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Autore: Najara    08/08/2016    4 recensioni
Beth Sanderson ha scoperto qualcosa di straordinario: può raggiungere le sue precedenti incarnazioni e quindi viaggiare nel tempo. Dimentica però che a volte il burattinaio si trasforma in burattino e quando sarà il futuro a possederla la sua vita verrà tragicamente stravolta.
Beth dovrà mettercela tutta per lottare contro l’inevitabile destino e trovare una soluzione non solo per se stessa, ma per tutte le sue vite, passate e future.
Storia partecipante al contest: “Scienza e fede [Originali&Multifandom]” di Hedoniste.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza ancore

 

Beth aveva mentito a suo fratello, non voleva andare nel passato, non subito almeno, quello che doveva fare era raggiungere il futuro. Non era sicura di farcela, non sapeva neppure se poteva farlo, ma in quel gioco non c’erano regole fisse, ormai lo aveva capito.

La droga che Danny le aveva dato era forte, si sentiva completamente distaccata dal suo corpo, ma non si spaventò, dopotutto era esattamente quello che voleva.

Aprì gli occhi ed era ancora nel buio, sorrise, era folle quanto fosse istintivo  quel tipo di apprendimento, la sua se stessa futura l’aveva portata lì, in quel limbo temporale e ora, dopo un mese di piccole dosi di funghi, aveva capito come giungervi anche lei.

Attese, il tempo dopotutto non aveva senso lì.

“Cosa ci fai qui?” La voce era sorpresa, forse preoccupata.

“Cercavo te.” Rispose allora lei, mantenendo la mente libera e leggera. Aveva avuto paura che nel futuro avrebbe conosciuto le sue intenzioni, ma non era così. “Perché non sai cosa voglio?” Chiese incuriosita dal dettaglio.

“Il futuro non cambia bruscamente per noi, ci vuole del tempo perché una variazione del passato sedimenti nella nostra anima. Io sento ancora la perdita di quelli uccisi dalla nostra nemesi, malgrado le morti più recenti siano state evitate. Piango ancora per mio figlio, anche se appena una mezzora fa l’ho portato a scuola.” Le emozioni erano contrastanti e Beth dovette concentrarsi per non farsi sommergere da altri pensieri, altre domande, la sua mente non era ancorata, la droga le rendeva difficile pensare con lucidità.

“Volevi parlarmi di questo?” Chiese la figura nello specchio.

“Dimmi, come conosci il nostro passato con così tanta precisione?”

“La nostra anima sa, conosce, è il nostro corpo che rifiuta il sapere. Io so ascoltare.”

“Come?”

“Imparerai.” Le rispose la donna con un sorriso ironico.

“Dimmelo ora, devo saperlo ora.”

“No, non ne hai bisogno.”

“Voglio cambiare il passato, voglio impedire al nodo di essere formato.” Gli occhi della donna nello specchio, i suoi stessi occhi, si tesero.

È impossibile.”

“Devo provare.”

“Non ce la farai.”

“Dammi la conoscenza e lasciami provare.” Gli occhi della donna brillarono di rabbia.

“Merita di morire! Di essere estinta, di non avere più la possibilità di incarnarsi!” La sua furia era come una frusta sulla pelle di Beth.

“Non mi aiuterai?”

“No, no.” Beth prese un profondo respiro e si lasciò cadere nello specchio.

Aprì gli occhi ed era al buio. Per un istante pensò di aver fallito, ma percepiva il peso del suo corpo, era nella carne di qualcuno. Si alzò e lasciò che il ricordo del corpo trovasse la luce, bastò un pensiero e si accese.

Era in una stanza vuota, con un tappetino per terra. La luce proveniva dalle pareti ricoperte da una sottilissima muffa fluorescente. Si guardò attorno stupita di non trovare una porta, ma di nuovo bastò pensarlo affinché si aprisse un’apertura nella parete. Beth osservò stupita la casa in cui si trovava: era viva, o almeno lo era l’albero nel quale era stata intagliata. Fronde fresche si chiudevano sulla sua testa mentre le pareti erano di sottile carta oppure solida corteccia. Si avvicinò ad un’apertura, troppo colpita da quel futuro per concentrarsi sul suo lavoro, e fu stupita nel vedere una magnifica città fatta di foresta, il verde si alternava al blu dell’acqua sulla quale si muovevano piccole barche a vela. Gli uccelli e le farfalle si rincorrevano nel cielo in cui splendeva il sole. Qualcosa però non andava.

Beth percepì che la sua meraviglia era contrastata dalla realtà del suo corpo che trovava fastidioso l’inganno. L’inganno? Per un istante rimase ad osservare la città poi chiuse gli occhi e quando li riaprì vide la verità. Erano sotto terra, chiusi in cunicoli e celle a bearsi di una natura che avevano distrutto secoli prima. Falso, era tutto falso, i muri attorno a lei mostrarono la loro natura: acciaio e ferro. Beth sentì il peso delle tonnellate di terra sopra la testa e si sentì schiacciata. Ansimando si accasciò. Doveva calmarsi o avrebbe perso l’ancora su quel corpo. Prese un profondo respiro, calmò il suo cuore e si disse che non era differente dalla sua cella. La sua mente si calmò e lei poté tornare a pensare liberamente: aveva bisogno di informazioni.

Tornò nella camera e si chiuse dentro, spense la luce e lasciò che i ricordi contenuti nella mente del cervello che possedeva giungessero a lei. Aveva l’abitudine di farlo, così parlava le lingue dei suoi corpi, così sapeva vicino a chi camminava e cosa doveva fare in epoche altrimenti sconosciute.

Le parve di rimanere immobile per ore mentre con estrema calma cercava ricordi, poi all’improvviso ne fu invasa. Il dolore la sommerse come un’onda schiacciandola, così tanto dolore, infinite vite di dolore e morte. Beth annaspò e si ritrovò nel buio senza tempo a fissare lo specchio.

“Sei contenta ora?” La donna era arrabbiata, ma anche ammirata. Beth boccheggiò cercando di respirare. “Il futuro mi era precluso… ma ora mi hai mostrato la via, ci hai mostrato la via, immagino che altre vite tra me e te sapranno farlo non appena questo passato si cristallizzerà in noi.”

“Come fai a…”

“Contenere tanto dolore? Non è solo la mia vita, è la vita di migliaia di noi. Una vita sempre marcata dalla sofferenza di un’atroce perdita.” Beth ora capiva perché l’omicidio era stato così semplice come scelta, lei stessa avrebbe azzannato alla gola quell’anima dannata. Con uno sforzo immane si distaccò da quella sofferenza e cercò di razionalizzare ciò che ora sapeva, chiuse gli occhi e seguì le morti, una dopo l’altra fino a giungere indietro nel tempo nell’era pre-romana in cui sua sorella veniva bruciata come feticcio dal druido del suo popolo, la sua nemesi. Più indietro non riusciva a ricordare.

“Te l’avevo detto.” Intervenne la donna allo specchio che era lei, ma non era ancora lei. Beth scacciò quell’immagine e rimase da sola nel buio. Non sapeva quanto tempo avesse ancora, era già l’alba? Il suo corpo stava smaltendo la droga di Danny? La secondina stava per venire a svegliarla? Quei pensieri le diedero per un istante l’impressione di tornare nel suo corpo e lei dovette lasciarli andare velocemente. Doveva rimanere concentrata, doveva compiere l’impossibile e andare indietro nel tempo, forse persino fino alla sua prima vita. Il segreto era lasciarsi andare, ormai lo sapeva. Incrociò le gambe e chiuse gli occhi andando alla deriva. Il suo corpo non esisteva più, doveva dimenticarlo.

Quando aprì gli occhi si ritrovò nella foresta. Era un uomo e stava cacciando. Sentiva il cuore battere piano, nella mano teneva la lancia, il suo respiro era leggero, non doveva spaventare la preda. Ed eccola lì, un cerbiatto, bello e ignaro. La sua spalla ruotò, il braccio impresse la forza e la mano rilasciò la lancia che rapida e precisa colpì l’animale facendolo cadere a terra morto. Beth percepiva la semplicità del corpo che possedeva, era questione di bisogni primari. Con estrema facilità si caricò il cerbiatto sulle spalle poi tornò a casa.

Beth aveva difficoltà a controllare quel corpo, la sua anima era pulita dai ricordi, semplice e fresca, lei riusciva a mala pena a trattenere lì la propria coscienza così pesante al confronto.

Camminò nel bosco a lungo, Beth iniziava a temere che fosse troppo lontano quando vide le prime capanne, fatte di semplici rami intrecciati e paglia. Raggiunta una porta lasciò cadere la preda mentre una donna ne usciva, aveva una cicatrice sul viso, i denti gialli e i capelli sporchi, ma Beth sentì il cuore accelerare, era la più bella creatura di questo mondo, era la donna che amava. La prese tra le forti braccia del suo corpo maschile e la strinse facendola ridere. Nello stesso momento seppe che la donna portava in grembo suo figlio.

La sua testa si voltò notando due occhi pieni di rabbia. Doveva essere lei: la nemesi. Beth guardò l’uomo, era alto, sembrava forte e fiero, ma nel suo sguardo vi era un cieco odio verso di lei, perché? Poi gli occhi dell’uomo passarono sulla sua donna e Beth sentì in se stessa la rabbia crescere. Quell’uomo voleva la sua donna. Fece due passi veloci e colpì in pieno volto colui che aveva osato fissarla a quel modo.

“Vai a fotterti una scrofa!” Gli urlò mentre lui, vile, sputava per terra, ma non osava rispondere al colpo.

“Un giorno sarà mia.” Disse e lei, spinta dalla pura rabbia del suo portatore, volle colpirlo ancora, ma la donna gli posò una mano sul braccio calmandola.

È il figlio del bosco, non sfidare troppo la sua collera.”

“Sua madre è una strega ed è solo per questo che vive ancora.” Pronunciò. Beth sentì la sua mente scivolare via e si aggrappò a quel pensiero cercando di capirlo. I ricordi dell’uomo fluirono in lei. La strega viveva nel bosco e aveva avuto un bambino, gli anziani dicevano che era stato concepito con un dio o uno stupido troll, lui propendeva per la seconda opinione.

Era nato lì il loro odio eterno? Per una donna? Quel pensiero le fece voltare lo sguardo verso di lei, era così bella, così piena di vita, così forte e così coraggiosa…

 

***

 

“Libera!” Il suo cuore riprese a battere. Danny la fissava pallido e sudato mentre la secondina spaventata seguiva le sue istruzioni.

Beth, come ti senti?” La secondina lo guardò e Danny ricordò la sua copertura. “Signorina Sanderson?”

Lei vomitò, la testa le esplodeva, non riusciva a pensare lucidamente. Eppure sapeva che non ce l’aveva fatta, era stata ad un soffio dal capire, sentiva che era arrivata vicina alla verità.

“Fammi tornare là…” Riuscì a mormorare, ma Danny scosse la testa.

“Sei andata in arresto cardiaco! Ti ho ripreso per un soffio!”

“Danny!” Gli afferrò il braccio e la secondina si fece avanti.

“Sanderson, lascia andare il dottore!”

“Non fa niente, va tutto bene.” La rassicurò il giovane.

“Non ci saranno altre occasioni, fallo o lo farò io in prigione.”

“Ti uccideresti!”

“Sì e passerò ad un’altra vita.” Quella risposta lasciò Danny senza parole, il giovane la guardò sconvolto dalla sua freddezza, ma Beth sentiva il peso del dolore di migliaia di vite, cos’era una sola esistenza in confronto?

“Io…”

“Fallo.” Ingiunse lei, sentiva che quel terribile peso la stava cambiando, doveva fare in fretta oppure avrebbe creduto che la soluzione della sua io futura era la migliore.

Il giovane medico estrasse dalla tasca la stessa siringa della notte prima.

“Ti voglio bene.” Le disse e poi iniettò il liquido nella flebo.

La testa di Beth si fece leggera e lei chiuse gli occhi.

 

***

 

Quando li riaprì stava correndo, una rabbia profonda che la animava. Era di nuovo da lui, il forte uomo che aveva incarnato la sua prima vita. L’aveva presa: lei, la gioia del suo cuore, la madre di suo figlio. Quel pensiero infuse nuova energia nei suoi muscoli: lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso.

Arrivò nella radura e il suo cuore esplose di dolore nel vedere lei in un lago di sangue. Urlò di rabbia cadendo in ginocchio. La donna voltò la testa, gli occhi già appannati si rischiararono un poco.

“Non mi ha avuta.” Le disse e lui seppe che era vero, aveva lottato, la sua donna era forte, la vide morire e strinse i pugni furente di rabbia.

Un gemito fece alzare la testa a Beth. Lui era lì, dal petto gli spuntava un pugnale. Con un grido il suo corpo scattò in piedi. Colpì l’uomo una, due, tre volte, il sangue caldo gli bagnava le braccia e schizzava sul suo volto, ma lei non smise.

“Verme schifoso!” Una voce di donna proruppe dalla foresta e lei si fermò. Sentiva una rabbia cieca, ma provò comunque un brivido di timore nel vedere la strega. “Hai ucciso mio figlio!” Proruppe la donna.

“E lo ucciderei ancora, strega.” Rispose lui mentre si alzava.

“Era solo una donna!” Proruppe lei, sputando verso il cadavere.

“Era la mia donna.” Beth sentiva la tensione crescere, avrebbe osato uccidere anche lei? Lo desiderava, ma era una strega.

“E non lo sarà mai più.” La sentenza cadde come un masso. Lui la fissò e Beth sbatté le palpebre confusa, ma la strega non aveva finito. “Io vi maledico! Le vostre anime sono legate, io cambio quel legame, non amore, ma odio!”

“Non puoi farlo!” Fu Beth a parlare, sovrastando il suo ospite per la prima volta.

“Anime gemelle, anime dannate.” Pronunciò la donna. Non ci furono fulmini o tuoni, eppure Beth sentì l’elettricità nell’aria, sentì il peso di quella maledizioni e percepì tutto il dolore che avrebbe causato.

Ecco cos’era: non un nodo di dolore, ma la perversione di due anime gemelle trasformate in nemesi, non destinate a unirsi, ma a distruggersi.

“No!” Disse e con uno sforzo profondo tornò indietro. Ma non nel suo corpo.

La foresta era come la ricordava, ma gli alberi sembravano molto più grandi, forse perché lei era solo un bambino che giocava. Beth cercò con gli occhi la persona che desiderava trovare e lo vide, era un bambino anche lui, solo un bambino innocente. Eppure quel giorno, per uno stupido screzio sarebbe incominciata la loro rivalità.

“Dammelo è mio!” Disse una bambina a cui un ragazzo più grande aveva rubato un tozzo di pane. Il cuore di Beth accelerò, la conosceva, era lei, la sua anima gemella.

Si fece avanti e così fece colui che tra molti anni avrebbe massacrato nel bosco. Però, invece di spingerlo a terra, come ricordava di aver fatto, gli si avvicinò.

“Insieme?” Propose. Per un istante il bambino esitò poi annuì con un sorriso e si gettarono sul ladro.

Beth sentì la propria anima sussultare, ma non era dolore, era liberazione, la sofferenza di tante vite stava scomparendo.

 

***

 

Aprì gli occhi e si guardò attorno, non era all’ospedale. Riconobbe alcuni oggetti nella stanza e vide i suoi abiti sparsi a terra. Insieme a quelli di qualcun altro.

Una mano le si posò sulla schiena accarezzandogliela dolcemente e il suo cuore accelerò di gioia. Lentamente si voltò mentre quello che aveva fatto nel passato si cristallizzava e lei ricordava il suo nuovo presente. Due occhi verdi la fissavano, mentre sul volto appariva un sorriso affascinante.

“Buongiorno…” Le mormorò.

“Patty.” Disse solo lei.

“Bene, ricordi il mio nome.” La donna rise e lei sentì il cuore sciogliersi d’amore, poi la baciò e allora ogni ricordo tornò al suo posto.

Beth ricordò come in ogni vita l’avesse trovata, come in ogni reincarnazione l’avesse amata. Certo, c’era stato del dolore nelle sue vite, c’era stata della sofferenza, ma la sua anima non era carica di quel terribile e doloroso fardello: era libera.

Ce l’aveva fatta.

 

 

  
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