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Autore: Soqquadro04    30/07/2016    1 recensioni
La gatta non sta dormendo.
Ha gli occhi chiusi, certo, e il suo respiro è lento e regolare, ma ogni tanto le sue orecchie si muovono e il suo naso trema, annusando qualcosa.
Sta ascoltando.

Non sono esattamente fantasmi, ma non sono nemmeno esattamente gatti.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Athanasia
 

Sin dal giorno della mia nascita, la mia morte ha iniziato il suo cammino. Sta camminando verso di me, senza fretta.
Jean Cocteau

 

 

La gatta non sta dormendo.
Ha gli occhi chiusi, certo, e il suo respiro è lento e regolare, ma ogni tanto le sue orecchie si muovono e il suo naso trema, annusando qualcosa.
Sta ascoltando.
Ovviamente, non sta prestando alcuna attenzione ad alcuna delle persone che si fermano davanti a lei per accarezzarle la testa e ammirare la morbidezza del suo pelo. Sono piuttosto ripetitivi, e ci sono cose molto più interessanti da ascoltare, anche se non esattamente con le orecchie.
Dopotutto, ha un lavoro da svolgere.

 

In uno degli appartamenti dell'edificio dall'altra parte della strada, c'è un bambino che piange. Sembra non importare a nessuno – la televisione è accesa, il volume al massimo, in un'altra stanza, come per coprire il suono.
La gatta gira leggermente la testa, infastidita. I bambini non le piacciono per nulla: hanno sempre le mani appiccicose e spiacevolmente calde, e lasciano il pelo sul suo dorso sporco quando la accarezzano o provano a svegliarla o a tirarle la coda. E sono tremendamente rumorosi.
Questo bambino in particolare non è sulla lista che Lui le ha dato, però, non oggi – a giudicare dalla voce di donna che gli urla di chiudere quella maledetta bocca in un biascichio alcolico e quasi incomprensibile, ci sarà presto in ogni caso. Ci sarà anche la donna, può vederlo, annusarlo su di lei, qualcosa nel suo fegato che sta crescendo sempre più grande e un giorno la divorerà.

 

La gatta sbadiglia, non più interessata a loro. È un po' annoiata, ad essere sinceri.
Lui le aveva promesso che sarebbe stato, se non divertente – dopotutto, ormai sono poche le attività che trova davvero gradevoli – almeno una specie di passatempo. Ma forse in fondo è giusto così.
È stato molto tempo fa.
Batte le palpebre, una volta sola, e poi chiude di nuovo gli occhi.
Dall'altra parte della città c'è l'ospedale. Lo chiamano così, ospedale, ma in realtà è solo un comune edificio, piuttosto grande e dai muri grigi. Non riesce esattamente a capire cose come i nomi, ma sa qual è il suo scopo.
Ci sono umani, lì dentro, che provano a guarirne altri. Non le interessano, loro.
Invece, si concentra su un uomo in una camera bianca, al secondo piano. Ci sono luci brillanti e fastidiose, e altro rumore, persino lì – respiri pesanti, incerti, e un bip alto e ritmico. Il suo battito, pensa.
È debole ma costante, e la donna che siede accanto al letto ha gli occhi gonfi e rossi ma ancora pieni di speranza.
Forse tornerà domani, o il giorno dopo ancora.

 

Ci sono altri come lei che vagano fra i corridoi verdi e bianchi – può sentire chiaramente la loro presenza, come un'ombra all'angolo estremo della sua visione. Se potesse sorridere, lo farebbe.
Non è mai stato in grado di fare tutto il lavoro da solo.
La maggior parte di loro non si allontana mai – l'ospedale è un buon posto, in fondo. C'è sempre lavoro, e c'è compagnia.
Lei odia parlare, e si annoia troppo facilmente per rimanere ferma a lungo. A loro non dispiace, e non dispiace nemmeno a lei.
Dev'esserci stato un incidente, perché sono tutti raccolti davanti all'entrata. Solitamente si muovono nell'edificio, fermandosi davanti alle stanze dove sanno sta per succedere qualcosa, aspettando. Come sta facendo ora.
Continua a camminare, e a cercare. Ci sono molte porte che sembrano chiamarla, ma ha una sensazione.
Non la considera una sensazione, naturalmente – parole come quella sono per gli umani. È istinto.

 

Si ferma al quarto piano, questa volta. Ha sentito qualcosa, un singhiozzo soffocato o anche solo un sussurro lacrimoso.
Hanno una lista, è vero, ma sono così tanti – non sanno mai quando qualcuno è già stato preso.
La porta è socchiusa e, quando sbircia all'interno, vede un'intera famiglia attorno al letto, e sul letto un'adolescente dalla pelle esangue, con occhiaie scure attorno agli occhi.
Era sua madre a piangere.
Se fosse qualcun altro, probabilmente noterebbe qualcos'altro, ma è lei e basta, e per lei gli umani si assomigliano tutti.
Sono così fragili.
Ci pensa, certe volte: nascono, e poi passano qualche anno mangiando e dormendo e imparando, e poi lavorano, e sposano qualcuno, e hanno bambini – rumorosi e fastidiosi, con le loro mani appiccicose – e poi muoiono. Così.
Sono effimeri.
Lei ha vissuto per millenni e gli anni sono trascorsi in un battito di ciglia – le loro culture e le loro popolazioni, i loro nomi, non le hanno lasciato nessun ricordo.
La gatta siede sull'uscio, osservando la donna più anziana mentre stringe la presa sulla mano della figlia, come se potesse trattenerla con la sola forza di volontà.
Poi, cammina verso di loro e salta sulle coperte, vicino alla ragazza. Quando la sua zampa sfiora la pelle di lei – pallida, fresca, decisamente meno disgustosa del calore di un bambino – il monitor accanto al letto impazzisce. Stanno tutti urlando, chiamando qualcuno – un'infermiera, anche se non ha idea di cosa sia un'infermiera. Nessuno può aiutarli, comunque –, ma la ragazza ora è con lei.
Non le parla, anche se potrebbe – possono tutti, e di solito lo fanno. Lei non lo fa mai.
Non è nemmeno del tutto sicura di ricordare quale lingua parlano questi umani.
Volta la schiena alla famiglia in lacrime e alla figura eterea vicino a loro, che li guarda impotente. La ragazza non cerca di richiamarla, e lei non fa nulla per suggerire che potrebbe farlo.

 

Quando apre di nuovo gli occhi, è ancora davanti al negozio. Non c'è nessuno pronto ad accarezzarla, nessun bambino capriccioso.
Solo Lui.
Ricorda quando era solito indossare una lunga cappa, quando si presentava come qualcosa di cui gli umani avevano un terrore profondo.
Sembra uno di loro, ora. Indossa un completo elegante, e il Suo volto è il volto di quello che chiamano un uomo d'affari, crede.
Non le piace molto, ma Lo ama ancora. Anche se è annoiata.
E Lui ama ancora lei, come ama tutti loro.
Alcuni dicono che sono i Suoi schiavi, ma in realtà sono Suoi amici. I Suoi unici amici, tranne la donna, quella che si veste di bianco, quella a cui piacciono i bambini. Non ricorda il suo nome, ma dopotutto lei non ricorda il nome di nessuno.
Quindi sbadiglia, e si stiracchia, e poi va da Lui, iniziando a fare piano le fusa.
Lui sorride – se guarda attentamente, può ancora vedere il Suo vecchio viso, sotto questo. Le manca, solo un poco – e Lui si abbassa per accarezzarle la schiena.
Lascia che la prenda in braccio e, quando lo fa, solo per un istante, può vedere l'intera lista.
Ci sono così tanti nomi.
Chiude gli occhi, ignora il suo rimprovero mormorato, e si sistema più comodamente nella sua presa.
Lui ride, e le dice ciò che le dice ogni volta che la trova lì, in attesa.
«Sei sempre la stessa, Athanasia.» dice, e lei muove un orecchio al suono del suo nome.
Non le piace più di quanto le piaccia qualsiasi altro nome, e Lui lo sa.
Ride di nuovo, e si siede sul marciapiede, davanti al negozio, senza farla muovere dal Suo grembo.
Le Sue mani sono fredde, proprio come piace a lei.

 

Si addormenta nel giro di pochi minuti.

 

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N/A - Note dell'Autrice
Buonsalve, lettori.
Non ho molto da dire su questo racconto - non so esattamente da dove sia uscito, né di preciso cosa dovrebbe essere, ma personalmente mi ci sono affezionata e spero che a) sia comprensibile e b) sia una lettura in qualche modo piacevole. :)
Piccola curiosità: "athanasia" in Greco significa "immortale".
Grazie e a presto,
Soq

   
 
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