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Autore: shirupandasarunekotenshi    05/08/2016    4 recensioni
"Finché il sole sorgerà e tramonterà,
finché ci saranno il giorno e la notte".
Primavera 1992.
Così poco tempo è passato dalle ultime battaglie. Non sembra mai abbastanza
-
Due divinità si incontrano in un luogo fuori dal tempo, il futuro della terra è incerto. Un'altra dea, per l'ennesima volta, si troverà a dover proteggere questo futuro e giovani guerrieri dovranno di nuovo mettere le proprie vite al servizio di un destino al quale non potranno sottrarsi.
Crossover Saint Seiya e Yoroiden Samurai Troopers
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finché il sole sorgerà e tramonterà,

finché ci saranno il giorno e la notte.

 

Il sussurro di un furin, il fruscio dell'erba sotto passi nudi e lenti, la soffice luminosità che avvolge due figure.

Ecco un uomo e una donna, o così appaiono le due longilinee sinuose che si sono incontrate, dopo un tempo che non ha misura, su una terra che non appartiene ad alcuno.

Hanno fattezze simili, sguardi forti, profondi, antichi. Visi nobili, tagliati dalla sabbia del tempo che scorre nella grande clessidra ove la terra poggia il proprio lento e continuo passo.

La donna, o colei che appare genitrice di vita, ha lunghi capelli neri, scuri come gli occhi del compagno, occhi che riflettono miriadi di luci minuscole.

L'uomo, o colui che appare creatore di caos, ha medesimi lunghi capelli, ma di un colore scarlatto che cattura le iridi della compagna, creatrici di quella luce che avvolge la di lei figura.

“Sorella...”.

“Fratello...”.

Il cielo è scuro.

Non ha stelle, non ha luna.

Non ha sole, né nuvole.

È un cielo, eppure pare solo una larga e infinita lastra di ebano lucido.

Non vi è vita, né respiro.

Non calore, né gelo.

“Sembra propizio questo immobile istante”.

“A cosa può essere propizio uno scenario nel quale non esiste la vita?”.

“A noi due, forse, sorella... al nostro incontro... e ai miei intenti”.

La risata che segue fa correre un brivido lungo la schiena della creatrice di luce e quel che aveva temuto ora appare più vicino, più inevitabile e reale.

Al suono della stessa risata, quel cielo privo di corpi celesti d'improvviso si fa ancora più scuro e qualcosa spinge la donna a sollevare gli occhi, non più luminosi, perché opachi d'inquietudine e angoscia. In essi la luna di sangue lassù apparsa si specchia, riflesso del suo animo cupo.

Le labbra formulano il nome, con esso l'avvertimento:

“Tsukuyomi, bada! Non sfidare la mia pazienza e svela a cosa ti hanno condotto i tuoi contorti pensieri!”.

“Perché, sorella: non riesci a immaginarlo? Ciò che desidero ora è ciò che sempre ho desiderato”.

Le mani del maschio si alzano verso l'alto, con gesto teatrale, melodrammatico.

Lei rimane immobile, il suo sguardo scende, si distoglie da quella luna che non emana più vita, ma trasuda morte, gli occhi ritornano sull'uomo davanti a lei, cancellata la paura, riacquista la fermezza che s'addice a una dea.

“Ciò che hai sempre desiderato è complicarmi la vita, stracciare a brandelli la mia tranquillità e tutto ciò cui più tengo”.

“Vedi, sorella, conosci i miei desideri...”.

Lui si volta, dando le spalle al Sole, il volto si tramuta in ombra, gli occhi diventano ossidiana, profonda, impenetrabile.

“Una notte senza il giorno... un giorno senza la notte...” la voce profonda, baritono, vibra alta e chiara in quel luogo che non esiste. “Sorella... abbiamo di nuovo modo... di tornare a come eravamo un tempo... di nuovo assieme... di nuovo uguali...”.

Lei rimane impassibile, ma dentro tante corde vibrano, non ultima la rabbia, perché sa che quella proposta nulla ha di pacifico.

“Non è da te agire per il bene, fratello. Tu persegui unicamente ciò che ti fa comodo... o ti diverte. Quello che ora pretendi ha un prezzo, lo so, perché so chi ho davanti, so che non è pace quella che brami”.

“Di pace, sulla luna, ve n'è fin troppa... sorella”.

La figura di lui rimane di spalle, pare ingigantita dall'ombra che riflette, a terra, e da quella che pare propagarsi dal suo stesso corpo astrale.

Il buio inghiotte colori, forme, suoni.

“Il sole non può conoscere la luna. Io sono alle tue spalle... sono la tua stessa ombra. Chi, meglio di me, può conoscere la tua natura? Il portatore di ombra può cercarla, rincorrerla... ma non riuscirà mai ad afferrarla. Sorella”.

Lei rabbrividisce ancora, ma unico segno esteriore è il lieve corrugarsi della fronte, il lampo che passa, effimero, nelle iridi ora accese, unica traccia di luce che ormai intercorre tra loro.

“Non ti conosco, è vero, non mi hai mai permesso di capirti, hai commesso imperdonabili azioni in passato, che mi hanno costretta a tenerti lontano. Non ti conosco, perché non capisco quello che sei, che vuoi, che trami ogni istante. Tua è la colpa della nostra distanza, non puoi pretendere il mio rispetto se trami ulteriori misfatti”.

Dalla mano sinistra di Tsukuyomi si alzano due piccole ombre, di forma sferica, che rivoluzionano l'una attorno all'altra.

“Sai, sorella, io non desidero rispetto da alcuno... non ho bisogno di sentimenti così umani... basto a me stesso...” il volto maschile e nobile, pallido e affilato, si volta appena verso Amaterasu, le labbra si stringono appena, l'una sull'altra, prima di concludere il suo pensiero. “... qualcosa che tu non hai mai compreso...”.

“Non pretendo da te umanità, d'altronde neanche io so fino in fondo cosa significhi essere umani; ma la luce, la vita sulla terra, sono sotto la mia protezione e la loro tutela è mia priorità. Cosa hai in mente, Tsukuyomi? Che tu mi dica questo, sì, lo pretendo!”.

“Li voglio. Li desidero. Li bramo”. Il volto in ombra si alza verso il cielo muto di stelle e silenzioso di rivoluzioni. “I tuoi gioielli... tutti e tre”.

Tutto si ferma, la dea è come una statua bellissima e altera, una scorza di marmo che racchiude il timore ora fondato. Nessuna debolezza, tuttavia, trapela dalla sua orgogliosa apparenza, anzi: su un angolo il labbro si piega verso l'alto, nell'ironia di un sorriso che vuole essere canzonatorio.

“I secoli di noia hanno nuociuto gravemente al tuo raziocinio... se mai davvero è esistito”.

“Sorella, a volte la pazzia nasconde il più grande raziocinio...”.

Il sorriso nell'ombra si fa più tagliente, misterioso, sibillino.

“Una notte senza il giorno... un giorno senza la notte...” ripete lui. “Attenta, sorella... la luna non sbaglia mai...”.

Il cielo nero si dilata, poi si restringe. L'oscurità si richiude su se stessa, come una spessa pellicola su un uovo cavo: sottili crepe scivolano sulla sua superficie, l'implosione pare imminente...

Tsukuyomi si dissolve nell'aria, come polvere d'argento.

Il cielo va in pezzi e, dov'era il buio privo di luce, ora vi è un cielo rosso di tramonto.

Così rosso, così intenso da sembrare sangue.

 

***

È nella luna il primo segnale; la stranezza di quella notte non può sfuggire ai sensi di uno spirito millenario.

L'aria è immobile, ma le narici feline sono raggiunte dall'odore del sangue e gli occhi marroni della tigre si levano alla luna: eccolo il sangue, l'astro è scarlatto, il kami che lo guida pulsa di desiderio di morte.

Nell'acqua del piccolo lago tanto curato dal cucciolo dell'Acqua si accende il doppio astro lunare in un riflesso che tinge di rosso lo specchio lucente. È l'istinto a muovere i passi della tigre verso di esso, è un richiamo che nasce dentro il suo spirito quello che gli fa chinare il muso striato di nero, a cercare nella polla l'immagine della sua ombra gemella.

Ed ecco che il riflesso bicolore si confonde in un turbine oscuro, notturno, che della luna ha solo i riflessi argentati.

Occhi di tigre in occhi di tigre. Due tigri, due esseri diversi, eppure medesimi.

Due esseri millenari.

“E' il momento di andare...” mormora il riflesso colore della notte.

Uno squilibrio generato tra i due mondi, il velo che li separa si assottiglia e Byakuen lo sa; anche il suo gemello sa e adesso lo incita a lasciare tutto, perché da qualche parte c'è bisogno di lui.

Solo di lui, spera: i cuccioli dormono tranquilli nei loro letti, per una volta nessun incubo giunge a tormentare i loro sogni, finalmente hanno trovato la loro pace, finalmente possono riposare e la tigre è disposta a qualunque cosa perché tutto perché continui a essere così.

“Loro... verranno coinvolti? Potrò tenerli fuori da questa storia?”.

Gli occhi neri dell'acqua si socchiudono appena.

“Per il momento, no... il pericolo non incombe così tanto... ma nello Youjakai giacciono le risposte di cui necessitiamo...”.

Chi gli sta davanti non è privo di ombre, è plasmato da esse: come fidarsi fino in fondo di un'ombra? Byakuen china il muso, con il naso sfiora l'acqua, come a voler stabilire un più profondo contatto: quello è Kokuenoh, Kokuenoh è da tempo parte di lui... a lui non può mentire. Eppure il suo cuore non è tranquillo, non riesce a staccarsi del tutto dai cuccioli: sparire, senza dare spiegazioni. Per loro lo farà, non ha scelta, la cosa importante è che loro siano salvi.

“Sono grandi... sono maturi... dovremmo cominciare a trattarli meno da cuccioli... e più da tigri...”.

Se le labbra di tigre possono sorridere, Byakuen sorride in risposta a quell'osservazione: è ironia nei suoi confronti, Kokuenoh è così. Uno il doppio dell'altro, non si sono mai capiti fino in fondo. “Nessuno essere umano può mai essere troppo maturo per spiriti millenari come noi; la loro vita è una fiammella... e mi sembra sempre fragile, pronta a consumarsi; il mio timore che quella fiamma si spenga non verrà mai estinto del tutto”.

“Ricevi fiducia... dai fiducia... è importante, non credi?”. Il sorriso sghembo del riflesso muove un gorgoglio udibile solo alla tigre bianca. “A volte siamo troppo antichi... troppo distanti dalle nuove vite, per capire quello che dobbiamo fare...”.

La testa di Byakuen si reclina su un lato, in un fare pensieroso, che sa di solenne: “Io capisco una cosa con certezza: non voglio che la loro serenità venga di nuovo incrinata. Mio scopo è evitare che ciò accada. Se nello Youjakai troverò le risposte a ciò che so sta accadendo, loro resteranno fuori dal precipitare degli eventi. Kokuenoh... qualunque cosa accada, io solo una cosa ti chiedo: aiutami a proteggerli, non voglio null'altro da te”.

“Io sono te... se aiuto te, aiuto me stesso...”. Il capo scuro si allunga, fino a sfiorare, con la punta del naso, quello di Byakuen. “... l'hai sempre avuto...”.

Non c'è altro da dire, sa che non otterrà nessun'altra spiegazione e forse neanche il suo gemello possiede le risposte: quello che possono fare è trovarle insieme.

“Andiamo...”.

“Andiamo...” risponde l'altro con un sorriso felino.

La sua immagine si sfoca, così come quella del suo gemello bianco.

Nella notte stellata, polvere d'argento e sabbia bianca si innalzano verso il cielo, turbinando assieme in una piccola spirale, prima di scomparire, inghiottita dal vento, pare, ormai scomparso da quel piano astrale.

Quella notte di primavera è lunga e appena tiepida, le stelle risplendono calde; la luna, pallida e gelida, pare ghignare alla Terra che osserva.

Ogni gioco, ogni sottile movimento ha inizio, infine.

 

  
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