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Autore: felinala    12/08/2016    8 recensioni
SPECIALE TRENTESIMO TITOLO PUBBLICATO!
anche se ciò non sarà molto importante dato ciò che è ovvero UNA RACCOLTA DI TRE OS.
RACCOLTA INTERAMENTE DEDICATA A SSJD
tre os, tre piccoli momenti padre e figlia per la piccola Bra e il principe dei saiyan
buona lettura, spero di essere stata all'altezza
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono in ritardo, sono imperdonabile
Spero almeno sia all'altezza, godibile;
Le avventure della piccola sono ora al termine giunte
Ma non escludo avventure future, non un addio al duo, un commiato!
Grazie a tutti per l'interesse dimostrato
E a tutti coloro che hanno commentato
Infine ma non meno importante:
 Come sempre a SSJD va la dedica di questa piccola avventura birbante!
(sperando non sia troppo demente, ma solo esilarante)
Con affetto
Nala


MINI INSEGNAMENTI PER BIMBE SAIYAN IPERATTIVE
3. aura e inconvenienti
 
 
Erano passate due settimane dalla fatidica serata e dal primo lancio di palla.
Non era stato un cattivo piano, dare una palla in mano alla bimba, no.
Era stato pessimo.
con tutta probabilità si sarebbe incastrato da solo con quel piano; lo aveva previsto e pensato il principe, d’accordo, ma non aveva minimamente calcolato la tenace ossessività per quella piccola passione appena sviluppata dalla figlia…. In sunto non aveva calcolato la possibilità di essere importunato da mane a sera dalla scimmietta con fare petulante degno della madre, condito dai peggiori capricci e scenate possibili...
E nemmeno le conseguenze che tal passione avrebbe comportato!
Perché l’astuto giochino aveva sì risolto la poco probabile idea di allenamento, dato che la piccoletta era diventata molto più veloce e agile; anche le detestabili esplosioni di peluche erano sparite, dopo che alla bimbetta era stato proposto il passatempo; aveva effettivamente risolto in parte anche la faida a base di dispetti che i due fratelli e il Son da mesi intraprendevano tra di loro se era per quello….
Ma aveva creato anche un mucchio di guai.
Erano infatti state due settimane per un verso piuttosto interessanti ma anche decisamente…. Stressanti.
Questo rimuginava la sera del quindicesimo giorno un certo saiyan dai capelli a fiamma, mentre  se ne stava a braccia conserte fuori dal caos.
Letteralmente, fuori.
Aveva deciso che evitare la compagna, rifugiandosi sul tetto della spaziosa casa a cupola fosse la migliore soluzione; questo poiché la scienziata aveva arbitrariamente deciso di dare di matto per nulla, almeno secondo l’esimio, nonché di parte, parere del principe stesso.
Tutto per colpa della mocciosa.
Che aveva un filino mal interpretato, almeno secondo il punto di vista della terrestre sua madre, i suoi insegnamenti non molto applicabili in quel posto di deboli, e applicato più volte, appunto, senza alcun controllo, tali apprendimenti.
  - Al diavolo…- borbottò il saiyan all’ennesimo urlo della donna che il suo fine udito alieno non gli consentiva di ignorare come avrebbe voluto.
Decise di aspettare un altro po'  prima di cercare di dare un taglio a quell'assurdo pandemonio: dopotutto nessuno meglio di lui sapeva che,  quel tono e quel volume stavano ad indicare una sola cosa: Impossibile Zittirla.
Dunque perché rientrare e sorbirsi il casino nel centro del ciclone?
Sbuffando il principe dei saiyan tornò alla precedente oziosa occupazione, sperando che meditare sui fatti accaduti gli desse uno spunto valido da usare per tacitare l'oca starnazzante lì sotto.
I primi sei giorni dopo l'invenzione del giochino, erano stati pressoché normali a dire il vero: la peste azzurrina aveva sì domandato con insistenza di poter giocare, ma, complice la routine giornaliera, con la madre e la nonna sempre disponibili a trovarle un occupazione o a portarla a spasso, padre e figlia si erano praticamente incontrati solo la sera, così che al saiyan non era affatto dispiaciuto accontentarla.
In pratica tutto stava procedendo come da programma. Perfetto... Fino al settimo giorno.
Era una placida mattinata quella che invece si sarebbe rivelata l'inizio del caos.
Come ogni mattina, il principe dei saiyan si era alzato piuttosto presto e come ogni mattina si apprestava ad affrontare la prima delle tre sessioni di allenamento della giornata.
Stava appunto percorrendo i tre lunghi corridoi della casa che dividevano la cucina dalla sua intoccabile stanza privata degli allenamenti -anche denominata GR- quando un'inaspettata allegra vocina interruppe il suo spedito incedere.
- Ciao papi! -  voce squillante, chiassosa e già in vivace movimento alle sette di mattina, la piccola Bra gli stava andando incontro, in mano una merendina sbocconcellata; cosa strana, visto che di solito occorrevano i cannoni per buttarla giù dal letto.
Fece per passarle oltre, sperando che, a parte un breve saluto, la piccoletta non volesse altro, visto che lui aveva altri piani per la mattinata.
- Dove vai di bello? Posso venire anche io? Giochiamo? -  chiese la peste accodandosi e cominciando a saltellare.
Appunto. Altri piani, che non comprendevano la presenza della marmocchia attorno.
- Ad allenarmi come ogni mattina; no e no. A dopo. - fu la sbrigativa risposta che le diede quindi.
Doveva saperlo però che lei non si sarebbe accontentata di quella risposta; infatti seguitò ad andargli appresso come se nemmeno si fosse degnato di risponderle, sempre saltellando, ovvio.
Mezzo corridoio dopo: - La pianti di seguirmi? E che ci fai in piedi a queste ore tanto per cambiare? Tornatene a letto o va a vedere che sta facendo tua madre, si gioca stasera se proprio vuoi ora ho da fare.- si decise quindi il saiyan a dirle.
- Perché non adesso? Comunque mamma dorme e io non avevo sonno e allora mi sono svegliata... Giochiamo?- fece la pupa mentre inghiottiva bocconi sempre più grossi e briciolosi della sua merenda, ovviamente seguendolo.
- Ti ho già detto che prima di stasera NON giocheremo a palla... Va a fare altro adesso.-
-Ma non ho voglia! Io voglio giocare! Giochiamo?-
 Erano frattanto arrivati in vista della stanza gravitazionale e l'esasperato saiyan, pensò che il modo migliore per troncare la discussione con la bimba fosse... piantarla in asso.
- Per l'ultima volta... NO! Ora ho altro da fare, vai a trovare tua madre tuo fratello o meglio ancora i tuoi nonni, almeno uno di loro due è sicuramente sveglio... A dopo.- e detto questo, il principe si chiuse la porta della GR alle spalle, lasciando nel corridoio una immusonita e appiccicaticcia bimba delusa.
Oh, bene, spero abbia capito…. Pensò sospirando il saiyan; poi, scacciato il pensiero della bimbetta, che tanto era in casa e quindi capace di cavarsela da sé, si apprestò ad attivare il macchinario che regolava la gravità, cominciando quindi la sessione di allenamento.
Nel frattempo, fuori nel corridoio, una delusa ma ancora decisa Bra, si stava mordicchiando pensierosa un labbro, mentre meditava le sue prossime azioni; d’un tratto le venne alla mente un particolare: sua madre, soleva comunicare con lui mentre era nella stanza speciale, parlando attraverso un monitor! Avrebbe usato quello per cercare di convincere il suo adorato papi che giocare con lei era più divertente che stare solo in quella strana stanza! Così, volando, si avvicinò al pannello posto in alto accanto alla porta: questo aveva parecchi tasti uno diverso dall’altro, e la piccola stette per un po’ a guardare spaesata la tastiera; e ora come si fa? Pensò poi la piccola peste.
Nel mentre il saiyan aveva attivato i vari macchinari e messo una gravità per lui piuttosto leggera, cominciando quello che era il riscaldamento; mentre schivava in volo un raggio sparatogli contro da uno dei vari robot da allenamento però, la gravità d’improvviso... cambiò.
Sentendosi più leggero, ma avendo comunque messo più forza nei movimenti per contrastare la gravità precedente, il principe riuscì a stento a frenare quella che stava diventando una corsa contro il soffitto.
- Ma che…- fece a malapena in tempo a domandarsi; e la gravità tornò a farsi più pesante, facendolo atterrare pesantemente sul terreno.
- Ma porc…- Poteva essere un malfunzionamento della macchina centrale come era già accaduto in passato? Si domandò il saiyan.
Ma poi la gravità mutò di nuovo, seguita da un brusio, accompagnato da suoni spezzati, pronunciati da una inconfondibile vocina, provenienti dagli altoparlanti.
Fare due più due era matematico: ma perché la peste avrebbe dovuto arrivare al pannello esterno di controllo e manipolare la gravità?  
All’ennesima oscillazione di peso però, non perse tempo a pensare ancora: si trasformò in super saiyan per fare prima, e, raggiunto il pannello di controllo, disattivò dapprima con un controller i robot e subito dopo  la gravità, premendo un pulsante.
- Adesso mi sente…- borbottò all’indirizzo della porta l’esasperato alieno; aveva mosso pochi passi verso l’uscio però, quando la gravità tornò ad alzarsi!
Irritante.
Tornò al pannello di controllo e premette di nuovo il pulsante di spegnimento, gigante e rosso e aspettò.
acceso:  gravità 80.
Spegni.
Acceso: gravità 110.
Spegni.
Acceso: gravità 500.
Spegni.
Acc… PUFFFFF……
Un doppio leggero boato si udì, mentre i due pannelli gemelli per il controllo della stanza e della gravità, esausti della piccola improvvisa lotta ingaggiata, implodevano, generando più che una vera e propria esplosione, una massiccia dose di fumo.
Ma la vera beffa fu la comparsa del monitor, che ora tra le nubi gassose, lasciava intravvedere una sconcertata Bra.
Mentre la vena sulla tempia del principe dei saiyan cominciava pericolosamente a pulsare, indicando guai, la piccina,dopo essersi leggermente ripresa dal fumo e dalla sorpresa, esclamò un allegro: – Papi! – ma poi, accortasi dell’espressione un pochino nervosa del genitore e capendo di averla fatta grossa, optò per la seconda idea che le passò fulminea in testa: battere in ritirata.
E così dopo un piccolo – Ops! –  la piccola turchina preferì  correre via; il principe, smaltito leggermente il nervoso, borbottò uno scocciato: - Almeno se ne è andata ora… tsk! – frustrato; poi, diede un calcio alla macchina esplosa, tanto era già da aggiustare.
Quel giorno fu impossibile allenarsi, ovviamente, ma trovò assai sfogante distruggere una montagna o due, così, giusto perché gli sbarravano il cammino e sembravano alte…
L’ottavo il nono e il decimo giorno, passarono sottotono e senza eventi particolari, ma senza dubbio si doveva in parte al non trascurabile fatto che il principe aveva deciso di smaltire altrove l’irritabilità: in attesa di riottenere intatta la sua preziosa stanza, andava ad allenarsi in luoghi impervi della Terra, dove di certo nessuno avrebbe osato disturbarlo, tornando solo la sera molto tardi.
L'undicesimo giorno fu il ritorno alla routine collaudata: la GR era finalmente stata aggiustata, e la piccola si comportò tranquillamente, accettando la mattina e il pomeriggio di essere coccolata, vezzeggiata e portata in giro dalla nonna. Poi,  alla sera, ritrovatasi di nuovo da sola col padre, venne riproposto l’argomento palla e i due ripresero il loro piccolo allenamento privato. Fu quella sera, che la turchina domandò al padre del concetto fatale: - Papi, ma perché non la so tirare forte abbastanza? E perché non so fare le corde di luce per acchiappare la palla?- domandò lievemente perplessa.
Infatti la piccola non era stupida, affatto, e si era accorta da un po’ sia dell’utilizzo del padre di quelle strane “corde luminose acchiappa palla” come le aveva tra sé e sé denominate lei, sia del fatto che il padre sembrava imprimere alla palla diverse forze.
- È perché non sai ancora controllare l'aura...- le aveva risposto allora lui.
Alla faccina ancora più perplessa della bimba, si sentì costretto a darle una spiegazione un po' più completa, seppure il più elementare possibile:
- Hai presente il giorno in cui hai imparato a volare? La pallina luminosa che hai creato allora, o meglio, l'energia con cui era formata, può cambiare di forma e avere quindi diversi... utilizzi; se immagini che una piccola quantità stia sulle mani, darai più forza alla palla come hai dato più forza sotto i piedi per volare; se usi più energia e la pensi come un filo ottieni la “corda” come l'hai chiamata tu...-
Alla piccina si illuminò il musetto: tutto chiaro! Facile!
Infatti, subito dopo, provando a tirare la palla... BOOM!
Ovvio.
- Poca forza avevo specificato in effetti... O finisci per disintegrare l'oggetto, come ora hai scoperto da sola... - commentò tranquillamente il principe, leggermente divertito, ad una basita Bra che ora fissava con gli occhietti leggermente sgranati i resti fumanti della palla da tennis.
- È rotta...- fece triste la principessina, pensando solo che con le briciole della palla non si poteva certo giocare.
-Tuo fratello di sopra ne ha altre, quello non è un problema... Cerca però di imparare a dosare l'energia prima che le scorte terminino, altrimenti finisce anche il gioco.-
Poi spedì la piccoletta in camera del fratello a prelevare le famose suddette scorte; c'erano ben sei palline verdi, e la turchina credeva che almeno tre o quattro si sarebbero salvate: avrebbe facilmente dosato la forza la prossima volta!
Infatti la prima delle sei nuove sfere verdognole venne polverizzata al primo lancio, in un tempo pari ad un battito di ciglia; la seconda subì la stessa sorte, solo, durò all'incirca quatto passaggi, un lieve ma incoraggiante miglioramento.
Ne restavano quattro; la terza vittima durò un po' di più, ma solo perché i tiri venivano fatti al rallentatore dato che la piccola peste voleva a tutti i costi imparare, appena il ritmo venne aumentato però, anche lei si arrese e diventò un cumulo fumante.
La frustrazione della bimba aumentava nel mentre di pari in passo con i suoi tentativi infruttuosi di controllare la strana forza, anche perché col volo era stato tutto molto più facile!
Di tale frustrazione si accorse anche il padre che, se sulle prime cercò di dissuaderla e farla tornare a giocare normalmente, poi, al broncio testardo messo su dalla cucciolotta, decise di lasciar perdere e di tentare con altre indicazioni:
- No, non ci siamo, ne metti sempre troppa; guarda, tu stai usando questa quantità...- e fece apparire nella mano destra una sfera di medie dimensioni che brillava come un piccolo faro nella sera:
-... Mentre il massimo che può sopportare la palla prima di andare in pezzi è circa questo.- e  fece apparire nell'altra mano una sfera più piccola e dalla luminescenza più tenue.
Detto ciò, le diede alternativamente da soppesare entrambe le sfere, adagiandole sui piccoli palmi della bimba, così che capisse la differenza tra le due potenze; solo quando gli parve che la sottile differenza fosse stata recepita, le concesse nuovamente di tentare con la palla in mano.
Effettivamente miglioramenti ci furono e, a fine gioco circa mezz'ora dopo, un paio di palline da tennis venne riposto nel piccolo sacchetto che le aveva precedentemente contenute, ancora intatte.
Certo, la velocità era stata un po' sacrificata, ma sembrava che almeno il principio base e la quantità di potenza da immettere fossero state dalla piccola peste assimilate, cosa non da poco tenuta pure conto l'età della mocciosa.
 
La sera dopo però il caos tornò padrone della situazione: l'allegra peste, pur non essendosi scordata la piccola lezione di aura tenutale dal padre la sera precedente, fu un po' troppo precipitosa nell'agire.
Mise così con la prima pallina da tennis un po' troppo entusiasmo, condito con un bel po' di forza in più del necessario e così... la palla esplose.
Mentre il principe si chiedeva mestamente se dovesse essere ripetuta l’intera lezione daccapo, la cucciola, che quella sera era particolarmente vispa, prese in mano con un po' più di attenzione la palla superstite: l'ultima; così l'uomo vedendola più concentrata lasciò perdere ulteriori spiegazioni, convinto che non servissero e lasciò che la peste dettasse la velocità che più preferiva.
Pessima idea, davvero un errore.
Bra, che aveva passato tutto il pomeriggio seduta a disegnare e a essere messa in mostra prendendo il thè con le amiche riccone della nonna, quella sera non aveva proprio la pazienza di stare a dosare energie di vario tipo, voleva semplicemente stancarsi e muoversi!
E perciò, perse la pazienza: dopo circa un quarto d'ora passato a controllare minuziosamente ciò che faceva infatti... usò nell'ennesimo lancio forza, molta forza, incauta forza... Tutta la sua forza.
Inutile dire che fine fece l'ultima palla da tennis.
- Ma che hai combinato? Non credo proprio ci siano altre scorte in giro...- commentò rassegnato  il principe,  che invero era un po' dispiaciuto della prematura fine degli esercizi.
La piccola peste osservò i resti fumanti dell'ultima sciagurata palla per cinque lunghi secondi.
Poi scoppiò a piangere sconsolata!
- E adesso che hai? Guarda che hai fatto tutto da sola...- mormorò il padre alzando gli occhi al cielo data la reazione, per lui alquanto assurda, della mocciosa alla situazione.
Occorsero cinque minuti di blandizie e il non irrilevante intervento di una provvidenziale barretta di cioccolato pescata dal frigo, per placare la crisi isterica della pupa provocata da sé medesima.
Ma se il principe sperava che la fine del piagnisteo fosse, come si era effettivamente illuso, il segnale  per rilassarsi, si sbagliava di grosso.
Poco dopo iniziò il vero caos, sotto forma della mente geniale della piccola turchina: ella, finito l'inaspettato dolce spuntino, seduta placidamente accanto al padre sul comodo divano, cominciò infatti a riflettere.
E con le riflessioni arrivò il lampo di genio.
Il saiyan la vide improvvisamente cambiare espressione, non fece a tempo a domandarle nulla che la piccoletta era già corsa a razzo fuori dalla stanza, diretta chissà dove.
Perplesso, sentì il suo lieve scalpiccio salire l'ampio scalone che portava alle camere e agli appartamenti  privati; pensando le fosse venuto in mente dove trovare qualcos'altro da lanciare o che cercasse diverso materiale di svago, non la seguì, pentendosene poco dopo, quando udì un terribile fracasso provenire proprio dalle scale.
Sospirando, si alzò dal divano, dirigendosi verso la fonte del molesto rumore, decisamente più seccato che preoccupato per la peste.
Arrivato all'atrio, il principe si fermò, osservando basito quel disastro ambulante della figlia e il suo ennesimo guaio:  mobile che sostava a metà della scalinata: rotto, con tutti i fragili soprammobili che vi sostavano sopra altrettanto rotti; una pupa quasi per niente ammaccata ma con un sorrisone soddisfatto che lo fissava da sotto in su, precisamente da semi distesa per terra davanti agli scalini; e accanto a lei….
- Si può sapere che stai facendo? Riporta quel coso esattamente dove l’hai trovato. Subito.-   quella sera la pazienza del principe era già agli sgoccioli, ma davvero, quella non era in ogni caso un'opzione.
- Perché? Possiamo usare questa! È più grande, ma riesco a muoverla lo stesso! Vedi? L'ho pure portata giù! Sono stata brava? Giochiamo?- fu l'allegro monologo giustificativo della peste.
Certo, come no, davvero un'idea geniale.
- Mi hai sentito. No, non giocheremo con quello. Riportalo su.-  fece l'esasperato genitore.
Assecondarla avrebbe portato ad una immotivata guerra; assecondarla avrebbe portato distruzione; davvero non poteva dirle di sì; impossibile mettersi a lanciare ripetutamente e con forza, nel pur non piccolo salotto di casa, una palla da palestra formato gigante.
Non se si voleva conservare qualcosa di intatto!
-Maaaaaa.... Perché uffa!? È rotonda e si tira lo stesso no? Allora perché non possiamo?- fece allora la bimbetta.
-Perché per esempio è grossa il doppio di te?- fu la ragionevole, veritiera risposta, ovviamente non scoraggiante però vista la replica dell'intestardita mezza aliena:
- Ma non importa! Se sono riuscita a portarla quaggiù posso anche tirarla! Adesso te lo mostro! Dai! Giochiamo? -
E prima che il padre potesse replicare che, no, non occorrevano dimostrazioni, bastava e avanzava un mobile rotto per adesso, la peste decise che era giunto il momento: fulminea si alzò da per terra, dove era comodamente rimasta durante la discussione, agguantò velocemente la palla e... perse miseramente l'equilibrio sulle gambette, finendo nuovamente distesa poco più in là; solo, ora era a pancia in su e poteva osservare il pallone che, per puro caso, s'abbatteva esattamente contro il mobile dell'atrio, provocando altra distruzione.
-O forse esattamente perché finiresti per fare a pezzi tutto, come puoi vedere!- esclamò con un sospiro il principe.
Che dire all'assente scienziata riguardo alla mobilia mancante lo avrebbe deciso più tardi, prima era il caso di togliere il pericoloso oggetto dalle mani e dalla vista dell'altrettanto pericolosa proprietaria.
Così, con l'ennesimo sospiro e una voglia tremenda di imprecare, il saiyan raccolse la palla molesta e la trasportò di persona nel posto ad essa riservato da quando, alcuni mesi prima, la bimba piagnucolando, se la era fatta regalare ovvero un angolo dell'enorme stanza dei giochi della figlia; stanza bizzarra e stravagante era quella, dato che poteva essere descritta come una via di mezzo tra un parco giochi e una palestra giocattolo viste non solo le dimensioni ma pure il contenuto: un cavallo a molla stava poco distante da un'altalena, metà delle pareti erano arredate da scale e finte rocce da arrampicata sotto le quali sostavano materassini più o meno soffici; in un angolo c'era un tappeto elastico che doveva in origine essere utilizzato in giardino ma che, chissà come, in un giorno di pioggia era finito lì dentro senza più venire mosso; completava la collezione stravagante proprio quel pallone gigante, col quale la pupa si divertiva spesso a saltellare per la stanza.
Quella sera, nonostante i continui piagnistei della bimba, non si giocò più come era ovvio che fosse; certo, la peste propose di tutto, arrivando persino a tirare un cuscino in testa all'esasperato genitore che si stava imponendo di non strangolarla, ma dopo un po' il nervosismo della bimba si placò e così, esaurito lo slancio ed essendosi stancata, la turchina s'addormentò.
 
- VEGETA! È ASSOLUTAMENTE INUTILE CHE TU STIA LASSÙ! TANTO APPENA SCENDI RIPETERÒ TUTTO DACCAPO! - l'urlo che lo aveva distolto dai suoi pensieri, meglio dai suoi ricordi risalenti a tre giorni prima, proveniva dalla terrazza sotto di lui: la consorte, ancora decisamente non paga del casino che stava combinando, chiedeva la guerra.
- LO SO CHE HAI SENTITO TUTTO SAI? SEI IN PARTE RESPONSABILE DI QUEL CHE È SUCCESSO OGGI E ORA DEVI STARMI A SENTIRE! SCENDI!- urlò di nuovo la scienziata inviperita: non poteva arrampicarsi sul tetto senza rischiare di rompersi qualcosa e questo la faceva imbestialire ancora di più; così per compensare si era posizionata sulla terrazza più vicina alla posizione di lui in maniera da risultargli il più fastidiosa possibile: prima o poi sarebbe sceso!
Già, sebbene l'artefice di tutto fosse esclusivamente la mocciosa, la donnaccia riteneva che lui fosse altrettanto responsabile degli avvenimenti accaduti, dato che era lui quello che le aveva insegnato come fare e secondo la donna senza ammonire la bimba riguardo alle possibili conseguenze delle azioni da essa compiute quel giorno.
Non erano state infatti la camera gravitazionale da riparare in fretta o le disastrose imprese distruttive di numerosi oggetti presenti in casa, perpetrate nei vari giorni dalla figlia a far arrabbiare tanto la scienziata: del peluche assente non se ne era nemmeno accorta, tanti ne aveva la piccoletta di quei cosi; quando i due avevano raccontato in contemporanea le loro divergenti versioni su come si era rotta la stanza gravitazionale alla donna era solo venuta una gran ridarella; alla notizia della distruzione dei mobili da parte del duo palla-bimba non aveva battuto ciglio.
Era la giornata appena trascorsa ad essere stata la vera causa scatenante della crisi isterica della scienziata.
Quell'irritante giornata era iniziata in una maniera talmente banale e routinaria che nemmeno volendo si poteva immaginare il caos seguente: avevano infatti consumato una tranquilla e abbondante colazione, per una volta riuniti tutti e quattro allo stesso tavolo; dopo essersi abbondantemente saziati, erano infine andati ognuno per fatti propri per badare alle personali faccende da sbrigare.
Al principe non importava molto invero dove gli altri tre andassero, ma, oltre alla non necessaria notizia che Trunks andava sui monti Paoz,  aveva distrattamente immagazzinato anche l'informazione essenziale: Bulma e Bra sarebbero finite al centro commerciale più grosso della città per passare una allegra mattinata di shopping.
Senza noie interruzioni o particolari inconvenienti, il saiyan passò una tranquillissima mattinata di allenamento; fu quindi quando uscì dalla GR che trovò, con sorpresa e disappunto, lo spiacevole inizio del caos.
Il saiyan si stava infatti dirigendo in cucina, dato che era ora di pranzo, quando avvertì delle urla femminili provenire esattamente da quel locale; le più rumorose erano senza dubbio alcuno le strida di una riottosa Bra:
- NOOO! Ho detto che non ci vado! Te l'ho detto come è successo! Non puoi mettermi in punizione! Ho ragione io e lui se lo meritava!- diceva la pupa tra evidenti singhiozzi rumorosi.
Che accidenti era successo?
Ma soprattutto: doveva necessariamente entrare lì dentro?
-Non discutere e fila in camera! Sai benissimo che non dovevi farlo! - fu la risposta della madre data con tono isterico.
Sì, forse era il caso di approfondire, aveva meditato il saiyan, a cui tra l'altro serviva pure l'acqua visto che era assai assetato; era perciò entrato con passo deciso nella stanza.... Per fermarsi subito dopo, alla vista della faccia che quelle due esibivano: una, la bimba, pareva un disperato demonietto vendicativo al quale era stata tolta la preda; l'altra, la madre, sembrava a metà tra una crisi isterica e un misto di panico furioso.
-Si può sapere che è successo?- aveva esordito il principe con la solita calma glaciale.
Le due si erano voltate a guardarlo in contemporanea.
E lui si era  tirato mentalmente contro una decina di improperi avendo capito di aver decisamente sbagliato mossa.
La pupa lo aveva guardato con aria speranzosa, come a volergli urlare salvami, quella pazza isterica ha torto!
La scienziata invece aveva preso per contro a fissarlo con fare assassino, peccato lui non c'entrasse assolutamente niente!
Si guardarono tutti e tre alternativamente per qualche secondo, come a voler capire a chi spettasse per primo il turno d'attacco; poi...
- PAPI! VUOLE METTERMI IN PUNIZIONE MA HO RAGIONE IO...-
-TU! SI PUÒ SAPERE CHE ACCIDENTI LE HAI INSEGNATO…?-
avevano urlato in contemporanea le due, talmente forte che poco vi era mancato che i timpani del saiyan finissero a pezzi.
 E stavano per continuare!
-BASTA!-  si affrettò quindi ad urlare a sua volta il saiyan, prima che il fuoco incrociato ricominciasse.
Miracolosamente... silenzio fu.
- Bene, - disse il corvino avviandosi verso l'enorme frigo e prelevando da esso una fresca bottiglia d'acqua: - E ora, una di voi due mi spiega chiaramente la situazione, anche se preferirei di gran lunga che la smetteste di fare tutta questa cagnara senza coinvolgere pure i miei timpani!- fu l'ordine perentorio.
Fu l'agguerrita scienziata ad aprire bocca: nervosa com'era non badò nemmeno ai convenevoli o a partire col discorso alla lontana; in verità, si limitò ad un unico monologo esclamativo, pronunciato in tono rabbioso e accusatorio:
- TUA figlia ha appena spedito all'ospedale, precisamente in rianimazione un suo coetaneo! Come? Gli ha tirato un grazioso pugnetto, che a suo dire era pure dato pianino, in faccia, spedendolo tra l'altro contro un muro! Il perché è presto detto: il disgraziato non voleva lasciarle una dannatissima macchina a pedali! E ora indovina CHI si trova nei guai fino al collo? IO!- esclamò infervorata.
E, da come lo osservava, era piuttosto evidente che lo ritenesse in qualche modo responsabile dell'accaduto quasi quanto l'impulsiva bimbetta.
La piccoletta dal canto suo aveva ascoltato la sfuriata materna con un bel  broncio contrariato sul musino: dal suo fare ostinato si capiva lontano un miglio che riteneva di aver fatto bene a spedire il fragile terrestruccolo dove ora si trovava e che quindi, probabilmente perché non totalmente consapevole delle conseguenze della sua azione, riteneva di essere decisamente nel giusto.
Infatti, appena la madre finì di pronunciare l'ultima sillaba, tacitandosi più perché doveva riprendere fiato che perché non avesse altro da dire, la peste diede senza che nessuno gliela domandasse, la propria versione dell'accaduto:
- SE LO MERITAVA! io ho chiesto per favore se potevo fare un giretto, mi annoiavo lì e mamma stava chiacchierando! Ma quello continuava a prendermi in giro! "come come" mi diceva  e rideva! Mi stava prendendo in giro e io ho aspettato e chiesto TAAAANTE volte! E mi SONO STUFATA! ... E l'ho buttato giù!-
-Facendolo finire praticamente in coma accidenti!- fu la replica della madre a quel fiume di parole leggermente confuse e intervallate da singhiozzi della peste.
-NON IMPORTAAAAAA!- fu l'urlo di risposta della figlia, che dopo quello strillo, il padre ne era sicuro visto come gli aveva ridotto le orecchie, si era praticamente scartavetrata la gola; la combina guai era poi uscita di corsa dalla stanza, meta ignota.
Restarono quindi in due a fronteggiarsi nella stanza: una inviperita quanto in panico scienziata e un saiyan irritato, che decisamente era più interessato al ritardo che quell'evento aveva comportato nell'orario del pasto imminente che il fatto in sé.
In effetti, a modesto parere del principe, anche se il quadro della situazione non era ancora completo e dettagliato, aveva più ragione la pupa: se anche la principessina non avesse preso di suo il carattere battagliero dei genitori, loro si erano sempre spesi al che la bimba, se vessata o provocata reagisse... Anche se forse, con un terrestre, non era il caso di usare la forza bruta, vista la debolezza della razza.
- Ti rendi conto, spero, il casino che è successo e l'enorme guaio che ha combinato!- scattò bruscamente la donna; poi concluse esasperata e sconsolata: -... E ora... Che faccio...?-
Capendo finalmente che la moglie era talmente presa dal panico da dimenticarsi di una qualsiasi  soluzione, forse perché leggermente scioccata dall'evento e dalle sue conseguenze, il saiyan tentò di accantonare la propria propensione, che gli avrebbe fatto rispondere alla donna con un sarcastico: ma che ti aspettavi da una mezza saiyan? Che venisse a frignare da te perché il piccolo mollusco fastidioso la prendeva per i fondelli? E le disse invece quello che pensava lei volesse sentirsi dire:
- Non capisco che sono tutte 'ste storie, ti basterà far si che accidentalmente il moccioso ingoi un senzu per poi sganciare ai genitori del marmocchio un piccolo risarcimento per il disturbo causato... Non dovrebbe poi essere così difficile evitare spiacevoli ripercussioni...- si lasciò quindi scappare.
La donna lo guardò leggermente basita, poi un piccolo sorriso si fece largo sul suo volto che da qualche ora ostentava cupezza: come aveva fatto a non pensarci lei stessa a quel piano? Non era lei il genio? Rigirò allora, per puro gusto, quel semplice piano d'azione in testa, per cercare eventuali falle: infantilmente voleva ci fossero delle falle, giusto per potergli urlare contro un altro po' e scaricare così la tensione accumulata; dopotutto lo riteneva davvero in parte responsabile di quel casino, dato che negli ultimi tempi Bra andava magnificando papà, il tempo che ci passava assieme, e la divertente attività che  avevano trovato per passare il tempo. Alla donna non era sfuggita la stranezza della situazione, ma soprattutto non le era sfuggito l'accenno fatto casualmente a pugni e sfere luminose, che la pupa aveva entusiasticamente raccontato con la tipica ingenuità della sua età.
Ma poi dovette arrendersi e ammetterlo: quella sembrava realmente la soluzione più semplice al problema e, a parte il fargli notare sarcasticamente che il risarcimento da sganciare non sarebbe stato affatto piccolo, altro della soluzione da lui trovata non poteva davvero criticare.
-Uhm! Sarebbe venuta in mente anche a me una soluzione del genere se non fossi stata occupata a rimproverare e trattenere quell'indiavolata di tua figlia!- sbottò quindi, tanto per ribadire la sua non ancora sbollita arrabbiatura; poi, mento alzato in segno di sdegno e andatura nervosa, la bella scienziata uscì dalla stanza, andando ad eseguire il più in fretta possibile la soluzione a quell'increscioso pasticcio combinato dalla figlia, prima che portasse conseguenze nefaste.
Solo allora, col silenzio tanto atteso finalmente ottenuto, il principe si accorse di un piccolo particolare: il pranzo era, maledizione a loro, decisamente saltato!
Spinto dallo stomaco gorgogliante si era solo poco più tardi deciso, e aveva affidato il delicato incarico di trovare e sorvegliare la bimba alla di lei nonna, andando poi a cercarsi un pasto degno di essere chiamato tale.
Rientrato nel tardo pomeriggio, dopo essere stato a caccia e aver approfittato della natura per un piccolo allenamento fuori sede, il saiyan notò con piacere che la calma regnava ora nella grande abitazione.
Controllate le auree degli abitanti, venne a sapere che la bionda irritante mrs Brief, a volte serviva davvero, dato che teneva la peste occupata con buona maestria, in tranquille attività in salotto; oltre a nonna e nipote, eccettuato il vecchio Brief come sempre in laboratorio, ancora nessun altro era in casa in quel momento.
Decisamente più rilassato di quando era partito, il saiyan si diresse alla stanza che condivideva da anni con la compagna e al bagno privato annesso ad essa, con l'intenzione di darsi una ripulita; uscitone dopo una mezz'ora, si diresse in cucina: sicuramente la cena era già in preparazione, se non per mano di Bulma ci avrebbe pensato sua madre, come da copione.
Arrivato distrattamente nel grande  salotto però, si accorse di un piccolo particolare che gli era sulle prime sfuggito, avendo prestato poca attenzione alle auree: avevano ospiti.
O meglio: suo figlio, rientrato da poco e stranamente a casa  aveva UN ospite…. guarda caso il figlio della terza classe, vedi mai che variasse un po’ la compagnia.
I due erano beatamente spaparanzati sull’enorme divano e chiacchieravano allegramente e assai rumorosamente davanti alla tv.
La prima a notare la sua presenza, fu la peste azzurra che in cucina stava aiutando, per modo di dire vista l’età, la nonna e la madre ad imbastire l’abbondante cena che sarebbe occorsa per  sfamare ben tre ampi stomaci saiyan, più quello non altrettanto grande ma comunque assai capiente della stessa bimba; questa gli corse allegramente incontro e, dall’espressione sia della peste sia della scienziata, era evidente che le due avessero fatto pace, e che il suo piano anti conseguenze nefaste era andato tutto sommato a buon fine.
 Decisamente ora andava molto meglio, si disse il principe salutando la mocciosa sua figlia; e fortunatamente, come venne con molta solerzia subito informato dalla bionda mrs Brief,  pure la cena era quasi pronta: ottimo!
Si misero quindi senza indugio tutti a tavola, e i saiyan presenti, fedeli come sempre alla loro natura, cominciarono a spazzare via enormi quantitativi di cibo alla velocità della luce; ad un certo punto, ci fu un innocua contesa tra il lilla e l’amico su chi dovesse mangiare un certo cosciotto e i due si accapigliarono brevemente, ma nulla di cui preoccuparsi dato che scene del genere accadevano assai spesso durante quelle cene, divenute quasi un'abitudine, data l’assidua frequentazione dei due.
Erano ormai al dolce però, quando accadde il clou della serata, anzi della giornata; invero quella scena il principe se la godette parecchio, seppure le conseguenze dopo ore si facessero ancora sentire... se solo la scienziata non se la fosse presa così tanto!
In fondo, possibili conseguenze gravi stavolta non ce n’erano state, e la scena era stata assai spassosa: il figlio dell’idiota, anch’esso evidentemente assai idiota, aveva ben pensato di ricavarsi del dolce goloso cibo  extra… rubando un bel cucchiaione di gelato alla piccola peste; il gesto era stato concepito più per dispetto, in effetti, che per golosità, dato che nella enorme vaschetta comprata dalla scienziata prima di rientrare, c’erano ancora diverse palline a disposizione di tutti.
Il furbastro aveva dunque detto sornione ma con tono piuttosto neutrale alla bimba che gli era seduta di fronte:
- Bra guarda! C’è il micio nero! – sapendo perfettamente che la piccola stravedeva per il vecchio gatto che il nonno si portava sempre a spasso in spalla, e che quindi si sarebbe girata per vedere se trovava l’animale che ovviamente nei dintorni non c’era; infatti come previsto, la pupa si girò, e…. il malefico idiota, ne approfittò: in fretta allungò un braccio e si riempì il più possibile il cucchiaio che aveva già in mano da tempo.
L'azzurrina, non trovando il gatto come poi spesso succedeva, si girò molto indignata e, al vedere il grosso quantitativo scomparso dalla sua appetitosa coppetta di gelato, illividì; l'indiziato per il furto era uno e uno solo, su questo non c'erano dubbi, e quindi la marmocchia fissò Goten, un Goten che ostentava un fare da innocentino ma col cucchiaione ancora strapieno sospeso a metà strada, con l'aria di volerlo trucidare.
Il solito copione prevedeva che la principessina, prima verbalmente e poi a volte fisicamente, provasse pure a trucidare il ragazzo, senza però riuscire a fare granché e venendo poi consolata da madre e nonna.
Fu quindi con enorme sorpresa che tutti videro la piccola infuriata principessa alzare repentina il suo pugnetto più forte, il destro, caricarlo velocemente con una quantità d'aura decisamente abbondante e... Centrare il bersaglio in faccia!
Un esterrefatto Goten volò quindi per la stanza sotto gli sguardi altrettanto esterrefatti dei presenti, finendo con un poderoso schianto addosso alla grande credenza dalla parte opposta rispetto alla tavola.
Ovviamente, il mobile non resse l'urto e così il giovane moro si trovò pure a fronteggiare l'imprevisto attacco delle stoviglie cadenti, diverse delle quali riuscirono a piombargli allegramente in testa con un vivace tintinnio.
Tutti osservarono con gli occhi a palla tal disastro non capacitandosene; solo uno si riprese prima degli altri, ovvero un divertito e, si assai orgoglioso, Vegeta che, trovato il tutto davvero divertente, stava apertamente sghignazzando.
Nel silenzio generale qualche secondo dopo, si udì, dapprima piano, ma poi sempre più in crescendo, un rumore: la squillante infantile risata di Bra!
La bimba infatti, dopo aver osservato leggermente stupita il suo insperato primo successo, aveva trovato la scena di un buffo tremendo e un possente attacco di ridarella la stava ora scuotendo da capo a piedi.
Meno felice era il malcapitato Goten ora semi fuso con la credenza, il quale, liberatosi, mormorò:
-  E che cavolo...!? Piccola peste troppo forzuta... - rialzandosi un po' impacciato.
Era effettivamente assai seccato il moro, probabilmente perché di certo non si aspettava una reazione tanto violenta ma soprattutto tanto precisa da andare a segno in quella maniera: nessuno dei presenti eccetto l’improvvisato allenatore, sapeva che le serate di gioco, sbandierate in giro appena possibile con aria assai compiaciuta dalla pupa, visto chi era il secondo giocatore, servivano anche da allenamento della peste.
Non c'era quindi da sorprendersi se tutti avevano sfoggiato quelle facce basite; peccato che dopo l'iniziale smarrimento, alla ripresa delle facoltà mentali, seguirono reazioni prevedibilmente alterate: i due ragazzi, anche Goten che era quello che aveva subito la rappresaglia, più di quel tanto non se l'erano in fondo seriamente presa, abituati com'erano a calci pugni e simili; si erano solo sorpresi nel constatare come quella volta la marmocchia fosse riuscita a colpire con tanta forza e precisione il Son, tra l’altro usando l’aura, e cercavano di capire come fosse stato possibile mentre rimproveravano verbalmente la marmocchia.
Il principe, come già detto, aveva accolto la scena, invero per lui esilarante, con un certo entusiasmo: dopotutto, in parte aveva speso il tempo serale anche per quello scopo; non credeva invero che il piccolo allenamento a cui l'aveva sottoposta avrebbe dato cosi in fretta i suoi frutti, ma tant'era e di certo a lui non era dispiaciuta la piccola lezione che la figlia aveva impartito al Son, proprio no!
Chi invece era rimasta senza parole e piuttosto scioccata era Bulma: forse perché la vedeva così piccola, forse perché inconsciamente la riteneva più simile a sé, femmina e con quell'aspetto e quei colori che la rendevano ai suoi occhi una piccola copia di lei, forse per un misto di queste cose e altre ancora, ma davvero la scienziata era rimasta profondamente turbata dagli eventi di quella giornata: aveva scoperto il lato alieno della sua piccola peste, un lato che si, sapeva esistere, ma che tendeva a dimenticare, considerandolo poco più che un dettaglio.
Ora invece ne aveva avuto tangibile dimostrazione… E per ben due volte!
E tali dimostrazioni di quel sangue alieno si erano rivelate sorprendentemente… pericolose.
Fu per tali ragioni che la scienziata esplose: se gli oggetti, per quanto costosi o affettivi, potevano essere sostituiti,  non tutte le persone potevano essere colpite in quella maniera a piacimento, e la bimba era ancora troppo piccola per poter discernere autonomamente verso chi poteva rivolgere tali distruttive capacità senza creare scompiglio o peggio danni permanenti; per la gioiosa peste che ora se la rideva beata puntando il ditino contro la sua vittima, un terrestre poteva essere colpito esattamente nella stessa maniera in cui era stato colpito Goten,  bastava che ritenesse di avere ragione!
Ma seguendo questa legge del taglione personale, la bimba sarebbe finita presto in un mucchio di guai dato che sulla terra cose del genere non erano ammesse.
Così, con l’intento di correggere quel comportamento, infuriata, nervosa e leggermente spaventata, Bulma cominciò ad urlare contro alla figlia di smettere di usare la violenza e i pugni; le ordinò poi di filare in camera sua, non avrebbe più visto la stanza dei giochi per una settimana almeno, posto che nel frattempo non avesse combinato altri disastri!
La piccola, che già riteneva un po’ esagerata la sgridata della mattina, non avendo ben compreso la gravità del suo pugno al bimbo, trovò quella della sera ancora più ingiusta e quindi, piangente scappò di nuovo nei meandri della casa, dopo aver urlato la sua indignazione.
Nel frattempo, gli altri presenti avevano osservato stupiti ora la madre, ora la figlia: i coniugi Brief stavano cercando dopo poco di minimizzare l’accaduto, dicendo alla scienziata che la bimba presto avrebbe imparato a controllarsi e che forse non c’era bisogno di essere così duri; i due ragazzi, abituati com’erano sia all’isteria di Bulma sia alla risoluzione di problemi mediante i pugni, decisero invece di lasciare la stanza senza prendere posizione.
Proprio in quel momento, la scienziata si accorse di un dettaglio: vero, ora non aveva più sottomano la bambina, in compenso era decisamente ora per lei di fare quattro chiacchiere con l’alieno che, oltre a dare il suo sangue anomalo alla bimba, le aveva  anche insegnato le capacità distruttive di cui quel giorno la peste aveva dato prova; così si girò furibonda verso il compagno, che aveva ancora un leggero ghigno in volto, e scandì un: - TU…-  con l’espressione degna di un’arpia.
Ne scaturì una baruffa tremenda, durata circa un ora, in cui la donna continuava nei suoi monologhi minacciosi, pretendendo risposte, forse rassicurazioni; ma non era la natura del principe rassicurare gli altri, almeno non apertamente. Egli perciò preferì di gran lunga ribattere, punto su punto, dapprima piuttosto pacatamente, poi, al crescere del nervoso dovuto alle abbondanti accuse di lei, in maniera sempre più brusca e sarcastica.
Alla fine, stufatosi di una discussione che a lui pareva assurda, e vedendo la chiara impossibilità di calmare la donna che continuava a urlare, se ne era semplicemente andato dalla stanza, prima di prendere seriamente in considerazione l’idea di strangolarla; il tetto gli era parso l’unico luogo abbastanza calmo e lontano dall’isterica, quindi si era affrettato a recarcisi.
E ora andava a disturbarlo pure lì!?
Le aveva dunque risposto restando dov'era e dove lei non poteva raggiungerlo, le braccia conserte e il tono seccato:
- Tsk, piantala non hai urlato ancora abbastanza accidenti? Le tue ragioni le hai spiegate all'infinito, ma quello che se avevi orecchie cercavo di dirti di sotto era che forse stavi un pelino esagerando: imparerà a controllarsi e poi tanto le soluzioni ci sono sempre come hai visto...-
-Secondo te sono sempre io a essere esagerata vero? Sei tu che non ragioni! È per metà terrestre e vive sulla terra, vivrà coi terrestri e non può permettersi di rischiare di ammazzarne uno ogni volta che viene contrariata!- lo interruppe lei; poi se ne andò, capendo alfine che era inutile proseguire la discussione.
-Tsk...- mormorò l'infastidito saiyan.
Si godette per un po' il silenzio, finalmente sembrava che in casa nulla più si muovesse. Pace si, ora c'era pace. Ma la quiete era pur sempre fittizia, meditò il principe mentre si guardava intorno nel buio della notte; l'alieno ci vedeva piuttosto bene anche in quelle condizioni, dunque non tardò ad individuare un fagotto in una delle terrazze più in basso, un fagotto piccino, rannicchiato su se stesso e con inconfondibili capelli azzurri: Bra.
Sembrava assai depressa persino agli occhi apparentemente insensibili del principe dei saiyan, così con un sospiro, questi si decise a scendere dalla sua postazione sopraelevata , planando silenziosamente per i pochi metri che lo separavano, atterrò agilmente poco lontano dalla bimbetta.
Lei stava ancora piagnucolando, sconsolata per la baruffa e i conseguenti urli che aveva sentito fino a poco prima; al richiamo del padre sussultò leggermente, non avendolo sentito arrivare, ma, seppure sapesse che lui detestava i piagnistei, non interruppe il suo dondolarsi e il leggero frignare: dopotutto aveva quattro anni, inconcepibile per lei pensare di frenarsi solo per l’opinione altrui.
Al secondo più insistente richiamo infatti, invece di diminuire lacrime e singhiozzi, la piccola si gettò direttamente contro il padre, piangendo ancora più forte di prima.
Lasciata sfogare, dopo un po’ interruppe le lacrime per chiedere con voce impastata e tirando su col naso: - Ho fatto così male? A me sembrava di essere nel giusto anche ‘sta mattina…. Perché mamma se l’è presa tanto allora?-
Occorse un po’ perché il padre le rispondesse, era una questione spinosa per molti versi: anzitutto per l’età della piccola, ma anche per il non trascurabile passato di lui, che invero aveva cominciato ad uccidere quando aveva grosso modo la sua età.
Scelse perciò le parole con molta cura e le disse:
- Vedi, i terrestri sono assai fragili, e tu hai in te sangue alieno che se spesso è un bene, a volte può rivelarsi…  pericoloso per gli altri; tua madre ha solo paura che l’episodio di stamattina, molto grave per lei dato che il bambino sarebbe potuto morire e tu saresti potuta finire nei guai, si ripeta ancora molte volte. Perciò era così arrabbiata prima: quello che puoi fare con tuo fratello e Goten, spesso con altre persone non lo potrai fare e dovrai trattenerti – affermò quindi.
- E… come…?- domandò la piccola peste leggermente meno depressa.
-  Ti insegnerò anche questo ovviamente, solo, ci vorrà un po’ di pazienza, temo molta di più che insegnarti tutto il resto in effetti!- esclamò il principe; poi, concluse con un lieve sorriso: - Dai, muoviti, devi ripulirti un po’, si va a fare pace con tua madre…. Altrimenti domattina temo dovremo sorbirci di nuovo le sue urla. -
A tal affermazione, la bimba rispose con un sorriso, subito più distesa e, preso il padre per mano, si avviò verso l’interno dell’abitazione, decisa a dimostrarsi, per il bene di tutti, un’ottima allieva.
 
FINE
 
NA: che altro dire se non ribadire quanto scritto in cima? Nulla, quindi, ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito messo in lista e…  
Spero sia piaciuta (a qualcuno in particolare) e….
Alla prossima!
NALA   
  
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