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Autore: Gaia Canale    03/08/2016    0 recensioni
In quella nottata uggiosa, piazza Duomo non comunicava niente, nè bellezza nè stupore, niente.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di tazze rosa e negozi a led rossi.


Via Torino era una zona off limits a qualsiasi ora della giornata.
Via Torino era una zona off limits ventiquattro ore su ventiquatro, a dirla tutta.
In quel momento American Chips era chiuso, la gelateria accanto era chiusa, e il Trony illudeva i passanti con la sua scritta illuminata a colori freddi e distanti.
Alle tre e mezzo di venerdì mattina non si poteva pretendere troppo dalla movida milanese, d'altronde.
 In quella nottata uggiosa, piazza Duomo non comunicava niente, nè bellezza nè stupore, niente. Niente era anche ciò che sentiva Miriam, la testa affollata dai pensieri caotici e le mani tatuate nascoste nelle tasche dei pantaloncini verdi, quasi a dimostrare una timidezza imbarazzante nei confronti del mondo.
Camminare a testa bassa per le vie deserte di Milano non era mai stato un hobby o un flebile passatempo sporadico, era più un vagare senza sosta con il cervello in panne e seicentodue domande buttate a vuoto, con le rispettive risposte perse nel tempo e nell'attimo di un abbandono. Vagare col cervello in panne invece di dormire, invece di ubriacarsi con gli amici, ridere senza sosta. Invece di baciarsi consumandosi le labbra.
La confusione di una venticinquenne che perde se stessa troppo facilmente e che la ritrova sulle strade vuote di una Milano spenta, ad ignorare i semafori rossi che si accendono.  
Senza senso.
I camerini prova di quel negozio con la carta da parati verde  parevano lontani, soffocanti e opprimenti anche nei ricordi richiamati da Miriam Luciani, in una notte semi fredda di metà ottobre.
A furia di pensarci, Miriam Luciani, si era autodistrutta i neuroni. Avrebbe genuinamente voluto passarci sopra e dimenticare tutto, magari dietro un bicchiere di Jack Daniel's color piscio scuro, ma proprio non riusciva . E, così, pensava.

Labbra ovunque. Sottili, piene, arrossate, gonfie, timide. Le labbra di Simone erano accoglienti, ed erano dappertutto, strette da denti che non erano suoi. Le ginocchia di Roby che sbattevano prepotentemente contro quelle del ragazzo, e le mani bianchissime a esplorargli i nei sulla schiena, sotto la giacca blu a fantasie improbabili.
Miriam era rimasta ferma, la maniglia della porta ancora stretta nella mano e le guance in fiamme. Simone  l'aveva guardata dritta negli occhi e si era distaccato leggermente dal corpo della compagna, spingendola piano, con delicatezza.
Miriam era decisamente una ragazza tormentata, ansiosa, pesante e masochista, anche; ma in quel momento non poteva essere più delicata nel lasciare i camerini di quel negozio a led rossi 
biascicando un debolissimo "scusate".
Aveva raccolto le chiavi di casa e la pessima giacca antivento, dopodichè se n'era andata senza nemmeno avvisare il gruppo.
Camminare per le strade vuote e desolate di Milano, era quindi comprensibile. 
Non voleva vedere nessuno, non Marco, non Chewbecca, non Rex. La gelosia la consumava velocemente, quasi con la paura di non riuscire ad appropiarsi dei sentimenti di una ragazza che stava subendo la trasformazione in donna, una ragazza che si confondeva ma che amava tanto, che amava forte.
Miriam Luciani si sedette su un marciapiede talmente basso da toccare terra mentre la pioggia iniziava a scendere rapida. La matassa incasinata a rivestirgli le facoltà mentali, e i ricordi che spuntano a mò dei funghi nel giardino inglese di Simone. 
Gli veniva da sorridere riflettendo sull'incoerenza degli ultimi avvenimenti. Esattamente dodici ore prima, si era ritrovata Simone nel suo appartamento, la foga di un alcolizzato che era pulito da troppo tempo e che aveva appena rievocato il desiderio dell'alcol. Simone si presentava spesso in quel modo, quando sapeva che Marco studiava alla Cattolica e non sarebbe rientrato prima di sera. Ed era stato bello, puro. Dio, era stato diverso. Non avevano buttato via il tempo alla ricerca di una fisicità bramata, ma erano rimasti a letto, Chopin di sottofondo e l'italiano di Simone a raccontare della sua vita a Parigi. I sussurri che parevano così estranei alla loro relazione, frasi spezzate, in un Francese perfetto, elegante e in un certo qual senso anche attraente. C'era stato un "Sei bellissima Miriam" e lei aveva poi arrossito. Arrossito come una ragazzina di quindicianni, e avevano riso di lei perchè erano felici e stavano bene. Al diavolo Gasparri e i partiti politici, il lavoro precario e i manifestanti violenti. Al diavolo ogni cosa, con Simone.
Simone. Simone che aveva Roberta nello stesso modo in cui lei aveva Marco. Relazioni fatte di cose vere e reali, relazioni  basate sulla convivenza, su amici comuni e genitori a cena alla prima domenica del mese.
Miriam, si alzò, si passò una mano tra i capelli inzuppati e si avviò. 
Forse Simone sarebbe stato a casa, a bere del pessimo the mentre studiava la tesi di quel suo nuovo esame e, forse, avrebbero potuto parlare, litigare, urlare, magari avrebbero anche distrutto le tazze in ceramica rosa, ma alla fine, si sarebbero confrontati.
Lei aveva bisogno di sentirselo ripetere quel "sei bellissima Miriam" aveva bisogno di due gambe lunghe, una voce fastidiosamente cupa, e un accento un po' così.
Per quanto cercasse di nasconderlo, Miriam aveva un tremendo bisogno di Simone.
E, forse, era ora di dirglielo.
   
 
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