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Autore: Eternally_Missed    22/07/2016    1 recensioni
Due amiche, Ilaria e Giulia, separate dalla geografia ma con una pagina bianca da scrivere insieme. La vita che corre su binari nuovi e imprevisti.
"C'è crisi per avere un posto fisso dentro le persone".
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8.
 
 
Finalmente arriva sabato. Ovvero quel giorno in cui non devo essere svegliata a causa di un trillo malefico proveniente dal mio comodino. Niente allarme. Posso dormire in santa pace, o almeno è quello che spero. Oggi voglio fare tutto con estrema calma, ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo. Dopo essermi rotolata a sufficienza nelle lenzuola, decido di scendere in cucina per preparare dei pancake per colazione. Ogni tanto mi partono quei dieci minuti in cui devo seguire la masterchef che è in me, prima che sfugga l’inventiva. Con delicatezza, creo l’impasto, mescolo il tutto senza fare grumi e lo faccio cuocere in una padella bollente. Che profumo emanano. Poi, li impilo, evitando di dare vita ad una torre pendente e li ricopro con un po’ di sciroppo d’acero. Mi beo della visione per qualche secondo prima di armarmi di forchetta e darci dentro. Ovviamente, faccio un piatto anche per Giulia che sembra aver seguito il profumo, comparendo qualche secondo dopo dalla sala.
“Siamo di buon umore o in preda all’ansia?” domanda riferendosi al tanto daffare per la colazione. Mi conosce, lo sa che quando sono nervosa, giù di morale o via dicendo, amo mettermi a cucinare perché mi rilassa, tira fuori il lato positivo, stende i nervi. Soprattutto riempie lo stomaco e sappiamo bene che a pancia piena (di cose buone, poi) si ragiona decisamente meglio.
“Diciamo che non ci capisco nulla.”
“Mmm riguardo a Dom?” chiede addentando un pancake e facendo roteare gli occhi in segno di approvazione
“Si, mi fa sentire strana. Non mi piace.”
“Per questo lo stai evitando come la peste negli ultimi giorni?”
“Suvvia, dai.” ribatto prontamente, ma non riesco a giustificare le mie azioni, so che lei ha perfettamente ragione. Dalla sera in cui me lo sono trovato sotto casa, non ho fatto altro che evitare accuratamente di rispondere ai suoi messaggi. Non volevo illudermi di avere un qualche valore ai suoi occhi. Insomma, mi sono fatta una cultura a riguardo, con gli uomini c’è poco da fidarsi, l’ho imparato a mie spese. Se con uno normale funziona così, figuriamoci con uno che è pure famoso. Potrebbe avere chiunque, perché dovrebbe interessarsi proprio a me?! Ridicolo.
“Si, come vuoi. Fai pure finta di non capire. Vuoi rimanere sola e triste per il resto della tua esistenza?” mi rimprovera impedendomi di proseguire il mio film mentale
“Non sto facendo la finta tonta, lo sai. Penso solo che lui sia troppo, in tutti i sensi possibili. Che perde tempo con una come me e che onestamente non ho idea di cosa gli passi nella mente. Potrei essere semplicemente uno sfizio da togliersi, che ne sai? L’ha detto lui stesso che non è semplice dimenticarsi di una ragazza che gli ha mollato un ceffone. Sarà sicuramente una vendetta.”
“Dio mio quanto sei contorta. Se credi così poco in te stessa, come faranno gli altri a crederci di conseguenza? Vali più di quello che hai appena detto. Dovresti fare luce dentro di te, con quello che provi: se veramente credi di essere per lui solo quello, allora escici una sera insieme, mostrati per quello che sei e poi pace. Gli farai perdere tutte le voglie con questo atteggiamento da signorina so tutto io, è certo.” risponde lei con enfasi, mettendomi nella giusta prospettiva.
“Giulia, io ho paura, come fai a non capirlo?!” esclamo esasperata posando il piatto sul tavolo e alzandomi di corsa per andare in camera mia. Mi lascio crollare sul letto cercando la felpa rossa di Dom e stringendola al petto. Trattengo le lacrime quanto posso, non sono una che si lascia andare facilmente. Poco dopo, sento la porta della camera aprirsi e una mano accarezzarmi il braccio.
“Scusarmi. Sono una cretina indelicata. Non volevo ferirti.” sento la sua voce dolce e colpevole arrivare alle mie orecchie
“Lo so, non ti devi sentire in colpa. È solo tutto così veloce ed improvviso…” sbuffo con rabbia non si sa bene se verso me stessa o verso la situazione “Se non mi fai il culo tu, non me lo fa nessuno. Grazie Giuls.”
“Non devi pensarle più quelle cose. Non generalizzare, lo dico per te. Sei tu che mi ripeti in continuazione: Prendi quello che viene senza farti illusioni. Adesso devi farlo tu. Gianluca è stato uno stronzo, va bene, ma non permettergli di rovinarti ancora l’esistenza.” prosegue lei confortandomi. Ha capito che quella ferita non si è ancora chiusa del tutto. Non provo più nulla per Gianluca, sia chiaro, ma non riesco più a fidarmi degli uomini, mi aspetto sempre un fregatura “Ila, è il momento di tirare fuori il girl poweeer!” esclama lei iniziando a farmi il solletico
“No, cazzo, Giuls questo è un colpo basso!” strillo in mezzo alle risate
“Non la smetto finchè non mi prometti di rispondere a quel povero disgraziato.” mi impone dall’alto della sua posizione di comando e non posso far altro che annuire chiedendo pietà. Mi da un bacio in fronte e mi lascia sola. Anzi, trenta secondi dopo rientra lanciandomi il cellulare addosso.
Lo consumo a forza di guardarlo, indecisa sul da farsi. Poi in preda ad un attimo di follia, decido di chiamarlo, per la serie o la va o la spacca. Uno, due, tre squilli. Il coraggio che inizia a scarseggiare, le paranoie che scattano in automatico e il desiderio di spegnere la telefonata.
“Buongiorno!” risponde una voce proveniente da un altro mondo, l’ho svegliato che brava
“Ecco, lo sapevo che non dovevo. Pff. Ti ho svegliato, scusami!” farfuglio in prenda all’imbarazzo che ovviamente arriva sempre con il tempismo sbagliato
“Che stupida, pensavo non mi avresti più chiamato, invece…e dire che quello impegnato sarei io.”
“Ho recepito, Howard.” ribatto con la consueta acidità mentre sento lui ridacchiare all’altro lato “Che c’è da ridere adesso?!”
“Hai pronunciato il mio cognome come se fosse una minaccia. Lo faceva sempre la mia prof di matematica a scuola.”
“Ah, sempre meglio. Pure della vecchia oltre che dell’acida, mi dai.” sbuffo divertita
“In realtà Miss Klein era una gran gnocca all’epoca, ma io ero piccolino ed innocente.”
“Perché crescendo sei migliorato, eh.” zittisco il suo lato depravato sul nascere
“Puoi dirlo forte!” ribatte orgoglioso mentre scoppio in una fragorosa risata, modesto il ragazzo “Comunque, puoi sempre scoprirlo.”
“Senti Howard, la cena è ancora valida?” sparo fuori mentre cala uno strano silenzio
“Mi stai invitando fuori, Ginger?” si prende gioco di me scandendo le parole come se fossero una cantilena. Molto maturo, già.
“Non chiamarmi Ginger!” ribatto con un tono di sfida “O…”
“Ti passo a prendere stasera alle otto.” mi interrompe lui serio “Se preferisci, puoi venire in pigiama!”
“Oh si, già mi immagino i Pigiama Party di casa Howard. Terrore puro.” rispondo sfoderando tutta la mia ironia
“Adoro il tuo sarcasmo. Ci vediamo più tardi, Ginger.” afferma lui concludendo la telefonata e lasciandomi spiazzata come ogni volta.  
Torno da Giulia, che si è amabilmente stravaccata sul divano. Mi guarda trattenendo le risate e battendo la mano sul cuscino per farmi sedere accanto a lei.
“Scusami, ma avevi un tono di voce talmente alto che era impossibile non sentirti!” mi spiega delicatamente “Comunque, mi fate troppo divertire. Tu tutta convinta di essere incazzata, scoppi a ridere dopo tre secondi. Ti smonti da sola, cara!”
“Ma che ci posso fare se lui è troppo idiota?”
“Nulla, se ti fa ridere, non c’è niente di meglio.” si volta leggermente inarcando un sopracciglio. Pericolo. Pericolo. “Adesso, tesoro, mi permetti di aiutarti a vestirti per il tuo appuntamento?”
“Non è un appuntamento.” ribatto a denti stretti “Solo una cena per fargli conoscere chi sono. Così poi, scappa a gambe levate.”
“Sei un caso perso. Assolutamente.”
Il resto della giornata scorre velocemente al punto che non ho il tempo materiale di prepararmi mentalmente all’uscita con Dom. In effetti forse è un bene, sono troppo razionale e quando lascio che sia solamente la testa a guidarmi, finisco spesso per creare disagio in me stessa e negli altri. Dovrei trovare un po’ di sano equilibrio, ma come si fa?!
Guardo l’ora, sono quasi le otto ed io sono praticamente a posto. Osservo la figura che vedo nello specchio: top grigio scuro con paillettes con sopra una giacchetta corta nera, pantaloni a sigaretta neri e tronchetti neri. Sono monocromatica, è vero. Giulia voleva obbligarmi a mettere un suo vestito blu elettrico, ma mi sono categoricamente rifiutata: ho qualche serio problema con vestitini, abitini, gonne. Devo essere della giusta luna affinchè io le indossi, seriamente. Passo rapidamente la matita sotto gli occhi e il mascara. Niente di più o mi trasformo in un panda.
Suonano alla porta e per un attimo trattengo il respiro. Cosa sto facendo?!
Poi, scuoto la testa. Mi riprendo e mi avvio verso l’ingresso, sotto lo sguardo vigilissimo della mia amica. “Goditi la serata, ascolta le tue emozioni e non troppo la tua testolina!” mi sussurra in un rapido abbraccio. Annuisco sorridente e apro sta cavolo di porta, pronta ad uscire.
Esco dal micro giardino e vedo un’auto scura parcheggiata accanto al marciapiede. Appoggiato con le braccia al tettuccio dell’auto c’è quel matto d’un batterista. Mi squadra dalla testa ai piedi sorridendo soddisfatto e staccandosi dalla vettura per venirmi incontro.
“Buonasera signorina. Credo di aver sbagliato casa.” esordisce divertito “Ero passato a prendere una ragazza che doveva uscire in pigiama.”
“Che scemo sei. T’è andata male! Dieci minuti fa, l’avresti trovata.”
“Meglio così. Preferisco questa versione. Adesso, prego, sali in macchina!” esclama frapponendosi tra me e l’auto per aprirmi la portiera. Lo guardo sorpresa. “No, non sono un gentleman. È prevenzione: una ragazza l’ultima volta me l’ha rigata perché non riusciva ad aprire la portiera nel giusto modo. Ha un meccanismo diverso, tutto qui.” mi spiega facendomi ridere di gusto.
“Buono a sapersi.” sogghigno nell’eventualità di dovergli rifare la fiancata a causa di una pessima serata. Mi allaccio la cintura e lui ingrana la marcia. Mi rilasso sul sedile mentre lo osservo di striscio guidare. È concentrato, perfettamente consapevole di cosa sta facendo, ogni tanto tamburella sul volante, da un’occhiata allo specchietto, accelera, frena, mette le frecce, si volta e mi sorride. Beccata.
“Sei silenziosa. Devo preoccuparmi?” domanda poco dopo
“Mi piace come guidi, tutto qui.” rispondo “E poi, mi piace anche il silenzio. Soprattutto su una macchina con questa cilindrata. Fa un casino pazzesco, adoro!”
“Curiosa come cosa. Comunque, siamo quasi arrivati!”
“Tranquillo, mi sono persa già cinque volte, ormai non ho idea di dove siamo.”
“Lo so, faccio questo effetto sulle donne.” ribatte facendo spallucce
“Non ti tiro uno schiaffo solo perché sei al volante e ne va della mia vita.” rispondo spostando lo sguardo fuori dal finestrino. Siamo in una zona che non ho avuto ancora l’onore di vedere da quando sono qui. L’auto si ferma e scendiamo. Oddio spero non sia uno di quei locali all’ultimo grido dove ci sono i parcheggiatori di fuori. Mi sentirei totalmente fuori posto.
Dom appoggia la mano delicatamente sulla mia spalla per accompagnarmi all’interno dell’elegante edificio dalle porte di vetro. Una volta dentro, tiro un sospiro di sollievo mentalmente. Niente roba modaiola, evvai!
Un cameriere ci accompagna al tavolo, in una posizione laterale alla sala, dove ci sono dei piccoli separé rosa che danno un tocco distinto al tutto. In fondo, attaccato alla parete, c’è un grosso acquario: mi sono sempre piaciuti nei locali. Dopo esserci seduti, cala il silenzio. Non imbarazzante, anzi, come se ci stessimo studiando a vicenda. O nel mio caso, chiedendomi per l’ennesima volta il perché di tutto ciò.
“Ho come l’impressione che tu sia in un altro posto, stasera. Stai bene?” chiede lui curioso fissandomi per vedere che espressione ho in volto
“Mi sembrava di averti già detto che sono un tipo un po’ asociale.”
“A me non sembra. Anzi, quando te lo permetti, sei divertente dietro la tua mezza acidità. Mi piace parlare con te. Eppure mi sembra sempre che ci sia qualcosa che non dici, che preferisci tenere per te.” spiega lui “Ma forse sto solo delirando, non farci caso, scusami.”
“È questa l’immagine che do?” domando perplessa più a me stessa che a lui “Non mi offendo, sul serio.”
“Ok, sembra tu viva con il freno a mano tirato, se mi passi la metafora.”
“Wow. Temo tu abbia ragione. Invece tu, tutto il contrario. Vivi a cento all’ora.”
“Si, per certi versi, si. Ma correndo sempre, si perdono delle cose per strada, sai? Così come stando sempre fermi nello stesso punto, non si vede nulla.” spiega in modo semplice i nostri modi di vivere. Approvo, ovviamente. Arriva il cameriere per prendere le nostre ordinazioni, interrompendo il discorso.
“Cosa hai lasciato in Italia?” chiede curioso “Dai, parlami un pochino di te. Quello che fai qui, già lo so!”
“Ho lasciato mia madre e mio padre, anche se non stanno più insieme. Si sono separati qualche anno fa, ma hanno mantenuto buoni rapporti. Vivevo con lei, è il mio orgoglio sai? Fa l’infermiera in mezzo a bambini che lottano ogni giorno contro un brutto male. Lei regala loro i migliori sorrisi. Io invece mi cago sotto se vedo un ago, proprio l’opposto.” racconto per sdrammatizzare mentre lui appoggia la guancia sul palmo della mano per ascoltarmi “Poi, che dire. Ho lasciato degli amici chiaramente.”
“Nessun cuore spezzato alla tua partenza?” domanda improvviso
“Oltre al mio, no. Non lo permetterò più.” rispondo sentendo un leggero senso di rabbia pervadermi la voce  
“Scusami, non sono affari miei.” dice abbassando lo sguardo sulla difensiva, ha percepito il mio cambio d’umore
“No, scusa tu. Non sono arrabbiata con te, è solo una vecchia storia che ancora brucia. Mi sono imposta di non cascarci più.” spiego per evitare confusione mentre lui mi sorride
“Quando il grande amore arriva, riempie ogni dolore.”
“Il mio è andato contromano in autostrada, non c’è pericolo!” rispondo di getto con una risata amara
“Chi ti ha ridotto in questo stato?!” esclama in modo retorico Dom “Vabbè, lasciamo perdere. Ho letto il vostro servizio su Hair, molto bello!”
“D-davvero?” chiedo stupita
“Certo! Sono andato a vederlo controvoglia. Non è il mio genere. Però, le tue foto gli hanno reso giustizia. Te la cavi bene con la macchina fotografica, eh!”
“Sei gentile, ma ho ancora tanto da imparare. Alex è un mago nella grafica, è lui che mi rende il lavoro più semplice.” rispondo un po’ in imbarazzo per il suo inaspettato interesse verso i miei report
“Dunque, riservata, timida, attenta ai dettagli, amante della fotografia, non ami ricevere complimenti, acidella. Poi, improvvisamente, divertente, di compagnia, suoni la chitarra, hai dubbi gusti in fatto di abbigliamento, ti interessi di auto, sei affetta da un’avversione agli uomini ma porti i capelli rossi che non passano inosservati. Che altro mi nascondi?”
“Se ti racconto tutto di me, poi non ho più nulla da dirti! Piuttosto, mister batterista-dei-Muse, parlami di te.”
“Puoi chiamarmi Mr. Howard, se preferisci.” esclama ridendo “Dunque, ho una sorella, Emma di poco più grande di me, a cui sono molto legato. Amo i cani, i Boston terrier in particolare. Ne possedevo uno, Hendrix, ma è morto qualche anno fa. Lo adoravo e non ridacchiare per il nome che gli ho dato!”
“Scusami, ma ti batto. Ho adottato un cane a distanza in un canile di Roma quando ero una bambina. L’ho chiamato Compatistella. Perché c’era un gioco in scatola che adoravo, si chiamava Compatibility, ma mi piaceva anche stella. Ho fatto un mix tragicomico tra le due parole.” gli spiego tra una risata e l’altra, prima di bere un po’ di vino.
Una volta conclusa la cena, guardo l’ora e inaspettatamente mi rendo conto che sono le due di notte. Il tempo è volato insieme a lui. Ci avviamo all’uscita, dove Dom non ne vuole sapere di farmi pagare almeno la mia parte accampando che sono sua ospite. Era da un sacco che un uomo non mi offriva una cena, Gianluca non lo faceva quasi mai. È una sensazione piacevole e strana.
“Ti riporto a casa, signorina.” afferma prendendomi sottobraccio e tornando allegramente alla macchina “Stai crollando dal sonno!”
“La dura vita dell’asociale che non regge le ore piccole.” ridacchio aprendo la portiera prima che Dom riesca a fermarmi “Mi porti sulla cattiva strada Howard!”
In macchina devo veramente fare poco per tenere gli occhi aperti, sono concentrata nel godermi questa sensazione di benessere che mi ha invaso a partire dalla cena. È merito del mio accompagnatore, purtroppo. Tra una chiacchiera e l’altra, manco mi accorgo di essere arrivata davanti a casa. Lui scende con me e mi sento in imbarazzo. Come diavolo lo saluto?!
“Grazie per la serata, mi sono divertita. Sul serio!”
“Anch’io mi sono divertito un sacco, ma adesso, vai prima di addormentarti qui!”
“A dire il vero, in macchina un pisolino ci stava, era così comoda. Ciao, Dom.” lo saluto voltandogli le spalle e infilando le chiavi nel portoncino. Sento un brivido correre lungo la schiena mentre le sue mani mi bloccano, mi voltano verso di lui. Si avvicina per darmi un leggero bacio…sulla fronte.
“Tutti meritano il bacio della buonanotte, anche le finte acide come te.” mi sussurra spiazzandomi e facendomi arrossire violentemente “Ti tengo d’occhio, Ginger. Buonanotte!” mi dice accarezzandomi dolcemente la guancia. Poi sale in auto e riparte.
Resto cinque minuti buoni come una cogliona davanti alla porta.
Mi ha totalmente presa in contropiede e nonostante fosse un contatto molto piccolo, è bastato per turbarmi a tal punto. Ho sentito la scossa, cazzo.
In preda ai miei dubbi amletici su come comportarmi da domani in avanti, mi torna in mente la sua risata a bocca aperta quando gli ho raccontato qualcosa che lo ha divertito.
Non sarà facile toglierlo da lì, ma devo provarci.
  
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