Anime & Manga > Noragami
Ricorda la storia  |      
Autore: Arya Tata Montrose    14/08/2016    2 recensioni
Durante una normale serata tra amici, Yato è sparito con la scusa di fare del caffè da almeno un'ora, oramai, e Hiyori è davvero preoccupata. Potrebbe essersi andato a cacciare in qualsiasi tipo di guaio e, conoscendolo, non è mai roba da sottovalutare.
Cioè, Yato era grande e forte – okay, più uno scricciolo, ma se la sapeva cavare – di cosa diavolo si preoccupava lei? Eppure non riusciva a ricacciare dove era venuto quel magone che aveva piantato le radici nella sua gola né a chiudere in un angolino buio della sua mente gli innumerevoli scenari catastrofici che avrebbero potuto star coinvolgendo Yato.
♦︎ ♦︎ ♦︎
Una piccola Yatori ambientata qualche tempo dopo il capitolo 38, un mezzo missing moment (per intenderci, appena dopo la fine dell'anime), senza pretese, scritta per un'amica.
Hope you enjoy!
Tata
♦︎ ♦︎ ♦︎
Storia presente anche su Wattpad
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiyori Iki, Un po' tutti, Yato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





 
Di déi barboni e mezze-ayakashi preoccupate
 



 
Hiyori osservava quasi con insistenza il posto vuoto accanto a lei, nonostante il film in TV le interessasse non poco. Yato, però, era oramai scomparso da qualcosa come tre quarti d’ora buoni e Hiyori era pronta a scommettere che il caffè fosse già venuto su da un pezzo. Attorno a lei, nessuno sembrava aver notato la mancanza del dio, nonostante ci fosse quasi tutta la comitiva: da qualche tempo, ormai, Bishamon, Kazuma, lei, Yato, Yukine, Kofuku, Daikoku e occasionalmente perfino il piccolo Ebisu avevano preso a incontrarsi come se fossero dei normali umani che facevano baldoria insieme. Quella sera era stata Kofuku ad invitare tutti loro per una serata in compagnia e tutti – eccetto il piccolo Ebisu che a quell’ora dormiva già da un pezzo – avevano accettato di buon grado.
La ragazza prese a torturarsi le dita e a mordersi le labbra, saettando con lo sguardo dalla TV al cuscino accanto a lei. Yato sembrava essersi volatilizzato e Hiyori si stava facendo prendere da un’ansia che sapeva molto di assurdo. Cioè, Yato era grande e forte – okay, più uno scricciolo, ma se la sapeva cavare – di cosa diavolo si preoccupava lei? Eppure non riusciva a ricacciare dove era venuto quel magone che aveva piantato le radici nella sua gola né a chiudere in un angolino buio della sua mente gli innumerevoli scenari catastrofici che avrebbero potuto star coinvolgendo Yato.
Hiyori si alzò di scatto, decisa a ritrovare quel dio pasticcione ad ogni costo e suscitando l’attenzione di tutti coloro che erano presenti nella stanza. 
«Hiyori, stai bene?» domandò Yukine, osservandola dal pavimento dove era seduto.
La ragazza si riscosse. «Oh, sì. Solo che domani devo fare un sacco di cose e mi sono spaventata guardando l’orario. Devo andare. A domani!» poi si dileguò con finta calma verso il corridoio e salì al piano superiore per recuperare le sue cose.
Passò in rassegna il piano superiore dove dio e Shinki erano ospiti ma non trovò altro che libri, quaderni fittamente scritti e disegni di ogni sorta prodotti dalla mano di Yato. Nemmeno nel bagno c’era traccia di lui, quindi tornò al piano di sotto. Dove poteva essersi cacciato?
Hiyori sospirò, infilandosi la giacca leggera che aveva raccattato durante l’ispezione della casa. Si rassettò un po’ i capelli, la maglia e le calze, preparandosi ad uscire. Infilò le scarpe ed imboccò il viale alberato che l’avrebbe condotta al di fuori del parco costeggiando le rive del fiume.
Fu allora che lo vide, di sfuggita, con la coda dell’occhio, a qualche passo da lei e seduto sulla staccionata che dava sull'acqua, che si confondeva con l’oscurità della notte. Yato se ne stava lì, seduto con lo sguardo che pareva perso nel vuoto e non sembrava emettere nemmeno un fiato, tanto era leggero.
Hiyori rese un altro respiro profondo – l’ennesimo, quella sera –, standosene lì, in silenzio, ad osservare lo stesso punto che tanto pareva interessare a Yato. Si chiese a cosa stesse pensando quel dio pasticcione che aveva accolto lei e Yukine sotto le sue ali, che aveva dato loro una casa e un amico prezioso – un po’ strano e misterioso, sì, però rimaneva sempre al loro fianco, faceva di tutto per proteggerli – che si era messo perfino contro Bishamonten, la grande dea della guerra, una dei Sette della Fortuna, pur di salvarla.
«Avevi bisogno di una boccata d’aria?» Hiyori decise di rompere il silenzio con quella domanda che un po’ le serviva per fugare le sue preoccupazioni. Per quanto ne sapeva lei, poteva esserci ancora qualche affare irrisolto con il suo passato e avevano già visto quali erano i disastrosi effetti che questo procurava.
Yato non le rispose e la ragazza decise di avvicinarsi. Lui aveva i piedi poggiati alla trave sotto a quella dove era seduto, con i gomiti puntellati sulle ginocchia e il mento appoggiato alla rete che formavano le sue dita intrecciate. Hiyori si appoggiò con i gomiti sul livello più alto della staccionata e poi riprese a parlare; improvvisamente si sentiva leggera, svuotata di ogni preoccupazione. 
«Ti va di fare una passeggiata, prima di accompagnarmi a casa?»
Yato annuì.
 
I viali del parco a quell’ora erano illuminati dai numerosi lampioni che li costeggiavano. Le piccole sfere si riflettevano sulle rive del fiume cui Yato e Hiyori stavano passeggiando vicino.
«Allora, me lo dici il perché di quel muso lungo?»
«Niente, pensavo.» fece lui in risposta.
«Si può sapere a cosa? Mi parevi triste, prima.» il candore della ragazza lo lasciò un po’ di stucco. La spontaneità di quella domanda lo portò però a sorridere: si stava preoccupando per lui.
«Non importa, davvero.» 
«Allora non dovrebbero esserci problemi a dirlo, no?» rispose Hiyori. Quando si metteva in testa qualcosa, quella ragazza era impossibile: trovava ogni possibile appiglio per sapere quello che voleva anche se sapeva sempre quando lasciare andare, stare in silenzio. Molte volte, Yato le era stato grato per questo.
Yato, in quel momento, si rabbuiò un poco ripensando al motivo che l’aveva fatto alzare ed andarsene da quella casa. Forse era davvero un bene parlarne con lei, non l’avrebbe giudicato, l’avrebbe aiutato, risollevato – come faceva ogni volta.
 
Giunsero ad una panchina e la ragazza lo invitò a sedersi. Lo guardava un po’ apprensiva, come se si aspettasse che il racconto di qualche imminente catastrofe stesse per uscire dalla bocca del dio.
Lo sguardo di Yato sembrava grave, rivolto com’era verso terra, con i capelli che nascondevano i suoi occhi dalla vista di Hiyori. Se li avesse potuti vedere, avrebbe compreso che quella che si portava addosso era tristezza. 
La sua voce, però, lo rese palese. «É per il film.» disse solo.
Sentì Hiyori liberare un sospiro di sollievo e non poté reprimere un lieve sorriso amaro: sapeva che lei già si preparava al peggio, era normale dopo aver conosciuto lui. Era o non era il dio della calamità? Povero ma pur sempre un dio della calamità. Per uno strano gioco di parole, si ritrovava quasi ad essere una calamita per esse.
Si voltò un attimo a guardarla. Aveva gli occhi un po’ lucidi, che lo guardava a sua volta, con uno sguardo incoraggiante. «Va’ avanti. Ti ascolto. Sono qui.» sembrava volesse dirgli. Gli posò una mano sulla spalla, ribadendo mutamente quelle parole.
«È un po’ stupido.» ammise Yato, temporeggiando un po’. Si sentiva davvero un idiota ad aver pensato ad una cosa del genere e da un lato non voleva che nessuno sapesse. Dall’altro voleva dirlo a lei, voleva sentirla dire che era uno stupido e che a lei non importava nulla, che gli voleva bene lo stesso.
La guardò ancora e di nuovo si sentì nella testa quelle parole che era sicuro che gli avrebbe voluto dire, quelle che gli avevano trasmesso coraggio già qualche minuto prima.
Quando gli sorrise, Yato fu definitivamente convinto. Non volle guardarla, però, perché un angolino della sua mente – quello paranoico, quello che dubitava di tutto e di tutti – aveva maturato il pensiero che avrebbe potuto ridere di lui.
«È per il tipo con l’armatura, Tony. Mi ha ricordato che sono la versione divina di un barbone.» borbottò Yato. Tenne lo sguardo puntato ai suoi piedi per qualche secondo, prima di portarlo su Hiyori. La ragazza si copriva la bocca con una mano, reprimendo un lievissimo risolino.
Ecco, lo sapevo, disse quell’angolino della sua testa. Sta ridendo di te, ottima mossa, davvero. Ora andrà a deride-
La sua mente non fece in tempo a completare il pensiero, Hiyori l’aveva già zittita con una risposta: «Il nostro adorabile dio barbone.» rise ancora lievemente, osservando la faccia scioccata di quello che pareva un normalissimo ragazzo. «Non ti cambierei nemmeno con Tony Stark, per quanto lo adori. E sì, vado matta per Iron Man ma preferisco te.» dopodiché se lo abbracciò per bene, tenendolo stretto stretto e qualche secondo di intontimento e incredulità dopo, sentì ricambiare l’abbraccio. 
«Grazie.» 
 
Si allontanarono un po’ solo quando avvertirono delle gocce di pioggia poggiarsi leggere su di loro. Il meteo l’aveva detto ma Hiyori sapeva che non era sempre affidabile quindi, vista la bella giornata, si era vestita davvero leggera. 
«Mi accompagni a casa?» chiese Hiyori, sorridendogli radiosa. 
«Posso rimanere, sta sera?» fece lui, di rimando. La ragazza annuì. 
Si alzarono e presero a correre all’impazzata verso casa Iki. Yukine l’avrebbero avvertito più tardi, tanto il film era ancora lungo.



 
[1357 words]
Note autrice
Salve a tutti! 
Approdo in questo fandom per la prima volta con questa cosina senza pretese che ho scritto per una mia amica. Non avevo idee e, mentre guardavo – per l'ennesima volta – Iron Man, mi è venta l'ispirazione.
Spero davvero che vi sia piaciuta, anche perchè credo che tornerò con qualcos'altro (anche perchè ho una long in preparazione)

A presto!
Tata
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Noragami / Vai alla pagina dell'autore: Arya Tata Montrose