Wenn die Sterne leuchten.
Prologo.
Kuroi namida nagashi sakendemo
Shiranu kao de ashita wa kite
Anno 846
Un anno dopo il crollo del Wall
Maria.
La landa di fronte al suo
sguardo si perdeva verso il tramonto, increspandosi solamente laddove le cime
degli alberi spezzavano il confine tra cielo e terra.
Nina non riusciva a smettere
di pensare a quanto vasto e bello fosse il mondo aldilà di quelle alte mura
grigie e spente, di quanto fosse meraviglioso e indomabile, selvaggio. Unico.
Persino in quel momento,
seduta sul ramo di un albero, con qualche costola incrinata, messa innanzi alla
certezza che non sarebbe mai tornata a casa, non riusciva comunque ad odiare la
decisione che aveva preso, unendosi alla Legione Esplorativa.
L’inizio della 32esima
missione oltre le mura era stato come
quello di ogni altra missione. Ultimamente, dopo il crollo del Wall Maria, c’era addirittura stato un incremento dei
permessi per uscire, al fine di trovare un modo utile per ottemperare al nuovo
obbiettivo imposto alla Legione di Ricerca; se alla nascita, questo corpo
scelto di coraggiosi soldati aveva come fine ultimo quello di scoprire la vera
natura che stava dietro ai giganti, adesso la priorità era diventata quella di
trovare un modo per riconquistare i territori perduti, riducendo al minimo le
perdite umane.
Detta così pareva semplice,
ma, come è logico pensare, non lo era: il numero dei morti si accumulava
nonostante gli sforzi e quella volta la Fortuna aveva voltato le spalle proprio
a lei.
Dopo tre anni di missioni,
soddisfazioni, meriti, era arrivata la resa dei conti. Nina era in pace con se
stessa, perché nonostante la paura che provava, sapeva che qualsiasi cosa
sarebbe successa di lì in avanti, non sarebbe dipesa da lei.
La sua era diventata una
sfida aperta col Fato e nonostante fosse molto giovane, sapeva che era
difficile battere un avversario così abile.
Fece mente locale della
situazione in cui si trovava, pensando attentamente a cosa poteva fare per andare
avanti: si trovava ad almeno un’ora a cavallo dal campo base che il comandante
Erwin aveva allestito. La sua squadra, quella che faceva testa al Capitano
Andrej Sankov, era stata completamente annientata
mentre espletava alla sua missione ricognitiva sul fianco sinistro
dell’avanguardia. Persino Sankov era caduto,
stroncato da un’emorragia che lei non era riuscita a fermare. Non che fosse la
prima volta; quando si era arruolata nell’esercito, aveva già preso in
considerazione l’idea di diventare il medico di campo, ma dopo aver vissuto la
prima missione, come recluta diciassettenne, e dopo aver visto l’orrore e il
dolore dei feriti, la specializzazione presso il cerusico militare di Trost era diventata praticamente un obbligo morale verso i
suoi commilitoni.
Era brava, attenta. Meritava
il giglio rosso ricamato sulla fascetta bianca che teneva sul braccio sinistro,
simbolo della gilda dei guaritori. Erwin lo diceva sempre che aveva proprio la
stoffa –e tristemente, la scrittura- di un dottore in medicina.
Però la bravura non serve a molto, oltre le mura.
La fatica di trascinare Sankov fra gli alberi, i tentativi di fermare l’emorragia
con le cinghie dell’equipaggiamento dell’uomo, ormai inutilizzabile….
Tutto era stato vano. Sankov era morto valorosamente,
combattendo un nemico imponente. Tutti erano morti, per la causa in cui
credevano e lei non poteva nemmeno riportare quel poco che rimaneva di loro a
casa.
Erano usciti fuori tracciato,
a causa di un gruppo di otto giganti che si erano ritrovati davanti durante la
ronda. Mai visti così tanti tutti insieme. Avevano perso Ravenstein
mentre cercavano di abbatterli al centro di un campo, senza possibilità di
sfruttare a pieno le potenzialità del movimento tridimensionale. Due giganti a
terra e altri quattro in arrivo, verso di loro. Un gruppo di nove persone, ora
otto, che cercava di battere in potenza e velocità quei titani assetati di
sangue.
Nina ne aveva buttati giù ben
tre, un record personale, prima di
essere colpita alla schiena da una manata accidentale, provocata dalla caduta a
terra di un gigante ucciso da Reinolds. Era caduta,
sbattendo forte contro al carretto con le costole e aveva perso i sensi. Non
sapeva dire per quanto tempo era rimasta così, stesa sull’erba bassa, accanto
al carro in legno da cui i cavalli erano stati sbrigliati.
Quando si era destata, però,
ad attenderla non c’era più nessuno. Nessun gigante, nessun compagno. Reinolds, Jutah, Baumann, Kalhaf, Ravenstein, Fisher e Tulak.
Morti, a pezzi, sparsi come petali di rosa per la piana circostante.
Nina aveva osservato quella
scena, certa che non se la sarebbe mai levata dalla mente e si era alzata in
piedi, reggendosi con la mano al carretto, mentre con l’altra si teneva il
busto che rimandava delle fitte lancinanti a seconda dei movimenti. Non era
riuscita a trattenere qualche lacrima al pensiero che non solo aveva perso i
suoi compagni, ma che non avevano segnalato il loro cambio di rotta e che,
quindi, li stavano di certo cercando da tutt’altra parte.
Fu in quel momento, quando
tutto sembrava perduto, che udii un lamento. Il Capitano era vivo. Portò la sua
attenzione su di lui e dopo aver constatato che non era in sé, l’aveva
trascinato per duecento metri in mezzo al nulla, col terrore di essere vista o
sentita da un gigante, fino alla vegetazione fitta del boschetto. Lì aveva
provato di tutto, fallendo.
Ritrovandosi da sola, senza
un cavallo e con il gas necessario forse a fare ancora qualche rapida azione,
se riusciva ad essere parsimoniosa.
Smise di scribacchiare sul quadernino che portava sempre con sé nella tasca posteriore
dei pantaloni chiari, alzando lo sguardo verso l’ovest, la direzione da cui
erano venuti.
Laddove il sole andava a
morire.
Non normale per lei scrivere. Su quelle pagine
leggermente ingiallite dall’usura e dalle molte volte che aveva preso la
pioggia sui bordi, lei soleva disegnare. Parti anatomiche, sezioni mediche,
magari qualche appunto su una particolare erba medicale o esperimento portato
avanti insieme al Capo Squadra Hanji, ma non aveva
mai tenuto un diario. In quel momento, però, rischiava di non tornare a casa.
Rischiava di non poter dire addio a nessuno.
Ne ai suoi genitori, ne a suo
fratello.
A nessuno del Corpo di
Ricerca.
Nemmeno a Levi.
Voleva quindi rendere le sue
ultime parole tangibili, vere. Se avessero ritrovato quel misero artefatto,
almeno non sarebbe morta in silenzio come tanti altri dispersi.
Con un sospiro lento e una
lacrima che premeva per scorrere come una debolezza sulla sua guancia, la
ragazza si rialzò, sistemando il quaderno, tenuto fissato alla cinta da una
cordicella, nella tasca. Poi guardò in basso, sotto di sé.
Sarebbe stata una lunga
marcia e forse di lei sarebbero rimaste solo quelle poche parole scarabocchiate
con una scrittura ardua da decifrare, ma ci avrebbe provato veramente.
Il campo base era laggiù, da
qualche parte, laddove l’orizzonte baciava gli alberi. Ci avrebbe provato, avrebbe venduto a casa la
pelle. Non voleva morire.
Mancavano dieci giorni ai
suoi vent’anni e aveva intenzione di festeggiarli.
Continua…
NdA:
Non ho idea di cosa io stia
facendo, ne del motivo per cui mi sono messa a scrivere alle tre del mattino.
L’idea di questo OC mi è
balenata nel cervelletto bacato per puro caso e visto che quando mi fisso non
riesco a non scrivere senza avere un blocco su qualsiasi altro tema, ho pensato
di provarci.
Non posso avere un blocco in
piena scrittura della tesi, non sarebbe carino.
Un paio di informazioni
velocissime sulla storia, che cercherò di tenere corto per non annoiare
nessuno.
Prima di tutto, potrebbero
esserci degli accomodamenti nella trama generale di SnK.
Cose da poco, soprattutto sulla vita di un personaggio che adesso ho deciso di
non spoilerarvi. Non intendo però uscire dai binari
base della storia del manga e dell’anime.
Nina Müller
è un personaggio di mia invenzione e su di lei scoprirete qualcosa in più
andando avanti. Ovviamente la coppia è con Levi, che domanda. Nonostante il mio
cuore da Ereri, io mi diverto davvero da morire a
creare nuovi personaggi, non posso farci niente. Questa storia è ambientata
dopo la presa di Shigashina, ma prima del
ritrovamento del diario di Ilse Langnar,
dalla quale potrebbe sembrare che io abbia preso ispirazione…
… Non è esattamente così e
solo andando avanti capirete il perché.
Sono contraria alle Mary Sue
quindi Nina le prenderà un po’ da tutte le parti, ma si sa che la fortuna aiuta
gli audaci.
L’inserimento del medico
militare è una mia invenzione di sana pianta, così come la fascetta rossa con
disegnato sopra il giglio rosso. Dovevo pensare a un escamotage un po’
medievale che potesse compensare una croce e la scelta è caduta su uno dei
simboli più banali riscontrabili nella medievalistica. Però va detto, che ha
classe.
Davvero, nessuno si è mai
chiesto perché non ci sono dei dottori qui??
La canzone citata all’inizio
è ‘Kuroi Namida’, tratta
dal soundtrack dell’anima Nana (https://www.youtube.com/watch?v=_wxoPZijXU0 ) .
Del quale io abuserò, vi avverto.
Il titolo invece, tradotto, signirica ‘Quando le Stelle Brillano’. Banalità orrenda in
italiano, molto figo in tedesco. Il motivo della
scelta? Rivedetevi gli OAV sulla nascita di Levi e ascoltate bene le canzoni ;)
Ringrazio chiunque sia
arrivato sino qui a leggere.
Ringrazierò il doppio chi
avrà anche il buon cuore di darmi una piccola opinione, mi piace trovare un
riscontro con i lettori, ma EFP ormai è diventato un po’ desertico.
Speriamo nel bene.
Spero di postare il prima
possibile il seguito!
Buonanotte o buongiorno (?) a
tutti!
C.L