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Autore: Freaky_Frix    03/08/2016    0 recensioni
Un piccolo esperimento. E' scritta in seconda persona ed è auto-conclusiva.
E'ambientata ad Oxford.
Spero vi piaccia c:
Fatemelo sapere!
Frix
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Twenty pence


OXFORD, 20/08/2010
10.30.55 P.M.

Inspiri. Un’altra zaffata di cocaina ti riempie, la assapori, chiudendo gli occhi e inarcando la schiena, in preda all’estasi. Ti lecchi le labbra, languide, e ti butti sul letto, le mani sull’addome nudo, le pupille dilatate. Cominci a ridere da solo, perso in chissà quale fantasticheria, e allunghi il braccio in cerca delle sigarette. Afferri il pacchetto, lo tiri a te, e con immenso disappunto ti accorgi di aver fumato l’ultima mezz’ora fa, mentre Kate si chiudeva la porta alle spalle.
Sbuffando lo accartocci, gettandolo dall’altra parte della stanza. Rimani così, con il braccio a mezz’aria, per quella che ti sembra l’eternità. L’arto ti cade a peso morto sul materasso, ed è allora che decidi di uscire per comprare un nuovo pacchetto. Camel da 20. Camel da 20. Camel da 20. Continui a ripetertelo come una preghiera mentre t’infili frettolosamente la felpa e le scarpe. Afferri il portafogli sul tavolo, prendi le chiavi e corri fuori, sbattendo la porta. Corri, impaziente di riavere in bocca il sapore del mentolo. Giri l’angolo ed eccolo là, in fondo al rettilineo. Il negozio di tabacchi. Corri, ansante, quasi scivoli sull’asfalto sdrucciolevole, tenendo lo sguardo fisso sull’insegna, di cui non hai una visione chiara. Sarà la droga, sarà il sonno, sarà l’aria fredda della notte. Ripeti ancora e ancora, attraversando la strada, Camel da 20. Quasi ti fai investire da un bus, ma non t’importa. Qualcuno mi dia il mio dolce placebo, solo quello conta. Solo le sigarette. Nemmeno la cocaina ha un effetto così benefico alla tua povera anima maciullata. Raggiungi l’altro capo della strada e solo allora ti fermi. Prendi un bel respiro, e i polmoni ringraziano, anche se fanno male. Guardi nel negozio: due persone prima di te, ognuna sola con sé stessa, aspettano di essere serviti. L’uomo si rigira tra le mani lo zippo argentato, che riflette debolmente la luce della lampada al neon, la donna stringe convulsamente la cinghia della borsetta. Entri, passandoti una mano sugli occhi, e aspetti anche tu, spostando il peso del tuo corpo da un piede all’altro.
L’uomo afferra un pacco di Marlboro da 10 e se ne va. Incroci per un attimo il suo sguardo: occhi verde scuro, annegati nei tratti paffuti del viso.
La donna mormora velocemente, non capisci cosa dice: hai l’udito ovattato. E la vista appannata. Ma diamine, vuoi le sigarette.
Il tabaccaio si rivolge a te: la donna se n’è andata via, senza nemmeno chiudere la porta.
Ti avvicini al bancone, ti appoggi e lo dici ad alta voce: «Camel da 20».
Il tabaccaio annuisce e si volta, prende il pacchetto e te lo porge.
«Sono 9.50 £».
Infili la mano nella tasca della felpa e afferri gli spicci. Li poggi disordinatamente sul bancone, l’espressione fiera come quella di un bambino mandato per la prima volta dalla mamma a comprare lo zucchero.
Il tabaccaio fissa i soldi e comincia a contarli davanti a te, lasciandone un bel po’ sul bancone.
Si volta verso destra, batte qualche numero alla cassa e strappa lo scontrino con un gesto secco e meccanico. Te lo porge, lo afferri con mano tremante.
«Il resto dei soldi li puoi tenere, ho già preso quello che mi serviva».
Annuisci nervosamente. Ti ficchi il pacchetto in tasca e cominci a racimolare gli spicci sull’orlo del bancone. Li fai cadere disordinatamente nell’altra mano, cercando di fare attenzione a non far cadere qualche monetina per terra. Fallisci: spazzando via l’ultimo mucchietto, una singola moneta, da venti pence, cade roteando aggraziata. Ti pieghi per prenderla, ma i tuoi occhi si rifiutano di mettere a fuoco, rendono il pavimento un’unica distesa color ossidiana. Ti inginocchi direttamente, tastando il terreno, raccogliendo nella tua ricerca un cumulonembo di polvere. Alla fine la trovi, raggiungi la superficie in rilievo con il polpastrello e la prendi tra le dita. L’hai presa, è tua. Puoi andare adesso. Libertà. Nicotina.
Un ghigno ti si dipinge in volto, mentre con il braccio poggiato al bancone ti aiuti a tirarti in piedi.
È allora che lo senti. Un dolore cieco al fianco sinistro. Chiudi gli occhi, il tuo corpo istintivamente si piega. Le orecchie ti fischiano, credi di sentire qualcosa. Ti sforzi ad aprire gli occhi e ti volti verso la porta. Una figura massiccia la copre, il braccio proteso verso di te. Il braccio …
Guardi in basso, verso la fonte del dolore. Un liquido rosso sta sporcando la felpa. Da dove viene? Cos’è?
All’improvviso capisci. Ma è tardi. Sbarri gli occhi, ti volti a guardare il tabaccaio, che ricambia il tuo sguardo terrorizzato: un muto specchio di te stesso. Apri la bocca per chiedere aiuto, ma le gambe ti cedono, ritorni sul pavimento. Quasi non senti il dolore delle ginocchia atterrate sull’ossidiana: la pallottola conficcata nel fianco urla, pretende la tua attenzione.
Le tue pupille si dilatano, coprendo l’azzurro pallido delle tue iridi. Non vedi più. Senti il tuo corpo che precipita inesorabilmente verso la fine, cade sul pavimento. Lo accarezzi con la guancia, mentre un rivolo di saliva ricade fuori. Isolato da tutto, rimani cosciente ancora qualche secondo, senti i battiti del tuo cuore rallentare, poi non senti più niente.
E cazzo, non sei riuscito nemmeno ad accenderla, la tua amata Camel.
   
 
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