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Autore: Dugongo99    10/08/2016    0 recensioni
Andy è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord, che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero.
Mentre la ragazza si sta preparando per affrontare uno dei più ardui test mai eseguiti durante la sua carriera da militare, nella Provincia del Sud nascono dei contrasti e delle lotte interne che insospettiscono le altre, le quali decidono di mandare in perlustrazione dei soldati esperti. Tra essi vi è anche il ragazzo di Andy. E quando quest'ultimo le manderà una lettera dove le racconterà quello che ha scoperto, la ragazza dovrà decidere se seguire il suo cuore oppure il dovere, che la lega alla propria patria da quando era solo una bambina.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sudore mi cola lungo la schiena, sulla fronte e negli occhi. Le gambe mi tremano, esauste. Sento le mie guance scottare, rosse. Di fronte a me, il ragazzo mi guarda, un sorriso sardonico stampato in faccia: sa che è in vantaggio. Anche lui è stanco, ma non è provato quanto me. È alto, robusto. Il forte torace si muove regolare sotto la maglia zuppa. Le braccia muscolose reggono il suo spadone. I capelli biondicci sono fradici. Un tremito nelle sue mani sudate, mi dà la forza di attaccarlo. Mi lancio in avanti, in un moto quasi disperato, mirando alla clavicola. Il ragazzo intercetta la mia lama senza difficoltà, contraccambiando il colpo con tanta forza da spedirmi per terra. Sento la mia testa pulsare, nel punto in cui mi ha colpita con il pomo dell'arma. Cerco di rialzarmi, ma sono troppo intontita per farlo. Il ragazzo torreggia su di me, soddisfatto. "Stop! Stop! L'allenamento termina qui!" Il nostro allenatore, un uomo sulla cinquantina, panciuto e coi capelli scuri brizzolati si avvicina verso di noi, gli occhi che mandano lampi. Come sempre, del resto. A pensarci bene, solo in pochi casi ha mai mostrato un sorriso, o approvato qualcuno. Non me, comunque, eccetto rarissime occasioni. Comunque sia, ora è arrabbiato. E tanto anche. "Cosa ci fai li per terra? Alzati immediatamente!" La mia testa è annebbiata, mi gira come una trottola. Non ho la forza di fare niente, se non dimenarmi cercando di svegliarmi da quello stato di torpore. L'allenatore spazientito mi afferra bruscamente e mi rimette in piedi, come se fossi un pezzo di legno. Barcollo, mentre mi impongo di ritrovare l'equilibrio. Non so come, ma ci riesco. La testa mi pulsa terribilmente, ma la cosa che più brucia dentro di me in questo momento è l'umiliazione. Muovo un passo e mi accorgo che davanti a me c'è il ragazzo che mi ha appena battuta che sorride, quel sorrisetto odioso che non abbandona mai il suo viso. I suoi occhi color del ghiaccio mi guardano deridendomi. "Fai schifo." Dice soltanto. Poi si gira e se ne va. Ha ragione. Mi sono battuta male, oggi. Non ero concentrata, non abbastanza evidentemente. Raccolgo la mia spada, smussata ai lati e sulla punta per evitare ferite gravi durante le sessioni di addestramento, e abbandono la pedana per il combattimento. Ritorno tra i miei compagni, a testa bassa. Nessuno dice niente. Il nostro allenatore si posiziona al centro dell'enorme palestra, dove quotidianamente combattiamo, ci arrampichiamo, corriamo, lottiamo. È questo il nostro compito. Tra poco più di un giorno, quando compiremo diciassette anni, diventeremo soldati con grado di caporali maggiori della nostra Provincia, quella del Nord. Chi di noi vorrà, ovviamente. Gli altri potranno sempre svolgere un'attività nel settore primario, che dispone di scarsa manodopera, oppure casalingo (per quanto riguarda le donne). Ma a parer mio, non ha senso. Siamo della Provincia del Nord, siamo nati combattenti. Non vedo la necessità di non affrontare la strada più onorevole solo perché più impervia. I miei pensieri vengono interrotti dalle parole del nostro allenatore di scherma. "Il combattimento tra Peter e Andy" inizia "è la prova della vostra incapacità e della vostra debolezza." Con la coda dell'occhio vedo molti sguardi posarsi su di me, altri invece scrutare ammirati Peter. La maggior parte continua a tenere la testa bassa come sto facendo io. "Domani mattina, pretendo un rapporto preciso di 10 pagine sulle regole del combattimento con gli spadoni. È inaccettabile ciò che è appena stato eseguito." Sta urlando ora. Probabilmente avrà la solita vena sul collo pulsante. Quel pensiero mi fa sorridere impercettibilmente, tirandomi un po' su il morale. È ovvio che l'abbia fatto apposta per mettere i miei compagni contro di me. Ovvio, e prevedibile. Sento gente che protesta, che sbuffa e che mi lancia occhiate malevole. Vorrei sparire sotto terra, scendere giù, sempre più in profondità, tra le viscere dell'oblio più nero, fino a non ricordarmi più chi sono. Ma ovviamente questo non è possibile. "Andatevene ora. Odio la vostra vista." E così dicendo, ci congeda. I miei compagni iniziano ad uscire, chi borbottando tra se e sé mezze proteste, chi scuotendo la testa rassegnato. Rimango a guardare in silenzio la stanza che mano a mano si svuota, simile ad un fiume in piena che lentamente si prosciuga al sole. Non posso finire così una giornata di allenamento. Mi rifiuto. Con la rabbia ancora in circolo, mi dirigo verso la sessione di tiro al bersaglio. Per farlo attraverso l'enorme palestra fino ad arrivare in fondo a destra, dove mi attende uno spazioso padiglione largo dieci metri e lungo trenta: la distanza da cui dobbiamo sparare con la postola. Mi piace tirare, me la cavo abbastanza. Svuota la mente e tranquillizza i nervi. Appese al muro a destra mi attendono una fila di pistole nere, lucenti, letali. Ne prendo una, poi mi posiziono al centro del padiglione. Il bersaglio, una sagoma a forma di uomo appeso alla parete, assorbe tutta la mia attenzione. Tendo le braccia, prendendo la mira: il mio obbiettivo, un piccolo cerchio che simboleggia il cuore, mi fissa con aria di sfida. Inspiro. Espiro. Premo il grilletto e sgancio il proiettile, che si posiziona a destra del centro del bersaglio. La seconda volta riesco a centrarlo. Passo un po' di tempo a sparare, lasciando che tutte le mie emozioni mi abbandonino. Fino a quando non mi interrompe una voce, alle mie spalle. "Vedo che qualcuno oggi è nervoso." Il proiettile che ho appena tirato sibila lontano dalla sagoma, conficcandosi nel muro, attorno a tanti altri buchi lasciati da qualche inesperto prima di me. Mi giro, la rabbia che si era appena dissipata, che rinasce nel petto. Tuttavia sparisce di colpo, quando vedo che si tratta del mio migliore amico, James. Ha all'incirca la mia stessa età, forse qualche mese in più. È alto, slanciato e forte. I suoi occhi marroni sono gentili, e i capelli castani arruffati. "Ciao." "Giornata pesante?" Mi chiede, ghignando. Gli tiro uno schiaffo amichevole sulla pancia. "Tu che dici?" Mi passa un braccio intorno alle spalle. La sua stretta calda e forte mi rassicura. "Dai, andiamo a cambiarci, tra poco è ora di cena." Resto un attimo a fissarlo, e dal silenzio che regna intorno a me capisco che è davvero molto tardi: io e James siamo,difatti, gli unici allievi rimasti nella stanza. Così metto a posto la pistola, e mi lascio condurre come una bambola fuori dalla palestra. Quasi tutti gli allenatori se ne sono andati, ma i pochi che sono rimasti ci guardano curiosi o con un lieve disappunto, a causa della nostra vicinanza. Molti pensano che stiamo insieme, per via del molto tempo che passiamo da soli e per il nostro contatto fisico, ma non è così. Non c'è mai stato nulla tra di noi, se non una bella amicizia... Almeno credo. E poi lui da un po' di tempo a questa parte è innamorato di una nostra amica, Rachel. Anche lei si allena con noi per diventare un soldato. È molto più brava di me, più atletica e forte. Capisco perché gli piaccia. "Sei nervosa?" Mi chiede James, guardandomi apprensivo. "Tu non lo sei? Insomma, tra due giorni ci sarà il raduno delle Province dell' Impero!" Al solo pensarci, mi sale una stretta allo stomaco. Il raduno delle Province si svolge ogni vent'anni. Serve soprattutto per trattati politici e rinnovazioni di pace, ora più che mai, in questo momento di tensione con la Provincia del Sud, incline allo staccarsi dalle altre, per motivi apparentemente loschi. Le Province sono in tutto quattro: oltre quest'ultima e noi ci sono quella dell'Ovest e dell' Est. Sono le città principali del nostro Impero, in cui, al centro, v'è la Capitale: noi abbiamo il compito di proteggerle, grazie alle nostre Basi militari costruite all'esterno delle città, per scopo ovviamente difensivo. Siamo comandati dall'imperatore Noah, un uomo giovane ma capace di tenere sotto controllo il regno, con l'aiuto di noi soldati; da molti anni non si vede l'ombra di una guerra. Il Raduno infatti aiuta principalmente a ricordarci le nostre origini e il legame che c'è tra ognuno di noi. Inoltre, serve per incrementare le unioni: molti ragazzi spesso scelgono una donna non appartenente alla loro Provincia. Per noi giovani soprattutto è un evento importante: non ne abbiamo mai vista nessuna, se non la nostra. E io non sto più nella pelle. Per questo ultimamente sono deconcentrata. "Già... Ma stai attenta a non farti più disarmare. Quello stronzo di Aper la prossima volta ci farà saltare la cena." Scherza, alludendo al nostro allenatore di scherma. Gli lancio un'occhiataccia. Proprio in quel momento arriviamo davanti agli spogliatoi. "Ci vediamo a cena." Lo saluto con un bacio amichevole sulla guancia ed entro in quello femminile. "Attenta a non cadere a terra! I pomelli delle porte possono essere molto aggressivi!" mi canzona lui. Gli faccio la linguaccia e chiudo la porta. Lo spogliatoio femminile mi accoglie con un forte odore di disinfettante, di pulito, e di bagnato. Le luci artificiali illuminano con la loro freddezza bianca ogni cosa. Mi dirigo verso gli armadietti metallici situati in fondo alla stanza, ordinati in base allo squadrone a cui si appartiene, e all'età che abbiamo. Di norma, i bambini iniziano ad essere addestrati all'età di dieci anni; si dà loro un'istruzione basica, che poi verrà ripresa ogni giorno dalla mattina presto fino a mezzogiorno, prima di passare il resto del giorno ad esercitarsi, allenandosi con tenacia. Questo fino a sera. Poi ci lasciano un'ora di tempo per fare ciò che vogliamo, prima della cena. Il mio è lo squadrone A, e sono al sesto anno: il mio grado è quello di caporale. Di fronte agli armadietti ci sono i camerini, in cui possiamo cambiarci: durante l'addestramento siamo tutti obbligati a tenere una tenuta uguale per ciascuno: pantaloni sottili che non intralcino nei movimenti, una cintura di materiale sintetico, una maglia aderente a maniche corte e delle scarpe da ginnastica. Tutto il completo è nero. Anche i ragazzi si vestono in ugual modo. Prendo le chiavi, legate alla cintura che ho in vita, e velocemente apro il mio armadietto. Tiro fuori il borsone, in cui tengo i miei vestiti di ricambio, quaderni, asciugamani e lozioni per il corpo e capelli. Afferro questi ultimi e mi dirigo alle docce, situate a destra dei camerini, in un corridoio laterale. Mi spoglio e mi faccio una doccia calda, che mi rilassa e distende i nervi, dopo questa brutta giornata. Quando esco dalla doccia mi accorgo che sono una delle poche ancora nello spogliatoio: le altre saranno giù nel dormitorio, a rilassarsi prima di cena. Devo sbrigarmi. Mi asciugo e mi vesto con un semplice paio di jeans e un maglione caldo. Quando passo davanti a uno specchio, situato nell'ala sinistra dello spogliatoio, vicino agli asciugacapelli, non riesco a fare a meno di lanciare una veloce occhiata alla mia immagine riflessa. Quasi non mi riconosco: i miei capelli lunghi e biondi, sono bagnati e arruffati. I miei occhi verdi mi rilanciano un'occhiata stanca, spenta. Pian piano, la mia vista scivola più in basso mentre esamino il mio corpo, che è affusolato e tonico, grazie agli allenamenti che effettuo ormai da sei anni a questa parte, ma non muscoloso quanto vorrei. Sono alta quanto basta da superare in altezza qualche ragazzo mio coetaneo, ma la cosa non mi crea problema; ciò può tornare utile, specialmente in un combattimento. Sono quasi soddisfatta della mia immagine riflessa: mi sembra che non ci sia nulla di anormale. Tuttavia il mio cuore perde un battito quando mi accorgo di quel livido bluastro che ho in fronte, a destra, sicuramente dovuto al combattimento con Peter. Mi mordo la lingua per non imprecare. Questa non ci voleva proprio. Mi vergogno terribilmente, ma non posso farci niente. Così, mi asciugo in fretta i capelli, riordino le mie cose e schizzo in corridoio. Mentre esco dallo spogliatoio, quasi vado a sbattere contro Philippe. È un mio caro amico ormai da parecchi anni. È stato uno dei primi con cui ho legato qua alla caserma, oltre a James. Ricordo che mi aveva colpito subito per la sua determinazione: è nato senza due costole e una parte di faccia, e gli hanno dovuto fare un intervento di urgenza in ospedale per salvarlo quando era ancora un neonato. Per questo ora ha la faccia un po storta e la camminata traballante, ma questo non gli ha di certo impedito di scegliere la sua strada: si è sempre impegnato duramente, e la sua simpatia e la sua allegria innata hanno subito conquistata me e gli altri del nostro squadrone. "Ciao Andy" mi saluta amichevolmente. "Ehi" farfuglio, mentre mi copro il livido con una ciocca di capelli, pregando che non si sia accorto di nulla. "Dove stai andando?" Gli chiedo poi, disinvolta. La campana che indica l'ora di dirigersi in mensa, mi risponde per lui. "Beh, andiamo allora." Mi posiziono alla sua destra, così da non fargli notare la ferita in fronte, e attacco discorso, cercando di tenerlo il più lontano possibile dalla mia penosa sessione di allenamento. "Allora... Tu hai deciso cosa sceglierai come combattimento all'esame di domani?" Alludo alla massacrante prova che terremo il giorno seguente. In questo periodo, ci stanno facendo effettuare svariati test, uno più duro dell'altro, in modo da portare solo i migliori al grado successivo. Quello di domani sarà la prova finale: ci hanno detto che consisterà in un combattimento contro un allenatore, che non sarà il nostro (in modo da essere il più neutrale possibile) con l'arma scelta da noi; non sono molto preoccupata, ho già affrontato prove più dure. E poi, mi manca così poco per ottenere il grado di caporale maggiore. Una volta avuto quest'ultimo, ognuno è libero di scegliere se continuare qui il proprio addestramento o diventare un'agente segreto dell'Imperatore; in questo caso si dovrà lasciare la nostra Base e andare nella Capitale, dove si verrà addestrati in un campo a parte. Molta gente spesso molla: la tensione, il duro lavoro, tante volte risulta eccessivo. Ma che senso ha? Ormai siamo qui, abbiamo scelto. Lasciare tutto ed andarsene è da perdenti. Non è da combattenti. E noi siamo questo, siamo soldati. "Non ancora. Pensavo o a lotta libera oppure agli spadoni." Philippe mi squadra con un'occhiata divertita ma non canzonatoria, tanto che scoppio a ridere. È questo che mi piace di lui: riesce a tirarmi su di morale con una semplice battuta o sdrammatizzando. "E tu?" Mi chiede poi, curioso. "Avevo pensato al duello col fioretto" Lui annuisce, soddisfatto della mia scelta. In quel momento arriviamo alla mensa, che ci accoglie con un brusio di voci e un tintinnio di posate. É all'ultimo piano; la nostra caserma è abbastanza grande, ha nove piani in tutto: i primi sette sono per noi ragazzi, ed equivalgono al numero di anni che si devono spendere per diventare militari. Nell'ottavo ci sono gli studenti che hanno finito l'addestramento, e sono militari a tutti gli effetti. Nell'ultimo piano, invece, sono situati la mensa, gli alloggi degli allenatori, le docce e le palestre. Ogni piano ha un'unico corridoio, che si piega su quattro lati; la struttura infatti è a forma di parallelepipedo, e circonda il campo di addestramento che vi è fuori all'aperto. Il tutto è circondato da una cinta alta fino a venti metri; siamo ben muniti in caso di attacco. Amo questo edificio, dal primo momento in cui vi ho messo piede; qua ho vissuto un sacco di esperienze bellissime, sono cresciuta, cambiata. I miei pensieri sono interrotti da una voce che mi chiama. Mi giro e scopro che si tratta di Rachel. Un sorriso spontaneo si schiude sul mio viso. È inevitabile, ogni volta che la vedo il mio cuore piroetta su sè stesso. È sempre al mio fianco se vede che sono giù, o sto male, od ho bisogno di un qualsiasi tipo di sostegno. Ricordo che una volta, durante le lezioni del nostro primo anno, mi ero fatta male ad una gamba durante una festa con dei nostri amici, ed avevo paura delle sfuriate che Aper mi avrebbe certamente rivolto alla sessione d'allenamento quotidiano. Così, lei mi aveva condotto in bagno, dopo aver rubato dei dolci alla mensa, e avevamo passato le ore che avrebbero dovuto essere di allenamento lì, a mangiare e a scherzare ricordando la nostra vita precedente, al di fuori di qui. Poi c'eravamo date malate per tutto il giorno. Da allora Aper non mi aveva più fatto paura, e avevo capito che per soddisfarlo avrei dovuto mettere tutto l'impegno possibile nelle mie sessioni di allenamento. "A!" Mi saluta affettuosamente e mi prende per mano, lasciando un Philippe solo, all'ingresso della sala refettorio, perplesso e confuso. "Hey R, cos'è tutta questa fretta?" La apostrofo io ridendo, usando il nostro solito nomignolo con cui ci chiamiamo. "È arrivato un pacco per te!" Mi dice soltanto, trascinandomi tra i tavoli, finché scorgo, nella sesta corsia alla lettera A, il nostro solito gruppo di amici, che fissano con un po' troppa curiosità la tavola che ha di fronte. "Cos'è, oggi hanno finalmente deciso di servirci cibo commestibile?" Scherzo io mentre Rachel mi fa sedere con un po' troppa enfasi su una sedia di fianco a lei. "Purtroppo no" mi risponde Emily, una nuvola di capelli rossi e lentiggini. "Ma è successo qualcosa di meglio" Sogghigna, ammiccandomi con i suoi occhi verdi, un'espressione curiosa stampata in viso. È allora che vedo, al centro della tavola, una scatola bianca larga e lunga mezzo metro. Sopra c'è scritto soltanto "Andy. Squadrone A, sesto anno." Qua è la prassi: chiunque voglia spedire qualcosa, al di fuori della caserma, deve per forza inviare un pacco in cartone, scrivendo solo le informazioni necessarie a recapitarlo. Potrebbe essere qualsiasi cosa. "Su, aprilo!" Mi esorta Paul, il ragazzo robusto dagli enormi occhi chiari e folti capelli scuri di fianco a me, porgendomi con gentilezza il pacco. Mi sento un po' in imbarazzo ad aprirlo davanti a tutti, ma prendo lo stesso il pacco tra le mani leggermente tremanti e lo scarto con decisione: qua, più si è sicuri di sé e lo si fa vedere, meglio è, anche solo se si è tra amici. Così, quando lo apro, tutto mi aspetto di trovarvi all'interno tranne che una busta bianca, ben sigillata; sopra non vi è scritto niente. Tuttavia, quando la giro, riconosco subito la calligrafia: è del mio ragazzo Jon, più grande di me di 3 anni. Lavora nell'avanscoperta, qua alla Base Nord: è uno dei pochi coraggiosi che va a perlustrare le zone militari, una volta nostre nemiche, ora solo confinanti; specie in quelle appartenenti alla Provincia del Sud. Infatti, venti anni fa, quando lo zio di Noah comandava prima di lui, l'impero era diviso a metà: le Provincie del Nord e dell'Ovest da una parte, quelle del Sud e dell'Est dall'altra. Il motivo era semplice: prima della nascita dello zio di Noah, chiamato Caius, le Province vivevano in modo indipendente: non esisteva una capitale, ognuna aveva il proprio centro di controllo, il proprio capo e le proprie regole; tuttavia, esse si facevano molte volte le guerre tra di loro, portando solo distruzione e morte. Fu così che, quando Caius, appartenente alla nostra Provincia, divenne un giovane guerriero e vide le atrocità causate dalla guerra, capì che solo unendo le Province si sarebbe fermato questo scempio. Pertanto, dopo anni di trattative, riuscì a portare dalla propria parte anche la Provincia dell'Ovest, costringendo le due rimanenti ad allearsi tra di loro, per non essere in inferiorità numerica. A capo delle Provincie del Sud e dell'Est salì Mark, un uomo assetato di potere e bramoso di vittorie personali, che convinse le due Province a scatenare una guerra contro quelle del Nord e dell'Ovest, per annientarle e innestare un regime dispotico e tirannico. Tuttavia Caius era più forte e aveva dalla sua parte due Province con cui condivideva le opinioni e il sogno della pace, così fu facile sconfiggere Mark in battaglia, a cui risparmiò la vita, e far passare dalla propria parte le Città nemiche. Da allora, si occupò di restituire l'ordine nelle Province e costruire la capitale. Alla sua morte, scelse come suo erede Noah, che istituì il consiglio degli anziani, 4 per ognuno delle Province, che lo aiutano e consigliano nelle decisioni. Tuttavia da un paio d'anni a questa parte, sono giunte notizie che Mark si trovi nella Provincia del Sud, la quale è sempre stata quella più scontrosa e solitaria. Così un mese fa, hanno mandato i migliori militari in avanscoperta da tutte le Province restanti -in modo da non creare preferenze e unirle ancor più in questo modo- a vedere cosa stia succedendo. Sono felice che mi abbia mandato una lettera: vuol dire che sta bene. Tuttavia, la scritta che leggo sul retro della busta, mi causa una fitta allo stomaco. "Importante: da aprire quando sei sola." "Allora, che cos'è?" mi incalza Rachel, fremente di fianco a me. In tutta risposta, sfoggiando la mia migliore disinvoltura, sollevo la lettera, stando ben attenta a non far vedere la parte posteriore. "Uuh, scommetto che è di Jon!" Esclama Emily, lanciandomi un'occhiata complice. "Il bel militare più grande di noi?" Le fa eco Paul, strizzandomi l'occhio e guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia. Tutti si stringono ancora di più intorno a me: è ovvio che vogliono sapere notizie in anteprima, soprattutto perché Jon le ha vissute di prima persona. "Beh che aspetti? Apri la busta!" Mi incoraggia Rachel, che ormai non sta più nella pelle. Non so che fare. Ovviamente non ho nessuna voglia di aprirla di fronte a loro. Non solo perché mi ha avvisato di leggerla esclusivamente da sola, ma anche perché potrebbe contenere cose intime che riguardino solo me e lui. Ma non ho scelta. Sto per aprire la busta, quando in quel momento si sente uno squillo: è il segnale che la cena è servita. Infatti, dal fondo della sala, in cui si trova la cucina, escono i cuochi trasportando carrelli carichi di vassoi fumanti. Dopo essersi posizionati in fila indiana rivolti verso di noi, è il momento di fare la fila per prendere la propria razione di cibo: iniziano a servire la cena dai più piccoli, quelli del primo anno, fino ad arrivare a quelli dell'ottavo. "Ragazzi, è meglio se iniziamo a prendere posto" consiglio io, riponendo velocemente la busta nella scatola e chiudendola innocentemente. Tutti acconsentono, di malavoglia. Tuttavia mentre ci avviamo col piatto in mano in fondo alla fila, Emily mi afferra per il braccio. "Come sta Jon?" Mi chiede apprensiva. È l'unica tra i miei amici che lo conosce di persona, perché è con lei che l'ho incontrato la prima volta durante un piccolo raduno organizzato dagli allenatori per farci socializzare, cinque mesi prima. Da allora quando si vedono si salutano sempre, ma la loro amicizia finisce lì. Però mi rincuora il saperla preoccupata: vuol dire che correrebbe dei rischi per lui, in caso di necessità. "Credo bene." Dico io con scioltezza, fingendomi ignara della sua domanda. "Andiamo, smettila. So che è stato lui a spedirti la lettera; non avresti reagito così se si fosse trattato di qualcun altro" Ha ragione. Mi giro verso di lei, sorpresa; sono così pessima nel mentire? Arrossisco e abbasso lo sguardo, mortificata. Emily mi guarda e mi sorride, con dolcezza. "Stai tranquilla, se ti dà fastidio non leggercela. Ti capisco." La guardo riconoscente, ma prima che possa aprire bocca e ringraziarla, sento qualcuno farmi il solletico sui fianchi. Istintivamente mi giro di scatto, il piatto davanti a me come protezione: una delle prime regole che ci insegnano qua, è lo stare sempre allerta. "Mi arrendo!" Esclama James alzando le mani in alto, ridendo di gusto. "Cretino" bofonchio io, guardandolo male. "Molte grazie" mi risponde cortesemente, facendo un piccolo inchino. "Di che parlate, belle ragazze?" Aggiunge poi, salutando con un cenno Emily e prendendomi sottobraccio. "Di niente" dico in fretta, ma lei è più veloce di me. "Di Jon. Sai, è andato in avanscoperta con i nostri un mese fa, e ci stavamo chiedendo come se la stesse cavando." Le tiro una gomitata, stizzita. Ma che discorsi sta facendo? Con James poi, che è sempre così geloso! Lei mi risponde con uno sguardo obliquo. So cosa sta pensando. Lei non è l'unica fra i nostri amici a sostenere che tra me e il mio migliore amico non ci sia semplice amicizia. Io non mi sono mai fatta domande, perché ho Jon e so che James è innamorato di Rachel. Tuttavia mi inizio a chiedere se non abbiano ragione, visto che questo pensiero lo condividono in molti... "Ah." È la risposta secca di James, che mi desta dai miei pensieri. "Dai non preoccuparti, sicuramente sta bene. Da quello che mi dici sembra un bravo soldato." Aggiunge poi lui, cercando di rincuorami. "Ed è così." Conferma Emily, incoraggiante "Pensa che nel giro di due anni è già riuscito a diventare sergente! È uno dei più giovani che è stato scelto tra i militari per essere mandato in ricognizione." Abbozzo un sorriso, perché so che hanno ragione, ma la stretta allo stomaco che ho da quando ho letto il retro della busta non mi abbandona. Il resto della cena la passo a mangiare qualche boccone di cibo e a scherzare coi miei amici, cercando di ignorare il più possibile il contenuto della lettera. Tuttavia mi sento sollevata quando riesco finalmente a scendere le scale insieme agli altri. Dó velocemente la buonanotte a Philippe, Paul e James, i quali si dirigono verso il dormitorio maschile dall'altra parte del corridoio, mentre io, Rachel ed Emily continuiamo insieme per un altro po'. Poi io e Rachel, che dormiamo nella stessa stanza, salutiamo Emily ed entriamo nella nostra piccola camera. I due letti a castello appoggiati a sinistra della parete, il nostro minuscolo bagno a destra ed un armadio di faggio fissato alla parete ci salutano accoglienti. Mi tolgo le scarpe e mi arrampico velocemente sul mio letto, quello superiore. Aspetto che la mia migliore amica vada in bagno per lavarsi i denti e finalmente riapro la scatola, mentre i miei battiti cardiaci aumentano. Afferro la busta. La guardo ancora per qualche momento, interrogandomi sul possibile contenuto, poi mi decido ad aprirla. Leggo velocemente il contenuto della lettera, angosciata. "Andy, Scusa se non sono riuscito a scriverti prima come avrei voluto, ma ci hanno costretti ad una marcia forzata in mezzo alla foresta che ricopre l'intero tragitto tra i confini della nostra Base e quella del Sud; perciò non ho avuto un attimo di tempo fino ad ora. Sto bene, quindi non preoccuparti per me. Ma devi stare attenta, sia a te che ai tuoi amici: siete tutti in grave pericolo. Oggi abbiamo trovato venti dei nostri perlustratori mensili brutalmente massacrati e legati poi a degli alberi dove sono stati marchiati a sangue: il marchio indica lo stemma della Provincia del Sud. Questo vuol dire che sono vicini, ci osservano, studiano ogni nostra mossa; e probabilmente uno dei loro prossimi piani sarà attaccare noi e la nostra caserma. Il nostro tenente ha deciso, con mio totale disappunto, di non inviare queste informazioni alla Base, perché dice che non dobbiamo correre a conclusioni affrettate e che potrebbe essere una trappola o uno stratagemma. Perciò tieniti pronta. Mi raccomando, stai allerta e non dire al comando quello che ti ho riferito, o finiremmo tutti nei guai. Se dovessero attaccare, non restare lì a difendere la nostra caserma. So che probabilmente ora starai protestando e sarai contraria, ma fidati di me, saranno in tantissimi all'assedio: sanno quello che fanno; rimanere lì è tempo perso. Perciò prendi con te più gente possibile e scappa nella Base della Provincia dell'Ovest, che è la più vicina e la più sicura. Lì scrivimi e io verrò a prenderti, se sarò in grado di farlo. Per recapitare una lettera basta che lo affidi ad uno dei corrieri che va periodicamente in ricognizione, il quale mi troverà. La busta la dovrai indirizzare al mio squadrone, G, al sergente Jon Fysh. Mi manchi molto, spero di rivederti presto. Sappi che sei il mio primo pensiero la mattina e l'ultimo la sera. Ti amo, Jon." Finisco di leggere e mi butto all'indietro sul letto, terrorizzata. Per qualche istante non riesco né a muovermi né a pensare, mentre l'adrenalina che ho in circolo mi pulsa veloce nelle vene. Non riesco a crederci... Venti di noi uccisi senza pietà e marchiati a sangue come bestie, un tenente che si rifiuta di fare rapporto alla Base per non gettare nel panico l'intera caserma e un possibile attacco da parte dei soldati della Provincia del Sud, di cui Jon è talmente sicuro che saranno così spietati e numerosi da ordinarmi di fuggire... Jon! Scatto a sedere, più impanicata di prima. Jon è la fuori, in mezzo a quei barbari feroci. Chissà, magari ora che è notte e sta riposando, ombre scure si stanno calando giù dagli alberi, stanno sgozzando le poche sentinelle messe a fare la guardia all' accampamento dei nostri e... Rachel spalanca la porta del bagno, facendomi sussultare. "Ehi A, tutto bene?" Mi chiede perplessa. "C-certo" farfuglio io mentre caccio la busta sotto le coperte e calcio la scatola lontano, sperando che non si sia accorta di nulla. La mia amica mi guarda sospettosa, poi decide di lasciar stare. Si dirige verso il nostro armadio, prendendo carta e penna da un ripiano dove teniamo diari e quaderni che ci servono durante le lezioni, poi si sdraia sul letto e inizia a scrivere. Giusto, le dieci pagine per Aper. Me ne ero completamente dimenticata. Scendo veloce e prendo anche io i fogli e una penna. Mentre sto per risalire sulla scala del nostro letto a castello, il mio sguardo si sofferma per un istante sull'orologio ticchettante posizionato sul muro di fronte a noi. Sono le nove e mezza. Sospiro rassegnata. Invece di dormire per presentarmi riposata al test finale di domani, mi tocca sprecare il mio tempo così. Non che dopo la lettera di Jon sia in grado di dormire, comunque. Così salgo sul letto e comincio a scrivere. "Regolamento ufficiale per il combattimento con gli spadoni..."
   
 
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