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Autore: Rohhh    27/07/2016    0 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 3

 

Fare una valigia: l'incubo di ogni viaggiatore specialmente se di sesso femminile, la sensazione soffocante del non riuscire a infilare in quel rettangolo troppo stretto tutte le cose necessarie per sopravvivere fuori casa, il desiderio di portare tutto nel dubbio e la disperazione nel prendere coscienza del fatto che non sarà così, infine la rassegnazione, dopo averla chiusa a fatica, compiendo acrobazie e sforzi degni dei migliori atleti circensi, che ormai quasi giunti alla meta, ci si ricorderà di aver dimenticato qualcosa di essenziale.

Ecco, tutte quelle sensazioni erano estranee ad Ashley quasi del tutto. Per lei era sempre stato piuttosto semplice decidere cosa portare, e in particolare quanto portare. Non era una maniaca degli outfit abbinati impeccabilmente, delle borse ciascuna diversa per ogni occasione, delle scarpe perfettamente intonate alle collane o ai bracciali o cose del genere. Preferiva i colori facilmente portabili con tutto come il nero, pochi vestiti per le diverse occasioni e scarpe comode, possibilmente, visto che non era mai stata una grande portatrice di tacchi e infatti normalmente ne inseriva solo un paio di quel tipo. Tutto molto facile, tutto molto veloce, nessun bisogno di consultazione o consiglio da parte di altre persone.

Chissà perchè, invece, le sue sorelle avevano deciso che necessitava del loro parere fondamentale, avevano invaso la sua stanza al pari di un uragano e messo letteralmente a soqquadro ogni angolo del suo armadio, che adesso era ridotto ad un accumulo spiegazzato di abiti.

Ashley sospirò mentre inginocchiata accanto al suo trolley piegava una t-shirt, già precedentemente bocciata da Phoebe in quanto ritenuta, parole sue, 'non concepibile per una vacanza' e faceva attenzione di inserirla senza farsi scoprire. Così si era ridotta, a dover infilare vestiti di nascosto dalle sorelle nella sua valigia. E poi, insomma, nonostante si ostinassero a chiamarla vacanza, stava solo andando a passare del tempo con suo padre, mica alle Maldive!

«Ascolta, Ashley! - cominciò Phoebe con un tono che non prometteva nulla di buono- Come mai non trovo nessun vestitino di quelli stile tubino a fascia, magari senza spalline, molto corto, hai presente il tipo?». Certo che aveva presente e se sua sorella intendeva cercarlo nel suo armadio, poteva anche far notte, visto che non ce ne erano.

«Non ne trovi perchè non ne porto di quel tipo là, sai che non mi ci vedo in quei cosi attillatissimi, preferisco i vestiti più larghi» disse evitando di guardare la sorella e risparmiandosi una sua occhiata a dir poco sconcertata.

Phoebe si fermò per un attimo, lasciando cadere una borsetta dalle mani, mentre July scuoteva la testa con disappunto.

«No, ok, farò finta di non aver sentito! Adesso te ne presto uno dei miei, sono un po' più alta di te ma non dovrebbe essere un problema, altrimenti non vedo cosa potrai mettere per le feste in spiaggia, ne ho uno perfetto da abbinare ad una mega collana che farai un figurone!» esclamò, ritornando pimpante, ma Ashley si premurò subito di spegnere il suo entusiasmo, alzandosi e parandosi davanti a lei per bloccarla.

«Phoebe, non ho intenzione di metterlo, ok? Anche se mi costringerai a infilarlo lì dentro, quello sarà l'unico posto in cui rimarrà, sono stata chiara?- disse facendosi più seria- E ora, se permettete, vorrei poter finire questa cosa velocemente, ho anche altro da fare» dichiarò secca, ritornando a sedersi di fianco al trolley a piegare abiti.

Phoebe guardò July sconsolata. «Pazienza July, ha rifiutato il nostro aiuto, non sa cosa si perde» commentò acida, evidenziando con la voce le ultime parole. «Già» le fece eco la piccola.

Incredibile, Phoebe teneva più in considerazione i gusti di una bambina piuttosto che i suoi!

«Non ti lamentare poi se gli unici ragazzi che avrai intorno saranno dei tipo noiosi come Richard! Dio, era così noioso che persino tu ti sei rotta le palle!» le rinfacciò Phoebe. Non è che lo dicesse per cattiveria, al contrario! Era solo un po' preoccupata per sua sorella, non la vedeva felice con qualcuno da tempo e, per una come lei, impegnata in una relazione stabile ormai da anni, era quasi inconcepibile pensare di sopravvivere senza amore.

Ashley sbuffò pesantemente: perchè sua sorella non poteva semplicemente capire che lei stava bene così?

«Ma chi ti ha detto che io voglia un ragazzo accanto? Tu sei stata fortunata, hai trovato Peter e da allora non hai più avuto a che fare con le storie finite o le delusioni ma non è per tutti così, rassegnati!» le ribatté mentre chiudeva la zip del suo trolley, lasciando fuori più della metà dei vestiti selezionati per lei dalle sorelle.

«E pensi che Peter l'abbia conquistato solo con il mio bel carattere?» le schiaffò in faccia Phoebe, avvicinandosi a lei e fissandola dritta negli occhi con aria di sfida.

«Oh, solo con quello no di certo, sarebbe stato impossibile!» fu la frecciatina che le rifilò Ashley, incrociando le braccia al petto.

«Non litigate, ragazze, comportatevi da persone mature» intervenne saggiamente la più piccola tra loro, assumendo un'aria da adulta. Il tutto si stava facendo sempre più surreale.

«E dimmi, da quanto non fai sesso per essere così acida?» le urlò infine Phoebe, mettendosi le mani sui fianchi e sbeffeggiandola.

«Oddio Phoebe, c'è July qui, te lo sei dimenticato?» sbottò Ashley con gli occhi spalancati, indicando la sorella minore, che nel frattempo se la rideva di gusto.

«Andiamo, è grande ormai»

«Grande? Ha undici anni, per l'amor del cielo!» continuò Ashley, sempre più sconvolta.

«Ne ho quasi dodici» si affrettò a precisare July, cercando di sembrare meno piccola.

«Stai evitando la mia domanda, ok, va bene! - disse, avvicinandosi all'orecchio di Ashley e accostando la mano alla sua bocca per non farsi sentire da July- Non lo fai da un anno non è così?» le sussurrò. Ashley la guardò infuriata, scostandosi rapidamente e voltandole le spalle.

«E anche se fosse? Non vedo dove sia il problema!.» fece tranquillamente.

«Il problema sei tu, infatti! Devi stare più rilassata, sei troppo rigida!» esclamò esausta Phoebe, che non sapeva più come farsi capire. Ottenne solo un silenzio astioso dalla sorella. Rassegnata abbassò il tono della voce e si diresse verso l'uscita della loro stanza. «Comunque sono sincera, non ti farebbe male una sana scop..»

«PHOEBE!» la bloccò Ashley urlando, avendo intuito quale parola volesse dire.

«Ok, va bene. Me ne vado, buona fortuna!» le disse ironica prima di togliere il disturbo.

«Comunque, lo so più o meno cos'è questo sesso di cui parlano sempre gli adulti» aggiunse July, ancora appollaiata sul letto di Ashley, accanto a un cumulo di roba. Era quel 'più o meno' che la preoccupava, ma Ashley era stremata per poter fare una lezione di educazione sessuale a una ragazzina di quasi dodici anni, adesso. Era compito di sua madre quello.

«Ok July, magari ne riparliamo, posso sistemare adesso il casino che avete combinato tu e quella pazza?» chiese, cominciando a raccattare i vestiti sparsi ovunque. July si alzò ridendo, e corse via, lasciandola sola.

Ashley si accasciò sconsolata su un angolo del suo letto. Sarebbe stata lunga quella mattinata.

 

 

Nancy aprì la porta di casa, dopo una giornata di lavoro. Posò per terra le buste della spesa e ripose le chiavi nel cestino all'ingresso per poi allentare la camicetta e alzare le maniche, lasciando che il suo collo e le sue braccia prendessero finalmente aria dopo la fatica della strada percorsa a piedi. Pregustava già la piacevole sensazione di una doccia fredda e della sua freschissima camicia da notte. Recuperò le buste e si avviò in cucina per sistemare gli acquisti del supermercato, quando si fece strada nelle sue orecchie un suono soave. Sorrise: era Ashley che suonava il pianoforte in salotto. Si tolse i tacchi per evitare di fare rumore e lentamente seguì quelle note. Sua figlia aveva un talento naturale per quello strumento, d'altronde nelle sue vene scorreva il sangue del suo ex marito, un bravissimo pianista e affermato insegnante di pianoforte.

Si addentrò fino a che riuscì a scorgere Ashley di spalle, china e intenta ad accarezzare i tasti neri e bianchi con la delicatezza che la contraddistingueva. Per un attimo ebbe la visione di lei da bambina , nella stessa posizione ma con le gambe a penzoloni, che si esercitava ore ed ore testardamente finchè non completava la sequenza senza fare nemmeno un errore.

Sua madre le si avvicinò, approfittando di una pausa. Ashley sollevò lo sguardo, che fino ad allora aveva tenuto fisso sullo strumento, e Nancy potè vedere che i suoi occhi sembravano tristi. Si sedette accanto a lei mentre Ashley le mormorò un flebile 'ciao'. Quanto male le faceva vederla così giù e quanto ancora più male le faceva non poter sapere cosa la turbasse.

«Ciao tesoro, rientrare e sentire la tua dolce musica è sempre meraviglioso» le disse la madre, scostandole una ciocca di capelli e portandogliela amorevolmente dietro l'orecchio, guadagnandosi un suo accenno di sorriso. «Ricordo ancora così bene quanto fosti felice da piccola all'arrivo di questo bestione qui! - continuò Nancy accarezzando delicatamente con le dita la vernice nera del piano- Già, così felice che ti mettesti subito all'opera per imparare da papà, e quanto era orgoglioso lui della sua piccola pianista! » Seguì un breve silenzio, in cui entrambe probabilmente si persero tra i ricordi, poi Nancy proseguì. «E ogni volta che arrivava il momento di andarlo a trovare imparavi sempre un nuovo motivo da fargli ascoltare per stupirlo. Dovevo venire a tirarti giù con la forza, sai, per farti mangiare, altrimenti tu eri tranquillamente capace di non muoverti da qui per ore.» raccontò Nancy con gli occhi persi a guardare un punto fisso davanti a lei, come se in quell'esatto momento stesse guardando quelle immagini passarle davanti su uno schermo, come la pellicola di un film.

«Già, lo ricordo» mormorò Ashley , facendosi malinconica.

«A volte ero anche gelosa di lui - continuò Nancy, quasi sussurrando per colpa di un leggero nodo in gola che le si era formato - perchè passavi più tempo qui che con me».

Ashley strinse i pugni sulle ginocchia a quelle parole dure, perchè sapeva che era tutto dolorosamente vero. Si ostinava però a rinchiudersi a riccio, per la paura di mostrare i suoi sentimenti e di non essere capita, quando sarebbe stato molto più semplice vomitare le parole che si teneva dentro, sfogarsi, confidarle della sua consapevolezza di essere tanto diversa da lei, delle incomprensioni e dei disagi che aveva vissuto da piccola per la sua situazione familiare, delle difficoltà che tutto quello aveva portato nel loro rapporto, dei sensi di colpa che provava per non esserle mai riuscita a dire quanto in realtà le volesse bene, quelle poche parole che sentiva bloccate nel petto. Il suo essere fu scosso da tutte quelle emozioni e dal desiderio finalmente di buttare quella maledetta maschera e corazza che si era costruita per proteggersi, ma che aveva finito per diventare la sua prigione soffocante. Perchè non bastava la forza di volontà? Perchè si sentiva come se dei mostri dentro di lei la costringessero a fare tutto l'opposto di quello che l'avrebbe potuta salvare?

Nancy la vide irrigidirsi e cambiò argomento per smorzare quella tensione, interrompendo bruscamente il flusso dei suoi ricordi.

«Sei pronta per domani? Hai già parlato con papà?» le chiese, cercando di iniziare una conversazione.

«Si, papà mi ha chiamato - rispose lei, richiudendo gli spartiti e cercando di usare un tono di voce che celasse la sua emozione - viene a prendermi domani mattina alle 9. La valigia è già pronta.»

«Bene» rispose Nancy asettica. La stanza piombò nuovamente nel silenzio, eppure nessuna delle due riusciva ad alzarsi dalla panca, come se una forza sconosciuta impedisse loro di farlo.

Nancy fu la prima a parlare, in fondo una madre riesce sempre a mettere da parte l'orgoglio di fronte alla propria figlia. «C'è qualcosa che non va, Ashley? Ti vedo un po' strana, vuoi per caso parlarne con me?» le chiese dolcemente.

Dentro Ashley fu tutto un turbinio frenetico di emozioni, il cuore le cominciò a battere a mille, le mani a sudarle. 'No, non va per niente bene', quello avrebbe voluto dire. Il discorso di prima con Phoebe l'aveva turbata. Continuava a ripeterle che era chiusa, che non si apriva a nuove esperienze, che si stava perdendo tanto restando confinata nella sua area sicura. Perchè non capiva che quello era il suo modo di vedere le cose, che stava bene così? Non amava le novità, le piaceva avere tutto sotto controllo e soprattutto non era sentimentalmente frustrata.

'Io sto bene così', sentì il bisogno di ripetere mentalmente a sè stessa.

Chissà perchè invece di rafforzare le sue sicurezze provò solo una forte ansia e un senso di dubbio che subdolamente le circondò l'anima.

Non poteva sbagliare, aveva sempre valutato ogni cosa nella sua vita nel minimo dettaglio e non era più un'adolescente per potersi lasciare andare a crisi esistenziali a quell'età.

'E se non fosse così - pensò però inevitabilmente - se mi fossi solo convinta di essere soddisfatta, se tutto ciò che ho sempre pensato giusto fosse in realtà una comoda scappatoia per rifugiarmi nella tranquillità e nella prevedibilità?'

Quei pensieri cominciarono ad attanagliarla, le mancò il fiato.

Ripensò a Richard, al fatto che se ne era innamorata perchè lo aveva sentito simile a lei, serio, studioso, ordinato e abituato a programmare e gestire ogni cosa nella sua vita, dal suo futuro professionale a cosa mangiare per cena.

Perchè allora aveva cominciato prestissimo a stancarla e ad annoiarla? Sì, erano proprio quelle le parole adatte per inquadrare la situazione, le stesse identiche parole che spesso a casa usavano per definirla.

Noiosa.

Che fosse così che la vedessero gli altri, proprio come lei aveva percepito Richard? Poteva essere il fidanzato perfetto per lei e invece si era rivelato un fallimento totale.

' Ma, se sono come lui, perchè non è andata? E se fossi diversa da come mi ostino a comportarmi?'

Puntò gli occhi smarriti su sua madre e incontrò i suoi, così dolci, così accoglienti e fu confortante per un attimo specchiarvisi.

Quanto sarebbe stato liberatorio parlarle di come si sentiva? Aveva lacrime arretrate da anni che premevano per uscire e puntualmente venivano rispedite indietro, per non farsi scoprire vulnerabile. Un abbraccio era quello di cui avrebbe avuto bisogno ora, un abbraccio di sua madre, parole di conforto e tante lacrime. Ma gli occhi le rimasero asciutti, come il cuore, quella sera.

«Va tutto bene mamma, sono solo un po' stanca per i preparativi» forzò un sorriso per sembrare credibile.

«Ok» rispose Nancy un po' delusa. Per un momento le era sembrato che sua figlia avesse cercato di stabilire un contatto con lei e invece nulla. Eppure, qualcosa l' aveva scorta nella frazione di secondo in cui si erano guardate negli occhi, ne era certa, e non si poteva mentire a lungo a una madre.

 

 

Phoebe rientrò a casa dopo cena, salì in camera e vi trovò Ashley intenta a sistemare le ultime cose. Passò abbassando lo sguardo, era ancora troppo fresca la loro discussione della mattina.

«Ciao» disse fredda alla sorella, incamminandosi verso il suo letto e lanciando la sua borsa sopra una sedia,

Ashley le fece un cenno del capo come risposta.

Phoebe vagò irrequieta per la stanza per un po', fingendo di prendere e ordinare cose a caso, poi non resistette e si rivolse direttamente alla sorella.

«Senti Ashley - iniziò tentennante, guardandosi attentamente le unghie perfette - per oggi... io non volevo dirti certe cose, ho esagerato, scusami» disse tutto d'un fiato, come se si fosse liberata di un macigno e stesse tornando a respirare.

«Non devi scusarti, Phoebe» fu la reazione pacata di Ashley che la spiazzò e Phoebe le si avvicinò, incuriosita.«È che...– continuò incerta e un po' nervosa - forse non hai del tutto torto».

'Che cosa stanno sentendo le mie orecchie? - pensò Phoebe - Ashley che mi dà ragione?'. Era raro sentirla ammettere uno sbaglio.

La minore ingoiò a fatica, si inumidì le labbra e parlò «Prometto che ci rifletterò su e che cercherò di divertirmi»

Phoebe si gettò ai suoi piedi e le prese le mani.«Brava sorellina, io ti voglio bene e voglio solo che tu sia serena! So che devi affrontare qualcosa dentro di te e che ci proverai, non mi deludere eh?» le disse quasi commossa, fingendo un tono minaccioso.

Entrambe si misero poi a letto e nel buio della stanza Ashley chiamò la sorella: c'era ancora qualcosa che doveva dirle.

Tossì per richiamare l'attenzione di Phoebe «Comunque, volevo dirti...- ruppe il silenzio - quando tornerò, di sicuro i lavori a casa tua saranno arrivati a buon punto e, non te l'ho ancora detto ma - prese un bel respiro – anche se sei una rompiscatole, mi mancherai quando non sarai più qui a dividere la stanza con me».

Phoebe sorrise e sentì gli occhi pizzicare. Lasciare casa sua non sarebbe stato facile anche se rappresentava l'inizio di una vita insieme al suo amore.

«Mi mancherai anche tu, buonanotte». Approfittò dell'oscurità per asciugarsi una lacrima fuggitiva.

«Buonanotte» le rispose Ashley, rigirandosi e riuscendo a prendere sonno, un sonno più rilassato quella notte.

 

 

 

 

 

  
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