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Autore: Alessia Krum    13/08/2016    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19
Allergia

 
Qualche giorno più tardi, Acqua se ne stava in camera sua, sola: Corallina era già andata a scuola. La ragazza si sedette alla scrivania e prese dal cassetto il libro che aveva trovato in biblioteca. Era tutto ricoperto di pelle rossa, e il titolo era impresso in corsivo e dipinto d’oro. Acqua aprì la prima pagina del libro, saltò la parte introduttiva e iniziò a leggere:
Quando si formò l’universo , la magia che vi era nell’aria si aggregò ad alcuni pianeti, mentre altri ne restarono privi. Si operò quindi una distinzione tra questi due tipi di pianeta. Come sappiamo, il nostro fa parte dei pianeti magici. La magia è, infatti, una componente fondamentale per la vita. Quando si è formato, il nostro pianeta era ed è tuttora composto da due entità differenti, ma indivisibili e inseparabili, unite da un profondissimo legame. Alla distruzione di una di queste due parti corrisponde anche la distruzione dell’altra. La prima delle due entità è il pianeta vero e proprio su cui viviamo, ricoperto dalle acque, mentre la seconda è rappresentata dal cosiddetto dragone d’acqua, costituito appunto da acqua, detentore di tutti i poteri magici esistenti sul nostro pianeta e il loro unico vero possessore. Il dragone d’acqua è colui che dona i poteri agli uomini attraverso il suo canto, simile a una dolce sinfonia, che possono udire solo i destinatari dei poteri. Per ogni tipo di potere magico non vi può essere che un destinatario. I modi in cui un potere può essere trasmesso si dividono in tre categorie: due di queste categorie sono naturali. La prima modalità del passaggio dei poteri si verifica quando il canto del dragone viene udito da un bambino appena nato, che è in grado fin da piccolo di utilizzarli, ma per la maggior parte dei casi non può controllarli completamente. Il destinatario deve essere quindi istruito a controllare i suoi poteri appena possibile. La seconda modalità del passaggio di poteri si verifica quando il canto viene udito da una persona che è già adulta, o comunque non alla nascita. Anche in questo caso è necessario esercitarsi, perché non sempre la persona utilizza i poteri in modo responsabile e controllato. Vi è poi una terza possibilità per imparare ad utilizzare i poteri, ma non è naturale ed inoltre non si è possessori del potere, ma solo utilizzatori, come se si “prendessero in prestito” i poteri di qualcun altro. Questo avviene quando il possessore dei poteri, che li ha ricevuti alla nascita o in seguito, insegna ad un’altra persona a riconoscere il canto del dragone… ≫  Acqua interruppe la lettura perché Max era entrato in camera. Il ragazzo si buttò sul letto, la abbracciò e le scompigliò i capelli, come ormai era diventato di rito in quei giorni.
- Allora, che stai facendo? - le chiese.
- Leggo. - rispose Acqua, chiudendo la copertina per fargli leggere il titolo. - E tu? - gli chiese poi.
- Dovevo dire una cosa a tua zia, così sono passato a salutarti. Come va la gamba? -
- Benino. Fa un po’ male, ma è sopportabile! Quella che non è sopportabile è la noia… -
- Senti, stavo pensando…è già una settimana che sei qui. Ti andrebbe di ricominciare la scuola, pensi di riuscirci?  -
- Certo, non aspettavo altro! Non sai che noia stare a casa tutte le mattine…ricomincio domani? - chiese la ragazza
- Va bene. Allora io faccio il possibile per organizzare i funerali nel giro di breve. Abbiamo ancora una settimana, poi la vacanza finisce… - le ricordò Max. I due rimasero in silenzio, e Acqua vide che Max stava leggendo la pagina che lei aveva finito poco prima.
- Posso farti solo una domanda? - chiese Acqua
- Spara. - rispose lui, con gli occhi ancora sul libro.
- Io a quale dei tre tipi appartengo? - Max la guardò negli occhi, sorridendo.
- Proprio tu me lo chiedi? Naturale, dalla nascita. - 

***

Il giorno dopo a scuola, Acqua stava fissando Celeste che, ormai da un’ora, continuava ostinatamente a prendere appunti senza nemmeno guardare quello che scriveva. Proprio come al solito. La voce dell’insegnante le arrivava smorzata dalle chiacchiere dei suoi compagni, che quella mattina non riuscivano a stare zitti.
- ...la bandiera della nostra città è rimasta molto simile a quella creata alla sua fondazione: è costituita da un quadrato bianco con il contorno blu, simbolo di armonia, e un cerchio, sempre blu, al centro. Su questo cerchio hanno appoggio quattro colonne stilizzate che si dirigono ognuna verso un vertice del quadrato. La bandiera simboleggia quindi le quattro colonne portanti che reggono l’armonia della città e che…  -  Acqua smise di ascoltare eritornò a fissare Celeste, ma nell’istante in cui si voltò incontrò gli occhi azzurri come il ghiaccio della ragazza, che si era voltata.
- Vogliamo fare silenzio? - chiese l’insegnante, rivolta al gruppetto alle spalle di Acquamarina. Celeste si girò. 

***

La piazza era gremita di gente. Acquamarina non aveva mai visto così tante persone in un solo posto da quando aveva percorso per la prima volta le vie della sua città. Dove di solito erano sistemati i banchetti del mercato avevano trovato posto file su file di sedie, panche e panchine. Tutti stavano prendendo posto e, man mano che la piazza si riempiva, scendeva il silenzio. Acqua vide che in prima fila, molto distante da dove si trovavano lei, Max, Corallina e la zia, c’erano tutti i parenti dei defunti. A sinistra c’era Henri con la sua famiglia, poi vi erano molte persone che la ragazza non conosceva, Shairina con la madre e i suoi tre fratelli e, nell’ultima sedia a destra, Celeste. Cosa ci faceva lì, in prima fila? Da quanto ne sapeva Acquamarina, non era morto nessuno dei suoi parenti. E per di più era sola, non c’erano né i suoi genitori, né il fratello, quindi non poteva essere lì per la morte di un parente. Alle sue spalle qualcuno cominciò a suonare una melodia tranquilla, ma ben udibile e tutti si sedettero. Solo allora Acqua poté vedere che nella parte libera della piazza erano posizionate dieci piccole cataste di legno scuro e sopra erano stati posizionati i corpi dei morti. Il numero delle vittime era cresciuto. Acqua riuscì a trovare la bambina di cui parlava Max, che si trovava su una pila di legno verso destra. Anche da lontano erano perfettamente riconoscibili le ferite profonde che le erano state fatali, sul viso, sulle braccia e sulle gambe e, quella più grave, sul collo. Acqua vide anche che, mentre la musica continuava, il Saggio lentamente si alzava e si avvicinava alla prima catasta. Quella dello zio di Henri. Acqua lo capì perché il compagno, insieme ai familiari, si era alzato in piedi. La musica cambiò. 

***

Acqua piangeva in silenzio. Un po’ per le fitte alla gamba, ma soprattutto per la tristezza che le attraversava l’anima. Da poco era finita la cerimonia per lo zio di Henri, composta da canti e preghiere in lingua antica, che Acqua non era riuscita a seguire perché le era sconosciuta. Verso la fine i parenti si erano avvicinati alla catasta di legno per salutare per l’ultima volta il defunto e vi avevano deposto sopra alcuni oggetti che avevano avuto un grande valore per l’uomo.
Poi tutta la cerimonia ricominciò, questa volta in onore della bambina. Acqua la seguì distrattamente, pensando a tutte le vite innocenti che si erano piegate sotto la forza del male. A tutti quelli che avevano combattuto per la salvezza, ma non ce l’avevano fatta. A quelli che non avevano niente a che vedere con la battaglia, ma erano rimasti schiacciati dalla violenza delle armi, lasciando i parenti e tutte le persone care in un mare di dolore. Tra le vittime, oltre ai combattenti e alla bambina vi erano giovani e ragazzini. Nella pira di legno al centro giaceva il corpo di un ragazzino di tredici anni, che se ne era andato lasciando tutto e non aveva più un futuro. Non era giusto, la guerra doveva al più presto finire.
La famiglia della bambina si diresse verso il centro della piazza, per l’ultimo saluto. Acqua notò che in mezzo al piccolo gruppetto vi era un’altra bambina, della stessa età di quella  che riposava sulla catasta di legno. La gemella.
La piccolina dai capelli biondi si era avvicinata al corpo della sorella e le aveva messo in mano una bambola di pezza. Le diede un bacio sulla guancia, poi si rimise a sedere al proprio posto, piangendo, ma Acqua notò che le lacrime cadevano solo dall’occhio sinistro. Rivolse uno sguardo interrogativo a Max, ma lui era  troppo coinvolto nella cerimonia e le rispose la zia, sottovoce:
- È una caratteristica dei gemelli, piangono da un occhio solo. E se uno dei due fratelli piange con l’occhio sinistro, è certo che l’altro lo fa con l’occhio destro. - Acqua capì che la prima parte della cerimonia era finita. Non si sentiva più la musica e tutti si erano alzati in piedi sotto l’invito del Saggio, che guidava lo svolgersi del funerale:
- Ora vi prego di fare silenzio, sta per avere inizio l’ultima parte della cerimonia di oggi: diamo omaggio alle vittime con il Fuoco della Purezza e dell’Addio. - Acquamarina si stava chiedendo cosa significassero le parole del Saggio, quando una fiamma si sprigionò dalla parte bassa delle cataste e avvolse completamente le prime due pire, come in un abbraccio materno. I cadaveri bruciavano lentamente insieme agli oggetti che erano stati depositati loro accanto, ma il legno non dava alcun segno di bruciatura e non si rovinava. La cosa che colpì di più Acqua fu che il fuoco non si spegneva anche se erano sott’acqua, ma rimaneva sempre costante. Dopo molto tempo, verso sera, le ceneri iniziarono a sollevarsi verso l’alto e a ruotare come una spirale.
La ragazza rivolse uno sguardo alle persone in prima fila e notò che guardavano tutte verso il basso, tranne Celeste. Aveva lo sguardo puntato verso il fuoco e non lo distoglieva mai. Sembrava incantata, proprio come quando a scuola prendeva appunti guardando la signora De Orchis. Nel momento esatto in cui il fuoco finì, abbassò lo sguardo e cercò quello di Max, voltandosi indietro, gli occhi colmi di tristezza e inquietudine, le sopracciglia aggrottate. Cercava qualcosa da lui. Appoggio, aiuto, comprensione. Per una volta sembrava una persona normale. Vide Max risponderle con un piccolo cenno della testa, come un incoraggiamento. Celeste si girò di nuovo in avanti, e i suoi capelli ondeggiarono lievi sulle sue spalle. 

***

Acqua era tornata sulla Terra da un paio di giorni. La vita era ripresa normalissima, salvo per il torrente di domande che la mamma le aveva riservato. Per fortuna che, prima di porre fine alla loro “vacanza in montagna”, Acqua e Max si erano accordati su ogni minimo particolare di quello che avrebbero dovuto fare durante quei giorni, inventando una bugia colossale in modo che, se Lyliana avesse chiesto qualcosa, sarebbero stati pronti a rispondere. E infatti, Acqua dovette raccontare più volte alla madre ogni particolare delle due settimane trascorse via: per il primo giorno Lyliana non fece altro che fare domande, ma pian piano era tornata alla routine di sempre.
Acqua se ne stava sdraiata sul letto della sua camera, sulla Terra, aspettando che sorgesse il sole. Era tornata da poco dall’ultima giornata ad Atlantis, ed erano le sei di mattina. Quei giorni erano stati tristissimi. Dopo il funerale dello zio di Henri e della bambina le cerimonie erano continuate e ogni giorno Acqua vi partecipava. Erano giornate malinconiche, piene di dolore e anche in quel momento, ripensandoci, le venne voglia di piangere. Max continuava sempre a consolarla, ma non c’era niente da fare. Per lei era insopportabile l’idea della morte di quelle persone, avrebbe voluto fare qualcosa per loro, ma non ci era riuscita.
- Tesoro…sei sveglia? - le sussurrò Lyliana dalla porta.
- Sì, mamma. Stavo per alzarmi. - rispose lei, rivolgendole uno sguardo assonnato. Si era abituata bene ad Atlantis, dormendo anche di notte…
- Che occhi che hai. Sono tutti rossi e gonfi. Sei sicura di sentirti bene? -
- Sì, è tutto ok. Probabilmente sono allergica a qualcosa che mi ha dato fastidio in questi giorni. - disse Acqua, raccontando l’ennesima frottola. Sì, probabilmente sono allergica alla guerra, pensò la ragazza.



- - - Angolo autrice - - -
Ho tentato in tutti i modi di inserire l'immagine della bandiera di Atlantis che avevo creato apposta per pubblicarla, ma non ci riesco e non capisco cosa sbaglio... accidenti >.< 
Che dire, in questi capitoli l'atmosfera si è fatta un po' più cupa e Acqua si sta rendendo conto di che cosa significa veramente essere in guerra... In questo capitolo ho spiegato anche un po' come funziona il mondo di Atlantis e i poteri che vengono donati dal Dragone. Quando ho scritto questo capitolo (un sacco si tempo fa, a quanto pare :D) , mi sono resa conto che fino a questo punto non avevo mai detto niente di preciso sulla questione dei poteri ecc. e quindi ho cercato di fare un po' di chiarezza. 
Comunque, piccola nota di servizio, per qualche settimana non potrò pubblicare, quindi ci sentiamo verso settembre! ;)

Alessia Krum

   
 
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