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Autore: Pilatigirls    11/08/2016    1 recensioni
Legami.
Abbracciano, soffocano, salvano e uccidono. La più grande benedizione e la peggiore maledizione. La più grande forza e la peggiore debolezza.
“Una minaccia alla nostra autorità sta andando formandosi sulla Terra” spiegò freddamente Apollo, mentre le sue pupille scomparivano nelle iridi vuote. [...]
“Maledetto per stirpe, il signore dei cieli con il potere delle stelle, re e figlio della madre regina, distruggerà l’ordine del mondo” Hades guardò le altre divinità, che parevano a disagio. “Oh, vi fa così paura? Le parole fanno male, ma non uccidono. E’ forse una profezia? [...] Non credo che per voi costituisca davvero una minaccia”
“Per noi no, ma per gli umani sulla Terra sì” rettificò Zeus. “Ed è per questo che tu e Atena vi impegnerete a debellare la minaccia [...] Ecco quello che farai: scenderai sulla Terra, ti approprierai di un corpo come ti piace tanto fare e andrai ad Atene. Lì riporterai in vita i saint di Atena e ti impegnerai a risolvere questa sgradevole situazione. Sono stato abbastanza preciso?”
Davanti a un'antica minaccia, bruciare il cosmo non è più sufficiente: si stringono alleanze, si affrontano paure, si svelano segreti. Fino a ricercare l'aiuto della divinità più terribile di tutte: il Destino.
[PostHades]
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Gold Saints, Hades, Nuovo Personaggio, Saori Kido, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Sfrutto questo momento di follia per pubblicare almeno il prologo di questa storia. Forse alcuni se ne accorgeranno, forse no, comunque questa è la revisione di una storia che ho pubblicato qualche anno fa. Ci sono molto affezionata, dal momento che l'ho lasciata fermentare nel mio cervellino iper-affollato per circa... Ehm... Sei o sette anni? Boh, non ricordo. Comunque, si tratta della prima di due long-fic accomunate dal titolo “
νάγκη ἀίδιος” (lett. “legame eterno”), che spero di portare a termine!

Ringrazio chiunque vorrà leggerla e rimando alle note a fine pagina per uno spiegone che sarà probabilmente necessario!
Buona lettura,
Pilatigirls

 


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 E d’ira terribile ardea contro il padre...
Esiodo, Teogonia

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“Mi dispero nel constatare che il tuo senso dell’umorismo non è migliorato nel tempo, fratellino” ghignò sardonicamente Hades. “E dire che sono passati millenni dall’ultima volta che ho sentito la tua voce”

“Nemmeno tu sei cambiato” flautò la voce da dietro l’eterea tenda bianca che -ormai da secoli e secoli- nascondeva il Sovrano degli Dèi. “Sempre a fare lo scontroso, anche quando le situazioni richiedono il contrario. Cosa dice tua moglie di te?”

Il dio dell’Oltretomba fece leva sulle braccia e si puntellò sui palmi per non crollare a terra. Il cosmo enorme e placido di Zeus non si stava espandendo, ma esercitava comunque una pressione considerevole sul suo spirito. Non che ci volesse molto, nelle condizioni in cui si trovava. “Non parlo con Persefone dai tempi del Mito e tu lo sai” mormorò sovrappensiero, in ginocchio.

Una risata unanime si alzò dal Concilio degli Dèi.

“Mio caro fratello, non mi stupisce che tu sia così maldisposto verso ogni genere di sentimento” ridacchiò Era, seduta graziosamente sulle scalinate del trono invisibile di Zeus. Si ravvivò i capelli ramati che le erano sfuggiti dalla corona di trecce. “Un po’ di amore fa bene a tutti”

“Non quando è a senso unico” cinguettò Afrodite, appoggiata scompostamente allo schienale del suo trono bianco. Si trastullava con noncuranza con una lunga ciocca bionda, lisciandola con le dita, e ogni tanto lanciava occhiate allusive al dio della Guerra, davanti a lei nel cerchio di sedute.

Ares non sembrava particolarmente interessato a quello che stava accadendo. O meglio, preferiva non immischiarsi nel discorso e osservava attentamente il riflesso dei propri occhi nella lama della sua spada divina. Era assurdo quanto se ne stesse quieto quando non in battaglia.

“Avete richiamato qui il mio spirito unicamente per deridermi o per qualcosa di meno mortificante?” domandò secco l’evanescente contorno di Hades, rivolgendosi al fratello. “Me ne sarei rimasto nell’Elisio, se avessi saputo che volevi solo umiliarmi come al solito” Oh, diamine. L’abitudine. Hades sospirò dentro di sè, mentre gli occhi si velavano per l’irritazione. Niente gli avrebbe evitato una replica sardonica.

“L’Elisio è distrutto, mi pare” borbottò Efesto, incassandosi ulteriormente nelle spalle.

Appunto.

Hades tacque, pieno di vergogna. Ogni dannata volta che incontrava la sua ‘famiglia’ al completo, riusciva sempre a dire la cosa meno adatta al momento meno adatto, fornendo immancabilmente uno spunto per qualche nuova insinuazione, e loro –neanche a dirlo- non vedevano l’ora di approfittarne. Nonostante i millenni, rimanevano uguali a dei mocciosi viziati. Non si era mai pentito di esserci stato alla larga per la maggior parte del tempo. Preferiva di gran lunga il silenzio di pace dei Campi Elisi o le grida di dolore dei burattini di Atena.

“Sì, è stato totalmente distrutto” confermava intanto la voce musicale di Zeus, tanto per sottolineare l’ovvio. La sua ombra si mosse appena dietro alla tenda bianca. “Ho chiesto alle Moire di occuparsi delle anime dei morti sistemandole nei livelli più alti del Tartaro, ma si tratta solo di una soluzione temporanea”

“Quale magnanimità” il dio degli Inferi alzò gli occhi verso il soffitto per un istante, chiedendosi distrattamente quando sarebbe finita quella tortura, poi tornò serio, pur sapendo di mostrare chiaramente la propria vulnerabilità. Quelle –per fortuna- rare e patetiche occasioni di riunione erano le uniche in cui non riusciva a contenere le proprie reazioni. Odiava non avere sotto controllo le proprie parole, specie davanti a quel branco di idioti. “Non voglio la tua carità. Mi hai assegnato l’Oltretomba e non è affar tuo ciò che vi succede. Me ne occuperò io”

“E come?” lo derise Demetra, ritraendo ilare il capo velato di verde. “La nostra piccola Atena ti ha ridotto ad una parvenza di spirito incapace di gestire il cosmo. Senza un aiuto da parte nostra non ce la farai mai a ricrearti un corpo mitologico. Vuoi vivere eternamente come un parassita nel corpo di quegli umani che disprezzi tanto? Anzi, nelle condizioni in cui sei è più probabile che finiresti per distruggere anche il tuo contenitore...”

Era sempre lei la peggiore, lì dentro. Con quell’espressione vagamente accusatoria e i lineamenti austeri accartocciati in una chiara esternazione di disgusto, gli provocava l’irresistibile desiderio di farle saltare la testa. E dire che era sua sorella... Come proprio Demetra diceva quando voleva insultarlo, lui aveva ereditato più di tutti la violenza degli dèi ancestrali. Cosa ci fosse di tanto sbagliato, proprio non lo capiva: meglio violenti che ipocriti e superficiali come i cosiddetti ‘Olimpi’. E poi gli dèi antichi avevano avuto la fortuna di regnare in un mondo ancora libero dalla sporcizia umana. Erano da invidiare.

“E’ stata colpa tua, nobile zio” rincarò subito la dose Artemide, mettendo davvero molta poca convinzione nelle ultime parole. Saggiò quanto era tesa la corda del suo arco d’argento pizzicandola con due dita. La vibrazione si propagò in tutta la sala. “Non avresti dovuto trascinare il tuo regno nella contesa. Spingerti a tanto è stata la tua rovina”

“Io non direi” osservò Ermes con aria casuale. “E’ stata Atena a spostare la battaglia negli Inferi, no? Possiamo chiamarla una ‘mossa vincente’...”

“Grazie per i saggi consigli, amati nipoti” sibilò Hades, indossando di nuovo la sua armatura di sarcasmo: era l’unico modo per interagire con quegli idioti senza dare eccessivamente a vedere quanto lo infastidissero le loro parole, prive di significato ma pregne di insulti. “Ora, se non vi dispiace, me ne torno nell’Erebo. Ho di meglio da fare che restare qui a farmi insultare. Vi pregherei di non ficcare ulteriormente il naso nei miei domini, nel frattempo... Addio, tanta felicità e figli maschi

Alle due ultime parole vide sussultare Era e nascose un ghigno. Le bruciava ancora la storia di Eracle, eh? Proprio lei che si riempiva la bocca di parole tanto pretenziose sui sentimenti di coppia.

“Sei stato richiamato qui” lo fermò Zeus, con la voce per la prima volta affannata “perchè noi possiamo ripristinare il tuo corpo originale”

“E allora?!” ringhiò istintivamente, voltandosi di scatto. I lunghi capelli neri, del colore che da sempre gli faceva compagnia, intangibili come il fumo, fluttuarono attorno alle sue spalle, mentre rispondeva con rabbia. “Mi viene quasi da ridere, sai? Mi hai chiamato qui dalla dimensione degli spiriti per sbattermi in faccia quello che potresti fare per me. E allora? Sappiamo benissimo tutti e due che non fai niente per niente” Zeus aveva la dannatissima capacità di fargli perdere il controllo e lo sapeva bene.

Il signore del Fulmine rise a bocca chiusa. “Infatti”

“Ti odio con tutto il cuore, se ne ho ancora uno” mormorò a denti stretti Hades.

Si sentì uno stupido, ma non riuscì a fare a meno di dirlo. L’odio era un sentimento così banale, così umano... Molto meglio l’indifferenza, si ripeteva spesso. Peccato che alla fine suo fratello gli risultasse tutto tranne che indifferente. Doveva mettere la giusta distanza tra sè e lui, doveva rifugiarsi nell’archetipo che lo avevano aiutato a costruire: il malvagio parente riuscito male, bramoso della luce che risplendeva sulle cime dell’Olimpo, geloso del cosmo limpido e vitale delle altre divinità e di tutto quello cui erano riuscite a dare vita. La trovava una sensazione piuttosto rassicurante; il loro scherno si infrangeva su una maschera, un’illusione che ormai era parte di lui, ma non arrivava abbastanza in profondità.

“Maledico il giorno in cui ti ho aiutato a distruggere nostro padre” Cosa decisamente vera, tra l’altro. “Stavo meglio nell’Inferno dentro di lui che in questo falso paradiso schiavizzato da te!”

“Ne prenderò atto” disse Zeus con voce condiscendente. “Adesso vuoi sentire che cosa ti propongo?”

“Crepa!”

Augurio adatto e doverosamente sentito, di certo, ma decisamente poco consono alla sua situazione. Il dio dell’Oltretomba si ripiegò su se stesso a causa di un’improvvisa fitta. La sua forma spirituale cominciò a tremolare, mentre un dolore che non era nemmeno paragonabile a quello inflittogli da Nike lo pervadeva. L’incorporeità non serviva a nulla, se non a indebolirlo e a imperdirgli di usare efficacemente il cosmo. Si osservò le mani artigliate al pavimento: i contorni pallidi tremolavano. O era la vista che lo stava disertando.

“Il tuo debole spirito non può rimanere su questo Sacro Monte un momento di più” lo ammonì Demetra con il viso impassibile, ma sotto sotto soddisfatto. “Torna pure nel limbo. È il posto adatto a te, se non ti degni nemmeno di ascoltare il tuo re”

“Quello non è il mio re” chiarì Hades, scoprendo i denti mentre lottava con la forza che lo straziava da dentro. Il suo cosmo premeva per essere lasciato libero, attaccando le sue forze mentali come un leone intrappolato in una rete. Le stilettate di dolore erano del tutto simili ad artigli che squarciavano il velo della coscienza. Continuò comunque a parlare, le parole uscivano in sibili strascicati e rabbiosi. “E’ solo un ragazzino che è stato fortunato a nascere quando nostra madre si era accorta di quello che stava succedendo! Lo chiami re?! Eppure è seduto lì solo grazie ad altri! Nostra madre che l’ha salvato, Gea che lo ha nascosto e protetto e aiutato a tirarci fuori dalla dimensione di nostro padre! E nella Titanomachia, chi l’ha aiutato ad uccidere Crono? Chi ha distratto il tiranno mentre io gli rubavo la Megas Drepanon? Poseidone! Al nostro re è bastato solo scagliare un colpo per aver ragione di un dio pazzo!”

Era scattò in piedi sulla gradinata, stringendo i pugni ingioiellati. “Smettila con queste blasfemie!”

“Sta’ zitta tu, sorella! Per tutti questi anni mi avete tenuto rinchiuso sottoterra, a tenere a bada le mostruosità che ci avete nascosto per regnare incontrastati proprio qui, nei cieli! Non avete mai voluto che io fossi al vostro livello!” Si rivolse alla tenda bianca. “Tu non mi hai mai voluto al tuo livello, Zeus! Di cosa avevi paura? Del fatto che io fossi il primo figlio maschio?”

Zeus non rispose.

“Non mi è mai interessato il trono, te l’ho sempre dimostrato con le parole e con i fatti! Ma voi non avete nemmeno voluto considerarmi un vostro pari. Avevate bisogno di un antagonista, di qualcuno contro il quale gli umani potessero sviluppare un odio tale da osannarvi ancora di più! Io sono diventato lo strumento per ottenere le preghiere ipocrite che tanto volete, vero?! Chi meglio del signore della Morte poteva spaventare i vostri mocciosi umani?! Chi li poteva spingere nelle vostre braccia?!”

Sul Concilio degli Dèi crollò un silenzio perfetto, mentre Hades stringeva gli occhi, attraversato da fitte sempre più violente. Non avrebbe resistito ancora molto lì, ma a tutti i costi voleva sentire la risposta di suo fratello, perennemente nascosto da quella tenda candida come un vigliacco.

“Mi dispiace che la pensi così” disse Zeus dopo una breve pausa silenziosa. “Ora ti dispiace dirmi se hai intenzione di dare il tuo contributo o no?”

“Ma muori!” Hades scattò in un gesto di insofferenza, lasciandosi dietro tracce di fumo. Strinse convulsamente le pieghe evanescenti della sua veste nera, mentre si concentrava per tornare nel buio. Non sarebbe stato facile sopravvivere tra le nebbie dell’Erebo, totalmente impotente. Senza un corpo e una mente più che stabile, l’Inferno avrebbe divorato poco a poco la sua coscienza, aiutato dall’interno dal suo stesso cosmo, che non vedeva l’ora di riunirsi con il resto dell’energia primordiale. Non esistevano divinità senza corpo, non potevano esistere. Persino le Astrazioni ne possedevano uno. Ma questo i suoi cari familiari non potevano saperlo ed era decisamente meglio così.

“Nobile zio, aspettate!”

Quella voce lo bloccò. Non l’aveva ancora sentita, quel giorno. In realtà non la sentiva da migliaia di anni. Lui e quel nipote in particolare non avevano mai avuto molto in comune, a parte quel piccolo diverbio per quel pazzo di Asclepio. Ah, e naturalmente c’era di mezzo anche il suo odio viscerale per la luce.

Apollo si alzò dal suo trono e camminò verso di lui senza produrre il minimo rumore. I lisci capelli rossi si agitavano in lunghe ciocche disordinate, a malapena trattenuti da una spilla d’oro, mentre gli occhi verdi, felini, allungati come quelli di suo padre, si velavano per vedere meglio.

Quando parlò, il suo tono era totalmente distaccato. “Senza un corpo, l’Inferno divorerà la tua anima, mentre la mente verrà sopraffatta dal cosmo e soccomberà. Erebo non perdona nessuno. Senza un corpo, la mente non è abbastanza forte da opporsi alle forze cosmiche interne ed esterne. Smetteresti di esistere”

Hades represse uno sbuffo insofferente. Dimenticava quella dannata capacità di vedere ogni cosa, venuta da chissà dove, che aveva il suo illuminante nipote. “Lo so” ringhiò, esasperato. Ci mancava solo la scenata di finta pietà. “E non sono affari vostri”

“Sono affari nostri, invece” ribattè vivacemente Zeus. Per un istante ad Hades parve di sentire la voce energica di suo fratello che faceva piani di battaglia contro i Titani. Una voce ancora infantile ma decisa. “Sarebbe una noia doverti rimpiazzare”

“Capisco” sillabò il dio degli Inferi. “Quindi voi mi state chiedendo di farvi un favore in cambio di un corpo, spacciando l’offerta come una dimostrazione di pietà, mentre i primi che trarrebbero vantaggio se io lo recuperassi siete proprio voi... Lasciatemi dire che la coerenza non è di casa, qui sull’Olimpo”

“Niente al mondo è coerente” Zeus liquidò la faccenda con una velocità spaventosa. “O quasi... Allora, cosa farai?”

Hades detestò con tutto se stesso la propria debolezza, schiavo come qualsiasi volgare umano del desiderio di sopravvivere. “Accetto” soffiò tra i denti, prima che rimorso e riflessioni glielo impedissero. Se il dolore che avrebbe dovuto sopportare fosse stato anche minimamente peggiore di quello che stava provando, non avrebbe mai resistito. E poi rivoleva il suo corpo. A tutti i costi.

“Ottimo” Avrebbe potuto scommetterci, suo fratello aveva stampato in faccia il sorriso ironico che mostrava sempre quando distruggeva un nemico. “Ma ho bisogno della tua parola”

“D’accordo” Si sentiva sconfitto, umiliato. La sensazione di valere meno di zero era paragonabile solo al dolore che gli aveva inflitto il saint di Pegasus nell’Era Mitologica. Dolore che lo aveva spinto a chiudersi in una bara per non fare più i conti con i suoi limiti reali. “Ce l’hai. Giuro sullo Stige che mi impegnerò a portare a termine quello che chiedi, sei contento?” Nessuno poteva sapere quanto gli costasse pronunciare quelle parole. Lo dilaniavano nel profondo, molto più del dolore che gli provocava la mancanza di un corpo. Ma almeno sapeva che non era un dolore reale. Si poteva tentare di ignorare.

“Molto contento, fratello

“Meno male. Non vorrei mai essere fonte di dispiacere per te, mio re” Hades si trattenne dal ridacchiare a quel titolo che così poco si addiceva a quello che un tempo era stato il suo fratellino, la creatura tutta occhi blu e capelli biondi che aveva visto quando era uscito dalla dimensione di Crono. “Avanti, cosa vuoi che faccia?” Domandò, allargando le mani con aria disponibile. In realtà non vedeva l’ora di andarsene da quel luogo maledetto, sparire dagli sguardi cangianti dei divini Olimpi, riuniti al gran completo. O quasi.

“Una minaccia alla nostra autorità sta andando formandosi sulla Terra” spiegò freddamente Apollo, mentre le sue pupille scomparivano nelle iridi vuote. “Araios genos, o wanax ouranon te asteron dunamei, basileus kai uios tes metros basileias, Kosmon lusei”

“Maledetto per stirpe, il signore dei cieli con il potere delle stelle, re e figlio della madre regina, distruggerà l’ordine del mondo” Hades guardò le altre divinità, che parevano a disagio. “Oh, vi fa così paura? Le parole fanno male, ma non uccidono. E’ forse una profezia?”

“Di solito, quando Apollo è in quello stato...” Seccata, Artemide accennò con il mento al gemello, rigido e immobile “si tratta proprio di una profezia”

Troppo diretta per capire una domanda retorica, eh?

“E non è tutto” soggiunse Ermes, socchiudendo gli occhi scaltri. “Qualcuno sta provando a toglierci di mezzo sulla Terra. Certo, in modo poco efficace, ma il pericolo c’è. Ci sono stati numerosi attacchi nei nostri templi, volti senza dubbio ad indebolire i cosmi posti a protezione dei nostri territori. Le statue sono state mutilate, alcuni manufatti rubati”

“Avete paura che il vecchio Urano torni a reclamare l’ambito titolo di ‘Tiranno incontrastato del cosmo’?” domandò Hades, scettico. Come no. “Eppure lo sanno tutti che non ne ha la forza, altrimenti lo avrebbe già fatto millenni fa. Persino uno come Atlante riesce a sigillare il suo potere, dopo la lezione che gli ha impartito Crono. E poi non credo che per voi costituisca davvero una minaccia”

“Per noi no, ma per gli umani sulla Terra sì” rettificò Zeus. “Ed è per questo che tu e Atena vi impegnerete a debellare la minaccia”

“Io e chi?!” Hades spalancò gli occhi, attonito. “Starai scherzando, spero. E per quegli idioti degli umani? Ma piuttosto mi getto direttamente nel Tartaro. Figurarsi se collaboro con quella stupida idealista inutile, dopo tutto quello che mi ha fatto passare”

“Non scherzo affatto, fratello. Passare un po’ di tempo tra gli umani raddrizzerà almeno un minimo quel tuo carattere impossibile” ridacchiò il dio del Fulmine.”Nel frattempo potresti approfittarne per imparare da Atena come si vince una battaglia”

A questo punto scoppiarono tutti a ridere, tranne Ares, che al contrario mostrò un’espressione piuttosto scocciata. Rinfoderò la lama al di sopra di una spalla e si accinse a lasciare la sala, scuotendo vagamente le trecce castane. Sparì silenziosamente oltre la parete dietro al suo trono, improvvisamente diventata uno squarcio spazio temporale.

Hades dal canto suo decise di avere un assoluto bisogno di sfogare l’ira e si preparò a fare altrettanto, sforzandosi di evitare di pensare alle conseguenze di un giuramento sacro infranto. Era più doloroso il suo orgoglio ferito o il cosmo che lacerava la sua anima dall’interno? La sua sorte era vincolata a quella domanda, ma decise di ignorarla. Non si sarebbe abbassato a collaborare con Atena.

 Concentrò quel poco di cosmo che ancora riusciva a controllare e si preparò ad uscire dalla dimensione d’influenza di Zeus.

Un istante dopo era schiacciato a terra, con la guancia contro il marmo freddo. Qualcosa lo premeva verso il basso, impedendogli di muoversi. Un cosmo molto potente e riconoscibile. Ringhiò la sua frustrazione. “Lasciami andare, Zeus!”

“Non credo che lo farò” fu l’irriverente risposta. “Tu esaudirai la mia richiesta nel tuo stesso interesse” decretò, gelido e lapidario come un Giudice Infernale.

“Bastardo!” sibilò Hades, contraendo il volto in una smorfia irata. “Lasciami!” Aveva lasciato che persino un essere umano mettesse le briglie al suo potere e alla sua volontà, ma non l’avrebbe permesso a Zeus. Provò a bruciare il cosmo, ma ottenne solo una fitta più profonda che gli tagliò in due il cuore.

L’ichor bagnò il pavimento prima ancora che si accorgesse di stare vomitando con rantoli convulsi.

“Lasciami, Zeus, maledizione!” tossì, sentendo il sapore amaro del suo sangue in bocca.

“Ecco quello che farai” spiegò inflessibile e chiaro suo fratello, sovrastando i suoi conati. “Scenderai sulla Terra, ti approprierai di un corpo come ti piace tanto fare e andrai ad Atene. Lì riporterai in vita i saint di Atena e ti impegnerai a risolvere questa sgradevole situazione. Sono stato abbastanza preciso?”

“Potrebbero andare dalla mia Sacerdotessa” propose la voce di Apollo, da qualche parte fuori dalla sua visuale. “Con l’aiuto di Gea potremmo scoprire di più su questo irriverente nemico”

“Saggio come sempre, figlio mio” commentò benevolmente Zeus. “Mi sembra un’ottima idea. Tu cosa ne pensi, fratello?”

Hades avrebbe voluto rispondergli in modo estremamente, schifosamente umano, ovvero con un insulto, ma il dolore e l’ichor in bocca gli permisero di emettere soltanto un suono strozzato. Strinse i pugni con rabbia, mentre le sue fattezze transitorie vacillavano come un riflesso nell’acqua.

“Lo prenderò per un sì” annunciò Zeus.

 

 

 

 

 

Spiegone finale

Allora, due cosine riguardo alla terminologia usata... Innanzitutto, “corpo mitologico” – si intende il corpo originale della divinità, quello con cui può sprigionare tutti i suoi poteri e che rappresenta il suo aspetto. Poi si parla di “mente”, “cosmo”, “anima” e “corpo”. Ecco, secondo la mia teoria, la storia sarebbe questa: il corpo è il contenitore di mente, cosmo e anima. Serve a tenerli in contatto e a farli funzionare correttamente, inoltre impedisce che il cosmo vada a ricongiungersi con le “forze primordiali”, ovvero le forze da cui trae origine e che permeano l’universo. Per “mente” e “anima” si intendono due cose diverse: la “mente” è ciò che governa il corpo e il cosmo e dà origine anche ai tratti caratteriali e al pensiero razionale, l’ “anima” è un nucleo spirituale più profondo, diciamo l’essenza dell’individuo. “Anima” e “mente” possono essere unite –anche se non molto precisamente- nel termine “coscienza”. Ad esempio, quando un dio possiede un essere umano solitamente gli infonde il proprio cosmo e la propria anima, lasciandogli una certa libertà (vedi Saori o Aaron in Lost Canvas), ma può arrivare anche a sostituirsi a lui aggiungendo anche la mente. Ok, non uccidetemi!

Ultimissima cosa: non ammazzatemi per la parte in greco! Non ho usato l’alfabeto greco perchè 1) Non avevo voglia di mettermi a controllare spiriti e accenti 2) Non tutti riescono a leggerlo. Chiedo venia XD Magari un giorno rimedierò u.u

 

Se non siete ancora morti, vi ringrazio ancora, vi saluto e ci vediamo *coff coff* eventualmente *coff coff* al prossimo capitolo!

  
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