Ritratto n˚21: Lo skater
Il rumore delle ruote sul cemento delle strade era il segnale del suo arrivo.
Dopo una corsa tanto veloce solitamente i suoi capelli erano un disastro, ma gli bastava qualche colpo di pettine per fare assumere loro un aspetto più composto.
Ciò che lasciava gli amici senza parole però non erano la capacità di reggere uno zaino strabordante di libri su uno skate che era probabilmente un quinto del suo peso, né la rapidità nel pettinarsi, ma il suo rifiuto di togliersi dalla testa il suo cappellino preferito: quando era obbligato a farlo teneva il broncio, diceva di sentirsi nudo, eppure la sua chioma mossa e corvina non era affatto brutta.
Persino in casa girava per la maggior parte del tempo a capo coperto, ma a parte questa sua particolarità era un ragazzo come gli altri: odiava fare algebra ma gli erano piaciuta la letteratura medievale e quella romantica, apprezzava la musica metal e il rap, passava il tempo a cincischiare e usciva con gli amici più spesso di quanto non studiasse.
Ma tra gli amici era appunto noto per la sua abilità con le tavole, dal surf allo snowboard passando ovviamente per il suo grande amore: era davvero uno spettacolo mozzafiato vederlo esibirsi in trick che sfidavano la forza di gravità, le rampe ormai gli erano diventate più familiari delle sue tasche. Rivedere poi il tutto alla moviola evidenziava tutta la precisione nei suoi gesti e solo allora si poteva capire dove l’avessero portato otto anni di duro allenamento.
Una volta posati i piedi per terra il volto, fino a pochi istanti prima serio e contratto per lo sforzo, ritornava disteso ed allegro e la sua prossima meta sarebbe stata, ormai lo si sapeva, il bar più vicino.