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Autore: Crazy_Dumpling    28/07/2016    2 recensioni
«Non riesco a dormire» annuncia, per il leggero divertimento di Enjolras. «Mi faresti un favore?»
{ Enjolras/Marius | One shot | 1701 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Courfeyrac, Enjolras, Marius Pontmercy
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: questa fanfiction è ambientata in un amalgama tra il musical e il romanzo ed è situata prima dell’incontro di Marius con la sua Ursule. È stata scritta in occasione del kink_bingo, per il prompt “scrivere sulla pelle”.
Note della traduttrice (Hiraeth): che soddisfazione tradurre questa fanfiction! L’originale la potete trovare qui – fateci un salto se ve la cavate con l’inglese. Buona lettura!










Ink and Candlelight
di Crazy_Dumpling




È una fredda notte di novembre quando Marius ritorna nella camera che condivide con Courfeyrac, una bottiglia di vino mezza vuota in mano, l’altra metà già nello stomaco. Domani Grantaire ha un esame di retorica e oggi è stato risoluto a prepararsi accuratamente. Pertanto ha menato Marius in una sessione di studio in cui sono stati invischiati numerosi alcolici e le profonde e penetranti meditazioni sulla futilità della vita e sulla bellezza delle metafore. A un certo punto ha anche fatto ubriacare Marius. Gli effetti dell’alcool sono svaniti lungo la strada verso casa; Marius adesso si sente invece felicemente brillo, in pace con tutto e con tutti al mondo. Persino l’approcciarsi dell’inverno non affievolisce la sua contentezza, mentre sale le scale scricchiolanti che conducono al suo piccolo alloggio.

 Al primo tentativo Marius non riesce a infilare la chiave nella serratura, ed è costretto a provare diverse altre volte prima che la porta dell’appartamento sia aperta da un Enjolras leggermente divertito.

 «Tu non sei Courfeyrac!» A differenza di Grantaire, infatti, il vino non incrementa la facoltà di sermoneggiare di Marius. «Ah. Scusami, Enjolras. Ho bevuto un po’ troppo. Che ci fai qui? Courfeyrac è con te? Gli è successo qualcosa? È solo che la scadenza dell’affitto è per domani e devo dargli la mia parte…»

 «Calmati» replica Enjolras, un lieve sorriso. «Sono venuto a vagliare delle mappe con lui, ma alla mia presenza ha preferito le braccia di Violette di Montmartre e ha detto che potevo proseguire qui, fino a quando non terminavo. Entra pure. Immagino che sia stato Grantaire a ridurti così».

 Marius annuisce e si introduce nell’abitazione strascicando i piedi. Il tavolino pericolante che lui e Courfeyrac possiedono è ricoperto di mappe e costellato di libri e fogli di carta. Una candela brucia debolmente nell’angolo e ci sono una penna e una boccetta d’inchiostro posate sopra un volume di Platone.

 «Di sicuro sei stato occupato!» osserva senza necessità. Marius si dirige verso il suo letto, dove Enjolras ha adagiato il cappotto, e vi si scaraventa sopra, calciando via le scarpe inzuppate. «Su cosa stai lavorando?»

 «Una lista delle provviste di cui avremo bisogno quando inizierà la rivoluzione». In un dato momento della notte, i capelli di Enjolras sono riusciti a liberarsi dalla stretta coda con cui lui li tiene abitualmente. Adesso una ciocca bionda gli cade negli occhi e lui la scaccia via con impazienza. Le dita, macchiate di inchiostro a forza di scrivere, gli sfiorano la guancia e imbrattano una linea nera contro la pelle linda. Il contrasto è impressionante, persino alla luce fievole del moccolo. «Sto avendo problemi a decidere il posto adatto dove accumulare le munizioni. La caffetteria è angusta, per cui non saremo in grado di conservarne in abbondante quantità, ma è il luogo più conveniente».

 Mentre Enjolras illustra il dilemma di preservare l’asciuttezza della polvere da sparo, Marius si sporge in avanti meramente in calze e strofina la chiazza con il pollice, incapace di trattenersi. Il gesto zittisce Enjolras, come se Marius gli avesse velato la bocca con la mano.

 «Marius». Quando dopo un minuto Enjolras reagisce, il suo tono di voce è arrabbiato, ma lo sguardo è titubante. «Stasera hai bevuto un goccio di troppo. Non sei pienamente in te». Stringe il polso di Marius ed è sul punto di spingerlo via.

 Ma Marius scorge un motto sul braccio di Enjolras.

 «Cos’è?» chiede e, senza attendere una risposta, attira a sé Enjolras e ravvisa il marchio massicciamente inchiostrato che fluisce lungo il braccio sinistro dell’amico. «“Patria”? Ma perché?»

 «Sei un discolo ficcanaso» ribatte benevolmente Enjolras. «Ero stanco e cercavo di tenermi sveglio. Non avevo alcuna intenzione di avventurarmi nell’aria gelida: mi sarei ridestato dopo troppo tempo. Così ho appuntato il nome di nostra Madre sul braccio, sebbene mi sia utile anche per ricordarmi il fine per cui stiamo combattendo».

 «È una bella parola da avere sul braccio» concorda Marius con la solennità di un ebbro. Rabbrividisce e si avvolge forte la sottile giacca attorno a sé, poi crolla sul materasso con un sospiro grato. Per un istante duraturo contempla il soffitto e le varie screziature di umidità e putrefazione e muffa, ascolta il grattare della penna contro la carta e immagina i commenti che farebbe suo nonno se lo vedesse in quello stato. Poi riflette sull’impronta suggellata sul braccio di Enjolras e si mette improvvisamente a sedere.

 «Non riesco a dormire» annuncia, per il leggero divertimento di Enjolras. «Mi faresti un favore?»

 Senza aspettare una conferma, si issa in piedi e raggiunge il tavolino con gambe un po’ tremanti. «Anche a me piacerebbe una parola sul braccio come la tua, per favore». Marius solleva la manica del suo braccio destro. «Potresti scrivere qui “fidelis” per me? Penso che mi doni».

 «Guarda tu chi si definisce leale» lo stuzzica Enjolras, ravviandosi i capelli per quella che sembra essere la millesima volta. «Ricordo che un tempo eri un ardente adoratore di Bonaparte, ma eccoti a cospirare in compagnia di insidiosi repubblicani».

 «Forse sono una spia tra le tue file» replica Marius in modo rude, battendo le palpebre, «e mi stai sottovalutando a tuo rischio e pericolo!»

 «Per qualche ragione non ti credo. Vieni qui». Per una volta Enjolras non si irrita troppo all’idea di distrarsi mentre è indaffarato: dopotutto è tardi e, malgrado i suoi sforzi per dimostrare il contrario, lui è un semplice essere umano. Prende in mano la penna e comincia a tracciare il lemma sul braccio dell’amico. Invece dei chiari e imponenti caratteri maiuscoli che ha scelto per il suo stigma temporaneo, Enjolras su Marius usa una grafia corsiva, congiungendo le curve e ammirando l’effetto prodotto. Ripassa la scritta diverse volte, così che risalti in modo più definito, le sopracciglia gentilmente aggrottate per la concentrazione.

 Che abbia notato o meno la remora nel respiro di Marius o il discreto rossore che sta fiorendo sulle gote dell’amico, Enjolras non si esprime al riguardo, preferendo invece dedicarsi al compito di fronte a sé. A lungo, però, la penna finalmente posata, esamina il suo manufatto al fioco lume di candela, circondando il polso di Marius con il dito medio e il pollice. “Fidelis” splende nero alla luce gialla ed Enjolras soffia sulle lettere per asciugarle al meglio, ignorando il tenue gemito dell’amico.

 «È un’ottima composizione» osserva Marius dopo un incantesimo. La sua voce è sommessa e senza fiato. «Vorrei confrontarla con il marchio sulla tua pelle». Con il braccio sinistro ancora immobilizzato, stende quello destro e agguanta la mano di Enjolras, avvicinandola a sé così che possano entrambi rimirare le loro braccia tatuate in maniera bizzarra: i grafemi chiari e romani che cozzano aggressivamente con la morbida fluidità delle lettere corsive.

 Marius inclina la testa, osa fissare Enjolras. L’altro lo squadra di rimando, gli occhi cerchiati di rosso che tuttavia fiammeggiano con il fuoco della sua fede veemente. E… per la prima volta, Marius è conscio di un sentimento diverso in quegli occhi, un qualcosa che vi si annida vicino alla superficie, ma che viene costantemente eluso e represso. Un qualcosa che suscita una reazione nel suo animo, ma che non riesce a comprendere del tutto. Lui si slancia in avanti, percependo una sorta di calore svilupparsi tra loro due, e apre la bocca per porre a Enjolras una domanda. Qualsiasi cosa per distrarsi da quella sensazione che gli stritola gli intestini – un qualche impulso di cui non si è mai reso conto prima d’ora –, ma non emette alcun suono.

 Il vento ulula all’esterno della finestra e fuori una saracinesca si apre con irruenza nell’oscurità, affiancata ai lamenti in lutto di un cane abbandonato. Eppure entrambi non registrano alcunché. Marius tenta di intraprendere una conversazione sul tempo e sul freddo, ma le parole gli rimangono incastrate in gola, formate parzialmente e congelate. Invece orienta lo sguardo sui loro bracci e, per ragioni che non è in grado di cogliere, si protende con il busto e ripassa con un unico dito la “T” della “Patria” di Enjolras. L’inchiostro si impiastra un po’ ed Enjolras ha l’aria di volersi ritrarre dal contatto, ma non lo fa. Invece Apollo batte le palpebre e reclina il capo, seguendo il percorso del dito di Marius, un’espressione stranamente vacua in viso. La luce della candela balugina, gli getta ombre su una metà del volto.

 I loro occhi si incontrano ancora e Marius è sul punto di scusarsi per l’audacia e di incolpare l’ubriacatura, ma, prima di proferire una singola sillaba, Courfeyrac è alla porta, sorpreso di trovare Marius in casa e maledicendo la propria fortuna con Violette, che ovviamente non ha reciprocato l’interesse ricevuto, per grande confusione di Courfeyrac. Non dà segno di essersi accorto dell’anomalo comportamento degli amici. Enjolras pare tornare in vita e abbassa frettolosamente la manica per coprire la sua iscrizione.

 «Noto che non hai ancora finito!» scherza Courfeyrac, mentre dimena il cappotto lievemente bagnato. «Vieni, Enjolras, progettiamo insieme i piani per donare la libertà alle masse! Ardisco dichiarare che per completarli occorrerà meno tempo del previsto, ora che sono qui».

 «Sbruffone» commenta Marius, assurdamente deluso dalla presenza del coinquilino, eppure sollevato all’idea che l’imbarazzante situazione con Enjolras sia giunta a una fine. Si butta sul letto. «Vado a coricarmi, domani mattina ho una traduzione da sbrigare».

 «Vi prego di perdonarmi, monsignore», e Courfeyrac si inchina, un sorrisone impertinente sulle labbra. «Sì, è meglio che tu vada a dormire, Marius. Se pensi solo a te stesso, forse non hai le facoltà necessarie per l’importante compito di liberare il popolo, no?» Indica l’avambraccio sporco di inchiostro di Marius. «Anche se non sei ritenuto responsabile per le dubbie scelte lessicali che effettui, compagno».

 Marius gli rivolge un gestaccio imparato da Gavroche, che Courfeyrac ricambia ghignando.

 «Buonanotte, Enjolras» dice Marius con enfasi, ignorando l’amico. Enjolras, tuttavia, si sta già concentrando su programmi e liste e mappe. Marius spera che la goffaggine di prima non deteriori la loro amicizia. Ma poi Enjolras alza lo sguardo, gli sorride, e un improvviso bagliore di calore contorce nuovamente le viscere a Marius.

 «Sogni d’oro, bonapartista» risponde, un cenno di risa nella voce.

 Il sorriso di Enjolras è l’ultima cosa che vede prima di chiudere gli occhi, e Marius riflette che è paragonabile alla visione del sole stesso.

   
 
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