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Autore: AwkwardArtist    17/07/2016    1 recensioni
Attenzione! contiene spoiler e speculazioni sulla quarta stagione di Orphan Black.
Canon ma non troppo.
La storia si vive dal punto di vista di Rachel e va idealmente a completare la parte "Stanotte e per il resto della mia vita".
I titoli dei capitoli e dell'intero lavoro sono presi in prestito da canzoni.
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Rachel Duncan, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11 – Everything works out in the end

 

Il giorno della partenza è arrivato e trascorso.

Rigiro tra le mani l'orsacchiotto di peluche che Charlotte mi ha lasciato.
Deve aver pensato che potesse servirmi compagnia, che sarei stata sola.
In effetti lo sono, sola. Ma non è strano per me e adesso affronto la solitudine come una possibilità.

Susan e Ira sono sicuramente vicini. Il momento della resa dei conti è prossimo.

Sento un rumore di carta provenire dall'interno dell'orsetto. Cerco la tasca segreta, farò sparire i disegni se necessario.
Quello che trovo però non sono i lavori di Charlotte che ho già visto. E' un mio ritratto.
Resto a guardarlo per un po' e mi viene da sorridere, come la me immortalata dalla mano infantile ma abile del piccolo clone.
Si vede l'occhio bionico e mi fa sembrare un membro degli x-men.
Un'eroina. Quello che non sono mai stata.
Troppo impegnata a non annegare nel mio personale abisso. Ma ho decisamente imparato a nuotare.

L'alba stava spuntando quando avevo salutato quell'insolito trio.

Boomer, che tipa originale. Se avessi avuto più tempo mi sarei fatta raccontare tutto della vita in carcere. Non avevo indagato neanche sui motivi che avevano portato quell'anima sensibile ad essere rinchiusa. Però le avevo affidato il mio futuro dopo averla conosciuta per poco tempo.
Del resto lo avevo affidato anche a Delphine Cormier, il che veramente aveva del grottesco.
L'avevo presa da parte e le avevo consegnato “L'Isola del Dottor Moreau”.
“Charlotte lo sa leggere. Qui ci sono dati preziosi per lo sviluppo della cura e volendo anche del futuro del Progetto Leda.
Ma non consiglierei di prendere questa strada...”
Avevo indicato Charlotte che stava spiegando una mappa che lei stessa aveva tracciato a Boomer.
“Mi sembra che abbiamo già subito scelte altrui a sufficienza.” avevo concluso.
Delphine aveva annuito e subito messo al sicuro il libro dentro una sacca che si era caricata in spalla.

“Cormier, fai attenzione, grande attenzione.” Le avevo intimato e lei mi aveva guardato perplessa.
“Credi davvero che farei del male ad una bambina?”
“No, aspirante cavatrice di occhi.
Tra l'altro sarà anche il mio clone diretto ma assomiglia in maniera imbarazzante a Cosima. Immagino te ne sarai accorta.”
Lei aveva rivolto lo sguardo al piccolo formato Leda e sorriso.
“Sì.” aveva risposto con voce sognante.
Gente, quanto ci rende stupidi l'amore. Era stato quasi imbarazzante da vedere.

Meno male io ne sono praticamente immune. Praticamente.

“Mi riferivo a quello che è successo qua dentro.” Avevo ripreso.
“Non so cosa ti hanno fatto passare Susan e Ira. Ma sai meglio di me che non se ne esce senza strascichi.”
Aveva annuito, distogliendo subito lo sguardo.
“Non bruciarti questa possibilità. Non sono infinite.
Ma se Susan vorrà mai collaborare, alle vostre condizioni, non rifiutate il suo aiuto.
Nessuno come lei ha dedicato la vita intera a questo progetto.”

Charlotte era rimasta indietro per salutarmi e io mi ero chinata alla sua altezza.
Il visetto era serio ma la stretta con cui mi aveva abbracciata era piena di calore.
“Grazie. “ mi aveva detto e io avevo alzato le spalle.
“E di cosa?” le avevo detto calandole il berretto sugli occhi.
Lei aveva riso e improvvisamente mi aveva spinto l'orsacchiotto adorato tra le mani.
“Ti voglio bene, Rachel.” aveva detto voltandosi e correndo tra le braccia di Boomer.

Un rumore al piano di sopra mi riporta al presente.
Tempo di affrontare mia madre e nella mia pur limitata esperienza, temo di sapere già che non sarà piacevole.
 



Passa un tempo incredibilmente lungo, prima che senta i passi di Susan avvicinarsi attraverso l'odiato corridoio.

Io che mi ero aspettata di sentirla precipitarsi giù come una furia per le scale, seguita dal suo drago personale,
rimango stupita della calma che mostra quando apre la porta.
E' sola.
Il drago lo avrà lasciato parcheggiato fuori.

Mia madre fa qualche passo nella mia direzione e mi pianta i suoi occhi color del ghiaccio in faccia.
“Che cosa hai fatto?”
Mi chiede con tono dello stesso gelido colore.
Per un istante penso di cavarmela con qualche battuta ma non sono mia sorella, il lesbiclone.
“Ho pensato al Bene Maggiore... del resto me lo hai inculcato tu.”
Rispondo alzando le spalle.

Susan sospira e la sua profonda delusione non è una sorpresa per me.
Nemmeno un ostacolo, una volta tanto.
“Non sei la figlia che speravo.”
Mi dice con tono grave.
“Lo so.” dico senza battere ciglio. Non lo sono e mi viene da sorridere.
“Eppure non ho mai potuto veramente fare a meno di te.” dice quasi stupita.
“So anche questo, mamma.” E' questa la vera condanna di entrambe.

Lei guarda verso i ritagli di luce che si affievolisce dalle feritoie di queste mura.
“Cosa conti di ottenere così?"
Mi chiede con sincera curiosità.
“La libertà.” Rispondo e lei scuote la testa.
“Di fare cosa, Rachel?”
Sorrido.
“La libertà di essere me stessa. Qualsiasi cosa voglia dire.”
La prima cosa sarà dare fuoco a questi odiati pigiami di seta, poco ma sicuro.

Indico il tavolo sul quale ho posato una memoria esterna.
“La dentro c'è tutto quello che ho trovato sul Progetto Castore. A loro non serviva ma a te sì. Fanne buon uso.”
Le dico. In fondo anche il drago da compagnia ha diritto ad avere una possibilità.
Susan mi guarda con gli occhi lucidi.
“Ci rivedremo?” mi chiede di getto.
“Se quelle inette delle mie sorelle troveranno un rimedio ai nostri difetti genetici.” Rispondo.
Le poso una mano sul braccio.
E' una donna sufficientemente orgogliosa ma profondamente intelligente
e durante il nostro dialogo ha deciso di allentare la presa.
Alza il mento, la sconfitta va affrontata a testa alta.
“Magari deciderai di aiutarle. Magari decideranno di lasciartelo fare.”

Mi congedo da mia madre e inizio la mia lenta e faticosa ma inesorabile risalita.
Scalino dopo scalino verso l'uscita. Verso qualcuno che devo ancora imparare a conoscere.
Verso me.

 

 

 

   
 
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