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Autore: mido_ri    24/07/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ven, 16 settembre, mattina
Dopo ciò che era successo al bar, durante le lezioni non avevo fatto altro che girarmi in continuazione verso Riccardo; volevo delle risposte, subito. Chi era quell'uomo? Possibile che fosse arrivato a tanto per pura gelosia? E poi, come poteva un ragazzino stare con un tizio di almeno trent'anni? 
In ogni caso mi sembrava troppo scortese porre delle domande del genere a una persona di cui conoscevo a malapena il nome, ciò che dovevo fare era semplicemente starmene buono al mio posto e possibilmente smetterla di fare colazione al bar. 
Sab, 17 settembre, mattina
Mi stiracchiai per bene nel mio adorato lettino, poi lanciai il cuscino contro la sveglia che non la finiva di lacerarmi i timpani. Era sabato e io mi ero dimenticato di spegnere il cellulare, di nuovo. Dato che ormai ero sveglio, scesi in cucina e vi trovai la donna delle pulizie che strofinava con foga il lavello.
- Buongiorno signora Maria -
- Quante volte ti ho detto che non devi andare in giro scalzo per tutta la casa?! Lasci le impronte per terra! -
Feci finta di non sentirla, aprii il frigo e ne estrassi una lattina di Coca-Cola, poi mi stesi sul divano e accesi la televisione. Fare zapping era sicuramente uno dei miei hobby preferiti, oltre a ingerire bevande gassate, guastare il letto e guardarmi allo specchio ripetendo "fai schifo". 
- Alessio! Ti sembra il modo di fare colazione? Ma tuo padre non t'insegna niente?! -
La donna continuò a sbraitare per un tempo incalcolabile, mentre io facevo la maratona di Adventure Time come ogni sabato mattina. 
Sab, 17 settembre, sera
Uscire sempre con gli stessi amici, negli stessi posti, alla stessa ora e nello stesso giorno della settimana era una fatica; al solo vederli da lontano mi innervosivo, con quale coraggio li definivo "amici"?
Cenammo al solito pub, ormai ci avevamo fatto la muffa fra quei tavoli e non leggevamo neanche il menu, probabilmente perché il locale era così squallido da non esserne munito. 
Per essere solo una sera di settembre faceva piuttosto freddo, mi strinsi nel giubbotto di pelle estivo e tirai fuori da una tasca il pacchetto di sigarette che avevo comprato poco prima di incontrarmi con gli altri. Alla prima boccata chiusi gli occhi e gemetti di piacere, era da una settimana che non toccavo tabacco. 
- Hey Ale, quante ragazze ti sei fatto questa settimana? -
Marco scoppiò in una sonora risata, non gli diedi retta.
- Tsè, Alessiuccio è impegnato con la scuola, non può mica perdere tempo dietro alla figa! -
Potevo sentire i nervi stendersi al massimo cercando di resistere alla tensione per non rompersi; mi sputavano addosso sempre le stesse offese, eppure io continuavo a uscire con loro e a far finta di prendere tutto come uno scherzo, forse perché ero troppo debole per potermi spezzare da solo un legame, seppur gravoso da sostenere.
- Dai raga', finitela una buona volta, se è dell'altra sponda non è che dovete dargli addosso ogni momento, le vostre battute non fanno più ridere -
Già, ormai anche i muri sapevano a memoria le frecciatine che mi lanciavano ogniqualvolta uscissimo insieme.
Ma come mi era saltato in mente di dir loro che ero gay? Avrei voluto prendere a schiaffi mio padre per tutte le volte che mi diceva che non era per nulla sbagliato esserlo e che i miei amici mi avrebbero accettato per quello che ero. Sì, come no, nei miei sogni forse. Era stato proprio lui a incitarmi a farlo, avevo dodici anni, cosa ne potevo sapere? Mia madre non ne sapeva nulla, o almeno, io non ne avevo mai parlato con lei, a dir la verità la sentivo troppo distante per poterle raccontare qualsiasi cosa di me; in ogni caso se n'era sicuramente accorta da sé, dal momento che la mia prima e ultima ragazza mi aveva lasciato perché guardavo suo fratello "in modo strano", ma ehi, era bello davvero. 
Dopo il solito giro al parco pubblico, ci sistemammo per cazzeggiare un altro po', chi sulle altalene chi per terra.

Ven, 16 settembre, mattina

Dopo ciò che era successo al bar, durante le lezioni non avevo fatto altro che girarmi in continuazione verso Riccardo; volevo delle risposte, subito. Chi era quell'uomo? Possibile che fosse arrivato a tanto per pura gelosia? E poi, come poteva un ragazzino stare con un tizio di almeno trent'anni? In ogni caso mi sembrava troppo scortese porre delle domande del genere a una persona di cui conoscevo a malapena il nome, ciò che dovevo fare era semplicemente starmene buono al mio posto e possibilmente smetterla di fare colazione al bar. 

 

Sab, 17 settembre, mattina

Mi stiracchiai per bene nel mio adorato lettino, poi lanciai il cuscino contro la sveglia che non la finiva di lacerarmi i timpani. Era sabato e io mi ero dimenticato di spegnere il cellulare, di nuovo. Dato che ormai ero sveglio, scesi in cucina e vi trovai la donna delle pulizie che strofinava con foga il lavello.

- Buongiorno signora Maria -

- Quante volte ti ho detto che non devi andare in giro scalzo per tutta la casa?! Lasci le impronte per terra! -

Feci finta di non sentirla, aprii il frigo e ne estrassi una lattina di Coca-Cola, poi mi stesi sul divano e accesi la televisione. Fare zapping era sicuramente uno dei miei hobby preferiti, oltre a ingerire bevande gassate, guastare il letto e guardarmi allo specchio ripetendo "fai schifo".

- Alessio! Ti sembra il modo di fare colazione? Ma tuo padre non t'insegna niente?! -

La donna continuò a sbraitare per un tempo incalcolabile, mentre io facevo la maratona di Adventure Time come ogni sabato mattina. 

 


Sab, 17 settembre, sera

Uscire sempre con gli stessi amici, negli stessi posti, alla stessa ora e nello stesso giorno della settimana era una fatica; al solo vederli da lontano mi innervosivo, con quale coraggio li definivo "amici"?Cenammo al solito pub, ormai ci avevamo fatto la muffa fra quei tavoli e non leggevamo neanche il menu, probabilmente perché il locale era così squallido da non esserne munito. Per essere solo una sera di settembre faceva piuttosto freddo, mi strinsi nel giubbotto di pelle estivo e tirai fuori da una tasca il pacchetto di sigarette che avevo comprato poco prima di incontrarmi con gli altri. Alla prima boccata chiusi gli occhi e gemetti di piacere, era da una settimana che non toccavo tabacco.

- Hey Ale, quante ragazze ti sei fatto questa settimana? -

Marco scoppiò in una sonora risata, non gli diedi retta.

- Tsè, Alessiuccio è impegnato con la scuola, non può mica perdere tempo dietro alla figa! -

Potevo sentire i nervi stendersi al massimo cercando di resistere alla tensione per non rompersi; mi sputavano addosso sempre le stesse offese, eppure io continuavo a uscire con loro e a far finta di prendere tutto come uno scherzo, forse perché ero troppo debole per potermi spezzare da solo un legame, seppur gravoso da sostenere.

- Dai raga', finitela una buona volta, se è dell'altra sponda non è che dovete dargli addosso ogni momento, le vostre battute non fanno più ridere -

Già, ormai anche i muri sapevano a memoria le frecciatine che mi lanciavano ogniqualvolta uscissimo insieme.Ma come mi era saltato in mente di dir loro che ero gay? Avrei voluto prendere a schiaffi mio padre per tutte le volte che mi diceva che non era per nulla sbagliato esserlo e che i miei amici mi avrebbero accettato per quello che ero. Sì, come no, nei miei sogni forse. Era stato proprio lui a incitarmi a farlo, avevo dodici anni, cosa ne potevo sapere? Mia madre non ne sapeva nulla, o almeno, io non ne avevo mai parlato con lei, a dir la verità la sentivo troppo distante per poterle raccontare qualsiasi cosa di me; in ogni caso se n'era sicuramente accorta da sé, dal momento che la mia prima e ultima ragazza mi aveva lasciato perché guardavo suo fratello "in modo strano", ma ehi, era bello davvero. 

Dopo il solito giro al parco pubblico, ci sistemammo per cazzeggiare un altro po', chi sulle altalene chi per terra. Marco tirò fuori dal suo zainetto un paio di canne già preparate a casa e iniziarono a passarsele fra loro. 

- Ale, non vuoi favorire? -

Scossi la testa e mi cimentai in un giochino sul cellulare. 

- Bene, allora ci riaccompagni tu a casa dopo -

- Già, se dico a mio padre di venirmi a prendere e poi mi trova così...sono ca...-

- È vero! Hai il motorino! -

Il mio personaggio cadde in acqua e sul display comparve la scritta "game over", tutta colpa delle loro chiacchiere inutili.

- Come pensate di salire in cinque sul motorino? -

- E non rompere! Fai due viaggi, no? -

Non avevo altra scelta se non volevo rimanere chiuso in casa i sabati a venire.

 

Dom, 18 settembre, mattina

Quei cretini mi avevano costretto ad aspettarli fino alle tre del mattino, le borse sotto i miei occhi dovevano essere spaventose.

Sbadigliai e aprii il balcone, un odore di terriccio bagnato mi colpì il viso; adoravo quella sensazione. Mi sporsi oltre la ringhiera arrugginita e contemplai il palazzo grigio che avevo di fronte, bella vista, eh? Una goccia mi cadde in testa, poi due, tre e molte altre; rientrai e chiusi il balcone, finalmente pioggia. Mi stesi sul letto a gambe e braccia aperte e chiusi gli occhi, per stare bene mi bastava solo questo: io, un letto e la pioggia che faceva da colonna sonora alla mia vita noiosa. 

 

Lun, 19 settembre, mattina

Alzarsi e realizzare che è lunedì mattina e di gran lunga peggiore che ricevere una ginocchiata sulle gengive, un trauma.

Mi vestii come un automa con gli occhi semichiusi e le mani intorpidite dalla lunga dormita. 

Scesi in cucina e diedi un'occhiata all'orologio: le otto in punto. Grandioso, sarei dovuto essere in classe in quel preciso istante. Mio padre mi venne incontro annodandosi una cravatta bordeaux orribile e mi chiese se volessi uno strappo fino a scuola, dal momento che pioveva ancora. Scossi il capo e mi misi lo zaino in spalla, solo l'andare in motorino sotto la pioggia poteva superare il dormire durante un temporale mattutino. 

Entrai in classe con un quarto d'ora di ritardo, fradicio dalla testa ai piedi. Corsi al mio posto e mi sedetti con una smorfia di stanchezza sul viso. Che materia avevo? Ah sì, biologia. Aprii lo zaino, ma con un lamento scoraggiato constatai che non avevo lo avevo preparato e c'erano ancora i libri del venerdì precedente. 

Mi misi con la testa sul banco e le braccia attorno a essa; mi sollevai quando sentii una mano darmi un leggero colpo sulla spalla. Riccardo mise il suo libro in mezzo, in modo che potessimo leggervi entrambi.

- Grazie...-

Sussurrai sbadigliando. 

Le nostre gambe si toccarono più volte durante la lezione, probabilmente lui non ci fece neanche caso. Eravamo così vicini che potevo sentire l'odore dei suoi capelli, ero molto tentato di chiedergli che shampoo usasse. 

A fine lezione evitai di correre fuori, non c'era alcuna fretta, e poi gli studenti nel corridoio si muovevano a mo' di lumacone gigante.

Non appena raggiunsi il cortile, mi coprii la testa con il giubbino e iniziai a correre verso il motorino. Mentre infilavo il casco vidi passare Riccardo, si stava riparando con il giubbotto come me e sembrava piuttosto in difficoltà; difatti piazzò un piede dritto in una pozzanghera e lo sentii imprecare, mi lasciai sfuggire una risata, poi richiamai la sua attenzione.

- Heilà coinquilino, ti serve un passaggio?-

Sbattei fieramente una mano sulla sella di cuoio.

- Ehm...mi bagno lo stesso sul motorino -

Sbuffai sonoramente.

- Ma almeno arrivi prima, casa tua è molto lontana? -

- Saranno due o tre chilometri...-

Alzai le sopracciglia come per dirgli "allora che hai deciso?"

Lo scrutai mentre valutava la situazione, poi si avvicinò a me e rivolse uno sguardo preoccupato al veicolo.

- Vado piano -

Il ragazzino salì, lasciandomi stupito: in fondo già immaginavo di doverlo prendere in braccio a causa delle sue gambe corte. Riccardo sembrò aver captato il mio pensiero e mi lanciò un'occhiataccia.

Partii sotto la pioggia, tenevo sotto stretto controllo la tacca che segnava la velocità, non volevo che l'altro si spaventasse. Purtroppo avevamo beccato un'auto che andava sotto i venti chilometri all'ora, accelerai per sorpassarla, ma Riccardo si strinse contro la mia schiena, quindi lasciai perdere. Mi indicò la strada di casa, rallentai dinanzi a un giardinetto poco curato che lungo un breve sentiero conduceva a una piccola villetta pitturata di bianco.

- Allora ti lascio qui? -

Il ragazzo assunse un tono di sarcasmo.

- Vuoi entrare? -

- Posso? -

- No -

Tirò fuori la lingua e si sistemò meglio lo zaino sulle spalle, dopodiché estrasse un mazzo di chiavi da una tasca del giubbotto e si diresse verso l'entrata.

- A domani -

Rimasi imbambolato con il suo casco in mano e un sorriso da ebete stampato in faccia, cercando di tirar fuori almeno un misero "ciao", ma nulla.

 

Lun, 19 settembre, sera

Erano circa le ventitré, sbadigliai e trascinai lo zaino fino alla scrivania, controllai l'assegno e mi misi comodo per cominciare il tema di italiano.

"Cos'è per te l'amore?"

Era quasi impossibile credere che la professoressa d'italiano fosse così stronza e fissata con l'amore allo stesso tempo, molti supponevano che fosse bipolare e altri si chiedevano come facesse una come lei a capirne qualcosa sui sentimenti che non rientrassero solamente nella sfera dell'odio verso i suoi alunni.

Tolsi il tappo alla penna, ripiegai meglio il foglio e feci scivolare la punta intrisa d'inchiostro sulla carta bianca.

"L'amore non esiste."

Sorrisi, ricordavo ancora la scena di quel film: "Poeti dall'Inferno", in cui Leonardo DiCaprio pronunciava quell'adorata frase con un sorriso scherzoso in viso, una sigaretta fra le labbra e l'ombra di una recente sbornia negli occhi.

Ripiegai il foglio, vi aggiunsi nome, cognome, classe e data e lo misi nello zaino.

Un lampo bianco squarciò il cielo, seguito a ruota dal rombo di un tuono infuriato. Voltai il capo verso il balcone; fuori era buio e non si vedeva nulla, strinsi gli occhi. Un altro lampo parve spezzare le nuvole scure con la sua furia; fu in quel momento che lo vidi: un uomo con il viso premuto contro il vetro che mi fissava con un paio di pupille vive e frementi e un sorriso sinistro sulle labbra. 

 

 

Note dell'autore:

Buongiorno, rieccomi con un nuovo capitolo! 

Ringrazio le persone che hanno letto il precedente, spero che questo vi sia piaciuto anche se è un po' noioso, diciamo che ho cercato di mettere in evidenza a grandi linee il carattere di Alessio.

Ci si sente al prossimo capitolo, buona domenica u.u

 

  
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