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Autore: Mavimat    23/07/2016    0 recensioni
Chi ha detto che il calcio é solo per uomini? Ginevra e Celeste non sono d'accordo e decidono di mettersi in campo. In tutti i sensi. Ginevra ha quindici anni. Celeste otto. Entrambe portano delle cicatrici che gli altri non possono vedere. Passano un'estate a parlare, tra calci a pallone e passeggiate prima di tornare a casa alla sera. Poi arriva Settembre. E tutto cambia.
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Mattia! Passale la palla!"
"No!"
"Ti ho detto di passarle la palla!"
"No! Lei è una femmina!"
"Anch'io lo sono!"
"Ma tu sei brava a giocare!"
"E chi ti dice che non lo sia anche lei?"
"È piccola!"
"E allora?"
"Non può essere brava a giocare così piccola!"
"Ma dovrà pure cominciare, no? Avanti, passale la palla!"
Tra uno sbuffo e l'altro, Mattia, piccolo grande uomo di dieci anni, passò la palla alla piccola bimba che si era presentata al limite del campo e che aveva chiesto a quei bambini più grandi di lei, di giocare a calcio. Tra di loro c'era una ragazza, forse di quindici o sedici anni, che l'aveva difesa quando Mattia le aveva urlato un deciso "No" per la sua richiesta.
"Come ti chiami?", chiese quella ragazza.
"Celeste"
"Bene. Io mi chiamo Ginevra e loro sono Mattia, Jacopo, Christian, Valentino e Renzo!"
"Ciao", fecero in coro gli altri, tranne Mattia che aveva un muso lungo un metro.
"Ciao", rispose Celeste.
"Quanti anni hai?", le chiese Ginevra.
"Quasi otto"
"Sei decisamente la più piccola! Stai in squadra con me che invece sono la più vecchia!", le disse Ginevra, ammiccandole e facendole un sorriso. "Che ragazza carina", pensava Celeste che la ricambiò con un sorriso.
"Forza ragazzi! Mettiamoci a giocare!", ed avvicinandosi ai ragazzi, cercando di non farsi sentire dalla nuova arrivata, aggiunse "e cercate di non tirare troppo forte quando la passate a Celeste! È pur sempre piccola!".
Iniziarono a giocare e Celeste si dimostrò velocissima. I suoi tiri non erano del tutto precisi e potenti però un paio di goal era riuscita a farli.
"È per questo che non volevi farla giocare Mattia? Perchè sapevi che ti avrebbe fatto goal?", scherzò Ginevra con Mattia, che faceva il portiere, ma lui non le rispose.
Erano quasi le otto di sera quando decisero di andare a casa.
"Dove abiti Celeste?"
"Qui vicino"
"Viene a prenderti qualcuno?"
"No, vado a casa da sola"
"È meglio se ti accompagno io"
"Sono venuta qui da sola, posso tornare da sola"
"Anche se è Luglio e c'è ancora il sole, sei pur sempre una bambina, meglio se ti accompagno! E poi mi piace fare due passi"
"Va bene", rispose Celeste e lasciò che Ginevra l'accompagnasse a casa.
Nel tragitto, a parlare fu soprattutto Ginevra. Celeste, imbarazzata perché non era abituata a persone che le parlassero così tanto, si limitava a rispondere brevemente alle sue domande, la maggior parte delle volte con un sì o con un no.
"Non sei una che parla tanto. Di solito alla tua età i bambini continuank a parlare". Celeste la guardò, mentre Ginevra le rivolgeva un sorriso dopo la sua constatazione. Abbassò lo sguardo a terra, non sapevo cosa rispondere.
"Non mi piace parlare tanto. Per questo i miei compagni non parlano mai con me"
"Che compagni antipatici devi avere!"
"Sì, davvero", ed entrambe si misero a ridere.
"Quella è casa mia", disse Celeste, indicando una casa gialla con un grande giardino poco più avanti di dove si trovavano loro.
"Passo molte volte da questa strada e mi sono sempre chiesta chi abitasse in quella casa bellissima"
Arrivate davanti al cancello, si salutarono.
"Ciao", disse Celeste.
"Ciao, a domani!"
"A domani?"
"Sì! Adesso sei una giocatrice anche tu! Ci vediamo domani al campo!", e voltandosi, tornò sulla strada che avevano appena percorso.
"A domani', disse fra sè Celeste, mentre gyardava Ginevra andar via.
A cena, Celeste, sua madre e suo padre, mangiarono immersi in un assoluto silenzio. Come sempre. Fu Celeste a rompere quell'atmosfera muta.
"Sono stata a giocare a calcio al campo, oggi"
Margaret e Sergio, i suoi genitori si fermarono con le forchette a mezz'aria e la guardarono. Lei proseguì.
"Ci andrò anche domani"
I suoi non si mossero. E lei continuò.
"Posso, vero?"
I due si ripresero come da un sonno profondo.
"Ma certo cara!", rispose Margaret.
"Che bella cosa! E con chi hai giocato?", disse Sergio.
"Con dei bambini. Hanno qualche anno più di me"
"Li conosciamo?"
"No, li ho visti per la prima volta oggi"
"Sono bravi bambini?"
"Dai Margaret, che domande! Certo che lo sono!"
"C'è anche una ragazza. Lei è più grande. Mi ha anche accompagnato a casa"
"Ma se c'è anche una persona grande non c'è da preoccuparsi! Vai pure a giocare quando vuoi Celeste!", disse suo padre.
"Grazie. Posso andare in camera mia ora?"
"Sì, tesoro. Vai pure", le disse la madre. Celeste si alzò dal tavolo e sparì in camera sua.
La stanza tornò avvolta nel silenzio. Margaret e Sergio avevano gli occhi fissi sul piatto immacolato che aveva lasciato Celeste.
"Ha anche finito la cena"
"Già"
"È la prima volta che finisce tutto quello che ha nel piatto"
"Davvero"
"Secondo te dobbiamo preoccuparci, Sergio?"
"O forse sta arrivando il momento di smettere di farlo"
I due si guardarono negli occhi e sui loro visi spuntarono dei timidi sorrisi di felicità.
Celeste, quella sera, sognò di correre su immensi prati verdi, con ai piedi un pallone da calcio e se si voltava poteva vedere Ginevra e gli altri bambini che la rincorrevano, mentre davanti a lei c'era una grande porta da raggiungere per fare goal.
"Domani farò goal", pensò e nel farlo si addormentò.

  
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