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Autore: Yuki002    18/07/2016    4 recensioni
"Adoro il giallo. Mi fa sentire libero, come in un mondo in cui tutti i problemi sono risolti e non sono giudicato" questo dice un ragazzo che nella sua vita triste e dimenticata da ognuno, è riuscito a ritrovare un po' di felicità.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adoro i canarini.

E non i passerotti, i corvi o i merli, solo i canarini.

Anzi, non proprio tutti i canarini, ma uno in particolare. Si chiama Kiiro ed è un uccello meraviglioso, più degli altri della sua stessa specie. Mi sembra più giallo degli altri canarini, più vivo!

Adoro il giallo. Mi fa sentire libero, come in un mondo in cui tutti i problemi sono risolti e non sono giudicato.

Il canto di Kiiro mi affascina e spesso mi unisco a lui cantando. Riesce a rendere la mia vita più interessante e appassionata. Ogni mattina Kiiro mi sveglia cullandomi col suo canto e io, per ringraziarlo, gli do un po’ del  mio pane. Dopo colazione Kiiro rimane con me, non se ne va mai via. Del resto lui è tutto ciò che mi resta.

Quando lui, però, se ne deve andare, sbatte le sue ali così forte che fa muovere un po’ i fiori del mio giardino, poi quando prende il volo sembra così leggero. Volteggia nell’aria, come per salutarmi e poi se ne va. Vorrei tanto raggiungerlo, vorrei seguirlo, mi accontenterei di correre mentre lui vola, ma non posso.

Le mie gambe sono bloccate qui, su questa maledetta sedia.

Non posso neanche muoverle. Ferme. Sono morte. Tutti mi giudicano solo perché una parte del mio corpo è morta. La gente normale crede che quando muore una parte fisica di te, muore tutto. Le persone mi fanno sentire più invalido, di quanto già lo sia. Ma io sono sicuro, che se loro mi capissero, io riuscirei a farmi degli amici. Ormai ho smesso di fare tutto io.

Solo per Kiiro faccio un’eccezione. Gli preparo la finestra aperta la mattina, preparo il pezzo di pane, che da lì a poco avrebbe mangiato, preparo l’acqua, il vaso di terra dove si fa il “bagno”.

Però è sempre lui a salvarmi, a farmi sorridere, ad alleggerirmi l’anima. I suoi occhi neri scrutano i miei, cercando di andare oltre il mio sguardo ed entrare nella mia mente e consolarmi. Lui non guarda le mie gambe. Non guarda le enormi fasce che le avvolgono. Guarda prima i miei occhi e vede la mia anima e io guardo i suoi, neri come la pece, che non hanno la solarità del suo manto giallo. Vorrei che rimanesse sempre con me. Vorrei che vivesse con me.

Ma non può. L’ho visto tornare in un nido e ho visto un altro canarino. Anche lui con un corpicino giallo, come il sole. Kiiro ha una famiglia, sono contento per lui. Io non ce l’ho più. E ho visto anche delle uova, quindi a breve Kiiro non avrà più tempo per stare con me. Questo mi rende triste, ma anche felice. Il mio amico dovrà occuparsi dei figli, ma in compenso sono l’unico a sapere che diventerà papà. Una sera gli ho dato più pane e abbiamo cantato fino a non avere più voce, come per festeggiare l’ultima serata da amici.

Poi non l’ho più visto. O meglio dire, non è più venuto da me. Adesso sono io ad andare a casa sua. Ironia della sorte, il nido è su un albero nel boschetto dietro casa mia. La prima volta che vidi la sua casa rimasi incantato. Il nido poggiava su un albero altissimo e possente con un sacco di boccioli di fiori, in mezzo a una piccola piazzetta d’erba soffice e profumata. Sembra una radura incantata, quasi magica. Oggi sono ritornato alla Radura e ho visto sbocciare i primi fiori di ciliegio. Che belli che sono, sembrano un manto che avvolge la casa di Kiiro, come per proteggerlo. Guarda caso tutti i fiori sul prato sono gialli. Il giallo non è solo il colore del mio uccello preferito, ma è anche il mio colore, quello che mi rappresenta.

A casa mia tutto è giallo: le pareti, il divano, il letto, i peluche e … la camera dei miei genitori. È vuota da anni, ormai ho perso il conto. Però quella stanza l’ho dipinta io tutta di giallo, è il mio piccolo mondo magico e ancora adesso odora di vernice. Vedere il mio amico solo di giorno non mi bastava, volevo avere il suo colore anche di notte, almeno una piccola percentuale di Kiiro rimaneva con me. Così ero più tranquillo.

Adesso lo vedo una volta ogni tanto e passano anche dei giorni senza vederlo. Ma è giusto così. Kiiro sta crescendo e so che sta con la compagna che ha sempre voluto. Gli ho visti su un fiume a pulirsi a vicenda e passandosi il cibo. Si vogliono bene. Alla Radura ci vado anche per pensare. Questo posto è il paradiso. Spero che il mio sia il più vicino al sole, in modo da risplendere sotto i gialli e caldi raggi solari. Ed eccolo, lo vedo.

“Ehi, Kiiro” dico con un filo di voce, sorridendo.

Lui si posa sul mio dito e cinguetta felice. Allora anche io inizio a cantare una piccola canzone.

“Passerò tutta la vita con chi amo e poi, conterò i momenti più belli e brutti. Arrivati a questa età in cui ormai penso sempre che, non potrò amare più, perché ho amato te.”

Era una melodia che cantava sempre mio padre, dicendomi:
“Un giorno canterai anche tu questa canzone a tuo figlio. Perché sono sicuro che troverai una donna fantastica, come tua mamma.”

“Non sono io che ho trovato una donna fantastica, papà. Kiiro l’ha trovata. Giusto?” domando al canarino accarezzandogli delicatamente il petto di piume.

Quando sono con Kiiro, la mia vita si dipinge di giallo. Entro in un mondo nuovo, tutto mio, dove non sono sotto lo sguardo di tutti e posso camminare. Rimaniamo lì a guardarci, a cantare, mentre il profumo dei fiori mi entra nel corpo facendomi sentire l’allegra primavera dentro. Poi  Kiiro prende ilo volo, spostandomi i capelli biondi,e  si poggia su un ramo d’albero dove si stava pulendo la sua compagna. L’aiuta a finire il lavoro e poi si accarezzano le testa. Sono proprio carini, io mi sento il terzo incomodo. Non c’entro niente con loro e i loro futuri figli. Sono triste nel vedere  che il sole tramonta, perché è il segnale che me ne devo andare. Vado fuori dalla Radura e controllo un’ultima volta che Kiiro non sia da solo.

Non lo è. Un raggio di sole scalda tutta la famiglia nel nido. Sorrido, mentre un caldo vento si porta via una lacrima. Sento il bisogno di ritornare nel mio mondo magico.
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Entro nella stanza dei miei genitori e l’odore di vernice mi assale subito. Accendo la luce e un’accecante giallo mi riempie gli occhi. È tutto rimasto come qualche anno fa. Il letto ,totalmente giallo, così come i comodini, il pavimento e i peluche. Mi ricordo ancora quando ho preso i secchi di colore e ho pitturato tutte le pareti. Mi ero anche sporcato, ma ero felice. Ora avevo un mio luogo dove sentirmi veramente a casa. Solo il soffitto si salva da quella tempesta di giallo. Osservo la stanza centimetro per centimetro per raccogliere tutto il giallo con lo sguardo, voglio riprovare quella sensazione di libertà. Solo lì non mi sento legato a questo triste destino. Non ho più queste catene che mi vincolano alla sedia. Questo per me è il giallo. Forte, vivo e libero! Mi trascino sul letto matrimoniale, lasciando finalmente questa quella maledetta sedia. La odio. È di colore nero e io lo odio il nero. La volevo gialla, ma non me l’hanno permesso. Mi sdraio e fisso il soffitto, l’unica parte che non è stata assalita dal giallo. Lentamente il mio sguardo si riempie, rendendo viva la stanza. Abbraccio l’enorme orsacchiotto  giallo e lentamente cado in un sonno profondo. E faccio un sogno. Sogno un prato pieno di fiori gialli e Kiiro che mi aspetta impaziente. Faccio per prendere le rotelle, ma non le prendo. Non c’è niente. Cammino!!! Inizio a camminare, mi sembra di volare, di camminare verso il paradiso. Tutto sembra a portata di mano, Kiiro prende il volo e si posa sul mio dito, cinguettando felice e io lo seguo, buttando fuori tutto ciò che mi sono tenuto dentro e mi sento completo e libero. Libero, come solo il giallo sa farmi sentire.
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Oggi è una giornata un po’ storta. Non mi sento tanto bene. Sento il mio cuore stringere sempre più forte, come se una mano me lo volesse fermare. A malapena ho mangiato e mi sento debole, vorrei tanto rimanere a letto, ma la mia mente mi dice di no. Ho un solo obbiettivo, un solo pensiero: Kiiro. Le mie mani toccano le fredde ruote nere e inizio a muovermi. Le mie braccia mi stanno continuamente implorando di fermarmi, sento i muscoli in fiamme, come se me li stessero lacerando e il cuore mi sta cadendo a pezzi. A volte va troppo veloce e a volte sembra fermarsi. Sento la mia pelle tirata, come se si stesse per lacerare. E con la pelle, mi si sta lacerando la mia lucidità. Ormai non capisco più niente. Vedo il mio mondo morire, in bianco a nero, mentre cade a pezzi. Osservo la mia casa dall’entrata del boschetto e sorrido:
“Addio” dico felice e non capirò mai il perché.

Mi dirigo verso l’unico luogo che mi ha fatto sorridere, che mi ha fatto sentire veramente vivo, che mi ha salvato. Il dolore diventa più forte, mi immagino il mio cuore ormai schiacciato e il sangue sgorgare fuori, perdendosi nelle arterie e fuoriuscire dal mio corpo e dipingere di rosso il mondo. No! Io lo voglio giallo!
Arrivo alla Radura e il profumo dei fiori mi allieva il dolore, sentendo l’aria pulita entrarmi dentro e placare la mia anima urlante. Ed eccolo, l’albero di Kiiro. Sono sbocciati tutti i fiori e il giallo del prato e il rosa dei fiori si uniscono in una danza che a tratti va tranquilla e a tratti va veloce. Sento il cuore a pezzi e ormai capisco che neanche il giallo mi può salvare. Però ho un ultimo desiderio.

Abbandono la sedia nera e strisciando sul prato la spingo via per portarla fuori da questo posto che è mio e della famiglia di Kiiro. Con un ultimo sforzo porto fuori la sedia che lentamente scivola giù per la collina. Con una forza immane riesco a trascinarmi verso l’albero, mentre i fiori mi avvolgono, come per portarmi in un altro mondo. Il mio mondo.

Ma non è ancora il momento, devo fare un ultimo saluto. Mi accascio sotto l’albero e, con il corpo ormai distrutto, mi ritrovo Kiiro accanto a me. Cinguetta,  però non sembra felice. Intona un canto malinconico e io lo seguo, come facevamo un tempo.

“Ehi, Kiiro, la sai una cosa?”

Lui si volta, come se stesse capendo.

“Grazie”

Silenzio.

“E addio”

Silenzio. Solo quello sento. Un silenzio assordante, che mi lacera il timpano. Sento il corpo fluttuare nel nero più scuro, come la mia odiosa sedia. Mi volto da tutte le parti disperato, urlo, ma non ho la voce. Non sento niente. Non vedo niente.

*Cip, cip*

Un cinguettio  mi risveglia da quel nero, dipinge tutto di giallo e capisco che quello è il paradiso. Il mio paradiso.
Il giallo per me è la vita.
Il giallo è liberta.
Il giallo è Kiiro.

Note dell'autrice:
Ok, lo ammetto, questa storia non era nella mia lista, ma quando l'ho riletta ho voluto provare a sentire un opinione diversa da quella dei miei parenti. Per me è una storia molto importante, sia perchè è l'unica storia ideata interamente da me, ma anche perchè ha partecipato al Festival scolastico della mia città e ha raggiunto una posizione considerevolmente alta (quelli della giuria sono dei pazzi T T)
Mi era dispiaciuto non sentire alcuna opinione da parte di nessuno e quindi ho voluto provare a pubblicarla qui, quindi spero vi sia piaciuta ^^
Chiedo umilmente scusa per eventuali errori, se volete segnalarmeli con una recensione o MP sarò felice ^^
Alla prossima!
Yuki.
  
   
 
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