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Autore: devilcancry    28/07/2016    1 recensioni
..." Figlio mio per quanto punirai quella famiglia? Per quanto cercherai vendetta su una donna morta da tempo? Per quanto ancora - aggiunse alzando la voce - torturerai una donna innocente, una fanciulla senza colpa, immettendole dentro una magia che sull'aboveground può solo che ucciderla?"...
...Ma Sarah lo aveva odiato e quando lui era tornato per salvarla lei aveva indicato la culla con una piccola infante " Ho già la mia vita ed il mio amore Re di Goblin! rifiutai allora e rifiuto oggi il tuo disgustoso invito! NON ti amo e mai mai lo faro! " " Ma mia preziosa... morirai se resti qui! " " Vattene Jareth! NON HAI ALCUN POTERE SU DI ME!!! "...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jareth scortò Elizabeth nelle sue stanze, le aveva lasciate esattamente come erano. 
Lei si guardò attorno spaesata.
 
"Non voglio stare qui..." sussurrò.
 
"Perchè?"
 
"Perchè tu mi hai uccisa... Quella notte, tu..." le parole le morirono in gola, scoppiò in singhiozzi e si accasciò a terra.
 
Il fae si chinò su di lei, per abbracciarla. 
"NON TOCCARMI, MOSTRO!" Urlò.
 
Non poté far altro che lasciarla li, in singhiozzi, con il cuore che si contorceva nel petto. Déi, cosa aveva scatenato? Cosa aveva fatto? 
 
Corse in biblioteca, sbatté violentemente le porte in pesante quercia. Ribaltò mezza sala, attingendo fonti dall'uno e l'altro testo, confrontando, studiando un sistema.
 
Nulla. Il buio più totale. Si lasciò scivolare su una poltrona, massaggiandosi gli occhi con le dita.
 
Sentì cigolare la porta, spostò lo sguardo verso di essa; sul filo della porta, sua madre.
 
Lo raggiunse con calma e si sedette accanto a lui, prendendogli una mano.
 
"Jareth," mormorò " Lo so, è dura. Non credo che il suo odio sia frutto solo di quella strega di Morrowin. Credo che in fondo, un po' ti abbia davvero detestato..."
"Ma io non volevo! Non intendevo quello che dissi!"
"Non volevi, eh?" lo canzonò sua madre.
 
Abbassò lo sguardo, punto sul vivo.
 
Sua madre sospirò, lo carezzò sul capo, come quando era piccolo.
"Devi permetterle di spezzare l'incantesimo, non perdere la pazienza come tuo solito. Metti da parte l'orgoglio, per una volta. Deve ricordare la tenerezza, non l'odio. L'amore, non il rancore. Credo che se riuscirai ad aprirti, ad essere onesto con lei, piano piano quella tiara di ghiaccio si spezzerà, e riavrai Ellie..."
 
"Ci hai parlato?"
La madre annuì. "Ha un dolce ricordo di me. Mi ha detto cosa le dicesti quel giorno, a lei e al padre." Gli fece un'occhiata carica di rimprovero, il Re dei Goblin fu costretto ad abbassare nuovamente lo sguardo e bofonchiò qualcosa a mezza voce.
 
"Un re non borbotta, Jareth!" 
"Scusate, madre."
 
La fae si alzò in piedi.
 
Aveva quasi varcato la soglia quando disse: "Sai, al pozzo, le rose sono stupende stasera. La luna vi si riflette e le fa vibrare di colori mai visti..."
 
Jareth saltò su come se lo avesse punto una vespa. Mutò la sua forma in quella del candido rapace e planò verso il pozzo nel roseto.
 
Lei era lì. Bella, sotto i raggi della luna che irradiavano d'argento i suoi capelli. Era appoggiata al pozzo con i gomiti e una mano sfiorava delicatamente i petali di una rosa scarlatta.
 
Non cambiò la sua forma. Staccò col becco una rosa e la fece cadere nell'acqua davanti a lei, poi si appollaiò sul muretto dal lato opposto, osservandola.
 
Elizabeth sussultò nel veder cadere la rosa, non aveva sentito neanche il battito d'ali del rapace notturno.
 
Si guardarono a lungo. Dentro di sé un certo re pregava che ricordasse il calore e l'affetto che vi era stato fra loro.
 
"Perchè fai così?" la voce era quasi un lamento. La gemma sulla tiara brillò un istante, per poi spegnersi.
 
Jareth rimase immobile nella sua forma notturna.
 
"Ti rendi conto di cosa mi hai fatto?"
 
Ancora silenzio.
 
"Io ti amavo... avevo iniziato ad innamorarmi di te... e tu, mi hai denigrata, mi hai umiliata. "
 
Ancora silenzio.
 
"Hai preso mia madre... ora hai preso anche me. Non ti darai mai pace, vero? Non finché non mi vedrai morta..."
 
Si mutò davanti a lei in modo così repentino che sussultò e si ritrovò fra il Fae eil pozzo, le mani appoggiate alla ruvida parete di mattoni. Gli occhi sgranati di fronte alla rabbia che leggeva negli occhi di Jareth
 
"Amavo tua madre - sibilò - e amo te!" la afferrò per le spalle "Io ti amo Elizabeth. Ti amo come un fae può amare: con possesso, gelosia, passione! Siamo una razza volubile, ma capiamo quando siamo con la nostra parte mancante! Lotterò per riaverti! Lotterò e dovessi dare sino all'ultima goccia del mio sangue, spezzerò questo incantesimo!" Picchiettò con le dita sulla fronte di lei, sulla tiara. "Ti toglierò questa cosa cocciuta ragazzina! Così ricorderai le nostre giornate, il mio fastidioso modo di stuzzicarti... Vorrei che mia madre avesse ragione, che bastasse parlare al tuo cuore per spezzare l'incanto di quel rospo in gonnella..."
 
Lasciò la presa. Elizabeth era in silenzio. La tiara aveva ripreso a baluginare in modo quasi impercettibile. Poi la vide, una piccola crepa si era formata sul lato sinistro.
 
"Sarai mia, per sempre." Questo pensò volando via, lasciandola lì, la sua bella incantata, a riflettere sulle sue parole.
 
Elizabeth si sentì impotente. Non ricordava. 
Non ricordava se non l'odio.
Un odio profondo e vibrante... eppure, una luce, lontana, fievole... ma c'era. La testa pareva scoppiarle. Si accasciò nuovamente a terra. 
Cosa doveva ricordare? Cosa dannazione?
 
A casaccio, nei suoi pensieri, apparivano frammenti di vita che non ricordava, o meglio, che ricordava in tutt'altro modo...
 
Una partita a scacchi, uno schiaffo dato sotto un albero, un sorriso sghembo... Occhi spaiati che la fissavano sornioni e carichi di dolci promesse...
 
Si prese la testa fra le mani, non ci capiva più nulla. 
 
Alzò il viso alla luna, come cercando una risposta. Ma la luna si limitò a riosservarla in silenzio.
  
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