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Autore: Eilan21    16/07/2016    11 recensioni
Svezia, 443 dC. Con la morte del re, la successione al trono è incerta. La gloriosa Stirpe del Drago, che ha governato la Svezia per oltre trecento anni, rischia di estinguersi e precipitare il paese in un'era di guerre e anarchia. Tutte le speranze di un popolo sono riposte in Arianrhod, l'ultima erede della casata reale, una bambina di soli quattro anni.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Medioevo
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Erano trascorsi solo due giorni dall'importante conversazione che il re aveva avuto con i suoi due fedeli amici. Nessuno si sarebbe aspettato che accadesse così presto, ma, senza alcun preavviso, la regina Drott entrò in travaglio. Fu un travaglio lungo e difficile che durò un giorno intero. Le levatrici riuscirono a fatica a far venire al mondo una bambina già morta. Anche per la sovrana non ci fu nulla da fare: dopo il parto sopraggiunse una febbre puerperale che la portò alla morte in soli due giorni.

Arianrhod accompagnò il padre in testa al corteo funebre di sua madre. Nella bella cornice di una scogliera che dava sul mare, Drott, regina di Svezia, nata Principessa di Danimarca, fu posta sulla pira funebre. Indossava una lussuosa tunica nera con una sopravveste dello stesso colore corredata da molti gioielli preziosi; i lunghi capelli biondi erano acconciati in due pesanti trecce, raccolte ai lati del capo, e sormontati da una coroncina d’oro. Accanto a lei era stato posato il corpicino della figlioletta, avvolto in un telo ricamato. Entrambe erano coperte da un sudario nero trasparente.

Mentre i corpi della moglie e della figlia bruciavano sulla pira, il re Jörundr aveva il viso contratto e sconvolto. Avrebbe voluto piangere mentre stringeva la mano della sua unica figlia superstite, ma non voleva mostrare le sue emozioni di fronte all’intera corte, riunita per il funerale.

Infine, le ceneri vennero raccolte in un’urna lavorata, che venne posta nella nicchia di un imponente mausoleo di forma conica, costruito con blocchi di pietra dura, e voluto dal re appositamente per sua moglie. Il monumento si affacciava sul mare, che Drott aveva amato moltissimo.

Arianrhod, vestita elegantemente di una tunica verde con la sopravveste color ruggine, non comprese pienamente ciò che stava succedendo, che non avrebbe più rivisto sua madre. Probabilmente si aspettava, con l’ingenuità dei suoi quattro anni, che Drott sarebbe ricomparsa il giorno seguente come se niente fosse per prenderla in braccio e stamparle un bacio su entrambe le guance, come faceva sempre.

Dopo aver dato l’ultimo saluto all’adorata moglie, Jörundr si allontanò zoppicando vistosamente, sorretto e aiutato dal Duca Fjölnir di Silverdalen, sotto lo sguardo indagatore dell’intera corte. Fjölnir non poté fare a meno di rabbrividire per il mormorio che l’avanzare del re aveva provocato nella schiera di nobili presenti. Non avevano più molto tempo ormai.


Pochi giorni dopo il funerale di sua moglie il re fu costretto a letto dalla febbre. L’infezione lo stava portando alla morte più in fretta del previsto. Diversi guaritori si susseguirono al capezzale del re, impegnati a cercare di salvargli la vita, invano.

Verso la mezzanotte Jörundr si spazientì e cacciò fuori dalla stanza tutti i guaritori e i cortigiani che gli stavano attorno come avvoltoi su una preda, e ordinò di mandare a chiamare l’Arcidruido Sveigder e il Duca Fjölnir.

Quando i due uomini si inginocchiarono al capezzale del loro sovrano, Jörundr bruciava per la febbre e era madido di sudore. I suoi occhi erano velati, e il Duca, che aveva visto tante volte la morte in faccia, sapeva cosa stesse a significare. Deglutì a vuoto, la paura che gli attanagliava la bocca dello stomaco.

Il re parlò con un filo di voce, ma i suoi amici erano pronti a cogliere ogni sua parola.

Ora… dovete onorare… la vostra promessa”, disse con fatica sollevandosi sui gomiti e guardando i due uomini negli occhi.

Lo faremo, sire”, mormorò l’anziano Arcidruido con occhi umidi di pianto. Jörundr era stato per lui come un figlio. Suo padre Yngvi era stato il suo migliore amico, e lui il suo più fedele consigliere. Aveva visto il principe Jörundr crescere, diventare un uomo e poi - in un giorno al contempo triste e felice per Sveigder - succedere al padre e sedere sul Trono del Drago. L’Arcidruido era stato uno dei precettori del giovane erede al trono per volontà di Re Yngvi; si era occupato anche di suo fratello minore Erik, anche se con risultati molto più deludenti. A Erik decisamente mancavano le buone qualità che erano invece così vive in Jörundr.

Il re fece uno sforzo immane per riprendere a parlare. “Ascoltate”, mormorò, “qualunque cosa sia necessaria… per proteggere Arianrhod… dovrete metterla in atto. Credo che sarà necessario… portarla lontano dalla Svezia… almeno per alcuni anni”.

Avremo bisogno della Guardia Bianca”, disse Fjölnir e il re annuì.

Promettetemi che un giorno… riavrà il trono che… le spetta”, gli occhi del sovrano erano annebbiati dalla febbre ma la sua mente era ancora lucida.

Anche se questo dovesse costarci la vita”, affermò il Duca con solennità.

Il re indirizzò agli amici un sorriso colmo di gratitudine, poi ricadde sui cuscini privo di coscienza. Sveigder e Fjölnir dovettero richiamare i guaritori perché si occupassero del re, poi scivolarono via nella notte silenziosa.

Prima dell’alba appresero che il Re di Svezia era morto.


Arianrhod fu svegliata nel cuore della notte. Una mano la scuoteva delicatamente, e la bambina sbatté le palpebre assonnate. Aprendo gli occhi, si accorse che la donna che aveva davanti non era Caitlin, come si sarebbe aspettata. La giovane bambinaia cristiana era stata sostituita da una delle cameriere più fidate della regina, una donna di mezza età di nome Hejör. Arianrhod, abituata a vederla insieme a sua madre non si allarmò: ancora assonnata, lasciò che la donna la vestisse e la prendesse in braccio. Istintivamente la piccola principessa le poggiò il capo sulla spalla, come era abituata a fare con sua madre. Dopo averla rassicurata con una carezza, Hejör la condusse fuori dalla sua stanza. Guardandosi a destra e a sinistra, come se temesse di incontrare qualcuno, Hejör scese le scale, e poi altre ancora e ancora. Nel dormiveglia Arianrhod si rese conto che stavano scendendo fin nei recessi del castello.

Alcune guardie, di ronda davanti alle stalle, si diedero il cambio, e Hejör attese trattenendo il fiato, nascosta dietro una colonna. Non appena la guardia, che sarebbe ripassata da quel punto entro novanta secondi, fu andata via, la donna si precipitò giù per le ultime scale che l'avrebbero condotta nelle stalle.

Un cavallo nitrì quando la serva e la principessa fecero il loro ingresso e questo svegliò del tutto Arianrhod. Fu abbastanza lucida da notare che nelle stalle, di solito deserte a quell'ora, vi erano alcuni cavalli fuori dei loro recinti. Erano stati sellati e preparati e ad attendere il loro arrivo c'erano anche l’Arcidruido Sveigder e il Duca di Silverdalen, accompagnati da alcune guardie armate che indossavano tutti un uniforme bianca con il simbolo del drago della Casa Reale di Svezia. Arianrhod aveva sentito vagamente parlare della Guardia Bianca, l’organizzazione militare di fedelissimi della Stirpe del Drago, ma non aveva mai visto uno dei suoi guerrieri.

Ad un cenno del Duca Hejör mise a terra la bambina. L’Arcidruido si chinò a parlare alla Principessa che, confusa e insonnolita, si stropicciava gli occhi con le mani.

Ascoltate, Altezza”, esordì Sveigder, “è desiderio di vostro padre che voi partiate con questi uomini. Conoscete il Duca Fjölnir, vero? Lui è un caro amico di vostro padre ed avrà cura di voi. Avete capito, Principessa?”

E mio padre? Verrà con me?”

Sveigder scambiò un'occhiata significativa con il Duca, poi fece un profondo respiro.

Più avanti” disse, riuscendo miracolosamente a suonare convincente. “Più avanti vostro padre verrà da voi, ma nel frattempo voi dovrete ubbidire al Duca e fare il volere del re. Rendetelo fiero di voi.”

Arianrhod rimase a bocca aperta qualche secondo, quindi annuì esitante. Si lasciò sollevare sul cavallo governato da Hejör; gli altri uomini, con il Duca in testa, montarono i loro cavalli e, in fila indiana e silenziosamente, uscirono nella notte.

La cavalcata dello sparuto gruppo durò alcune ore, ma Arianrhod non si lasciò sfuggire neanche un lamento: doveva essere coraggiosa per non deludere suo padre, per il quale nutriva una smodata ammirazione. Nonostante la testa le ciondolasse dal sonno, non si arrese, e rimase sveglia per tutta la durata del viaggio.

Nel tardo pomeriggio giunsero in vista della piccola baia di Bergkvara, sulla costa sud della Svezia.

Ad attenderli in una piccola insenatura era ancorata una nave. Era una nave di medie dimensioni, capace di portare un nutrito numero di soldati, mantenendo al contempo una velocità superiore a quella delle navi mercantili. Arianrhod la osservò a bocca aperta: ai suoi occhi infantili la nave sembrava enorme, ed era la prima volta che viaggiava per mare. Non sapeva dove sarebbe stata portata, ma intuiva che quello sarebbe stato il viaggio più lungo che avesse mai intrapreso nella sua giovane vita.

Il Duca Fjölnir ordinò di caricare i pochi bagagli e, senza troppi indugi, Arianrhod e la sua scorta vennero fatti salire a bordo. In breve tempo la nave fu pronta a salpare. Hejör chiese alla Principessa se volesse dormire un po’ nella sua cuccetta, ma lei scosse la testa chiedendo di poter stare ancora un po' sul ponte della nave, nonostante gli occhi quasi le si chiudessero.

Il sole stava sorgendo sull’azzurra distesa d’acqua marina, colorandola di sfumature rossastre. La Principessa Arianrhod - inconsapevole che quella stessa notte era divenuta regina, seppure senza un trono - osservò dalla prua della nave la sua terra natia farsi sempre più lontana e infine scomparire all’orizzonte. D’impulso agitò nell’aria la sua piccola mano in segno di saluto.



Angolo Autrice: Rieccomi! Spero che questo capitolo, anche se di passaggio, vi sia piaciuto.

Ci tengo a dare un paio di cenni storici: Drott, la regina di Svezia, è un personaggio storico. Figlia del re Dan di Danimarca, è una figura avvolta nell'oscurità e di cui si sa poco o niente, incluso chi abbia sposato. Ho pensato di sceglierla come moglie di Jorundr perché il loro rango e la loro epoca di nascita coincidono. Gli Yngling, la Stirpe del Drago, governava davvero la Svezia, e i nomi dei re che trovate, inclusi quelli dei successivi usurpatori, sono tutti storici. Ma qui si ferma la nostra conoscenza, perché di avvenimenti più approfonditi, di mogli e figli, non si fa cenno. Infine, tutti i nomi svedesi che troverete nel racconto sono nomi realmente usati all'epoca. L'unica licenza poetica me la sono presa proprio con Arianrhod, il nome di una dea britanna associata alla luna.

Ringrazio tutti per le recensioni!

Alla prossima,

Eilan

   
 
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