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Autore: Little Redbird    16/07/2016    2 recensioni
Tutto ciò che usciva dalla sua bocca era ridicolo e irritante. Tutto, fuorché il suo nome e il modo che aveva di pronunciarlo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Clary Fairchild, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Too good to be good for me

 


Simon parlava. Sempre. Troppo.

Diceva tutto e niente, spesso contemporaneamente. Si lamentava del loro stile di vita, del caffè che non aveva più lo stesso sapore, degli allenamenti troppo stancanti. Di tutto. Si lanciava in interminabili e accorate esplicazioni di argomenti di cultura pop che Raphael dubitava interessassero davvero a qualcuno. Che dubitava interessassero davvero perfino allo stesso Simon.

Al ragazzo piaceva parlare, l'aveva saputo fin dall'inizio, quando aveva dovuto trattenersi dallo spezzargli il collo pur di farlo stare zitto, la notte in cui l'aveva rapito dalla Città di Ossa.

E gli piaceva parlare ancora di più, dopo essere trasformato. In uno dei momenti in cui diceva tutto, aveva confessato che lo faceva perché odiava il silenzio tombale dell'hotel, quel tipo di silenzio che ad un orecchio sensibile come il loro risultava assordante.

Raphael odiava che Simon parlasse tanto, ma non poteva fare a meno di ascoltarlo, di cogliere le poche cose che avevano senso tra il mare di stupidaggini che riusciva a vomitare in meno di un minuto. Come il suo nome.

Tutto ciò che usciva dalla sua bocca era ridicolo e irritante. Tutto, fuorché il suo nome e il modo che aveva di pronunciarlo.

A volte lo sentiva parlare con qualcuno in una stanza dalla parte opposta dell'hotel – no, non origliava, prestava attenzione – e quando il suo nome faceva comparsa sulla bocca di Simon, il corpo gli si gelava, s'immobilizzava per concentrare tutte le energie nell'ascolto di qualunque cosa stesse dicendo di lui.

C'era qualcosa nel modo in cui pronunciava il suo nome – la voce che sembrava spezzarsi sulla seconda sillaba o la lingua che srotolava la L quasi con cura – che gli faceva venir voglia di pregarlo di non dire altro per il resto dell'eternità.

“Capisci, Raphael?”

Eccolo di nuovo, quel pugno allo stomaco nel sentire il proprio nome pronunciato dalla bocca innocente di Simon.

Annuì, incapace di fare altro, se non stringere le dita sul bordo della scrivania dietro di lui.

“Vorrei non dover litigare con te perché ho passato una giornata con Clary a guardare vecchi film. La vedo a malapena, ultimamente, e quando è il momento di tornare a casa ho sempre paura che tu ti arrabbi. L'ansia di perdere uno di voi due mi sta uccidendo. Cioè, tecnicamente sono già morto. Mi sta facendo impazzire, ecco. Mi sento come un adolescente che passa la notte fuori senza dirlo ai genitori. Non posso scegliere tra Clary e il DuMort. Lo sai bene.”

Un'altra delle cose irritanti di Simon era il suo essere incapace di stare fermo – soprattutto mentre blaterava. Aveva rigirato il suo telefono tra le mani per tutto il tempo che gli ci era voluto per spiegargli – per l'ennesima volta – perché riteneva stupido scegliere tra gli Shadowhunters e i Vampiri, e ora picchiettava con le dita sullo schermo in standby – comportamento che gli era già costato un telefono.

“Vieni qui” gli disse, allentando finalmente la presa sulla scrivania.

Gli occhi di Simon si spalancarono impercettibilmente. “Perché?” domandò sospettoso. “Se non vuoi che veda Clary e gli altri lo capisco e, anche se continuerò a vederli, non c'è bisogno di farne un dramma, okay?”

“Simon, ho detto vieni qui.” Stavolta aveva usato il suo tono da leader, più fermo e sicuro di quello che di solito usava con lui.

Simon ingoiò a vuoto e fece qualche passo verso la sua scrivania. “Senti, ordinarmi di avvicinarmi per decapitarmi è figo dal tuo punto di vista, ma dal mio è quantomeno inquietante. Salterei volentieri la parte in cui vengo decapitato, se non ti spiace.”

Raphael roteò gli occhi scuri. Aveva un'idea completamente sbagliata di lui, se credeva che decapitasse la gente così facilmente. Erano passati almeno due anni dall'ultima volta che era successo.

Quando Simon fu – riluttante – a pochi centimetri da lui, Raphael gli sfilò il cellulare dalle mani, facendo bene attenzione a sfiorare le sue dita lunghe con le proprie nel processo.

“Cosa fai?” volle sapere allora.

Raphael sbloccò il cellulare e sullo sfondo comparve una foto di Simon con Clary e Luke. La ignorò e salvò il proprio numero nella rubrica, restituendogli il telefono perché vedesse cosa aveva fatto.

Raphael” lesse Simon, le sopracciglia aggrottate. La sua lingua aveva di nuovo fatto quella cosa con la L alla fine del suo nome, rimanendo attaccata al palato anche parecchi secondi dopo averlo pronunciato.

Raphael strinse di nuovo le mani sul bordo della scrivania. Doveva trattenersi dall'infilargli la lingua in bocca per scoprire i segreti della sua.

“Devo sapere dove sei e se senti qualcosa che possa essere utile al clan” disse. “Fino a che la tua amicizia con i Nephilim ci sarà di vantaggio e non metterai né te e né gli altri in pericolo, puoi vedere la tua amica.”

Le sopracciglia di Simon si distesero e la sua bocca si aprì in un sorriso. Fece qualche passo verso di lui, ma Raphael sollevò una mano, il palmo aperto a pochi centimetri dal petto dell'altro.

“Non ci provare” intimò. Non era fisicamente capace di lasciarsi abbracciare, in quel momento – né in altri, ad essere sinceri. Non l'avrebbe più lasciato andare, l'avrebbe tenuto per sempre tra le braccia, contro il petto, sulla bocca.

Se Simon fosse stato un po' più cosciente dell'effetto che aveva sulle persone, l'avrebbe capito dallo sguardo di supplica che si trovò a rivolgergli.

“Giusto, meglio tenersi la testa” disse, il suo enorme sorriso ancora al suo posto.

Raphael distolse lo sguardo.

“Grazie” disse allora Simon. “Sei il leader migliore del mondo.”

“E tu sei la persona più inconsapevole di sempre” fu la prima risposta che gli venne in mente, ma non lo disse. Raphael tornò a guardarlo. “Corri a dire alla tua amica che puoi vederla?” domandò invece.

“No” disse Simon, scuotendo la testa ma continuando a sorridere. “Stasera resto a casa. Stan vuole la rivincita a Mario Kart.”

Era la seconda volta in cinque minuti che si riferiva al DuMort come a “casa” e Raphael voleva baciarlo sempre di più.

“Dovresti andare, allora.”

Simon annuì e si avviò alla porta per lasciarlo solo. Sulla soglia, si voltò per sorridergli un'ultima volta.

Quel logorroico deficiente, stabilì Raphael, l'avrebbe ucciso molto presto. Con un sorriso, uno sguardo ferito o magari con il suo stesso, maledetto nome.

 

 





 


AN:
Questa storia avrà un secondo capitolo, più lungo, che parteciperà ad un contest sul forum di EFP.
Per questo primo capitolo ringrazio Kary, Donnie e Chara, per i prompt che mi hanno lasciato durante l'Event del WAOFP: "Tutto ciò che usciva dalla sua bocca era ridicolo e irritante. Tutto, fuorchè il suo nome e il modo che aveva di pronunciarlo." + Shadowhunters, Saphael: "vieni qui" e poi, ancora, di nuovo "Simon, ho detto vieni qui." + Shadowhunters, Simon/Raphael – “I mean, well, technically I’m dead.”

Aggiungerò il secondo capitolo quando l'avrò revisionato a dovere - nella speranza che mi decida a farlo presto ^^'
Vi ricordo che potete lasciarmi qualche prompt, o anche solo fangirlare con me, attraverso i social, i cui link trovate sul mio profilo.
Il titolo - di questo e del prossimo capitolo - viene da Too good, di Troye Sivan.

Red

   
 
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