In ricordo del mio primo tiro di canna, del primo reggiseno serio comprato – quello in pizzo bianco che non riuscivi mai a slacciare. Tolgo lentamente il crop top allacciato dietro il collo che ho sempre avuto sottile e tempestato di un paio di collanine comprate una a Capri ed una per la cresima di mio cugino. Abbiamo un sacco di pavimenti che ci dividono, tutti diversi tra loro: quello sotto i tuoi piedi è il parquet della tua stanza. Io appoggio le suole consumate delle Janoski comprate un paio di mesi fa sulla sabbia sottile e che si incastra dappertutto, tanto che credo di avercela anche la gonna e le cosce.  Ti sto pensando anche se davanti ai miei occhi socchiusi ci stanno quelli attenti di uno sconosciuto incontrato un paio d’ore fa e che dovrebbe essere altrove. Credo che la vodka abbia fatto effetto. E i miei capelli puzzano di gin lemon.  Lascio cadere la maglietta sulla sabbia, vicina ai miei piedi, e per un attimo sento che c’è del parquet chiaro che si confonde con il marmo di casa mia.  Delle labbra poggiano attorno il mio ombelico: l’hai fatto anche tu, tante, tante volte.  In ricordo del mio orgasmo, del bugie raccontate con voce seria a mia madre per poter stare con te – no, sto studiando; no, vado al mare. Un brindisi, anche ai pavimenti che ho percorso senza di te.   un applauso alle mille distorsioni della serata di domenica ed al bellissimo ragazzo con il quale molto probabilmente sto condividendo un herpes. facciamo un brindisi anche a lui, poverino. diamo la colpa al caldo, per queste duecento parole circa, ed anche alle bottigliette piene di vodka e succo, che avevano più vodka che succo. federica