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Autore: visbs88    24/07/2016    1 recensioni
Gli ultimi giorni di un viaggio al confine tra mostri ed esseri umani.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Easley, Priscilla, Raki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Spazio autrice: scrivere questa storia è stato molto più impegnativo, complicato e interessante di quanto non avessi previsto. L'avevo progettata, molto tempo fa, come una semplice e veloce one-shot, ma a metà strada ho realizzato che avrebbe funzionato meglio come la mini-long di tre capitoli che in effetti sarà, e dunque eccoci qui. Amo con tutto il mio cuore i meravigliosi personaggi che Easley (rigorosamente scritto così) e Raki sono, e ho sudato venti camicie cercando di crearne un ritratto plausibile e IC senza essere noiosa; e, credetemi, catturare tutto il loro pazzesco spessore psicologico è una gran sfida, in cui non sono sicura di aver avuto successo, ma almeno ho tentato il mio meglio, posso giurarlo. Priscilla è lasciata perlopiù sullo sfondo, ed è stata una scelta consapevole: sono certa che ci sia molto da dire su di lei in questi contesti, ma semplicemente non era né il mio scopo né la mia intenzione. Sono anche ben conscia del fatto che i fan più affezionati coglieranno certi ben precisi paralleli, oltre a riferimenti al finale del manga: prendeteli un po' come tributi, un po' come la mera volontà di rimanere più fedele possibile all'atmosfera e allo stile di Claymore, che tanto adoro. Finito questo sermone, non mi resta altro che augurarmi che apprezziate questo mio lavoro, che ha letteralmente drenato buona parte delle mie energie e del mio tempo XD buona lettura, grazie anche solo per essere passati di qui!

 

 

 

 

Where do we draw the line

 

 

 

 

1. Humans

 

Quello sembrava proprio un giovanotto simpatico, pensò l'uomo.

Un bel viso pulito come se ne vedevano pochi ormai, tra i viandanti; un sorriso cortese e gentile, e occhi grandi, dolci e brillanti. Portava una spada sulla schiena, e pareva abbastanza muscoloso da usarla, ma chi poteva biasimarlo, di quei tempi? Comunque, non erano davvero affari suoi. Lui era solo l'uomo delle mele zuccherate, e ne porse una al ragazzo, ricevendo in cambio un paio di monete e un nuovo sorriso.

– Grazie mille – ebbe anche l'educazione di aggiungere il giovane. Com'erano buffi quei suoi corti ciuffi di capelli castani che andavano un po' in tutte le direzioni.

– Grazie a te – rispose il venditore, ricambiando il sorriso, gioviale. Stava per augurargli un “buon soggiorno in città”, come a tutti i suoi clienti di passaggio, quando notò, per caso e per la prima volta, la piccola figura accanto a lui.

Un mantello scuro, un cappuccio sugli occhi e sul volto. Una manina minuscola in quella grande e forte del ragazzo. Ben poco da cui poter giudicare, ma l'uomo era un buon uomo.

– Oh! – esclamò, un po' sorpreso – La tua sorellina non vuole nulla?

L'espressione gentile vacillò per un istante, mentre quel limpido sguardo si raffreddava.

L'aveva forse offeso? Era la figlia? O magari un maschietto molto gracile?

Poi il ragazzo ridacchiò. Un suono un po' imbarazzato, un po' forzato, ma piacevole.

– No, signore – rispose, una luce garbata e impertinente in quelle pupille allo stesso tempo un poco più serie e distanti di prima – Lei non ama molto i dolci. Sono il fratellone che non dà il giusto esempio.

L'uomo rise, aspettandosi da un momento all'altro l'inizio di un qualche piagnucolare capriccioso della pargola, come quelli che di solito seguivano la scusa di una madre per non spendere denaro – “Siamo di fretta!”, la preferita tra tutte, ma anche il “Non lo vuole davvero” si faceva sentire piuttosto spesso.

Quella piccola, però, non disse una parola.

E il ragazzo ammiccò.

– Molto cortese da parte sua, comunque – sorrise, più spontaneo, più allegro – Buona giornata. Andiamo, Priscilla.

– Buona giornata a te, giovanotto!

Ma quello aveva già fatto un ottimo lavoro a scomparire nella folla del mercato, portando con sé la propria silenziosa sorellina.

Un tipo un po' strano, ma così per bene.

Una fanciulla dalle guance rosee si fece avanti per chiedere delle mele zuccherate, e la curiosa coppia svanì per sempre dai pensieri e dai ricordi di un umano come molti altri.

 

 

Pareva che fossero capitati in città in un giorno particolarmente vivace, rifletté Raki, dando un morso al dolce che si era comprato. Di recente, dopo anni passati a evitarli, Easley sembrava avere una strana preferenza per luoghi simili.

La mano di Priscilla ben stretta nella sua, gli occhi di Raki vagavano calmi su colorate attività che un tempo lo avrebbero entusiasmato un po' di più – che un tempo avrebbero avuto proprio lo stesso sapore di quella mela: piacevole, rassicurante, vivo. Un giocoliere che si esibiva per dei bambini, per esempio. Bancarelle colme di frutta e verdura dalle tinte sgargianti, poi, risate e chiacchiere, simpatiche statuette in vendita per chi volesse abbellire la propria confortevole casa; negozi di vestiti e mercanti di seta solo di passaggio che quasi tutti ignoravano, poiché nessuno era davvero tanto ricco da permettersi vero lusso. C'erano infiniti suoni, movimenti, odori, rumori. Quasi troppi, dopo il profondo silenzio dei boschi.

In passato, i sentimenti di Raki sarebbero stati invertiti al riguardo. Curioso. O forse no, sapendo ciò che lui sapeva.

Con questa folla, Claire potrebbe essere qui e non trovarmi”.

Era vero anche il contrario? Sì, volendo essere realisti. Ma gli piaceva pensare di no – che un prurito alla nuca, un peso sullo stomaco, qualcosa avrebbe avvertito il suo istinto di tenere gli occhi aperti. Comunque, non sentiva nulla del genere, e non gli sembrava il caso di affannarsi, non lì, non quel giorno.

All'improvviso, un uomo che gli stava passando accanto lo urtò con forza contro la spalla, cogliendolo abbastanza di sorpresa da fargli cadere di mano la mela zuccherata, mangiata solo a metà.

Il frutto rotolò nella polvere e sparì in mezzo ai piedi dei cittadini frettolosi e impegnati, mentre Raki si voltava per guardare chi l'avesse colpito: un signore rubicondo che stava ridendo ad alta voce, e che non si fermò per chiedere scusa. Lui e i suoi amici sembravano parecchio allegri, benché fosse solo pomeriggio inoltrato.

C'è forse una festa in corso?”, si chiese Raki, ma poi scrollò le spalle, paziente, e fece per continuare per la propria strada.

Priscilla, però, non si mosse. Per poco lui non perse la presa sulla sua manina, il che forse sarebbe stato problematico, in tutto quel caos.

La guardò, un po' stupito: la figurina nera era rivolta in direzione del gruppo di chiassosi compari che, ignari, si stavano allontanando tra scherzi di cattivo gusto, spintoni e qualche rimprovero da un paio di donne indignate.

Oh, cielo”.

– Ehi – la chiamò, dipingendo con naturalezza un sorriso calmo e rassicurante sul proprio volto prima ancora che lei alzasse il capo per guardarlo da sotto l'oscurità del cappuccio, o così lui poteva supporre – Non è un problema. Sto bene.

Nient'altro che la pura verità; ma l'avrebbe detto anche se avesse dovuto mentire. C'erano i guai che un ragazzo come lui poteva causare iniziando una rissa, e poi c'erano i guai che lei era in grado di scatenare. Quel tipo di guai privi di rimedio, atroci ed estremi che lui non poteva risolvere, e che nemmeno Easley avrebbe apprezzato.

Ma c'era un motivo, se lui si fidava a lasciare Raki da solo con Priscilla senza battere ciglio: quell'influenza benigna che esercitava su di lei, quel legame fittizio e saldo, quella tranquillità che pareva infonderle e che prese il sopravvento una volta di più, come fu evidente quando lei annuì appena e voltò le spalle alla compagnia di ubriachi che si stava infilando in un ristorante. Raki continuò a sorridere, profondamente sollevato, e si affrettò a condurre se stesso e lei lontano da lì.

Poteva essere abituato a dormire sul filo di una lama; poteva anche avere un piano per spezzarla, in un futuro non troppo lontano.

Ma questo non la rendeva meno affilata.

 

Il sole cominciava a essere vicino alla linea dell'orizzonte. Avevano continuato a camminare insieme per piazze ampie e vicoli stretti, sempre mano nella mano, percorrendo con sguardi distanti bancarelle e volti estranei. Erano ora di nuovo sulla via principale, in mezzo a una folla che ancora faticava a scemare, ma un poco più quieta e silenziosa; forse fu solo per questo che quella voce riuscì a raggiungere il suo orecchio.

– Raki!

Si fermò subito e si voltò, spingendo il proprio sguardo al di là delle persone che lo circondavano – a volte essere diventato così alto era una fortuna. E alla fine lo vide, lì, sulla destra: Easley si trovava sul più alto di tre o quattro gradini che parevano portare all'entrata di un negozio, la sua figura magra e chiara che si stagliava contro la pietra scura degli edifici, nei primi bagliori del tramonto.

Non gli fece nessun cenno visibile, né gridò nient'altro, ma Raki si diresse verso di lui senza esitazione, facendosi largo nella corrente che avanzava nella direzione opposta. Impiegò di più di quanto lui stesso non avrebbe supposto, soprattutto perché non aveva intenzione di perdere Priscilla proprio in quel momento, ma alla fine raggiunse l'altro giovane, salendo sui gradini a propria volta per sottrarsi al flusso delle compere e dei giochi.

Easley aveva un'espressione piuttosto rilassata, su quel suo volto dalle guance appena scavate. Ma, ormai, Raki non riusciva a ignorare quella sfumatura di irraggiungibile, latente, profondo mistero che non mancava mai di velare quelle iridi grigie come ghiaccio. Come gli altri umani potessero non percepire il potere antico di secoli che giaceva in quell'attraente e pallido viandante, il ragazzo non poteva più comprenderlo; dall'altro lato, da bambino era stato magistralmente ingannato a propria volta, dunque non aveva davvero spazio per criticare.

Comunque, era felice di vederlo, di averlo ritrovato. Il che era una sensazione perfino più profonda.

– Lieto che passaste di qui proprio ora – lo salutò Easley, aprendosi in un sorriso gentile, quasi troppo amichevole – Penso di aver appena scelto il tuo regalo di compleanno.

Raki aggrottò la fronte – era nato in autunno, ed era a malapena l'inizio dell'estate, tanto per menzionare la prima delle stranezze –, ma Easley gli lanciò in fretta una breve occhiata molto più sottile ed eloquente, iniziando a voltarsi per entrare nel negozio.

Oh. Stare al gioco. Certo.

Anche il fondo di verità al di sotto della recita e delle farse era strano, comunque: che Easley volesse fare spese non era cosa che accadesse tutti i giorni, quindi Raki non ebbe problemi a mostrarsi curioso e un po' stupefatto mentre lo seguiva all'interno insieme a Priscilla.

Scoprì che si trattava di un ambiente abbastanza buio, ma con un buon profumo – quello di ferro, legno e acciaio. Non troppo difficile capire da dove provenisse: al posto di libri o alimentari, sulle pareti erano allineati spade, asce, pugnali e archi da tiro. Raki sgranò gli occhi, affascinato, non sapendo se doversi meravigliare ancora di più o se considerarlo qualcosa che avrebbe potuto aspettarsi: se c'era un singolo tipo di negozio in cui in effetti Easley non apparisse fuori posto ai suoi occhi, quello di certo era un'armeria, ma cosa di preciso...?

– Ah, già di ritorno?

Una voce matura e profonda, ma gioviale e allegra. Calzava bene l'uomo robusto e baffuto dietro al bancone.

– Sì, ho avuto fortuna – sorrise Easley, avvicinandosi, con un garbo dall'apparenza del tutto naturale – Mio fratello e mia sorella erano giusto qui fuori.

– Ottimo, ottimo! – si congratulò l'altro a gran voce, con una tale spontaneità da fare quasi tenerezza – Salve, giovanotto. Si sta divertendo in città?

– Oh, certo – rispose Raki, ricambiando con prontezza il sorriso, cercando di suonare del tutto leggero e spensierato – C'è così tanto da vedere e da fare.

– Spero ti piacerà anche quello che ho da mostrarti io, allora – replicò Easley, mettendogli una mano su una spalla in un gesto che parve quasi di vero affetto fraterno, e in un tono che sarebbe potuto apparire sinceramente, garbatamente divertito. Poi si voltò verso l'uomo, tornando un poco più serio – Possiamo?

– Sicuro – annuì quello, tutto soddisfatto e professionale, iniziando a muoversi per uscire da dietro al proprio banco – Il giorno è quasi alla fine, eh?

– Ah... dovremmo forse tornare domattina? – si affrettò a chiedere Easley, in un'imitazione composta e tranquilla, ma perfetta, della preoccupata educazione che ogni umano per bene avrebbe mostrato – Non vorrei arrecare troppo...

– No, prego! Per di qua. Nessun disturbo!

Easley, senza più sprecare nulla oltre a qualche ringraziamento e a un pallido sorriso, fece cenno con la testa a Raki di seguirli, e lui obbedì, incamminandosi oltre una serie di scaffali colmi di frecce e coltelli dal lancio in esposizione. Priscilla si mosse in silenzio, sempre accanto a lui.

Si era quasi aspettato che Easley volesse procurargli una nuova spada, magari più affilata e letale. Sarebbe stato un po' imbarazzante, perché Raki si sarebbe trovato costretto a rifiutare, sentimentale o meno che la cosa fosse, ma di certo era la prima ipotesi che saltasse in mente, no? Tuttavia, si erano allontanati dalla zona delle lame per dirigersi verso una stanza sul retro. E quando vi arrivarono, perlomeno le possibilità di indovinare sbagliato una seconda volta calarono fino a quasi toccare lo zero: Raki si trovò circondato da armature, e per un attimo si fermò, guardandosi attorno con genuino stupore.

Ne individuò subito una molto simile a quella di Galk: spessa, pesante, imponente e massiccia; poi vide che essa aveva in realtà parecchie gemelle, con elmi o scudi o ginocchiere leggermente diversi, ma tutte accomunate dalla stessa maestosa e un poco minacciosa apparenza. Poi c'erano i modelli più semplici e leggeri, cotte di maglia, guanti e gambali venduti da soli, in mille materiali e stili differenti. Easley e il proprietario, però, sembravano avere una meta ben precisa, e Raki fu costretto ad affrettarsi per non rimanere indietro.

Finalmente, si fermarono di fronte a un particolare manichino. Easley si voltò verso il ragazzo con uno sguardo eloquente.

– Che te ne pare?

Che gliene pareva? Un po' riduttiva, come domanda. Raki capì subito che, tra tutti i modelli che aveva visto in quel luogo, quello era ciò che senza dubbio riusciva a immaginare con più facilità su di sé.

Il metallo che avrebbe coperto spalle, braccia, petto e fianchi era scuro e lucido, d'aspetto resistente, ma elegante e asciutto; l'addome, così come gli spazi vuoti tra i vari pezzi, erano invece protetti da una semplice cotta nera. Tutti gli elementi insieme creavano un'impressione molto armonica, ma anche adatta al combattimento, come l'armaiolo iniziò proprio in quel momento a far notare.

– È perfetta per chi desidera essere agile sacrificando il meno possibile la protezione – spiegò, appoggiando una mano su una placca scintillante – Suo fratello mi diceva che questo dovrebbe essere il suo stile, sbaglio? Personalmente, penso che potrebbe permettersi anche qualcosa di più pesante, come...

– No – lo interruppe Easley, con calma decisione – Sono più che sicuro che questo sia sufficiente. Non è vero?

Raki esitò, preso un poco in contropiede. Non che davvero non sapesse cosa rispondere – non poteva fare altro che fidarsi ciecamente del giudizio di Easley in quella materia, per motivi che ben conoscevano entrambi –, ma quella leggerezza che l'altro era capace di fingere era sempre così... disarmante. Più che vedere Claire recitare, talvolta molto più della realtà degli eventi.

Non poteva fare a meno di notare quanto lui, l'essere umano, la persona che avrebbe dovuto sentirsi a casa, rassicurata da quell'assaggio di normalità, fosse quello a esserne più turbato.

– Certo – rispose – È... mi piace tantissimo, in realtà.

Easley gli rivolse un sorriso meno ampio, ma più serio. In qualche strano modo, molto più caldo.

– Penso dovresti provarla, allora.

 

Gli era giusto un pizzico larga, ma loro sapevano che l'avrebbe riempita in fretta. Che doveva riempirla in fretta.

Guardandosi allo specchio, era molto più semplice provare entusiasmo. Quello era un bellissimo modello, davvero, e come se non bastasse sembrava disegnato apposta per lui: trovava pressoché perfetto il modo in cui vestiva le sue spalle e il suo fisico. Lo faceva sembrare più maturo, più pronto a combattere quella guerra segreta a cui non poteva sottrarsi e che il mondo forse non avrebbe mai davvero conosciuto. Più forte, più guerriero.

Ma mentre l'armaiolo si prodigava in complimenti e il metallo scintillava, bellissimo e lucido, in mezzo all'ammirazione e alla meraviglia un pensiero lo colpì all'improvviso – così ovvio e importante che si sentì in colpa a non esservisi soffermato prima.

– Easley – chiamò, voltandosi verso di lui, sincera preoccupazione che si dipingeva sul suo viso – Non... non posso accettarla. Deve costare una fortuna.

Nel vederlo così agitato, Easley aveva sollevato un poco le sopracciglia. Ma rilassò la propria espressione non appena lui ebbe finito di parlare, mentre le sue iridi grigie si riempivano di quella sua ironica, calma, inflessibile gentilezza.

– Non ti preoccupare – rispose, con lo stesso tipo di strano, pallido e contenuto affetto nella propria voce – Non è un sacrificio, per me.

Raki corrugò la fronte, convinto solo a metà, pronto a insistere.

– È ben fortunato ad avere un fratello tanto premuroso, giovanotto – si intromise il proprietario, cordiale – È entrato qui pensando a nient'altro che lei, sa?

Avevo davvero un fratello premuroso, un tempo. Prima che...”.

Fortunato era un aggettivo particolare, molto relativo. Ma scacciò i ricordi in fretta – quanto ingrato poteva essere, nel provare amarezza nel sentire quelle parole, nel trovare il loro lato più oscuro, anziché concentrarsi su chi gli era accanto nel presente?

Easley gli si avvicinò, e lo guardò dritto negli occhi. Non sembrava irritato, e men che meno furioso, ma Raki capì prima ancora che parlasse che ogni ulteriore discussione sarebbe stata inutile.

– Ne hai bisogno e te la meriti. Sono più che lieto di comprarla per te. Un compleanno è un'occasione speciale.

Era bravo a mentire – il migliore, forse. Lo faceva spesso, nei confronti di chiunque, perfino di Priscilla, e la sua esperienza affondava le proprie radici in un tempo così lontano da sembrare eterno. Ma, messinscene a parte, Raki sapeva di essere la sua eccezione, di poter ormai discernere la verità dalle bugie, di conoscere il cuore nascosto da quel mantello.

Ed era davvero felice di potergli credere.

   
 
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