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Autore: Himenoshirotsuki    05/08/2016    9 recensioni
[Fantasy Steampunk]
La Dogma e la Chiesa, le colonne portanti di questo mondo. L'una che agisce con il favore dell'ombra, chiamando a raccolta i suoi cacciatori, gli Slayers, per combattere i mostri; l'altra che muove le sue armate di luce contro le vessazioni e i miscredenti in nome di un dio forte e misericordioso.
Luce e ombra, ying e yang che si alleano e si scontrano continuamente da più di cinquant'anni.
Ma è davvero tutto così semplice? La realtà non ha mai avuto dei confini netti e questo Alan lo sa. In un mondo dove nulla è come sembra e dove il male cammina tranquillo per le strade, il cacciatore alla ricerca della sua amata si ritroverà coinvolto in un qualcosa di molto più grande, un orrore che se non verrà fermato trascinerà l'umanità intera nel caos degli anni precedenti l'industrializzazione. Perchè, se è vero che la Dogma e la Chiesa difendono gli umani dai mostri, non è detto che non sarebbero disposte a crearne per difendere i loro segreti.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Slayers '
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Slayers
Act.3 - The Last Goodbye

Nel momento stesso in cui Angelika si teletrasportò, la porta cedette di schianto e la Slayer andò loro incontro con passo leggero, il mantello che svolazzava dietro di lei simile alle ali di un drago e le scimitarre sguainate ben strette nelle mani, coperte da guanti aderenti. I capelli corti e neri nascondevano appena le cicatrici sulle guance e sulla fronte.
- Dov’è l’Oracolo? - li interrogò senza perdere tempo.
La sua voce era atona, inespressiva come il suo viso.
- Al sicuro. - rispose Frejie.
Gli occhi azzurri risplendevano di un’intensa luce violetta e le labbra erano piegate in una smorfia sofferente a causa il ronzio, quel maledetto ronzio che sembrava volerle lacerare i timpani.
La Slayer si guardò intorno, scandagliando la stanza alla ricerca del suo bersaglio. Probabilmente, prima di entrare, si era avvolta in un incantesimo capace di vedere le creature e gli oggettivi invisibili. Schioccò la lingua irritata e spostò lo sguardo prima su Frejie, poi su Kiol, infine sul punto in cui fino a un istante prima c’era Angelika.
- Immagino che non sarete così collaborativi da dirmi dove l’avete mandata. -
I due tacquero.
- Come volete. - mulinò le lame e fece un altro passo, - Mi basta che solo uno di voi due sopravviva, per cavargli le informazioni. -
Nello stesso momento in cui scattò, la freccia di Kiol sibilò nell’aria e un fulmine globulare guizzò nella sua direzione. La Slayer balzò di lato, piroettando con la grazia di un gatto. Il muro dietro di lei esplose e una ragnatela di crepe si aprì sulla parete nel punto d’impatto dell’incantesimo, mentre la freccia s’infranse in un fragore assordante sullo scudo di energia che la circondava.
Il ronzio perforò le orecchie di Frejie, che indietreggiò stordita fino al muro, il fiato che le fuggiva dai polmoni. Quando rialzò lo sguardo, con la vista offuscata e il sapore del sangue sulla lingua, vide che il combattimento era già ricominciato: Kiol che aveva lasciato cadere l’arco per impugnare la spada, avvolta da una guaina di pulsante energia verde, e stava affrontando colpo su colpo l'avversaria.
Inghiottendo la bile acida che le serrava la gola, la maga mosse rapidamente le mani e un lampo accecante solcò il pavimento, disintegrando nel suo passaggio i calcinacci e i frammenti a terra. Kiol balzò di lato in tempo, menando un fendente circolare al basso ventre della donna nell’esatto istante in cui Frejie lanciò un secondo dardo, che riuscì ad abbattere la barriera attorno alla cacciatrice. Come se lo avesse previsto, quella si scansò, piroettò di nuovo e balzò addosso a Kiol incalzandolo con rapido colpo a croce, e poi un altro e un altro ancora.
Frejie osservava quasi ipnotizzata dai movimenti fluidi delle lame, che si scontravano, sibilavano e sprigionavano un nugolo di scintille. Le scimitarre della Slayer fendevano l’aria veloci e letali, alternando stoccate precise a dei giri di polso che le permettevano di passare agilmente dalla difesa all’attacco, in una danza di finte e affondi che confondeva, imbrogliava. Con il viso sudato e le sopracciglia aggrottate per la concentrazione, Kiol respingeva i suoi colpi uno dietro l’altro, cercando e sottraendosi allo scontro ogniqualvolta si vedeva in svantaggio.
Così Frejie ebbe modo di studiare quella donna, di osservare le sue labbra che rimanevano serrate e immobili. Non era lei a emettere quel ronzio, ora ne era più che certa. Si guardò intorno, facendo saettare lo sguardo nella stanza alla ricerca di un’altra presenza, ma i suoi occhi non potevano individuare un essere invisibile, non senza l’uso della magia. La testa le doleva talmente tanto, che persino gli incantesimi più facili le sembravano impossibili da ricordare. Strinse le palpebre e tentò di attingere al potere delle gemme sulla schiena. Prese un profondo respiro, buttando fuori i rumori del mondo e invocando il silenzio, come la sua maestra le aveva insegnato. Con un sospiro che era quasi un gemito, evocò l’immagine di un’oscurità calda e morbida come il sonno e lasciò che essa la pervadesse, placando la sua mente in subbuglio. Il buio l’avvolse, bloccò il ronzio che la circondava e, pian piano, Frejie riacquistò la lucidità sufficiente per dar fondo al potere delle gemme. Non dovette nemmeno impartire il comando, l’energia magica fluì a lei in modo naturale, squarciando quel velo nero con un’esplosione di luce violacea.
Quando riaprì gli occhi, le lingue di fuoco nero che le serpeggiavano attorno alle braccia aderirono alla pelle in un grosso tatuaggio di arabeschi e rune.
- Kiol, attento! -
Kiol scattò indietro, riprese l’arco e le si affiancò, mentre uno scudo d’aria vorticante lo circondava. La Slayer e la maga si scambiarono un rapido sguardo, uno sguardo che Frejie interpretò come il guanto bianco di una sfida, anche se in quelle vacue biglie scure non si leggeva altro che un gelido disinteresse. 
Frejie mosse il braccio destro davanti a sé, mentre con la mano sinistra descriveva le rune nell’aria in un semicerchio d’energia che si propagò come una nube tempestosa. Poi essa si concretizzò in stalagmiti cristalline, che si conficcarono a terra svanendo nel pavimento quando la cacciatrice spiccò un balzo e i loro corpi si teletrasportarono fuori dalla fabbrica, sotto il nevischio che aveva imbiancato le strade deserte della città.
Allora la maga si afferrò i polsi con entrambe le mani, piegando le braccia fin quasi a far toccare i gomiti, i nervi tesi allo spasmo, il sangue pregno di potere che defluiva dalla schiena fino al mosaico di rune e arabeschi sulla pelle. Un istante dopo, quando rilasciò i muscoli, il terreno tremò.
Risuonò una deflagrazione, le finestre della fabbrica esplosero fragorosamente in un tintinnio assordante di vetri in frantumi, le fiamme avvilupparono la struttura e si unirono in un drago di fuoco e lava che si erse fino al cielo, per poi ripiombare a fauci spalancate sulle mura sventrate dall’onda d’urto. L’eco riecheggiò nell’aria, i palazzi adiacenti vennero scossi con violenza e le fondamenta si sfaldarono.
Con il fiato mozzo, Frejie si girò verso Kiol, che aveva già imbracciato l’arco mirando a una stradina laterale, da dove uscì tranquilla la cacciatrice, con gli abiti perfettamente intatti e le scimitarre che brillavano nei foderi d’ebano placcato in lynium e argento. Man mano che avanzava, il ronzio si articolò in un canto soave e scivolò come veleno corrosivo nelle orecchie della maga.
Kiol si frappose tra lei e la Slayer, che li stava raggiungendo. 
A un tratto, la sua immagine si fece sfocata e si moltiplicò in altre identiche tra loro. Kiol si raddrizzò e incoccò restando immobile, simile a una vera e propria statua, un dio cervo in spoglie mortali.
Quando le donne furono a portata, lasciò andare la corda. La prima copia venne colpita al petto. Sussultò e sputò sangue, lo sguardo sconvolto fisso sulla freccia che la trapassava da parte a parte. La seconda copia venne scaraventata all’indietro e picchiò forte la testa contro la strada, sporcando i ciottoli di sangue e materia cerebrale. Nessuna di loro emise alcun gemito, prima di svanire in granelli di sabbia rossa. Ma altre sopraggiunsero, sempre più numerose.
“Maledizione, ma quante sono?”
- Spostati! - sbraitò Kiol, afferrando Frejie per un braccio.
Dalla strada, una pioggia di dardi blu saettò dalle mani delle copie. Frejie saltò di lato, gesticolando rapidamente per creare uno scudo magico, mentre il cacciatore non fece una piega. La sua barriera vibrava come se si stesse per rompere, sfrigolando sotto gli innumerevoli impatti. 
Kiol, intanto, rimaneva fermo, concentrato sui suoi bersagli, materializzando le frecce direttamente tra corda e dita. Cercava con gli occhi l’originale, quella il cui canto annichiliva le capacità della sua compagna. Scoccò l'ennesima freccia, si udì un tonfo e un’altra copia cadde a terra, schizzando i piedi delle compagne di sangue, per poi tramutarsi in sabbia.
- Non riesci a riconoscere quella vera? - domandò a Frejie, pregando di ricevere una risposta positiva.
Un dardo esplose ai suoi piedi, ricoprendo la barriera di polvere e neve. Kiol scosse la testa, scostandosi dalla faccia i capelli, e prese di nuovo la mira.
Frejie spostò febbrilmente lo sguardo in mezzo al gruppo delle cinque copie rimaste, provando a richiamare a sé le parole per invocare la vista magica. Percepì di nuovo un sapore ferroso bagnarle le labbra. Presto il potere delle gemme si impossessò dei suoi occhi.
- Colpisci quella alla tua sinistra. - disse sicura.
La corda si tese di nuovo, la freccia venne scoccata e un’altra Slayer svanì nel vento. Il canto, però, non cessò affatto, come un coro che, nonostante le poche voci rimaste ad intonarlo, non perdeva d’intensità. 
Con immensa fatica, Frejie mantenne la concentrazione sull’incantesimo e sulla guancia sfregiata della Slayer dove erano state incise le Rune del Comando, che, normalmente, emanavano un’aura magica.
- Quella al centro. -
Il cacciatore scoccò. Il contraccolpo fu talmente violento, che la copia rimbalzò sul terreno come una bambola di stracci.
- Kiol, allontanati, sono troppo vicini. -
- Dimmi quali sono le ultime due. -
Frejie innalzò uno scudo per proteggerli da un’altra scarica di dardi, digrignando i denti per lo sforzo: - Quella davanti a te e l’ultima là in fondo. Non puoi farcela. -
Lui non l’ascoltò. Assordata dallo scoppio frenetico dell’incantesimo nemico, Frejie lo vide tendere la corda al massimo, con le piumette verdi delle due frecce che gli sfioravano la faccia e l’occhio destro chiuso per prendere la mira.
Una palla di fuoco si dissolse contro la barriera. Attraverso le fiamme che si sfilacciavano nell’aria, la maga scorse una scarica elettrica percorrere l'arco. Attese ancora qualche istante, il tempo che le tre arrivassero a meno di trenta passi da loro, poi scoccò.
La copia davanti morì sul colpo: la freccia le trapassò la gola, spegnendo l’ultima nota in un rigurgito di sangue. L’altra freccia colpì la Slayer in fondo al gruppetto, conficcandosi nel basso ventre e uscendole dalla schiena. Smise di cantare e si piegò in ginocchio stringendosi la pancia, mentre il suo corpo cominciava già a disperdersi in granelli rossi. L’ultima rimasta sguainò le scimitarre e corse loro addosso nel momento stesso in cui Kiol lasciò cadere l’arco.
Il canto si interruppe un istante, si abbassò di tono e ritornò ad essere un fastidioso ronzio.
Un movimento ai margini del suo campo visivo attirò l’attenzione di Frejie. Dalle macerie della fabbrica emerse dapprima un’ombra sfocata, che man mano che si avvicinava all’entrata assunse sempre di più una forma umana. Infine la luce del sole illuminò il profilo di una donna con i corti capelli neri e gli occhi simili a vacue biglie scure.
“Adesso qual è l’originale?”
Si morse le labbra e tentò di concentrarsi sulle rune incise sulla guancia, ma la Slayer, così com’era apparsa, svanì prima che cominciasse l’incantesimo. Il ronzio divenne di nuovo forte, crebbe così tanto d’intensità da diventare insopportabile anche per Kiol.
Questi indietreggiò, parando appena il fendente della sua avversaria, l’espressione del viso distorta in una smorfia sofferente. Frejie si girò verso la Slayer e le lanciò contro un fulmine globulare. Le orecchie le sanguinavano e la testa le pulsava dolorosamente, ormai era un'impresa restare lucida. Poi, urlando furiosamente, dalle sue mani partì un groviglio di fili viola che la frustarono via, lontana da Kiol. La Slayer incassò le prime sferzate, poi con un fendente circolare recise i fili e la bersagliò con un fulmine che la maga respinse creando uno scudo di fiamme e lava. Dall’incontro della lama con il magma rovente scaturì un lampo accecante e un’onda d’urto che scaraventò entrambe a terra.
La Slayer, tuttavia, non attaccò e svanì insieme all’altra copia. Per un istante il canto parve interrompersi, ma subito dopo si innalzò ancora in un acuto da soprano.
“Maledizione, dov'è?!”
Non fece in tempo a rialzarsi, che apparve alle loro spalle. Aveva i vestiti bruciati, ma la pelle sotto i brandelli del corsetto e del mantello era perfettamente intatta.
Kiol la caricò. Incrociò la lama del pugnale con quella della prima scimitarra, la fece scivolare, tentando di farle perdere la presa con una brusca torsione del polso, ma dovette retrocedere per schivare un affondo mortale. Fu un errore. La Slayer gli saltò addosso e gli assestò una gomitata nello sterno. Frejie sentì l’agghiacciante scricchiolio delle ossa che si rompevano. Il corpo di Kiol venne scaraventato contro il palo della luce. Il ferro, usurato dal freddo e dalle intemperie, si incrinò e il braccio che sorreggeva una corona di vetri si schiantò a terra.
Frejie riuscì giusto a creare uno scudo magico attorno a lui, poi dovette allontanarsi per schivare le fiamme mugghianti che la sorpresero da sinistra. Ma non fu sufficientemente veloce e il fuoco le lambì il braccio. Nell’aria si diffuse il puzzo di pelle bruciata. Per un istante, rimase paralizzata dal dolore. Quando rialzò lo sguardo, vide le due Slayer che continuavano a sparire a intermittenza. Avevano un'espressione sprezzante, come se la stessero deridendo.
Facendo appello alla sua forza di volontà, la maga sollevò il capo, cominciando a scandire una formula magica. Non aveva tempo per capire quale delle due fosse l’originale, doveva eliminarle entrambe. Un lampo si sprigionò dalle sue mani e si divise a metà, dirigendosi contro i suoi due bersagli.
La cacciatrice di sinistra, prima di svanire, riprese a cantare, mentre l’altra creò una sfera magica su cui il dardo rimbalzò. D’un tratto, prima che potesse fare alcunché, Frejie si sentì afferrare e stritolare da una forza invisibile. Si irrigidì e urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Non sapeva chi fosse stata delle due a lanciare l’incantesimo e pensare le era impossibile. I pensieri si sfilacciavano e l’assenza d’ossigeno le bruciava la gola e le offuscava la vista. Si dibatté per incalcolabili secondi, poi le forze l'abbandonarono. Cadde al suolo con un gemito sommesso, il sangue che le usciva dal naso e dalle labbra e le tingeva di rosso il collo e i capelli. 
Kiol aggredì la Slayer ancora visibile, la lama verde parallela al braccio pronta a colpire. Imprecò sputando un grumo di saliva mista a sangue sulla neve, quando un fendente lo raggiunse al fianco. Si allontanò in tempo per evitare il secondo colpo. Brandì il suo pugnale e mirò poco sotto il costato dell'avversaria, ma l’affondo andò a vuoto. Quella svanì in un battito di ciglia e, nel medesimo istante, la gemella apparve dietro il cacciatore. Lo investì con un’ondata di energia magica, che lo scaraventò contro il muro della fabbrica. Kiol tentò di rialzarsi, boccheggiò in cerca d’aria, ma i muscoli non obbedirono ai suoi comandi. La Slayer gli si avvicinò, le scimitarre che brillavano di un bianco accecante.
- Non è necessario che tu viva. - gli disse con voce incolore, - Ma se nella testa della tua amica non ci saranno tutte le informazioni che cerchiamo, scandaglieremo anche il tuo cervello. -
Kiol inspirò profondamente e strinse le dita attorno al pugnale. La lunga lama verde creata dalla magia tremolava sempre di più, frammentandosi ad ogni suo rauco respiro.
- Te lo chiederò un’ultima volta: dov’è l’Oracolo? -
Il cacciatore ridacchiò, la scrutò dal basso, sfidandola, e sputò. La Slayer guardò appena il grumo rosso che le sporcava gli stivali, quindi gli diede un calcio sul polso, così forte da fargli perdere la presa sull’arma, che volteggiò via.
- Kiol, vattene! - gridò Frejie.
Fece leva sulle braccia tremanti, si rimise in piedi e cercò di avvicinarsi al suo compagno, ma non ce la faceva, ogni passo era un martirio e ben presto crollò sulle ginocchia. Il canto l'assordava, le rimbombava nella testa raschiandole il cervello. Emise un urlo disperato, frustrato, rabbioso. Aveva ancora energia per un ultimo incantesimo, che però avrebbe portato alla morte anche Kiol. 
Vide la Slayer rinserrare la presa sulle scimitarre. Contro ogni pronostico, anche il cacciatore si alzò, proprio quando al fianco della maga comparve la gemella. Non cantava più, forse perché pensava che lei non avrebbe più opposto resistenza. E Frejie non scappò, incapace di agire, le dita tremanti e le membra stanche. Kiol incrociò il suo sguardo e annuì debolmente, le labbra arcuate in un sorriso amaro e determinato assieme. Quella era la cosa giusta da fare, lo sapevano entrambi, lei più di chiunque altro.
Il vento soffiò nelle strade desolate, fece turbinare i fiocchi di neve, disperdendoli come soffici petali di bianchi. Mentre Frejie concentrava la magia delle gemme nelle mani, quello stesso vento portò via le parole che Kiol gli aveva affidato, sperando in cuor suo che le sentisse, che i loro occhi si trovassero nuovamente. Ma non importava, non più ormai.
Quando la Slayer lo trafisse con entrambe le spade, Kiol esalò appena un rantolo. Si piegò sulle gambe, scosso da un tremito. Quando l’afferrò per i polsi, Frejie capì che era il momento di agire. Il dolore al braccio scemò e i tatuaggi si allungarono su tutta la pelle, descrivendo su di essa un groviglio caotico di simboli. La magia l’avvolse, divenne un tutt’uno con il suo essere e il suo corpo divenne pura energia.
La Slayer al suo fianco indietreggiò e aumentò l'intensità del canto, ma stavolta la sua voce non poteva più scalfirla. Frejie spalancò le braccia, permise al suo potere di fluire e materializzarsi in un’onda d’urto che la scaraventò lontano come se fosse stata colpita da un ariete. La cacciatrice sbatté contro il muro della fabbrica, al fianco della sua compagna che si stava dimenando per liberarsi dalla stretta di Kiol.
- Frejie, ora! -
La maga protese le mani davanti, le allargò e poi le chiuse a pugno. Il vento si piegò al suo feroce comando e ghermì Kiol e le due Slayer in catene fumose, trascinandole dentro un vortice d’aria e fuoco viola verso di lei. Le vide dibattersi, lottare per liberarsi, le gambe che scalciavano, la bocca aperta ad intonare ancora quella canzone fastidiosa che si alzò di tono finché non le esplosero i timpani.
Frejie urlò di rabbia e di dolore. Percepì il potere venire meno, ma le bastò incontrare l’espressione sofferente di Kiol per riprendersi. Le mani con cui agguantò le due nemiche erano arroventate. Le due gridarono sempre più forte, mentre le fiamme violacee le avvolgevano. Una di loro provò a lanciare un incantesimo, ma la maga non la fece finire. Una vampata di calore proruppe dal suo corpo, talmente intensa da ridurre i suoi tre prigionieri ad un’informe massa carbonizzata. Le parole si affievolirono e le bruciarono la gola.
Durante gli attimi successivi regnò un profondo silenzio.
Quando la magia cominciò a ritirarsi nelle gemme, Frejie cadde in ginocchio, senza più fiato, senza più forze. Si trascinò fino al cadavere di Kiol, lo strinse e appoggiò la fronte contro la sua, ringraziandolo tacitamente per il suo sacrificio. Se soltanto avesse avuto voce, avrebbe affidato una preghiera a Shamar affinché gli donasse la pace. Si limitò a strapparsi un pezzo di stoffa dalla tunica e a coprirgli gli occhi.
In lontananza vide uno stormo di corvi e, in poco tempo, sulle case annerite e abbandonate ne comparvero una ventina. Alcuni volteggiavano eleganti sopra la sua testa, in attesa che lei se ne andasse. Il tanfo della morte e del sangue doveva averli attirati fino a lì, ma Frejie si concesse di pensare che, per una volta, qualcuno avesse dato ascolto alle sue preghiere. Così, quando si alzò, rimase ad osservare gli uccelli, emissari degli antichi dei, mentre si cibavano delle carcasse.
All'improvviso, udì un rumore di passi alle sue spalle, attutiti dalla neve. Non sapeva quanto tempo fosse passato, se ore o minuti, ma di una cosa era certa: era viva. E le due figure che avanzavano trafelate verso di lei erano Alan e Angelika. Sorrise e, un passo dopo l’altro, con la posa più dignitosa che potesse mostrare, andò loro incontro. Mentre camminava, gettò un'ultima occhiata ai corpi, ma tutto ciò che scorse fu solo il cadavere di Kiol immerso in un cumulo di sabbia rossa. Fu allora che le tornò in mente che anche le copie potevano duplicarsi. In quel preciso momento, si rese conto che era troppo tardi.
Un sibilo sferzò l’aria, veloce, inaspettato, mortale. 
Quando abbassò la testa, Frejie non si stupì di vedere la punta di un dardo blu sbucare dal torace. Non riuscì a distogliere lo sguardo per alcuni secondi. Sentì Angelika e Alan gridare all’unisono, li vide correre verso di lei, incuranti dei nemici che ancora potevano esserci, del pericolo acquattato chissà dove che attendeva soltanto una loro mossa falsa per attaccare. Avrebbe voluto dir loro di andarsene, che erano dei pazzi incoscienti, ma le corde vocali erano rovinate, l’energia da lei stessa liberata gliele aveva bruciate.
Si accasciò al suolo, in mezzo alla neve, con quanta più eleganza poté. Quando le mani tremanti di Angelika si strinsero attorno alle proprie e il calore del corpo di Alan aderì il suo, tutto si annullò.
Sorrise mentre accoglieva il silenzio dentro di sé, quasi fosse un gentile amante da quale lasciarsi cullare.
“Addio, Angelika. Alan... grazie di aver mantenuto la tua promessa.”
Quelle ultime parole non le disse, annegarono nel sangue e scivolarono fuori dalle sue labbra in un vischioso rivolo scarlatto.
 
- No! Frejie, resisti! -
Alan le tirò su la testa e la scosse. Angelika si affannò per cercare di fermare l’emorragia, ma era chiaro che sotto pressione non riusciva a ragionare. La magia fluiva dalle sue dita a singhiozzi, troppo debole perché riuscisse davvero a rimarginare la ferita causata dal dardo.
Il cacciatore avrebbe voluto intimarle di muoversi, ma sapeva che non avrebbe ottenuto nulla. Ora, invece, c'era soltanto una cosa che potesse fare, gli era stato chiaro sin da quando era atterrato col paracadute su un edificio sventrato, quando aveva visto i lampi e sentito gli echi della lotta. Se lo era ripetuto mentre correva come un forsennato tre le strade claustrofobiche della città e Angelika lo guidava, seguendo il filo invisibile che la legava a Frejie. Se fosse stato lì fin dal principio, si disse, forse le cose sarebbero andate in modo diverso, ma ormai era troppo tardi per pensarci.
Acuì l'udito e, nel silenzio, captò il suono di passi incerti.
- Ti affido Frejie, Angelika. -
Poggiò la nuca della maga sulla neve e si alzò lentamente, frapponendosi tra loro e la figura che si stava avvicinando. Era uguale alle due Slayer che si erano trasformate in sabbia rossa, con gli stessi occhi neri e vitrei e i capelli corti che nascondevano appena le cicatrici sulle guance. Avanzava claudicante, eppure Alan sapeva che era ancora perfettamente in grado di combattere.
Sfoderarono le armi contemporaneamente, lei le due scimitarre, lui la sua fidata spada. Lo osservò per un lungo momento con quella che sembrò un’espressione curiosa, la testa leggermente inclinata di lato.
- Allontanati, non sono qui per te. - gli disse in tono neutro.
Alan si avvicinò e le girò intorno, descrivendo un semicerchio. Mosse la spada come se stesse eseguendo una catena di finte e affondi d’esercizio.
La Slayer si limitò a seguirlo con lo sguardo: - Hai forse intenzione di sfidarmi? -
Il cacciatore non rispose. Sentiva una profonda rabbia dentro di sé, talmente soverchiante da farlo tremare. Ma c’era anche dell’altro, un sentimento gelido che non ricordava di aver mai provato, più violento del desiderio di conficcarle la spada nel corpo per vederla soffocare nel suo stesso sangue, più feroce della sete di uccidere che gli aveva donato quel velo di calma apparente.
La cacciatrice sospirò e mulinò entrambe le scimitarre, mettendosi in posizione.
- Chiunque tu sia, oggi morirai. - scandì con indifferenza.
“Lo vedremo, puttana.”
Nell'aria risuonò l’urto stridulo del metallo. Alan incalzò, rapido e silenzioso come un lupo, e la Slayer rispose ad ogni colpo, senza mai perdere terreno. Parava, colpiva, parava, colpiva, sembrava non sforzarsi nemmeno. In poco tempo fu lei a prendere il comando. Lo costrinse sulla difensiva quasi subito e, quando si rese conto di non avere davanti un avversario al suo livello, cominciò ad attaccare senza sosta, senza permettergli di pensare a un contrattacco.
Respinse l’affondo del cacciatore, scartò di lato e menò un fendente che gli aprì uno squarcio dalla clavicola al fianco con la sola punta della lama. Il cacciatore strinse i denti e ripristinò la distanza di sicurezza, prima di assalirla a sua volta, ma la Slayer non si fece cogliere impreparata. Deviò il colpo, si acquattò sulle ginocchia e gli assestò un calcio nello stomaco che gli tolse il fiato.
Andarono avanti così per un po’, combattendo sotto la neve che cadeva sempre più fitta sopra di loro. Alan provò a penetrare le sue difese, a colpire prima di lei, ma ogni volta la sua lama si scontrava contro le due scimitarre, che sfruttavano le aperture nella sua guardia per infliggergli ferite su ferite. Il manto bianco su cui duellavano si punteggiò di macchie rosse, piccole gocce che presagivano una lenta morte.
Alan era consapevole di non avere alcuna possibilità, l’aveva sempre saputo, dal momento stesso in cui l’aveva vista arrivare. Era ancora vivo per il puro e semplice fatto che la Slayer, indebolita com’era, non poteva più usare la magia. Eppure, la rabbia e quell'emozione a cui non sapeva dare nome lo spingevano a continuare ad attaccare, in una danza in cui era obbligato a seguire un ritmo troppo serrato. Ma non voleva arrendersi, non poteva. Il cuore batteva veloce, pompando l’adrenalina in tutto il corpo, alimentando il sentimento fangoso che gli ostruiva la gola, un fuoco che scorreva impetuoso nelle vene e cancellava la stanchezza e il dolore.
All’ennesimo fendente andato a segno, arretrò per evitare un affondo mortale. Era sempre più stremato, ansimava e i muscoli iniziavano a risentire dello sforzo a cui li stava sottoponendo.
- Arrenditi, non sei abbastanza forte per sconfiggermi. -
La Slayer accorciò le distanze, le scimitarre che disegnavano due linee rosse nella neve. Alan strinse più forte l’elsa della spada e digrignò i denti. Il freddo rendeva i suoi movimenti più lenti e impacciati e il dolore al petto gli annebbiava la vista. Non poteva più sprecare tempo a parare i colpi, doveva colpirla, subito. O morire nel tentativo. Lo doveva a Frejie, alla promessa che si erano scambiati. Se fosse riuscito a tenerla impegnata ancora un po', Angelika avrebbe curato la maga e sarebbero riusciti a mettersi in salvo. Sarebbe bastato un banale incantesimo di teletrasporto...
Un gemito disperato, come di un animale ferito, gli giunse alle orecchie, gelandogli il sangue. Si voltò. Vide Angelika, le sue mani lorde di sangue, le lacrime che le rigavano il volto congestionato. E poi vide Frejie, il suo petto immobile, gli occhi senza vita rivolti al cielo, il corpo riverso a terra come una bambola rotta
Un grido gli morì in gola e qualcosa dentro di lui si spezzò per sempre.
I battiti del cuore gli rimbombarono nelle orecchie e nello sterno come tamburi e il tempo intorno a lui rallentò, fino a fermarsi. La Slayer si bloccò sul posto, con il piede sinistro piantato nella neve e il destro sollevato nell’azione di compiere un passo. I fiocchi candidi rimasero sospesi in aria, immobili. I corvi smisero di gracchiare e le lacrime di Angelika si congelarono a metà del loro percorso sulle guance arrossate. Il mondo intero ammutolì, paralizzato in quell’innaturale momento di stasi.
Anche Alan si fermò, ma per guardare attonito la realtà pietrificata che lo circondava. Trattenne il respiro. Non sapeva perché, ma c’era una parte, quella più istintiva e irrazionale, che gli suggeriva che era lui l’artefice di quel fenomeno. Non voleva indagare su come fosse accaduto, però, non aveva importanza. Niente aveva più importanza, c’erano solo lui e la Slayer.
Camminò lentamente, fino a pararsi dinanzi alla sua avversaria. La scrutò serio, poi impugnò la spada a due mani. La lama descrisse una parabola e sferrò un colpo deciso. La spada avrebbe dovuto sibilare, ma l’unica cosa che fece fu lacerare la carne in totale silenzio, dipingendo un ventaglio di sangue nell’aria immobile.
Come per incanto, a quel punto il tempo riprese a scorrere. Decelerò un istante, per poi allinearsi sulla sua frequenza naturale. Fu come se il mondo fosse riemerso dall’acqua dopo una lunga apnea.
La Slayer lasciò andare le scimitarre e si portò le mani alla gola, gli occhi neri sbarrati nel vuoto. Indietreggiò barcollando, cadde in ginocchio, spalancò ancora di più le palpebre e crollò nella neve in una nuvola di polvere bianca. Rimase lì a boccheggiare, mentre una grossa pozza di sangue si allargava sotto il suo corpo, la vita che scorreva via in piccoli fiumi densi e viscosi.
Alan torreggiò su di lei, osservò il suo sguardo farsi sempre più offuscato, rifiutando di spostarsi, così che la sua faccia l'accompagnasse in qualsiasi luogo stesse andando.
La Slayer fu scossa un tremito convulso, gorgogliò, raspò il terreno fangoso con i tacchi. Infine smise di dibattersi e restò inerte.
Alan deglutì e perse la presa sulla spada. Il dolore al petto gli strappò il respiro, lo ghermì con forza alle braccia, alle spalle, all’addome. Crollò a terra, annaspando in cerca d’aria, la testa che gli girava, la vista appannata, il sapore acido della bile in bocca. Udì il grido di Angelika e percepì le sue braccia cingerlo con disperazione e delicatezza insieme. Provò ad allontanarla, ma la stanchezza gli piombò addosso come un macigno, ancorandolo al suolo.
La neve continuava a scendere, imperterrita, incurante della tragedia che si era consumata in quella città dimenticata, di cui non rimanevano altro che cenere e macerie annerite.
- An…gelika… -
La ragazza aveva posato le mani sul suo petto e da esse fluiva un calore gentile. Il cacciatore scivolò in un piacevole torpore, mentre il mondo perdeva pian piano i suoi contorni, i suoi suoni, i suoi colori. Prima che il buio sopraggiungesse, roteò gli occhi e allungò la mano nella direzione in cui sapeva trovarsi il corpo di Frejie.
- Scusa... mi… - 
“Scusami per non esserci stato…”
Le sue dita artigliarono il vuoto.

Angolino Autrice, alias, le cavolate che ho da dire.

 Buonasera a tutti,

come al solito, alla fine di ogni storia, vi ritrovate a dover leggere i miei angolino autore completamente sgrammaticati. Abbiate pazienza, il caldo a Milano è distruttivo e io mi sento un po’ una pezza da piedi dopo la notte insonne. Ma, tornando a noi… allora, come vi sentite? Vi è piaciuto il viaggio fino ad oggi? Vi sono piaciute le avventure di #Alanmainagioia e co? Ho sempre cercato di essere costante negli aggiornamenti e spero che anche la storia, seppure un po’ insolita, vi abbia preso. Come ho detto in molte recensioni, era la prima che scrivevo del genere e ho sempre avuto un po’ paura che fosse troppo noiosa, che non prendesse molto o che, molto semplicemente, stessi andando fuori strada. Adesso che sono arrivata al trentesimo capitolo, mi sento svuotata, persa, non mi sono ancora messa nell’ottica che non sto abbandonando la storia ma che, semplicemente, per un po’ non scriverò di loro. È una strana sensazione di malinconia mista a tristezza e… e non so esattamente come gestirla. Penso ci metterò un po’ a smaltire anche questo XD Pensate che quando ho messo la parola fine ho piagnucolato come un idiota per un giorno intero… vabbè, sono un caso senza speranza.

Allora, prima dei ringraziamenti, vi avviso che non è detto che la storia rimanga sospesa un anno intero. Con Fuoco è stato così, con Slayers potrei decidere di riprenderla in mano prima, quindi aspettatevi che da un giorno all’altro tolga la storia da completa e la metta in corso. Eh, lo so, sono storta, ma dovete sopportarmi così.

Dunque… *prende un bel papiro* ringrazio la mia beta, Lady1990 che ha sempre avuto una parola d’incoraggiamento e mi ha sostenuta in ogni momento, anche quando pensavo di mollare tutto; ringrazio mia sorella e il mio ragazzo per esserci sempre stati, per aver sopportato i miei continui sbalzi d’umore e il mio estro creativo perennemente eccitato. So che è difficile e, davvero, non saprei come fare senza di voi. Un grazie enorme va ad Aurelianus e a Nemainn che hanno sempre letto la storia e mi hanno consigliato come scrivere o correggere alcune scene, anche quando il capitolo era già stato pubblicato. Non è cosa da poco e… e ci tenevo a dirvi quanto siete stati importanti. Infine, un grazie gigantesco al mio recensore più assiduo, quello che mi fa sempre morire dalle risate, quello che mi ha sempre dato lo sprint per andare avanti. Sì, sto parlando proprio di te Video Kid, non ti nascondere. Un grazie immenso, tu non hai idea di quanto tu mi abbia aiutata.

Un grazie a tutti i lettori, vecchi e nuovi, recensori abituali e silenziosi. Grazie, grazie mille davvero per il vostro sostegno. Se avete voglia di dirmi la vostra opinione… ne sarei felice, se no vi saluto e vi aspetto per la seconda parte.

Un bacione

Hime

  
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