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Autore: Dugongo99    10/08/2016    0 recensioni
Andy è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord, che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero.
Mentre la ragazza si sta preparando per affrontare uno dei più ardui test mai eseguiti durante la sua carriera da militare, nella Provincia del Sud nascono dei contrasti e delle lotte interne che insospettiscono le altre, le quali decidono di mandare in perlustrazione dei soldati esperti. Tra essi vi è anche il ragazzo di Andy. E quando quest'ultimo le manderà una lettera dove le racconterà quello che ha scoperto, la ragazza dovrà decidere se seguire il suo cuore oppure il dovere, che la lega alla propria patria da quando era solo una bambina.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le parole del Gran Maestro rimbombano nella mia testa, prendendosi gioco di me. Il mio stomaco si contrae in una morsa dolorosa, mentre cerco di deglutire, inutilmente. La mia gola è un blocco di marmo, impenetrabile. Non è possibile. Ci deve essere un errore. Come può essere sbagliato? Il mio ragionamento fila alla perfezione, ne ero sicura, ne sono sicura. Come se mi avesse letto nel pensiero, sento la voce rauca dell'anziano precettore innalzarsi nell'aria come un canto funebre. "L'argento non è lo scrigno giusto; quest'ultimo infatti è quello di bronzo. La ricchezza più grande è quella interiore, che non va assolutamente giudicata dalla preziosità esteriore." Incasso tutto senza dire una parola, serrando la mascella e annuendo piano. Mio malgrado, devo ammettere di essere d'accordo. Alle mie spalle avverto Raja ghignare, soddisfatta. Alla fine ce l'ha fatta, ad umiliarmi. Era quello che voleva fin dall'inizio. Mi volto verso di lei, il sangue che mi ribolle nelle vene. "Sei contenta, adesso?" Il mio è un ringhio. Lei mi ignora. La sua attenzione ora è tutta rivolta a Mark. "Te l'avevo detto. Non è degna di stare qui, con noi." I lunghi capelli corvini di Mark sono mossi da una leggera brezza, come se anche il vento si inchinasse davanti al suo cospetto. "E io ti avevo detto che non era ancora pronta." La sua voce risuona come un basso tamburo, nel silenzio della radura. "Pronta? Dovrebbe già essere pronta da un pezzo! Ha pressappoco la mia età, il tempo degli addestramenti è finito!" "Ha ricevuto gli addestramenti sbagliati, e tu lo sai." Il timbro di Mark è violento, e interrompe le obiezioni della ragazza. Rabbrividisco, indispettita dai loro commenti e impaurita dal repentino cambiamento di umore del loro capo. Assomiglia al tuono, prima del temporale. A cui non ho voglia di assistere. "Chiedo il permesso di ritirarmi." Istintivamente scatto sull'attenti, come è solito fare alla Provincia del Nord. Ma evidentemente qua non si usa, perché vedo i volti dei presenti contorcersi in un irritante smorfia di perplessità. "Accordato." Risponde tuttavia Mark, in segno di congedo. Chino impercettibilmente il capo in gesto di saluto, poi inizio a dirigermi verso la giungla, in direzione della caserma, di cui si intravede solo la cupola candida, ora baciata dal tramonto. "Voltare le spalle alla tua sconfitta, dimostra soltanto quello che io continuo a sostenere." Il grido di Raja è acuto e insopportabile. Mi fermo, irrigidendomi. Chiudo gli occhi, cercando di estraniarmi da questo senso di rabbia che inizia ad avvolgere tutte le mie viscere, riscaldandomi, espandendo i suoi tentacoli ovunque. Stringo i palmi delle mani, ignorando le fitte lancinanti dovute alle ferite che mi sono fatta saltando da un albero all'altro. Lentamente mi giro verso di lei. "Tu potrai pure continuare a ripetere che sono senza cuore, ma ricordati che quando avevo quella fottuta pistola in mano e la puntavo contro di te, potevo ucciderti. E ho scelto di non farlo." La vedo ammutolire, incapace di dire qualcosa. La continuo a fissare per lunghi istanti, poi scatto in direzione della giungla. L'afa infernale mi assale, famelica, le fronde viscide mi graffiano il viso, le braccia e le gambe, ma io non diminuisco la mia andatura. Solo quando sono in prossimità dell'edificio della caserma, rallento. Il vento fresco mi accoglie come un cane che fa le feste al padrone che è appena rincasato. Il sole sta ormai scivolando tra le braccia della notte, mentre le prime stelle iniziano ad affacciarsi nel cielo. Lo spiazzo, prima gremito di soldati, ora è deserto. Probabilmente saranno alla mensa, a cenare. A questo pensiero il mio stomaco gorgoglia, ricordandomi che il mio ultimo vero pasto sono stati i datteri, nell'oasi. Forse, mentre ero incosciente, in infermeria mi hanno iniettato qualche diavoleria per rimettermi in sesto. Ma evidentemente non è bastato. Decido che prima di andare alla ricerca di cibo, farò un salto in astanteria, per medicarmi le mani e vedere come sta James. Mentre ripercorro a ritroso il percorso fatto questo pomeriggio, scorgo un manipolo di ragazzi di fianco al muro della caserma. Avvicinandomi meglio riesco a scorgere un ragazzo, al centro, appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto, che parla con un mezzo sorriso sul volto. Intorno a lui, un gruppetto di ragazze ridacchianti lo circondano a ventaglio. Non posso trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo. Ma come possono essere attratte da uno spaccone arrogante del genere? Non me ne capacito, ma d'altronde non sono affari miei. Tuttavia possono comunque tornarmi utili. Mi passo una mano tra i capelli, mentre mi accosto senza troppi complimenti a loro, guadagnandomi un'occhiataccia da tutte le presenti. "Sapreste dirmi dove si trova la mensa?" Mi sforzo di usare il tono più gentile possibile, sebbene sia arrabbiata, affamata e ferita. Una bestia in trappola, per certi versi. Un gelo implacabile mi investe in pieno, mentre nessuno ha la decenza di rispondermi. Sto quasi per rinunciare, quando il ragazzo si alza dalla parete da cui era appoggiato, i raggi lunari che gli illuminano il viso, prima coperto quasi per intero dall'ombra del tetto. E, con una punta di stizza, capisco perché piace così tanto a queste smorfiosette. È alto, molto alto, e muscoloso. La tunica aderente gli ricade in modo impeccabile sulle spalle larghe, il petto grosso che si muove ritmicamente. Le braccia sono toniche e guizzanti, emanano un non so che di protettivo. E il suo viso. Sembra stato scolpito dagli angeli. I lineamenti sono fini ma non femminili, gli zigomi marcati accompagnano dolcemente il naso perfetto, fino ad arrivare alle labbra piene. Ma la cosa più sorprendente sono gli occhi. Blu, di un celeste intenso, due zaffiri incastonati in un volto umano, lievemente coperti da ciuffi biondi e mossi, ribelli. La sua pelle è chiara, ma in questo momento non sono mentalmente capace di chiedermi il perché. Dolcemente mi si avvicina, come se fossi il gioiello più raro di tutti e lui fosse un cercatore scapestrato che da anni è alla mia ricerca. I suoi occhi sono socchiusi, mi esplorano tutto il corpo, dietro le ciglia scure. Il mio fisico freme involontariamente. Scioccamente, non riesco a distogliere gli occhi dalle sue labbra. Così belle, delicate e letali. Sono schiuse, come una rosa che non è ancora sbocciata del tutto. "E così tu saresti la ragazza degli struzzi?" La sua voce è vellutata, rende ogni parola magica. Ci metto un po' a comprendere quello che mi ha detto, troppo concentrata ad ascoltare quella dolce musica. E quando capisco, abbozzo un sorriso. Almeno, come soprannome è originale. Sempre meglio di "perdente senza cuore", come tra poco inizierà a chiamarmi la gente quanto Raja spargerà la voce riguardo la nostra sfida. Il ragazzo avanza ancora di un passo, e io perdo la concentrazione. Continua a esaminarmi, come se ora fosse riuscito a tirarmi fuori dalla miniera e a portarmi alla luce del sole. Solo dopo qualche secondo capisco che sta aspettando una mia risposta. "Sì." Riesco solamente a dire, leggermente in imbarazzo. "E avrei fame." Aggiungo, più decisa. Ancora un suo passo, e capisco di essere vicina a perdere l'equilibrio. "Dall'infermeria prosegui lungo il corridoio, l'ultima porta in fondo a destra." Il suo profumo mi avvolge, esotico e sconosciuto, mentre si fa sempre più vicino, implacabile. Un predatore a caccia. Si ferma a un soffio dalle mie labbra. Il suo sguardo è indecifrabile, l'oceano dei suoi occhi è mosso, le onde si rincorrono l'un l'altra vogliose, desiderose di amarsi. "Se vuoi, posso accompagnarti io." La sua voce fa sussultare ogni angolo del mio corpo, la mia pelle che si ricopre di un velo involontario di dolci brividi. Poi, la parte razionale del mio cervello riprende finalmente il controllo su di me e mi ricordo di odiare quelli come lui. Donnaiolo, presuntuoso. E un soldato del Sud. Chissà se ha ucciso lui, Rachel. Il mio primo istinto è quello di prenderlo a calci, ma decido di stare al suo gioco. Probabilmente devo essere la prima ragazza a non essere cascata nel suo stupido e volgare tranello. Così è il mio turno accostarmi a lui, il mio inconscio che ghigna, sfregandosi le mani. Le nostre ciglia si sfiorano, le punte dei nostri nasi si baciano lievemente. "Grazie." Gli bisbiglio suadente. Apro leggermente la bocca, e anche se lui rimane impassibile so di fargli un certo effetto. "Ma no, grazie." Poi mi allontano di colpo, voltando le spalle all'allegra, beh forse non tanto, combriccola, un senso di trionfo che mi copre le spalle come uno scialle pregiato. Ho fatto solo una falcata, che sento qualcuno afferrarmi per un polso. Mi giro, stupita e irritata, e vedo che è lui. Cerco di ribellarmi, ma la sua presa è decisa. Con una delicatezza di cui non lo credevo capace, mi sfiora le ferite sui palmi, allontanandomi per un attimo dal dolore. Sussulto, il mio cuore che per un secondo smette di battere, colpito. "Sei ferita." La sua affermazione mi fa inarcare un sopracciglio. "Ottimo spirito di osservazione, come hanno fatto a non averti ancora promosso?" Poi mi libero dalla sua stretta, disgustata da tanta spavalderia. "Ci vediamo a cena." Mi urla lui, quando sono già lontana. "Contaci." È la mia risposta, gridata a mia volta. Il senso di nausea che mi ha provocato la conversazione non mi è ancora passata del tutto, quando entro in infermeria. La stanza è deserta, fatta ad eccezione per il lettino di James. Lui è ancora incosciente, e guardarlo mi provoca una dolorosa stretta al cuore, così decido di bendarmi velocemente le mani con della garza che trovo lì, per poi uscire subito. Seguendo le istruzioni dello Spaccone, così decido di soprannominarlo, riesco in poco tempo a raggiungere la mensa. Stranamente, però, nessuno parla, nonostante siano presenti tutti i soldati. A pensarci bene, nessuno sta neppure mangiando. Tutti hanno la testa china, le gambe incrociate sulle lunghe panche che accompagnano le tre tavolate per tutta la lunghezza della stanza. La luce di un'unica lampada pendente, decorata a formare come ali, illumina i loro visi scuri. Immediatamente scorgo Spaccone e il suo stuolo di ammiratrici nella tavolata più a sinistra, che scarto subito. Poi, con la coda dell'occhio, mi accorgo di Sarah e Richard nell'angolo della prima a destra, in disparte. Meglio così. Velocemente li raggiungo, notando con piacere che mi hanno tenuto il posto e anche un piatto di cibo. "Ma cosa diavolo stanno facendo?" Sussurro, mentre mi siedo. Ovviamente è Richard a rispondermi, non prima di essersi sistemato gli occhiali. Evidentemente devono avergliene dato un paio nuovo. Questi sono leggermente più grandi rispetto a quelli che aveva in precedenza, e gli ingigantiscono gli occhi, facendoli risaltare ancora di più sul viso magro. "Pregano gli spiriti di ciò che hanno sacrificato per questa cena, ringraziandoli." Aggrotto involontariamente la fronte, guardando nel piatto. È una specie di cous cous: intravedo riso, pesce e verdure. Stanno veramente pregando tutti lo spirito della zucchina? Questi sono matti. Mi mordo le labbra per non ridere, mentre mi accorgo con piacere che Mark, in fondo alla tavolata centrale, ha dato il segnale di procedere con il pasto. Non me lo faccio ripetere due volte. Mi fiondo sul mio piatto, famelica, il mio stomaco che gorgoglia sonoramente. Il cibo non è male: forse un po' più speziato a quello a cui sono abituata, però saporito. O forse mi fa pensare così la fame. Quando ho spazzolato la mia razione, mi giro verso i miei due compagni. "Allora" esordisco, curiosa "che avete fatto oggi?" Noto subito il viso di Sarah illuminarsi. "Io ho conosciuto un ragazzo!" Dal modo in cui lo dice, è impossibile non intuire che le piaccia. E ho un terribile presentimento. "Ti prego, non dirmi che è biondo." "Cosa? No, affatto... È moro con gli occhi scuri... Si chiama Quasim." Tiro un sospiro di sollievo, grata che non si tratti di Spaccone. Ora rimane solo da capire una cosa. "Non è che ti sei presa una cotta?" A quel punto la mia amica arrossisce fino alla punta dei piedi, firmando la sua condanna. "Ma non dire sciocchezze..." "Santo Cielo Sarah, lo sai che queste persone sono il nemico? Che siamo in guerra con loro?" "Certo, ma..." "Io proprio non riesco a crederci." "Ma io..." "Almeno gli hai estorto qualche informazione?" "Veramente no..." Mi mordo la lingua per non imprecare, mentre cerco di calmarmi. Lei non ha vissuto quello che abbiamo vissuto io e James, lei non ha visto gli orrori della guerra causati da loro. Non può capire. Probabilmente si sente sola, e quel ragazzo non l'ha più fatta sentire così. Se non altro, questa cosa potrà tornarci utile. "Devi cercare di farlo, d'ora in poi. Siamo qui per questo, no?" La mia voce è più dolce, e mi complimento mentalmente. Vedo Sarah annuire, e decido che è meglio se chiudiamo qui il discorso. Poi mi volto verso Richard. "Io ho indagato su quel manipolo di soldati che avevamo visto nel deserto... Quello per cui tra poco i servizi segreti imperiali non ci ammazzavano." Finalmente, qualcuno che ragiona. "Scoperto qualcosa?" Mi accorgo con un balzo al cuore che il suo sguardo si è incupito terribilmente. "La cosa strana è che tutti affermano di non avere mai ricevuto questi ordini. In pratica, che nessuno sia mai uscito dalla caserma." Rabbrividisco, il ricordo di una camera buia e una sedia a cui ero incatenata che mi rischiara vivida la memoria. Non è possibile. Siamo stati quasi uccisi per quello, noi quei soldati li abbiamo visti. Come possono non essere mai usciti da queste mura? "Ti sei fatto un'idea?" La mia voce è un flebile bisbiglio. Richard annuisce, piano. "Secondo me non si fidano di noi, nonostante tutto. Siamo arrivati qui solo da un giorno, non ci conoscono ancora." Possibile. Mi basta pensare agli incontri che ho fatto oggi, per sentirmi d'accordo con lui. Eppure... Per loro noi ci siamo esposti, ho persino rivelato la localizzazione della base del servizio segreto Imperiale... "Oppure." Continua il nostro compagno "Quelli che abbiamo visto erano degli impostori." Deglutisco. Ora credo che stanotte avrò gli incubi. "Impo... Impostori?" Riesce a chiedere Sarah, sconvolta. "Ma chi?" Le faccio eco. A queste domande evidentemente Richard non sa rispondere, perché lo vedo rimanere zitto e stringersi nelle esili spalle. Tutto d'un tratto, il senso di pericolo e allerta che ho da quando sono qui si intensifica, il mio cuore che martella nel petto, una musica inquietante che inizia ad aleggiare nella mia mente, come se fosse un disco inceppato. Non siamo mai stati al sicuro. Se Richard ha ragione, vuol dire che qualcuno ci vuole morti. Sin dall'inizio di questa missione. Qualcuno folle, con molto potere... Sento un tocco sulla mia spalla, e in un baleno mi ritrovo con il coltello in mano, in piedi, la mano dello sconosciuto stretta in una morsa. Batto le palpebre, rendendomi conto di star puntando la mia posata contro il volto di Raja. Abbasso la mia arma improvvisata, rimettendola senza troppi complimenti sul tavolo. Solo adesso mi rendo conto che è calato un imbarazzante silenzio intorno a noi, mentre tutti mi fissano. Di nuovo. Scrollo le spalle, ormai è abitudine. Così decido di concentrarmi sulla ragazza che ho di fronte. "Che cosa vuoi?" Il mio tono è brusco. Lei stringe le labbra, come a trattenersi. O a mantenere la calma. "Vorrei parlarti. In privato." La sua voce non è tagliente come al solito, anche se intuisco che si sta sforzando di essere gentile. "Per cosa? Piantarmi un pugnale tra le scapole?" A questa provocazione lei non risponde, limitandosi a passarsi una mano tra i lunghi capelli scuri. "No. Le tue parole di oggi mi hanno colpita e..." Per la prima volta la vedo in difficoltà. Forse è imbarazzo. "Beh, ecco, forse non ho considerato il fatto che se sono viva ora è perché tu mi hai risparmiata." Le sue parole mi colpiscono. Credo che sia per questo, che mi convinco a seguirla fuori, senza dire più una parola, annuendo soltanto. Il fresco della notte è una stilettata per i miei polmoni. Il vento è aumentato, e gioca a scompigliarmi i capelli. Quasi non sento la voce di Raja, che urla per superare l'ululato del vento. "Vieni, voglio mostrarti una cosa." Credo di essere uscita di senno, mentre mi affido alla persona che penso mi odi di più al mondo, seguendola come un animale ammaestrato. Quando arriviamo davanti a una scala che porta sul tetto dell'edificio, la cosa inizia a inquietarmi e incuriosirmi al tempo stesso. Sto facendo bene a fidarmi? Le mie mani sussultano sotto le bende mentre mi aggrappo ai pioli, ma le ignoro. Una volta in cima, mi dò una rapida occhiata intorno, chiedendomi perché mi ha portata fin quassù. A nord, l'edificio dà al deserto, ora blu come la notte. Al centro, la cupola svetta in tutta la sua eleganza, snodandosi verso il cielo, desiderosa di carezzare la luna. Chissà cosa contiene al suo interno. Mi riprometto di scoprirlo. A ovest, la giungla dorme placida; solo qualche volta il suo russare prorompe sotto forma di qualche ululato o strido di animali notturni. Girandomi verso est, noto che gradualmente il deserto si ritira, lasciando il passo a una pianura di grossi massi, candidi e puri. E poi, lo vedo. A sud, dove pensavo ci fosse altro deserto, c'è il mare. Vivo, splendente grazie al riflesso delle stelle che si riflettono in esso. È come un secondo cielo, solo che questo respira, e dai suoi sbuffi si libera spuma, che si increspa fino a formare selvaggi cavalloni, che si rincorrono gioiosi in quella prateria blu. Non una nave rovina questo meraviglioso paesaggio. Anzi, ora che ci penso non scorgo nemmeno un porto. Come se Raja fosse nella mia testa con me, la vedo sorridere dolcemente, forse felice del mio stupore. "Noi non inquiniamo. La natura è nostra madre, e come tale la rispettiamo. Per questo non abbiamo abbattuto la giungla, ma anzi l'abbiamo resa un nostro punto di forza, dove poterci allenare e temprare." La giungla. Ecco perché può esserci, qui. Grazie al clima umido che proviene dall'oceano. "È..." La mia voce trema, e sono costretta a schiarirmela. "È per questo che mi hai portata qui?" Solo ora mi giro verso di lei, che scorgo essere seduta sul bordo, le gambe penzoloni, in direzione del mare. Mi siedo di fianco a lei, abbracciandomi le ginocchia al petto. "Sì." Forse lo ha fatto per mettermi alla prova. Dalla mia reazione avrebbe capito come sono realmente. Se uno sporco soldato del Nord, una macchina per uccidere, o una ragazza con ancora del buono, nonostante tutto. E la cosa strana, è che inizio a chiedermelo anche io di lei. Con la coda dell'occhio la osservo, i suoi occhi scuri incorniciati da lunghe ciglia che guardano l'orizzonte, i capelli mossi che le volano intorno, facendola sembrare avvolta da una bruna nuvola. Gli zigomi alti le danno un'espressione quasi regale, il naso leggermente all'insù un tocco di originalità. Sembra una regina, una regina molto triste. Per causa mia. E per la prima volta in tutta la mia vita, mi sento in colpa. Per quello che ho fatto, per il mio lavoro. Per la mia vita. Sono stata io a farle così male. Sono stata io a portarle via la persona che amava. Vorrei tanto dirle che mi dispiace, che me ne rendo conto, che non le ho sparato perché forse una parte di me, in modo superficiale, già provava quello che provo ora. Ma non ci riesco. Forse è il mio stupido orgoglio, forse è perché so che comunque non cambierei le cose. Sento che sto per piangere, e mi ritrovo a non sapere il perché. "Dimmi di nuovo una cosa." La sua voce mi coglie alla sprovvista. La vedo girarsi verso di me, e mi affretto a distogliere lo sguardo. "Perché hai deciso di unirti a noi? Dimmelo guardandomi negli occhi." Deglutisco, una paura folle di essere stata scoperta, di non poter sopportare di dire un'altra bugia. Mi giro a fissarla, e i suoi occhi incatenano i miei. Ma che cazzo ha questa gente? Perché mi sento così legata a loro, quando li odio così tanto? E perché più li conosco più mi sento in colpa? "Perché i loro metodi sono brutali. Non ce la facevo più a stare lì." La mia voce esce dalla gola come un fiume gelido, e mi chiedo se potrà convincere Raja. La vedo socchiudere gli occhi e serrare le labbra. Rabbrividisco, pregando che abbia funzionato. Poi, sento come se dei tentacoli invisibili stessero scivolando nella mia testa, in una morsa che si fa sempre più oppressiva, soffocante, mentre le mie tempie esplodono. Aggrotto la fronte, cercando di respingere quest'improvviso assalto. Non so come, ma la mia mente innalza una barriera protettiva, sottile ma dura, mentre quella sconosciuta minaccia preme contro di essa, dolorosamente. Credo che il mio cervello sia sul punto di andare in frantumi. Ma proprio quando sono sul punto di crollare, improvvisi come sono venuti, velocemente si ritirano. Solo ora mi accorgo di avere gli occhi chiusi, il sudore che mi imperla la fronte, il mio respiro affannoso. Le unghie delle mie mani si sono conficcate nelle gambe, che ora sanguinano. "Che... Cos'è stato?" Ho solo la forza di dire, ansimando. In tutta risposta sento le onde del mare infrangersi sulla spiaggia rocciosa. I miei occhi saettano verso Raja, allarmati. E vedo che mi sta scrutando, una strana sorpresa sul viso. Al contrario di me lei non è per nulla provata, e in un lampo di panico mi chiedo se non è stata tutta una mia allucinazione. "È interessante." La sua risposta mi colpisce, e capisco che quei tentacoli me li ha mandati lei, in qualche modo. "Perché l'hai fatto?" La mia domanda è un grumo di rabbia. "Per vedere se stavi dicendo la verità. Ma non sono riuscita a leggere i tuoi pensieri, perché mi hai chiusa fuori. Non sapevo che voi ne foste capaci." Ho solamente un attimo per notare con quanto disprezzo abbia calcato quel "voi", poi una domanda mi trafigge. "Capaci? Capaci di usare la telepatia?" In tutta risposta, la vedo annuire. È strano. Nè i soldati che hanno attaccato la nostra caserma, né quelli visti nel deserto l'hanno usata. Forse perché i primi non ne avevano bisogno, visto l'incredibile vantaggio, e i secondi non si erano accorti della nostra presenza. Sempre che non siano impostori... "Insegnami. Voglio essere capace anche io. Voglio combattere come voi, voglio essere un vero soldato del Sud." Non sono mai stata tanto sicura in vita mia. Sarebbe un vantaggio enorme per i nostri sapere come ragionano e che armi, non solo fisiche, hanno i nostri nemici. E poi, una parte di me è curiosa. Ma non solo, è qualcosa di più profondo. Voglio essere parte di loro, fare tutto quello che sanno fare loro. Avere il cuore puro ed essere finalmente capace di non fallire una sfida. Forse è lo spirito da soldato che ho sempre avuto dentro di me. Forse è qualcos' altro, su cui ho paura di interrogarmi. "Mi stai dicendo che tu non hai mai fatto nulla del genere? Che è stata la tua prima volta?" Ora è il mio turno annuire. La vedo sobbalzare, sconvolta. I suoi occhi mi scrutano come se mi vedessero per la prima volta. "Chi sei tu, veramente?" Questa domanda mi fa paura, anche se non so perché. Poi, come riemersa da un lungo sogno, si riscuote. "Molto bene. Ci vediamo domani all'alba, nella radura in mezzo alla giungla."
   
 
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