo. Con la fuga aveva già ammesso il suo essere strega.

Ma alla fine la colpa era sua, era stata troppo ingenua. Aveva creduto che in fondo l’avrebbero lasciata andare, che i suoi compaesani non volessero veramente che venisse bruciata. Si era accorta troppo tardi di quanto quella caccia alle streghe avesse cambiato la società. Possibile che nemmeno il rogo di sua madre fosse riuscito ad aprirle gli occhi, che il suo animo fosse troppo buono e ingenuo per accettare la cattiveria degli uomini?

Alya inciampò su una grossa pietra e cadde nuovamente a terra. Rimase distesa lì, sapendo di non avere le forze per rialzarsi, sapendo che le sue gambe non sarebbero riuscite a fare un passo di più. I suoi pensieri divennero più confusi, doveva avere perso troppo sangue dalla ferita sulla fronte, non riusciva più a ricodarsi cosa avrebbe dovuto fare, perchè fosse lì. La sua vista iniziò ad annebbiarsi  e lei perse i sensi.

 

A svegliarla furono le voci di persone che parlavano tra di loro. Distinse subito quella del macellaio, che doveva trovarsi alla sua destra.

Insieme all’udito arrivò l’orribile sensazione di essere trascinata sul terreno pieno di ciottoli e rovi.  E man mano che lo stordimento spariva il dolore si faceva sempre più insopportabile.Sentiva la pelle che si ricopriva di piccoli tagli e la testa che pulsava dolorosamente; e le corde con cui era stata legata le segavano la pelle.

Almeno non sentiva più il sangue colarle sul viso, e questo voleva dire che il taglio sulla fronte aveva iniziato a rimarginarsi. Ma non riusciva ad aprire gli occhi, le palpebre erano come appiccicate tra di loro, probabilmente al causa del sangue che si era seccato su di esse.

Per quanto tempo era rimasta priva di conoscenza? La luce che colpiva i suoi occhi chiusi era forte, il sole doveva essere alto in cielo.

Dopo quella che sembrò un’eternità il gruppo che la stava trasportando si fermò. Dovevano essere ritornati in paese, si sentivano molte più voci ora. Ma non le piaceva per nulla la sensazione di non sapere dove esattamente si trovasse.

Provò nuovamente ad aprire gli occhi. Dopo un paio di tentativi le palpebre riuscirono a dischiudersi, almeno in parte. La luce la abbagliò e le figure attorno a lei impiegarono un attimo per diventare chiare.

L’avevano effettivamente riportata al villaggio, e ora si trovavano nella piccola piazza davanti alla chiesa. Pareva che non avessero intenzione di perdere altro tempo. Al centro dello spiazzo la catasta di legno era già pronta per il rogo, completa di una croce di legno che sarebbe servita ad allontanare da lei il diavolo mentre bruciava.

Sì, l’avrebbero bruciata, solo ora questa consapevolezza riusciva a farsi realmente strada nella sua mente. Aveva pensato fino all’ultimo di avere una possibilità di farcela, di poter in qualche modo scappare e nascondersi. Una lacrima le rigò il viso mentre pensava a tutti i progetti che non avrebbe mai realizzato, alla vita che non avrebbe mai avuto.

Avrebbe voluto diventare una brava guaritrice, avrebbe voluto far capire alle persone quanto le idee dell’inquisizione fossero sbagliate e che quelle che loro consideravano streghe forse erano le uniche che avrebbero potuto fare del bene a quella società che attribuiva ogni fatto alla volontà di Dio e ogni male al diavolo, quella società che si affidava troppo alla religione.

Possibile che Dio realmente desiderasse tutti quei morti?

Alya aveva ormai smesso di credere a quel Dio descritto come gentile e misericordioso, ma che poi veniva utilizzato per permettere le atrocità degli uomini.

Nessun Dio aveva evitato che suo padre e il suo fratellino morissero nell’ennesima epidemia, nessun Dio aveva protetto sua madre quando era stata ingiustamente accusata di stregoneria. E nessun Dio avrebbe ora evitato la sua morte. Perchè Dio era un’invenzione come lo erano le streghe, solo una scusa, solo uno scudo.

L’unica consolazione che ora la morte le portava era la certezza di non essere più sola, la sicurezza che il dolore e la solitudine che la avvolgevano fin dalla morte di sua madre sarebbero finalmente svanite. Ma questa consapevolezza non riusciva a fermare la paura che cresceva dentro di lei.

Alya si asciugò le lacrime. Non doveva piangere, doveva essere forte, come le aveva insegnato sua madre. Non era più una bambina, e avrebbe affrontato la morte da adulta.

La ragazza si guardò intorno in cerca dell’inquisitore, che doveva sicuramente essere lì da qualche parte. Ma l’unica persona sconosciuta che riuscì a scorgere fu una donna che proprio in quel momento stava venendo nella sua direzione, con quell’andamento elegante che solo le persone d’alto rango avevano. Anche il suo abito mostrava il suo stato sociale. Di raso blu, con ricami dorati sul corpetto e sugli orli delle ampie maniche a sbuffo, un indumento che nemmeno la donna più ricca del villaggio avrebbe potuto permettersi..

La donna era giovane, non molto alta e di corporatura esile, troppo esile per una persona così ricca. Una qualsiasi persona con quell’aspetto sarebbe sembrata debole, ma non lei; aveva un’aura di potere e importanza che Alya non aveva mai notato in nessuno. Doveva essere venuta con l’inquisitore, era l’unica motivazione che trovava per giustificare la sua presenza al suo rogo. Ma come poteva una donna tanto ricca accompagnare un semplice inquisitore? La persona mandata ad assistere al suo rogo era così importante? Inoltre l’inquisitore non sembrava deciso a farsi vivo e nessuno pareva intenzionato ad aspettarlo.

La donna ormai li aveva quasi raggiunti, e per un momento i suoi occhi incontrarono quelli di Alya. Erano color del ghiaccio, e altrettanto freddi, ma Alya non abbassò lo sguardo, le lanciò anzi un’occhiata carica di disprezzo. Una sfida, l’ultima della sua vita.

La ragazza sentiva di odiare già profondamente quella donna, la cui presenza era probabilmente l’unica cosa che permetteva lo svolgersi della sua esecuzione.

Lei distolse lo sguardo, sussurrò qualcosa a uno degli uomini e si allontanò con la stessa eleganza con cui era arrivata.

Alya si sentì afferrare e qualcuno la issò sulla catasta di legno, legandola al palo di legno che sporgeva da essa. Le corde erano strette, le facevano male, ma non pianse. Voleva affrontare la morte con dignità, come aveva fatto sua madre.

Lo ricordava bene, il rogo di sua madre. Stessa piazza, stessa folla impaziente, stessa catasta di legno. E lei, in prima fila, costretta ad assistere a quello che gli altri consideravano quasi un divertimento, costretta a rimanere immobile tra gente per la quale quello era l’ennesimo spettacolo, identico a quello prima, e a quello prima ancora. Mentre l’ultima persona della sua famiglia, l’unica persona che le era rimasta da amare, veniva ridotta in cenere.

Quando qualcuno veniva additato come strega era come se nessuno lo conoscesse più, diventava uno sconosciuto, solo un’incarnazione del diavolo, qualcuno da eliminare.

Che fosse un compaesano, un conoscente, un amico. Solo la famiglia rimaneva vicino a una strega, e Alya non aveva una famiglia, non più. Non aveva nessuno disposto a difenderla.

Aveva sperato, davanti al rogo di sua madre, di non doversi mai trovare nella stessa situazione, ma ora era lì, e assolutamente nulla avrebbe potuto impedire la sua morte.

Si guardò intorno un’ultima volta, mente il boia si avvicinava alla catasta con una fiaccola accesa in mano: c’erano proprio tutti, da quelli che conosceva solamente di vista a quelli con cui parlava ogni giorno. C’erano perfino i suoi coetanei, quelli che erano stati suoi amici.

In quel momento Alya sentì di odiare profondamente quelle persone, dalla prima all’ultima, che assistevano alla sua morte senza batter ciglio. Li odiava come odiava l’inquisizione perchè erano tutti suoi complici.

I suoi pensieri vennero interrotti dal crepitio del fuoco che aveva iniziato ad attecchire alla legna e dal fumo che le bruciava la gola. Tossì, non riusciva a respirare, e mentre sperava che tutto finisse il più in fretta possibile sentì le fiamme lambirle la pelle procurandole altro, intenso dolore.

Si accorse che la morte stava per sopraggiungere, le pareva quasi di sentire l’anima che, lentamente, scivolava fuori dal corpo. E allora, nel suo ultimo istante da cosciente, puntò lo sguardo sulla donna sconosciuta.

La stava guardando; e sorrideva.
   
 
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