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Autore: varietyofdreams    27/07/2016    0 recensioni
Questa credo sia la frase che meglio riassume questa storia: "Mi sono innamorata di te, ma tu non esisti."
Il tema è la malattia della Còrea di Huntington. E' una malattia genetica degenerativa; basta che uno solo dei genitori sia portatore della malattia perché venga trasmessa alla prole.
La Còrea di Huntington colpisce prima a un livello motorio, con degli spasmi che diventano sempre più duraturi mano a mano che passa il tempo. Alla fine, prende anche il cervello. Si manifesta intorno ai 45 anni e, nella forma giovanile, intorno ai 25. I malati spesso muoiono per cause intercorrenti, non è mai la malattia stessa a portarli alla morte.
Ho deciso di trattare questa malattia, che ho studiato a scuola e che mi ha colpito molto, dal punto di vista di una ragazza che vede tutti i suoi sogni distrutti quando scopre di essere malata.
La storia segue tutta la sua vita fino alla morte, toccando temi spesso delicati che di solito non vengono trattati nel parlare di una malattia.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cinque mesi dopo, Matilde aveva un ragazzo.
Un ragazzo che la apprezzava nonostante la sua cecità, la sua perdita di capelli, il suo corpo spigoloso e secco. Lui amava i suoi occhi bianchi e privi di vita, la stoppa che le medicine le avevano lasciato in testa, gli angoli acuti dei suoi gomiti. Appoggiava la testa sulle sue cosce smagrite, le accarezzava gli zigomi sporgenti, rimirava i suoi occhi spenti e le pettinava quello che rimaneva della sua vecchia chioma.
Lei non poteva vedersi, ma c’era lui a dirle quanto fosse bella.
I suoi capelli avevano riflessi viola, i suoi occhi erano blu come l’oceano e la sua pelle era morbida e fresca. Tutto questo lei sapeva. Ma non avrebbe mai saputo la verità.
La madre di Matilde non poteva non piangere ogni volta che Matilde si accarezzava le mani, se le stringeva, dicendo che erano quelle del suo ragazzo. Avrebbe voluto fare lei la parte del ragazzo, pur di non vedere quello squallore come spettatrice. Il medico ormai le aveva dato poco da vivere.
Le sue gambe erano rimaste ferme, poiché riusciva a stare intere giornate di seguito nella stessa posizione.
La madre poteva anche toccarla, adesso, mentre delirava, lei non se ne accorgeva. Spesso le cambiava posizione, ma non riuscì ad evitare che le gambe di sua figlia si fermassero per sempre.
Quando il suo ragazzo se ne andava, Matilde cadeva in uno stato di trance: fissava, senza poterlo vedere, il punto in cui, secondo lei, lui era sparito. Dopo, cominciava a vagare per la casa distribuendo sorrisi oppure mugolando incessantemente, a seconda dell’umore che aveva.
Alla beata età di 27 anni, Matilde era ormai ferma, paralizzata dalla vita in giù. Eppure continuava a correre nei prati insieme a Elia (così chiamava il suo ragazzo), a interagire con lui.
Ormai Matilde non riconosceva più nessuno se non Elia. Non si accorgeva nemmeno della presenza altrui. Più di una volta sua madre si chiese se, nel mondo in cui credeva di abitare lei, ci fossero altre persone. Probabilmente no, era sola con il suo ragazzo.
La madre ringraziava il cielo che fosse completamente pazza, in modo che non potesse rendersi conto delle sue condizioni. Alla fine, cedette prima lei: stanca di una vita spesa a soffrire e piangere per sua figlia, morì. Fu meglio così: non avrebbe mai sopportato di vedere sua figlia che non la riconosceva nemmeno in punto di morte.
Il suo ultimo desiderio fu di vedere sua figlia, ormai ferma in un letto d’ospedale. A 30 anni, sorrideva come una bambina e si abbracciava da sola, mormorando qualcosa.
«Elia!» diceva. Poi riprendeva a muovere le labbra, ma dalla sua gola non veniva articolato nemmeno il più mero dei suoni. Sua madre, al culmine della sopportazione, morì provando a leggere il labiale di sua figlia. Le sue ultime parole furono: «Proprio come suo padre.»
   
 
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