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Autore: Alessia Krum    26/07/2016    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17
Vacanza in montagna
 
- Ehi, guardate, apre gli occhi! - disse Max, rompendo il silenzio che gravava nella grande stanza di Acqua. Corallina si alzò dalla sedia su cui era seduta, scattando come una molla: - Cugina, mi senti? - chiese subito. La principessa si passò una mano sulle tempie, con gli occhi chiusi.
- Sì. Che succede? - Ma nessuno ebbe il tempo di risponderle, né Max, né Corallina, né tantomeno la zia (che trafficava di spalle con qualcosa sulla scrivania), perché un dolore improvviso, forte e penetrante le attanagliò la coscia destra e non la lasciò più. La ragazza lanciò un grido dal dolore, coprendosi il viso con le mani.
- Oh, certo. Adesso sì che mi ricordo. Fantastico, ci voleva anche questa. - sussurrò.
- Non dire così, Acqua. È stato un grande gesto quello che hai fatto. Un incantesimo del genere avrebbe ucciso quel bambino in pochi giorni. Uno, due, al massimo. Sua madre ti è molto riconoscente. - disse Max, mentre guardava Acqua. La ragazza ansimava violentemente e teneva il capo reclinato sul poggiatesta del letto, con le palpebre chiuse e le braccia incrociate sul petto. Max la conosceva abbastanza da dire che, quando faceva così, stava cercando di non piangere. Ma sapeva anche che il dolore era veramente insopportabile: l’aveva già provato lui stesso.
- Qualcuno vuole spiegarmi meglio? - sbottò Corallina, a cui nessuno aveva ancora detto cosa era accaduto.
- Stavo tornando a casa per prendere il braccialetto ed andare sulla Terra, ma ho visto un bambino e il Mutaforme che aveva appena scagliato quell’incantesimo e mi sono messa in mezzo… - tagliò corto Acquamarina.
- Già, poi Max, che passava di lì, ti ha visto e ti ha riportata a casa, mentre un ragazzo si occupava di quel Mutaforme e il bambino tornava dalla sua mamma. - proseguì Olimpia - Penso che quel ragazzo fosse il fratello di Celeste. -
- Sì, era proprio lui. Alicarnasso. Era a scuola con me. - disse lui.
- Cosa stai facendo, zia? - chiese Acqua cercando di distarsi dal dolore alla gamba, che si faceva sempre più insopportabile.
- Sta preparando uno dei suoi intrugli malefici… - le rispose Corallina con una voce cavernosa e dura. Sembrava contenta che finalmente qualcuno si fosse degnato di dirle qualcosa.
- Sto preparando un rimedio all’incantesimo, Acqua. - disse invece la zia con tono di rimprovero per Corallina  - Ma ci vorrà molto tempo… - Acqua sembrava rasserenata all’idea di un rimedio, anche se avrebbe dovuto aspettare.
- Penso che sia più prudente portarla via di qui, Olimpia, almeno finché la battaglia non sarà finita… - disse Max, aggiungendo qualcosa sottovoce che né Acqua né Corallina riuscirono a capire. La zia annuì convinta e poi ricominciò a darsi da fare con le sue ampolle piene di polverine colorate.
Il silenzio venne rotto pochi minuti dopo. Acqua lanciava brevi gemiti chiamando la zia. La sua gamba aveva cominciato a tremare prima piano e poi sempre più violentemente fino a scuoterla tutta. Ma forse la zia se lo aspettava, perché prese un bicchierino che aveva lasciato in disparte e lo diede alla ragazza, sussurrandole: - Ecco cara, bevi questo. - poi scambiò un’occhiata preoccupata con Max.
- Acqua, sono quasi le sette, te la senti di tornare sulla Terra? - chiese il ragazzo.
- Sì, ma…come lo giustifichiamo questo con la mamma? - disse Acqua, con voce tremante, indicando la gamba che ancora la faceva sobbalzare.
- Non ti preoccupare, sulla Terra non sentirai nulla. Là la magia non esiste quindi, tecnicamente, non esiste neanche il tuo incantesimo. Ho già avuto modo di provare, sulla Terra non fa male. Ma bisogna tornare qui per un po’ di tempo, o non guarirai. - spiegò Max
- Ma io i miei poteri li uso sulla Terra… - obiettò debolmente Acqua.
- Quelli sono parte di te, non potrai mai abbandonarli, Acqua… - la ragazza sembrò soddisfatta e  fece un cenno della mano per salutare la zia e le cugina, poi toccò la pietra sul suo braccialetto, che Max le aveva appena dato (era rimasto sulla scrivania per tutto quel tempo), e sparì in un lampo azzurro, seguita subito dopo da Max.
 
***
 
Acqua passò i tre giorni seguenti sulla Terra, a fare i soliti lavori, leggere e studiare dai libri di Atlantis. Le sembrava che il tempo non passasse mai, non riusciva a distrarsi ed era perennemente agitata. Max non si era ancora fatto vivo da quando l’aveva lasciata nella sua stanza, nemmeno per consegnare la posta. Forse si era dato malato, perché Acqua era sicura che fosse andato a combattere ad Atlantis. L’aveva capito da come guardava la zia quando era ancora là…sembrava che non vedesse l’ora di scendere in campo.
Tuttavia, il terzo giorno, alle otto e mezza, un’allegra scampanellata echeggiò  per il salone. Questo è Max, pensò Acqua, che stava spazzando il pavimento e lasciò cadere la scopa con un tonfo: la postina semi-addormentata che lo sostituiva non avrebbe mai suonato in quel modo. La ragazza si precipitò alla porta e quando la aprì vide proprio Max, che la salutava con la mano. Fu sul punto di saltare dalla gioia: il ragazzo era lì, tutto intero, non aveva nemmeno riportato delle ferite dalla battaglia. Sembrava stanchissimo, però, e si vedeva: aveva delle pesanti occhiaie violacee e gli occhi arrossati, il suo volto, pallido, era illuminato solo da un debole sorriso.
- Si sono ritirati. - disse con sollievo, mentre abbracciava Acqua.
- Vieni a sederti da qualche parte. Sembri stanchissimo… -  lo invitò lei.
- E lo sono. Non ho dormito un solo minuto in questi tre giorni. -
- È durata così tanto? -
- No, si sono ritirati ieri pomeriggio, ma ho avuto…alcune faccende da sbrigare. - concluse lui, risoluto: aveva sentito dei passi nel corridoio. Acqua raccolse la scopa dal pavimento e la mise nell’armadietto, poi trascinò Max nella sua camera, chiuse la porta a chiave e vi si appoggiò, fissando il ragazzo, che si era seduto sul letto.
- Allora, com’è andata? - chiese Acqua, sussurrando, in modo che da fuori non sentissero di che cosa stavano parlando - Vedo che, per fortuna, non hai nemmeno un graffio. -
- È stata brevissima, Acqua, forse la battaglia più corta a cui abbia mai preso parte. Si sono ritirati quasi subito. -
- E allora perché non mi sei venuto a prendere direttamente? Non sai che ansia… -
- Sì, certo che lo so, ma volevo essere sicuro…poteva anche essere una strategia, potevano ritornare. Poi ho aiutato gli altri a trasportare i morti, abbiamo allestito la piazza per i funerali, abbiamo avvertito tutti che potevano venire fuori di casa, abbiamo medicato i feriti, e poi… - Max si interruppe, vedendo che Acqua era rimasta serissima e fissava con forza il pavimento. Forse era stato un po’ troppo duro, doveva risparmiarle quella cronica?
- Quanti sono i morti? - chiese la ragazza, con il labbro inferiore che le tremava, lo sguardo fisso a terra - Qualcuno che conosco…? - sollevò gli occhi pieni di lacrime verso il ragazzo e lui si alzò dal letto e la strinse in un abbraccio. Rimasero così per un po’, Acqua che singhiozzava sommessamente sulla spalla di Max, poi lui parlò.
- Sei. - le disse, accarezzandole i capelli. - Di questi sei tu conosci il padre di Shairina, la tua compagna di classe, il figlio di quella signora che ti ha regalato la spezia il primo giorno che sei venuta ad Atlantis e lo zio di Henri. Mi dispiace…  -
- Io non volevo che morissero! - esclamò lei, singhiozzando ancora più forte. - Volevo combattere insieme a loro…magari con i miei poteri a disposizione non sarebbero morti!  -
- Lo so, Acqua, nessuno lo vorrebbe. Ma la battaglia è durata poco proprio perché tu non eri là! Ti ho voluto mandare sulla Terra, perché loro stavano cercando te! Volevano te… - Acqua rimase in silenzio, stringendosi  a  Max. Capiva quello che voleva dire. Se lei avesse combattuto, la battaglia sarebbe durata molto di più e sarebbero morte molte più persone…
- Quando saranno i funerali? - chiese, con voce piatta, atona.
- Questa settimana. Ma se vuoi partecipare possiamo spostarli più avanti, ti occorrerà un po’ di tempo per guarire da quell’incantesimo. Che ne dici? -
- Ok, d’accordo. - si separarono dall’abbraccio, restando in silenzio. Dopo qualche minuto, sentirono dei passi fuori dalla stanza, nel corridoio.
- Questi sono i passi di mia madre, ne sono sicura. Viene qui! - disse Acqua.
- Apri la porta! Ho un’idea. - disse Max, così Acqua si asciugò le lacrime con i palmi delle mani e girò la chiave nella toppa. Lyliana entrò nella stanza poco dopo.
- Ah, ecco dov’eri finita! Ti stavo cercando dappertutto. - si accorse solo dopo della presenza di Max - Max, tesoro! Vieni qui…era da tanto che non ti vedevo. -  disse, abbracciandolo.
- Sì, sono stato a casa un po’ di giorni, avevo preso la febbre…sono venuto a salutare Acquamarina e visto che l’ho incontrata volevo chiederle una cosa. I miei genitori hanno affittato uno chalet in montagna per tutta l’estate e questa settimana e la prossima pensavamo di andarci. Volevo chiederle il permesso di portare anche Acqua…se per lei va bene. - la ragazza, che si era ritirata in disparte, rimase sorpresa da quella richiesta, ma poi capì dove voleva andare a parare Max, e rispose.
- Oh…sì certo. Per me va bene!  - cercò di metterci più entusiasmo possibile, ma sentì di non essere stata abbastanza convincente, almeno non quanto Max, che appena sentì il suo consenso fece un grande sorriso e si rivolse verso Lyliana. Si vedeva che lui era più abituato a mentire.
- Noi partiremmo domani mattina, se per lei va bene. - disse alla fine
- Sì, sì, va bene. Vado ad avvertire la contessa. Però, Max, la prossima volta dimmi qualcosa in anticipo, ok? È difficile organizzarsi con così poco preavviso. -
Acquamarina passò tutto il resto della giornata a ficcare il contenuto del suo armadio in due borsoni, dietro le continue insistenze della sua mamma adottiva, che temeva che prendesse troppo freddo e che non avesse abbastanza cose per due settimane intere. A dire il vero, Acqua non sapeva nemmeno che cosa se ne sarebbe fatta di quei borsoni ad Atlantis, ma Max le aveva detto di portarli lo stesso, per rendere più credibile la storia della vacanza. Cosa avrebbe detto sua mamma se si fosse trovata le valigie sotto al letto della sua stanza?
Quella sera Acqua andò a letto tardi, all’ora in cui di solito si trovava a scuola, in un altro mondo. Chissà se i ragazzi avevano già ripreso ad andare al tempio? Cosa stava facendo sua cugina Corallina in quel momento? E Max? Rimuginando su questi interrogativi, Acquamarina scivolò lentamente nel sonno.
 
***
 
Acqua stava camminando di fianco a Max, lungo il viale d’accesso al palazzo  del duca. Trasportavano un borsone per uno e avanzavano in silenzio, fianco a fianco. Usciti dal cancello, si scambiarono uno sguardo d’intesa e si nascosero dietro un cespuglio.
- Sei pronta? Tieni un tuo borsone in una mano, l’altro lo porto io. Arriveremo in camera tua, così non daremo nell’occhio.  - 
Acqua prese la mano libera di Max ed evocò il vortice azzurro. Il viaggio fu molto più lungo del solito. Sembrava che appena si avvicinavano alla meta, venissero trasportati indietro. Forse non ci sto mettendo abbastanza volontà, pensò Acqua e si impegnò ancora di più, fino a quando riuscì ad arrivare, atterrando con un tonfo sul pavimento, in camera sua. Il dolore alla gamba la assalì improvvisamente, non ebbe neanche il tempo di pensarci. Si lasciò sfuggire un grido. Max era finito dall’altra parte della stanza, anche lui sul pavimento.
- Atterraggio difficile, eh? - disse, mettendosi in piedi. Acqua non rispose e Max le si avvicinò, aiutandola a sollevarsi e a coricarsi sul letto.
- Caspita, avrò svegliato tutti! - esclamò lei.
- No, sono tutti svegli. Ti aspettavano. Corallina sta venendo qui, ora. -
- E tu come lo sai? -
- Poco dopo il tuo grido, ho sentito qualcosa di grosso rompersi in direzione della sua stanza. Tipico di Corallina. - rise Max, mentre metteva i due borsoni nell’armadio. - Vado a chiamare tua zia. Tu cerca di resistere due minuti, ok? Oh, e cerca di sopravvivere a tua cugina! Torno subito. -
Acqua sorrise della battuta, mentre Max chiudeva la porta e la stanza precipitava in un silenzio surreale.  Da fuori non proveniva nessun rumore di spade, o echi di lontana battaglia. Tutto era tranquillo. Ma una strana nebbia rossa spuntava tra le strade buie di Atlantis. Macchie di sangue.
   
 
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