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Autore: Il_Signore_Oscuro    31/07/2016    2 recensioni
Marco, figlio del Capopalestra di Val Cremisi nella regione di Critalia, ha sette anni quando nel Bosco Speranza fa un incontro che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. L'inizio di un'amicizia che lo accompagerà per il resto della sua vita.
Genere: Avventura, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Non avevo mai capito perché mia madre mi ripetesse in continuazione di non avventurarmi nel bosco finché non avessi avuto dei pokémon con me. Ma adesso che uno Spearow mi gracchiava contro, minacciandomi con il suo becco tozzo e gli artigli affilati, mi era fin troppo chiaro. Ero uscito di casa nel pomeriggio, approfittando della pennichella pomeridiana di mia madre e a passo svelto ero andato laggiù, spinto da quell’inestinguibile sete di avventura che anni dopo mi avrebbe portato a diventare un allenatore, e a girare per il mondo in cerca di nuove sfide. Era un sogno che coltivavo già da allora.
Il Bosco Speranza si trovava alla periferia di Sentinella e al suo interno si snodava un lungo sentiero sterrato che portava a Piccolo nido, ai lati del sentiero alti alberi protendevano i loro rami a formare una cupola naturale di foglie, che illuminate dal sole rivelano le loro segrete venature. Nel cielo volavano i primi Butterfree di ritorno dalla stagione degli amori, mentre fra l’erba tenera piccoli Caterpie brucavano il muschio attecchito sulle radici nodose. Ero estasiato da quella bellezza, trasportato dalla meraviglia di un mondo che sognavo di esplorare e scoprire, carico com’era di promesse di avventura e nuove esperienze, lì tutte per me, pronte ad essere prese. Non mi accorsi di essermi addentrato nella parte più interna del bosco, dove i raggi del sole stentavano quasi a passare, per via del fitto fogliame che copriva la luce. Quando mi accorsi di aver abbandonato la via cercai di tornare indietro, ma inavvertitamente pestai un ramo secco che si spezzò sotto il mio peso, riecheggiando con uno schiocco per tutto il Bosco Speranza. Sperai che nessun pokémon avesse sentito ma purtroppo proprio quello Spearow di cui dicevo non sembrò gradire molto la mia presenza: dapprima gracchiò minaccioso, poi tentò di beccarmi: i primi due attacchi riuscì ad evitarli, ma al terzo tentativo mi prese la mano. Sul dorso comparve una piccola contusione, lo Spearow festeggiò svolazzando brevemente per poi ritornare a terra.
Somigliava a un Pidgey nell’aspetto, ma sapevo per esperienza che la sua natura era molto più irascibile, e che soprattutto era pericoloso. Gli avventurieri spesso venivano attaccati da stormi di Spearow e quando succedeva, beh, la sola scelta possibile era darsela a gambe. La mia unica fortuna era il fatto che fosse da solo.
Avrei potuto provare a scappare, ma probabilmente non avrei fatto altro che rischiare di perdermi ulteriormente. Decisi a quel punto di combattere: afferrai un sasso e lo tirai contro l’uccellaccio, ottenendo il solo effetto di irritarlo ancora di più.
A furia di beccate e graffi mi spinse contro un albero e a quel punto capii di non avere più scampo, chiusi gli occhi e misi avanti le mani, in attesa del suo ultimo attacco, magari dopo questo mi avrebbe lasciato andare. Lo sentii alzarsi in volo, gracchiare ancora con quel suo verso rauco, e poi gli artigli farsi sempre più vicini, più vicini, più vicini fino a che … nulla, ci fu come lo schiocco di una frusta e la sua voce si fece sempre più lontana fino a scomparire del tutto.
Riaprii gli occhi e lo vidi per la prima volta: il suo viso somigliava a quello di un gatto, con enormi occhi di un intenso verde-acqua,  il corpo interamente rosa, due minuscole zampe anteriori con tre dita per mano e due lunghe zampe posteriori, simili a quelle di un coniglio; si muoveva senza peso, sospeso in aria, agitando la coda sottile che terminava con una spessa protuberanza ovale. Rimasi ammutolito e lui scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con le zampine, doveva trovare divertente il fatto che fossi sporco di terra e polvere dalla testa ai piedi.
-C-ciao piccolino, come ti chiami?
-Mew! –
Rispose lui, eccitato.
-Oh, ciao Mew, io sono Marco … g-grazie per avermi salvato.
-Mew! Mew!
-Certo,
– dissi, fingendo di capire – credo di essermi perso, sapresti indicarmi la strada per tornare a casa?

Non pensavo a quanto fosse assurdo chiedere indicazioni a un pokémon, l’incontro con lo Spearow mi aveva mandato fuori fase.

-Mew? Mew? – Chiese, interrogativo.
-Giusto, non puoi sapere dove vivo. Conosci Sentinella?

Gli si illuminarono gli occhi e prese ad esultare volteggiando su sé stesso. Quando ebbe finito mi porse la zampina. Esitai un po’, ma alla fine la strinsi. Il Bosco Speranza svanì e d’un tratto mi ritrovai a guardare dall’alto casa mia, intuii che qualcosa non andava e che il suolo si stava facendo decisamente vicino alla mia faccia e anche troppo in fretta. Urlai terrorizzato dalla caduta e dal profondo senso di vertigine, ma a pochi centimetri da terra rimbalzai su qualcosa di morbido, una palla di colore rosa, spuntata da chissà dove. Mew mi riapparve davanti contorcendosi dalle risate, mi aveva giocato uno scherzo.

-Non è divertente! – Tentai goffamente di rialzarmi per prenderlo, ma appena avvicinai le mani, la palla scoppiò sotto di me e mi ritrovai per terra. – Ahia …
-Mew! – Disse divertito Mew.
-Andiamo a casa dai.

Mi rimisi in piedi e tolsi un po’ di polvere dai pantaloni, erano mezzi squarciati per via di quel maledetto Spearow. Temevo il momento in cui avrei suonato il campanello, mia madre non reagiva bene quando le disubbidivo, ma del resto non avevo scelta. Mi sarei sorbito la sua sfuriata e amen. Avrei atteso che le passasse; il vero problema era Mew, mia madre non aveva mai avuto pokémon in casa se non durante le sporadiche visite di mio padre.
Quando apparve di fronte alla porta con i capelli castani legati, gli occhi fuori dalle orbite per l’ansia e le mani che si stringevano nei pugni, la pioggia di rimproveri mi travolse come un fiume in piena
-Dove sei stato? Non sarai andato nel bosco?! Mi fai sempre preoccupare! Disgraziato! Irresponsabile! Guarda come ti sei conciato?! Niente videogiochi né televisione per una settimana! Ti mando in riformatorio!! Se lo sapesse tuo padre?!?
Cercai di assumere l’aria più contrita e dispiaciuta che mi riuscisse, ma questo non servì a calmarla, anzi non la piantava di urlare. La cosa positiva era che non si era accorta di Mew e ben presto ne capii la ragione, fluttuava alle spalle di mia madre guardandola con aria incuriosita. Strabuzzai gli occhi, cercando di nascondere la preoccupazione.
-E ora perché mi guardi con quella faccia da pesce lesso?!
-Ehm, io …
-Mew! –
Disse Mew allegro.
-Che? Ah! Hai portato un pokémon in casa?! Ma dove l’hai trovato-

Eccola che ricomincia, pensai …
-Non lo sai che è pericoloso tenere pokémon non addestrati? Tuo padre non te l’ha insegnato?! Ah, ma quando glielo dico!!
-Oh, madonna…
– dissi sottovoce, per non farmi sentire.
-E tu vai fuori di qui!
-Mew?
-Fuori!
-Mamma, no …
-Mew! –
Disse Mew, sempre più divertito.

A quel punto iniziò un inseguimento con la scopa di cui non riferirò i dettagli, dico solo che finirono in pezzi: un set di piatti di porcellana
-Il corredo di mia madre razza di-
Un posacenere
-Quello me l’avevano regalato al matrimonio.
E un vaso da fiori
-Le mie orchidee!
più altri oggetti vari. Sapevo che mia madre non avrebbe mai colpito un pokémon anche se selvatico,  per quanto la dipartita di buona metà del suo arredamento stava seriamente assottigliando la sua pazienza e il suo buon cuore. Dopo dieci minuti buoni riuscì a buttarlo fuori di casa, chiudendo la porta. Sospirò rumorosamente e poi mi bruciò con lo sguardo, avevo una mezza idea che invece contro di me la scopa l’avrebbe usata per davvero.
-E ora noi due facciamo i conti signorino!
-Mew!
-Ancora tu?
– Credo stesse per piangere dalla disperazione.
-Mamma, - intervenni - ascolta, sono andato nel bosco da solo, è stato stupido lo so. Ma volevo vedere i pokémon che c’erano. Mew mi ha salvato dall’attacco di uno Spearow, lui non è pericoloso, lui è un mio amico.
-Mew!
– Confermò Mew, entusiasta.
Finalmente mia madre depose l’ascia di guerra, o dovrei dire la scopa di guerra, e il suo sguardo ritornò quello dolce che aveva la maggior parte del tempo. Si avvicinò a me e si piegò ad abbracciarmi, carezzandomi la testa.
-Alle volte dimentico quanto tu sia simile a tuo padre, la stessa cocciutaggine e la stesso spirito per l’avventura. Non potrò tenerti qui con me per sempre, già lo so, e prima o poi partirai anche tu. – I suoi occhi erano lucidi, ma non pianse. – Mew, ti ringrazio per aver salvato mio figlio. – Chinò il capo.
-Mew. – Disse lui, altrettanto rispettoso.
-Puoi tenerlo, ma dovrai occupartene tu. – Sentenziò mia madre.
-Lo farò!
-Adesso datti una lavata e vai dal professor Sarda, non ho mai visto questo pokémon ma lui ne saprà sicuramente più di me.

-Sembra in ottima salute.

Il professor Sarda guardava Mew con il massimo interesse, era lo studioso di pokémon della nostra città e ogni anno si premurava di fornire agli allenatori uno starter con cui iniziare il proprio viaggio (si intende, tutti quelli che un pokémon ancora non lo avevano). Era un uomo alto, brizzolato, forse sulla cinquantina, con un sorriso paterno per tutti e due grandi occhi nocciola sempre celati dietro un paio di occhiali rettangolari.
-Non ho mai visto un pokémon del genere. Da quello che mi hai raccontato dovrebbe essere di tipo psico, eppure c’è qualcosa di strano.
-Cioè?
-È come se le sue cellule reagissero a qualsiasi elemento. Credo possa apprendere ogni tipo di mossa, è una condizione unica, mai registrata prima.
-Mew? –
Esclamò Mew, confuso.
-Wow, quindi è un pokemon raro?
- Raro? No, come ho detto, è unico. Non è presente nel mio database, ma posso fare alcune ricerche. Intanto perché non gli dai un nome?
-Che bell’idea! Ma che nome potrei dargli?
-Beh, è un nuovo genere di pokémon, potresti chiamarlo New. –
Propose il professore, divertito.
-Mi piace e poi somiglia molto al suo vero nome. Ti piace New?
-Mew! –
Sembrava apprezzarlo.
-Perfetto! Ma … cosa dovrei dargli da mangiare?
-Non saprei, proviamo così.


Il professore tirò fuori da una teca alcune bacche e le porse a New, aspettando che ne scegliesse una. Lui le annusò tutte, ma quella che scelse fu una bacca di un intenso colore verde, dopo averla mangiata pareva estasiato.

-Bacca menta quindi, è abbastanza comune.
-Credo che gradisca le bacche in genere –
dissi, grattandomi la testa – se le è mangiate tutte.
-Erano il mio spuntino, ma pazienza. – Sospirò il professore.
-Mew! –
Disse New divertito, coprendosi la bocca con le zampine e ridacchiando.
-Marco, prenditi cura di questo piccolo pokémon, quando sarai abbastanza grande potrà accompagnarti nel tuo viaggio come allenatore. Per adesso fallo socializzare, nonostante gli scherzi credo abbia una natura abbastanza docile e socievole.
-La ringrazio, professore.


Il posto perfetto in città per incontrare nuovi pokémon e aspiranti allenatori era la piazza della città, anche chiamata Villa. Al suo interno si aprivano grandi prati dove i bambini passavano i loro pomeriggi in compagnia dei loro pokémon. Al centro della piazza si ergeva un imponente obelisco dedicato ai marinai caduti durante la guerra, su ciascun lato era disposta una coppia di Arcanine in piombo su cui i bambini più piccoli adoravano salire, immaginando di cavalcarne uno vero. Mio padre aveva un Arcanine, si chiamava Furio, aveva iniziato il suo viaggio da allenatore proprio con lui ed era il pokémon più forte e veloce che avessi mai visto.
Mio padre era il capo palestra era diventato Capopalestra di Val Cremisi, una città situata nei pressi di un grande vulcano spento, tuttavia in quegli anni stava lavorando per entrare a far parte dei Superquattro di Clitalia. Essere il figlio di un allenatore tanto importante per me era un onore, tuttavia questo attirava l’invidia di buona parte dei miei coetanei, che non avevano remore a rendere manifesta la loro ostilità. Fra tutti quello che mi dava più sui nervi era Aldo, il nipote del professor Sarda che, con il sorrisetto sempre stampato in volto e la sua lingua pungente, non perdeva occasione per prendermi in giro. Quando arrivai in piazza stava giocando con il suo Machop, facendolo sfidare contro lo Geodude di un ragazzino della sua banda.
-Machop vai con colpo-karate!
-Geodude usa ricciolo-scudo.

Nonostante Geodude si fosse chiuso a palla, rafforzando la sua difesa, il colpo del Machop lo mandò k.o. nel giro di pochi secondi.
-Dannazione! Hai vinto un’altra volta. – Disse l’altro ragazzo, ritirando il povero Geodude nella sua sfera.
-Nessuno può battermi. – Aldo ghignò vittorioso. – Ma guardate chi arriva, il figlio del Capopalestra.
-Ciao, Aldo.
– Dissi, sbuffando.
-Cos’è quel coso che ti porti appresso? Una specie di peluche?
-Si chiama New! E non è un peluche, è un pokémon!
– Protestai.
-Sì, un pokémon da femminucce. – Rideva a crepapelle.

Una ragazzina dai capelli rossi, con la schiena poggiata a uno degli alberi nel giardino, voltò lo sguardo verso di noi, osservandoci con interesse. La presunzione di Aldo mi stava mandando in bestia! Forse era il suo obbiettivo provocarmi, ma io di certo non mi sarei tirato indietro. Guardai New in un’occhiata d’intesa, lui capì e si preparò a combattere, mostrando lo sguardo più minaccioso che riuscisse a fare.
-Vedremo quanto è da femminucce! Ti sfido: il mio Mew contro il tuo Machop.
-Sento già che sarà una perdita di tempo ma non rifiuto mai una sfida. Preparati alla sconfitta.
-Vedremo!
-Mew!
– Disse New, deciso come non mai.
-Vai Machop colpo-karate!
-Schivalo New e colpiscilo con la coda!

La coda di New colpì Machop in pieno viso, facendolo barcollare.
-Adesso, usa confusione. – Conoscevo questo attacco psichico solo di nome e credevo che Mew sapesse già usarlo, ma quando mi guardò non capendo cosa intendessi, compresi di aver fatto un errore.
-Beh, il tuo pokémon non vuole obbedirti? Meglio per me, adesso, usa sassata. – Il pugno di Machop si ricoprì di pietra e diede un poderoso destro che tuttavia rimbalzò sulla bolla rosa che New aveva creato attorno a sé.
-Machop, non mollare, usa colpo-basso!

Il colpo andò a segno stavolta, spedendo New per terra, mi spaventai a morte.

-New, stai bene?! – Chiesi, preoccupatissimo.
-Mew! – Rispose lui, rialzandosi in aria. – Mew! Mew! Mew!

I suoi occhi si illuminarono di un intenso colore blu e nel giro di pochi secondi si trasformò nel Machop avversario. Aveva usato trasformazione, sotto gli occhi allibiti di tutti, nessun’altro pokémon all’infuori di Ditto era capace di usare quella mossa. Dovevo ragionare bene sul da farsi: se New si era trasformato in Machop ne aveva copiato anche le mosse, quindi dovevo sfruttare la forza del mio nemico contro di lui. Machop era un pokémon di tipo lotta, con un peso di circa una ventina di chili: sassata non avrebbe causato molti danni, ma un colpo basso ben assestato l’avrebbe potuto mandare k.o.

-Machop, usa colpo-karate!
-New, vai con colpo basso!


Machop scattò in avanti, ma New fu più veloce, e con un destro ben piazzato sotto la mascella del suo avversario, scagliò il pokémon fra le braccia del suo allenatore mandandoli entrambi a ruzzolare nell’erba. New ritornò alla sua forma originale e prese ad esultare per la vittoria.
-Machop, rientra.
-Allora? Chi sarebbe la femminuccia?
-Devi aver barato, non avresti avuto altro modo per sconfiggermi. Un giorno batterò te e quel ridicolo coso rosa. Andiamo via ragazzi.
-Ottimo lavoro piccolo. –
Dissi, abbracciandolo.
-Mew!

-Bel combattimento.


Mi voltai di scatto: era la ragazzina con i capelli rossi. Non la conoscevo né l’avevo mai vista prima di allora, sembrò ispirare subito la simpatia di New che corse ad annusarla e ad accarezzarla con il muso.

-Conosci bene il tuo pokémon, forse un giorno sarai un ottimo allenatore.
-Lo spero.
-Ma prima te la dovrai vedere con me. –
Mi fece un occhiolino e accennò ad andar via.
-Ehi! Aspetta, non mi hai detto il tuo nome.
-Il mio nome? –
Sorrise – Io sono Circe, ricordati di me.

Ammiccò e poi andò via, sparendo fra gli alberi che circondavano la Villa.

 
   
 
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