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Autore: jas_    11/08/2016    0 recensioni
Sembrava avere una trentina d'anni, i capelli scuri erano leggermente spettinati come se fosse quello l'effetto desiderato e le sue guance erano tinte di un lieve rosso probabilmente a causa del caldo che c'era. La maglietta a maniche corte che indossava metteva in mostra un tatuaggio complicato e colorato che gli copriva il braccio sinistro. Ella percorse con lo sguardo il suo intero corpo, ammirando il suo fisico asciutto, fino ai jeans chiari e alle scarpe sportive che calzava. Era indubbiamente un bell’uomo, i lineamenti del suo viso erano armoniosi ma ciò che lo rendevano attraente ai suoi occhi, erano il suo sguardo profondo, il suo sorriso perfetto e quelle dannate guance paffute e rosse.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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PURPLE
 
 
 
And you decided purple just wasn't for you
 
 
 
Il soffitto della camera di Ella era bianco, con un lampadario viola al centro. Lei era sdraiata sul letto sfatto, le gambe incrociate, un braccio sulla fronte e gli occhi socchiusi. Ormai era sera e lei avrebbe dovuto prepararsi, quella sera si sarebbe esibita al Purple e non poteva essere in ritardo.
Non sentiva Pierre da due settimane, non lo vedeva da tre. Si erano incontrati un'altra volta soltanto, avevano passeggiato insieme per le vie di Montréal ed Ella aveva comprato un rossetto azzurro. Forse non avrebbe dovuto trascinarlo dentro un negozio, aveva pensato quando poi non si era più fatto sentire per una settimana. Ci aveva impiegato soltanto cinque minuti a prendere ciò che voleva e pagare, non era mai stata una ragazza dubbiosa. E lui non le era sembrato annoiato, ma piuttosto divertito, mentre la aspettava sullo stipite della porta e la guardava sorridendo.
Le aveva offerto il té e una cheesecake, ma non aveva parlato molto. Era stata lei a portare avanti la conversazione, raccontandogli degli studi e di cosa avrebbe voluto parlare nella sua tesi di laurea. Poi l'aveva riaccompagnata a casa, e rifiutato il suo invito a entrare.
«Devo andare a lavorare» era stata la sua risposta, sebbene fossero ormai le cinque del pomeriggio.
Ella non aveva insistito, aveva voluto lasciargli il suo spazio sebbene si fosse resa conto dei suoi comportamenti strani e della sua freddezza. L'aveva salutata con un cenno della mano, nemmeno un bacio, a discapito di ciò che avevano condiviso così poco tempo prima.
Ella era scesa dall'auto mostrando indifferenza a quei comportamenti, cercando di capire il motivo di essi. Forse l'aveva deluso, aveva pensato, anche se le era sembrato felice quando si erano svegliati insieme, stretti in quel divano. Oppure si era semplicemente stancato, e la loro era stata una breve avventura, per quanto bella già finita.
Ella aveva atteso una chiamata, un messaggio di scuse che avrebbe accettato senza problemi, ma il suo telefono non aveva mai squillato.
Era stata lei a fare il primo passo, chiedendogli come stesse.
Pochi messaggi, così freddi e formali che avrebbero potuto mandarseli due sconosciuti. Ella non gli aveva più risposto, ingoiando la rabbia piuttosto che scagliargliela contro come invece avrebbe voluto fare. Più nulla.  
Una mattina era passata davanti al suo negozio, dopo aver guardato attentamente ciò che era esposto in vetrina non aveva potuto fare a meno di alzare lo sguardo, e l'aveva visto.
Era appoggiato al bancone, sembrava divertito mentre parlava con una cliente. Sorrideva, annuiva, e di tanto in tanto rispondeva. Ella non sapeva quanto era stata immobile sul marciapiede a guardarlo, tra le persone che passavano e alle quali intralciava il tragitto. Si era spostata solo quando lui aveva alzato casualmente lo sguardo, e l'aveva notata oltre il manico delle chitarre e i piatti di una batteria. L'aveva riconosciuta, la sua reazione sorpresa era stata visibile anche ad Ella, a parecchi metri di distanza. Lei aveva retto per alcuni secondi il suo sguardo, stringendo le labbra e trattenendosi dal reagire in qualunque modo, mentre gli occhi scuri di Pierre la guardavano dispiaciuti. Ella avrebbe voluto tirare un pugno al vetro, urlargli contro, chiedere spiegazioni, perché se n'era andato senza una parola quando poi sembrava così dispiaciuto. Invece se n'era andata, col passo deciso, il più lontano possibile da lui.
 
 
 
Il Purple era particolarmente affollato quella sera.
Ella era seduta sul piccolo palchetto posto nell'angolo della sala principale, il viso illuminato dai faretti bianchi appesi al soffitto e la chitarra posizionata sulle gambe lasciate scoperte dalla gonna bianca che indossava. Stava accordando la chitarra per l'ultima canzone, mentre il leggero brusio delle persone che parlavano le faceva compagnia.
Dopo alcuni secondi alzò lo sguardo e drizzò la schiena, avvicinando il microfono alla sua bocca.
«Quest'ultima canzone, a differenza delle altre, non è una cover» esordì. «L'ho scritta alcuni giorni fa in un momento di sconforto, spero vi piaccia. S'intitola Colors
Ella sorrise lievemente quando da un tavolo sentì un fischio di approvazione, abbassò lo sguardo e cominciò a suonare.
Era la prima volta che si esibiva con una sua canzone, l'ansia da prestazione l'aveva già superata da un po' ma il mettersi in gioco così tanto, mostrando in qualche modo a degli sconosciuti una parte di lei, l'aveva resa nervosa. Cantò cercando di non soffermarsi su qualcuno, mantenne lo sguardo al di sopra dei visi che la stavano ascoltando per paura di vedere una brutta reazione, preferiva rimanere col beneficio del dubbio.
Soltanto quando fece riecheggiare dalle casse l'ultimo accordo di chitarra, guardò il pubblico che l'aveva ascoltata fino a quel momento, e sorrise mormorando un "grazie" mentre dalla sala si alzava un applauso.
Ella fece scorrere lo sguardo sui visi dei suoi spettatori, senza riuscire a trattenere il sorriso sincero e sollevato per la reazione ottenuta. Arrestò i suoi movimenti quando scorse in fondo alla sala una figura famigliare, che la guardava sorridendo mentre applaudiva.
Ella sentì la rabbia ribollirle nelle vene. Sperava almeno che Pierre avesse capito che quella canzone parlava di lui, del loro incontro, e di come dopo aver ottenuto ciò che voleva l'aveva lasciata perdere. Non avrebbe dovuto sembrare così contento e fiero di lei per la sua performance, ma piuttosto imbarazzato e magari pentito.
Ella indurì lo sguardo, sperando che lui capisse che non era il benvenuto lì, e si alzò dallo sgabello. Mise a posto la chitarra e prese le sue cose. Non sapeva se lui fosse ancora lì a guardarla, non aveva più osato volgere lo sguardo in quella direzione. Cercava di convincersi che non le interessasse saperlo, se avesse voluto parlarle avrebbe dovuto farlo lui il primo passo, pensò, lei si era impegnata già troppo.
Lasciò le sue cose nel piccolo sgabuzzino dietro il bancone e ordinò una birra come di consueto.
«Mi passi la mia giacca?» chiese ad Alan, mentre attendeva la sua ordinazione.
Il ragazzo fece come richiesto, Ella setacciò le tasche alla ricerca del suo cellulare, ma insieme a questo trovò un foglietto che non ricordava di avere.
Lo aprì, non era firmato da nessuno ma riconobbe subito la calligrafia disordinata.
 
"Il viola non fa per me."  
 
Nel leggere quelle parole Ella alzò immediatamente lo sguardo allarmata. Strinse il foglietto in mano, come osava ritorcerle contro le sue stesse parole?
Si guardò intorno alla ricerca di Pierre, sentiva il suo sguardo addosso, e dopo alcuni secondi lo individuò tra la folla.
Strinse con rabbia in foglietto e si avvicinò a lui senza perderlo di vista per un secondo, per evitare che scappasse di nuovo.
«Mi vuoi spiegare cosa cavolo…»
Ma lui non la lasciò finire, le prese il viso tra le mani facendo avvicinare i loro visi fino a far incontrare le loro labbra. Fu un bacio deciso e forzato, Ella teneva la bocca serrata, confusa. Pierre la accarezzò i capelli e socchiuse le labbra, Ella non poté fare altro che obbedire alla tacita richiesta di fare lo stesso. Dovette aggrapparsi alle sue spalle quando le loro lingue si incontrarono e il calore della bocca di Pierre la avvolse. Era inebriata dal suo profumo, dal suo tocco, e solo in quel momento si rese conto di quanto le era mancato.
Si allontanò controvoglia rendendosi conto di essere sotto gli occhi di tutti e, soprattutto, del suo datore di lavoro.
Lo prese per mano e, senza dire nulla, si fece strada tra la folla e dopo aver sceso una rampa di scale aprì una porta di acciaio.
«Ella…» mormorò Pierre.
La ragazza gli appoggiò un ditto sulle labra. «Sshh» lo ammutolì.
Erano in uno sgabuzzino nel seminterrato, lì la musica era soltanto un suono lontano, ma dalla piccola finestra socchiusa si potevano vedere le scarpe delle persone che affollavano il marciapiede davanti al locale.
«Se ci scopre qualcuno?» domandò lui, guardandosi intorno con aria circospetta, ma Ella non rispose, avvicinò il viso al suo e lo baciò di nuovo.
Fu un bacio dolce, meno urgente di quello precedente. Pierre fece scorrere le dita tra i capelli di Ella, continuando poi la discesa verso il suo fondoschiena. Quando strinse le mani sui suoi glutei, a Ella sfuggì un gemito sommesso. Approfondì il bacio con sempre più foga, avvicinando ulteriormente il suo corpo a quello di Pierre, sentendo la sua eccitazione che stava crescendo.
Gli slacciò la cintura e abbassò la zip dei jeans, gli tolse la maglietta e spostò le sue labbra sulla mascella di Pierre coperta da un lieve strato di barba, si abbassò sul collo, la spalla e il petto, mentre le sue dita tremanti toccavano il suo torace teso.
Il suo naso sfiorò la peluria che congiungeva l’ombelico all’elastico dei boxer, e quando le sue dita si avvicinarono ai fianchi, per abbassare l’ultimo strato di tessuto che li separava, Pierre prese Ella per le braccia e la sollevò.
Prima che la ragazza potesse ribattere, le sollevò le braccia sopra la testa e si appoggiò completamente al suo corpo, schiacciandola contro il muro, mentre le sue labbra le stuzzicavano la bocca, la mandibola, il collo. Quando scese sui suoi seni, ancora coperti da un top aderente, Ella cercò di liberarsi da quella dolce morsa, ormai sfinita da tutti quei giochetti.
«Ti odio» sussurrò, sulle labbra di Pierre.
Lui si limitò ad annuire e sorridere lascivo. Lasciò la presa e abbassò le mani sui fianchi di Ella, alzandole la gonna. Accarezzò lentamente il bordo dei suoi slip, osservando gli occhi della ragazza spalancarsi leggermente quando i suoi polpastrelli si abbassarono, toccandole un punto più sensibile.
Nonostante il chiacchiericcio in lontananza, erano entrambi catturati dal suono dei loro respiri e dal fruscio della loro pelle che sfregava.
Pierre si abbassò i boxer, sollevò leggermente Ella permettendole di cingere una gamba attorno ai suoi fianchi e le scostò le mutandine da un lato.
Ella si sentì ancora più eccitata da quel gesto, fare sesso da vestiti le sembrava quanto di più erotico e più furtivo avesse fatto. Le facevano male le gambe per la scomoda posizione, le scapole per il muro duro contro il quale le sue spalle continuavano a picchiare, e chiunque avrebbe potuto entrare da un momento all’altro; eppure non riusciva a sentirsi più euforica di così, Pierre tra le sue gambe e la sua erezione che le sfiorava l’intimità.
Le sfuggì un gemito quando lui si spinse dentro di lei e le appoggiò le mani sui glutei nudi per tenerla più stretta.
Cominciò a muoversi lentamente dentro di lei, aumentando poi il ritmo, seguendo i movimenti del bacino di Ella.
Pierre appoggiò la testa sulla sua spalla e le alzò ulteriormente una gamba, sorreggendola col suo braccio. Le spinte diventarono sempre più forti, le spalle di Ella le dolevano sempre di più, ma smise di sentire il fastidio quando l’orgasmo cominciò a farle tremare le gambe.
Si aggrappò alle spalle di Pierre mentre lui affondava sempre di più dentro di lei, e quando sentì che le gambe stavano per cederle, fu travolta dai brividi dell’orgasmo che le pervase il corpo come una scossa.
Chiuse gli occhi e ascoltò i gemiti sommessi di Pierre, poi una familiare sensazione di calore dentro di lei
Rimasero fermi, aggrappati l’uno all’altro per alcuni istanti.
«Non mi sento più una gamba» mormorò Ella, rompendo il silenzio
Pierre si staccò da lei, appoggiando le mani sui suoi fianchi per tenerla in piedi e non farla scappare. I loro visi erano ancora vicini, abbastanza da far fondere i loro respiri non tornati ancora regolari.
Pierre appoggiò la testa sulla spalla di Ella e lei si ritrovò ad accarezzargli dolcemente i capelli mentre con lo sguardo scrutava lo stanzino nel quale si erano nascosti.
«Non doveva succedere…» mormorò lui, sulla sua pelle.
«Shh…» lo zittì lei, senza smettere di muovere le dita sulla sua nuca.
«Non dovevo essere qua stasera.»
«Ti prego non rendere le cose ancora più difficili.»
«Lo sono già.» Pierre alzò la testa e sorrise lievemente mentre con una mano accarezzava la guancia di Ella. «Sei bellissima» sussurrò. «Non sono riuscito a resisterti.»
Ella deglutì, improvvisamente a disagio da quella situazione. Lo sapeva che quella sarebbe stata la loro ultima volta insieme. Lo aveva sempre saputo, eppure aveva cercato di tenere quel pensiero nascosto nel profondo, di cancellarlo con i baci, i sospiri, i gemiti sommessi, ma le parole di Pierre avevano fatto emergere quella vocina fastidiosa che fino a quel momento Ella aveva ignorato. Si sentì sconfitta, e dovette appoggiare la testa al muro e chiudere gli occhi per non mettersi a urlare.
«Ella…» la chiamò Pierre, preoccupato. «Non…»
Ma lei lo zittì, questa volta appoggiando le labbra sulle sue. Rimase immobile per alcuni istanti, assaporando la morbidezza della sua pelle e il punzecchio che la barba le provocava.
«Va bene» sussurrò. «Ho capito.»
Pierre la guardò stupito. Senza aggiungere nulla Ella si sistemò la gonna e il top, raccolse la borsa che aveva buttato per terra e si avvicinò alla porta. Si voltò un’ultima volta in direzione di Pierre, che la guardava tramortito, troppo scioccato per dire o fare qualunque cosa, poi uscì dalla stanza.
Strinse il bigliettino che non aveva ancora tolto dalla giacca: l’aveva capito, erano troppo diversi, senza futuro. Cercando di trattenere le lacrime che le pizzicavano gli occhi, Ella uscì dal Purple.


Dopo mesi ho finalmente pubblicato l'ultimo capitolo!
Il finale è triste, lo so, ma ho già in mente un seguito, che però non so quando pubblicherò.
Grazie per il supporto <3
Jas


 
   
 
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