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Autore: Generale Capo di Urano    05/08/2016    2 recensioni
{SPOILER! capitolo 42 del manga}
***
Solo il peggior momento di debolezza di Daikoku.
«Tutti crescono, invecchiano, muoiono. Perché noi no? Perché, mamma? Perché, papà?»
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daikoku, Kofuku
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Perché, papà?
 

«Perché io non cresco, papà?»
 
La prima volta che glielo chiese era una tenera primavera e il profumo dei fiori di ciliegio riempiva l’aria tiepida, presagio di una calda estate che stava per arrivare.
Il padre l’aveva guardato con gli occhi sgranati, stupito da quella domanda che era uscita con una naturalezza deliziosamente infantile dalle sue piccole labbra; il bimbo aveva continuato a fissarlo con la testa leggermente inclinata e un’aria interrogativa, finché, con un sorriso, l’aveva preso in braccio e sollevato,posizionandolo su un basso ramo dell’albero più vicino; gli aveva accarezzato dolcemente i capelli, e aveva pronunciato distrattamente una risposta vaga e confusa, prima di prenderlo sulle spalle per farlo giocare – quella volta, per fortuna, il bambino dimenticò subito i dubbi iniziali, rapito dal gioco e dalle risate del padre che parevano tanto sincere e tranquille.
 
 
La seconda volta fu un’estate di tanti anni dopo, davanti a un piccolo spiazzo di terreno appena scavato e ricoperto. Su una piccola pietra, i kanji del nome Jirou erano stati incisi alla bell’e meglio, del tutto simili a quelli scritti sul pezzo di cuoio che il piccolo Daigo teneva in mano.
Non aveva pianto, il ragazzino, quella volta. Ricordava che la prima volta, quando il primo cagnolino che avessero mai avuto se n’era andato, l’aveva presa piuttosto male; com’era giusto che fosse, dopotutto era normale. Quella volta, però, Daigo non aveva subito quello stesso colpo, forse memore dell’esperienza precedente, e tutto ciò che Daikoku riusciva a scorgere sul suo visino infantile erano solo una gran confusione e perplessità.
«È successo di nuovo, papà.» Il suo tono di voce non pareva triste.
Il Tesoro Sacro gli carezzò dolcemente il capo, quasi credesse di doverlo consolare. «Lo so...purtroppo, la vita funziona così».
«Anche per noi
Primo colpo, dritto al petto.
«Tutti i miei amici diventano grandi e si dimenticano di me. Si sposano e hanno dei bambini. I loro genitori invecchiano e muoiono. Ma io sono sempre piccolo, e mamma e papà sono sempre giovani e belli…perché? Perché noi no, papà?»
L’uomo tentò un sorriso tirato. Non avrebbe ceduto, non l’avrebbe fatto per Kofuku, e per il loro bambino. Perché era il loro bambino, giusto?
«Te lo dirò quando sarai più grande, Daigo.»
«Ma quando sarò più grande?»
 
 
La terza volta era ancora un altro autunno, e tutti e tre guardavano le foglie ingiallite cadere seduti sul portico di una modesta casetta vicino ad un bosco. Daigo giocava, con i piedini nudi sul terriccio freddo, e con sguardo curioso e fin troppo sveglio prendeva in mano le foglie a terra, sfiorandole con le dita e osservandole con gli occhi scuri pieni di una strana luce.
«Anche le foglie cadono e muoiono» aveva detto. «Anche loro non durano.»
Un altro colpo, più forte del primo. A Daikoku parve di vedere la sua dea sussultare, ma quando le sfiorò un braccio con fare preoccupato questa lo guardò con un grande sorriso. “Non è successo niente” sembrò dire, mentre il bimbo si avvicinava loro, portando una foglia secca e scurita.
«Tutti crescono, invecchiano, muoiono. Perché noi no? Perché, mamma? Perché, papà?»
Che potevano fare? Rispondergli? Dirgli che loro non erano persone come le altre, che loro erano già morti?
Ci aveva pensato Kofuku, quella volta, probabilmente rendendosi conto che il compagno non sarebbe stato in grado di reggere. Aveva preso in braccio il loro bimbo, e gli aveva detto qualcosa di confuso che non pareva averlo soddisfatto; ma Daigo era più intelligente di quanto sembrasse, e capì che era inutile insistere.
E Daikoku non si era accorto del lampo addolorato che per un attimo era baluginato negli occhi della dea della povertà.
 
 
Erano andati avanti ancora per parecchi anni.
Daigo continuava a non crescere, loro a non invecchiare, e lo Strumento Divino a cercare di nascondere al piccolo ciò che erano davvero. Ma questo continuo rimandare, nascondere, divagare non faceva che aumentare i dubbi del bambino, l’agitazione del padre…e il dolore di Kofuku.
La donna non poté nasconderlo per molto; Daikoku la trovò un giorno d’inverno, raggomitolata sul pavimento a stringersi il petto tra le mani tremanti. Era corrotta, soffriva. Per colpa sua.
Aveva urlato, l’uomo, l’aveva sollevata e l’aveva stretta al petto chiedendo perdono, gridando e pregando (chi, poi?) che qualcosa potesse salvarla.
Fu lui a supplicare di cancellare tutto. Era solo colpa sua, lui solo era il responsabile di tutto quel male.
 
Il dio della sventura era lì, ritto davanti a lui, e il Tesoro Sacro si era piegato fino a toccare terra con la fronte, aveva pianto e aveva implorato.
È colpa mia, colpa mia, colpa mia. Cancella tutto, ti prego, cancella tutto!
Quasi pregare a quel modo potesse eliminare le sue colpe. E il dio dagli occhi di ghiaccio, che tanto crudele non era, l’aveva accontentato.
 
La signora, intanto, aveva fatto ciò che doveva. Con le lacrime agli occhi, i capelli appiccicati alla fronte, un dolore al petto ancora peggiore di quello che prima sentiva. Gli occhi del bambino, del suo, del loro bambino che la fissavano confusi.
«Perché, mamma?»
Non era riuscita a trattenere i singhiozzi, mentre con una mano gli accarezzava debolmente la guancia. Lo abbracciò, lo baciò e gli giurò che sarebbe andato tutto bene.
Daigo non capì; non sapeva cosa stesse succedendo.
Kofuku disegnò nell’aria un simbolo, a muoverla solo la forza della consapevolezza che il loro piccino sarebbe stato meglio dove stava per andare.
E lo liberò.
 
 
Sdraiata sul pavimento gelido, gli occhi fissi nel vuoto. Quando il compagno entrò, gli lanciò uno sguardo carico di dolore e dispiacere, di chi ha fallito nel suo obiettivo e non è riuscito a rendere felice colui che gli è più caro.
Daikoku rispose con due occhi altrettanto addolorati e colpevoli, di chi non è riuscito a far tesoro dei doni dell’altro e che gli ha fatto solo del male.
Si sdraiò accanto a lei, la strinse tra le braccia e nessuno dei due proferì parola.

 







Angolino rosa-capelli-di-Kofuku
Ebbene sì, sono tornata e chiedo perdono. Ma non potevo esimermi dallo scrivere questa...uhm, cosa, perché da quando ho visto Daigo il mio cuore è esploso e i miei feels Daifuku pure (bcs sono la mia seconda coppia preferita qui, già.)
Santo Tenjin, ma scrivo solo cose depresse su 'sto fandom? E giuro che io sono una fan del fluff! 
Comunque, spero non sia troppo terribile. Un ringraziamento a chiunque sia arrivato fin qui (visto anche lo spoiler non penso ci sarà molta gente :'D ma ok). Ciao ciao! <3

 
   
 
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