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Autore: Stellalontana    27/04/2009    2 recensioni
________Postato l'ultimo capitolo_________ Siamo giunti alla fine.
-Capisco- replicò Briseide. [...]-Allora è meglio se per questa volta sono io ad occuparmi di te- ridacchiò lei, baciandogli la fronte -sei d’accordo?-
-Come potrei non esserlo?- chiese allora Will, cercando di non perdere la presa sulla realtà.
Ma poi, non riuscendoci, la lasciò andare, e scoprì che in quel momento non importava poi così tanto.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo quattordici
Siamo arrivati al penultimo capitolo di questa storia.
Voglio ringraziare chi ha letto anche senza commentare e chi ha messo questa storia fra i preferiti.
Un bacio e godetevi il 14^ capitolo
Bacio bacio^^



Capitolo quattordici


William si scostò ancora una volta i capelli dagli occhi. L’agitazione gli faceva battere il cuore come un tamburo, e sudare le mani. Sentiva gli sguardi dei passanti mentre cavalcava per le strade di Desra, seguito da un corteo di una ventina di soldati in alte uniformi, dallo zio e sua moglie, e da Briseide, che cavalcava tranquillamente al suo fianco, avvolta in un morbido abito verde scuro. I capelli intrecciati formavano una lunga cascata vermiglia sulla sua spalla destra, coperta dal mantello scuro. I fili d’argento che le avevano intrecciato fra i capelli cadevano ai lati della sua testa. Il suo volto era radioso. Will non ricordava di averla mai vista così felice prima. Forse solamente quando l’aveva portava via da Seth. Già, Seth. Chissà dov’era in quel momento? Forse stava setacciando i villaggi o forse era sparito nel nulla, cosa assai probabile. Quando suo zio aveva saputo del suo accordo con quel brigante aveva storto il naso e suggerito a Will di mandargli dietro un paio di soldati. Ma Will era stato perentorio: Seth non era uno sprovveduto, ed era un buono schermidore, perciò avrebbe potuto batterli entrambi e ucciderli, perfino. No, aveva deciso di fidarsi, anche se non nutriva tutte quelle speranze sulla riuscita del suo piano. In effetti aveva perso l’unico responsabile delle sofferenze di Briseide, e quella ferita era ancora aperta, si sarebbe rimarginata soltanto quando e se Seth fosse tornato con Guy. Will sogghignò. Suo fratello avrebbe avuto tanto da dire e fare, ma Will tra meno di un mese sarebbe stato incoronato Re della Solea, perciò sarebbe salito nella scala del potere, da semplice soldato disertore al gradino più alto della scalinata. E ciò a Guy non sarebbe andato molto a genio.
-Pagherei per sapere quello che ti rende così allegro-
Will voltò la testa verso Briseide. Le sue iridi ambra brillarono quando un sorriso apparve sulle sue labbra.
-Pensavo a mio fratello- rispose. Briseide si accigliò, corrugando la fronte.
-Che cosa c’entra Guy, adesso?-
-Niente di importante- mentì Will con un gesto annoiato. -Goditi la giornata. Ti dirò tutto stasera-
-Me lo prometti?- chiese Briseide allungano una mano verso di lui. Will gliela accarezzò per un breve momento, le mani inguainate nei guanti di pelle.
La gente si accalcava lungo le strade, cercando di vedere i futuri sovrani, alzando i bambini che volevano toccare i cavalli bianchi. Will era agitato oltre ogni dire, sotto gli sguardi della folla. Scorse alcuni giovani uomini che si reggevano sui bastoni, a cui mancava una gamba o un braccio o un occhio, tutti brutti ricordi della guerra. L’unica nota positiva era il ritiro delle truppe dell’Aschart. La guerra era ormai agli sgoccioli, i soldati tornavano a casa, le donne riavevano finalmente i loro mariti, e i bimbi i loro padri. Will si scostò nervosamente un ciuffo di capelli dagli occhi. Sentì Briseide ridacchiare al suo fianco.
-Sei incredibile- mormorò. Will si allentò il colletto della camicia.
-Ricordati di chi sono figlio- ringhiò Will. Briseide inarcò un sopracciglio, senza capire -Mio padre- sospirò Will -era un mugnaio non un re. Sono stato soldato... ero un fuggitivo... non sono certo uno che ama l’etichetta e le parate!- protestò.
-No- convenne Briseide -ma dovrai farci l’abitudine. Ti darò una mano se vuoi- propose. Will sorrise, guardandola per un lungo momento.
-Solo una mano?- chiese mentre entravano nella piazza principale di Desra. Briseide arrossì, chiudendosi in un dignitoso silenzio e drizzando la testa. Will ridacchiò, mentre frenava il cavallo.
Davanti a lui stava un piccolo gruppo di persone, una decina di soldati dalle tuniche dorate e gli elmi dai pennacchi rosso sangue e due persone, leggermente intimorite, con due leggere borse di sacco e abiti da viaggio.
Will sentì le lacrime pungergli gli occhi. Balzò giù dal cavallo, lasciando che un soldato dietro di lui prendesse le redini. Gli sembrava così assurdo essere lì in quel momento. Sapeva che tutto intorno a lui la gente si accalcava, scalpitava, vociava, ma pur essendone cosciente non riusciva a focalizzarli. In realtà non voleva pensare ad altro che alla donna che aveva davanti.
Era bellissima, come la ricordava, anzi, forse ancora più bella. I capelli erano sciolti, ma tenuti all’indietro da un nastro di cuoio. Aveva qualche ruga che Will non ricordava, attorno agli occhi color oro e alla bocca, dischiusa in un sorriso. Portava un mantello di lana grezza, e sotto vestiti da viaggio, una camicia bianca, con sopra una tunica legata in vita da una cintura di pelle e pantaloni da uomo, infilati negli stivali. Sua madre era esattamente la donna che aveva sognato per tutti i mesi che aveva dovuto starle lontano.
Will spostò lo sguardo su suo padre. Aveva più capelli grigi di quanto si ricordasse ma gli occhi azzurri brillavano come quattro anni prima. Il volto leggermente squadrato era più magro di quando Will se n’era andato, ma sembravano entrambi in buona salute. Anche suo padre portava una mantello di lana, giustacuore, camicia di lana e pantaloni infilati negli alti stivali. Alla cintura portava una corta spada a doppio taglio. L’unica arma che Will gli avesse mai visto brandire, oltre al bastone con cui camminava, sopperendo alla gamba leggermente più debole dell’altra.
-Mamma... papà...- sentì una lacrima che gli sfiorava la guancia, ma non perse tempo per asciugarla. Li abbracciò entrambi. I suoi genitori profumavano di pane. E di casa.
Si asciugò le guancie.
-Mi siete mancati- disse. Lavinia gli passò una mano sul volto. Ora era più alto di lei, quasi più alto di suo padre.
-Anche tu ci sei mancato Will. Come sei cresciuto- replicò lei -E come sei bello-
Will arrossì. Le prese le mani fra le proprie. Suo padre gli afferrò un polso, socchiudendo gli occhi, osservando i guanti.
-Perché porti questi guanti? Li hai sempre odiati quando avevi quindici anni-
-Sono cambiate tante cose, da quando sono partito, papà- mormorò Will. Si tolse i guanti e mostrò le cicatrici -L’attraversata non è stata tranquilla. Ma ora sto bene. La guerra è finita-
-Sì- commentò lui -E tutto grazie a te. Io... sapevo chi era tua madre, ovviamente. Sapevo tutto, fin da quando piombò in casa mia, senza un soldo e un posto dove andare. Ma dovevo mantenere il segreto, capisci?-
-Certo che capisco- rispose Will sorridendo -Adesso però voglio che veniate con me al castello. Ah- si voltò facendo un cenno a Briseide -vorrei presentarvi una persona-
La ragazza si fermò, un po’ incerta, al suo fianco. Chinò leggermente il capo verso Lavinia.
-Lei è Briseide, la figlia del Governatore di Salazard. Fra meno di un mese ci sposeremo- annunciò orgoglioso. Lavinia prese entrambe le mani della ragazza, senza dire nulla. Aleck sogghignò.
-Non sapevo che ti fossi dato tanto da fare, ragazzo mio- Will scoppiò a ridere.
-Più di quanto tu non immagini, papà!- gli strizzò l’occhio -Ho tante cose da raccontarti-
-Non vedo l’ora... davvero non vedo l’ora- ridacchiò Aleck. Lavinia gli scoccò uno sguardo al veleno, e Briseide scosse la testa. Poi all’unisono esclamarono: -Uomini!-
Will si voltò verso la ragazza. -Tu dovresti stare dalla mia parte- sibilò. Briseide alzò le spalle, sorridendo.
-E questo chi te l’ha detto?-
Will non ricordava di essere stato più felice in vita sua. Aveva ritrovato i suoi genitori, e questa era di gran lunga la cosa più importante. Non vedeva l’ora di raccontare tutto ciò che gli era successo, tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva dovuto fare. Aveva aspettato quattro lunghissimi anni per poterli riabbracciare e adesso che finalmente li aveva lì, si sentiva felice come non lo era mai stato. Sentiva il sangue scorrere furioso nelle vene, agitato e nervoso, ma al tempo stesso euforico e gioioso come un bambino. Non riusciva a smettere di sorridere e rideva per un nonnulla. Al castello non ebbe la forza nemmeno di starsene seduto buono al suo posto. Si alzava e camminava, parlando, gesticolando e ridendo, tornava a sedersi, poi di nuovo si alzava e ricominciava la stessa storia. A cena fu quasi incapace di mangiare, ascoltando suo padre e sua madre che parlavano di Erden, della fioritura dei peschi e dei raccolti dei campi. Gli raccontarono della traversata tranquilla che avevano avuto, senza intoppi. I soldati mandati da Lyone li avevano aspettati a metà strada e condotti sani e salvi tra i forti dell’Aschart e della Solea. Briseide fu costretta a mettergli una mano davanti alla bocca, per riuscire ad ascoltare quello che diceva Lavinia, continuamente interrotta dai commenti di Will. Era una giornata di festa quella, musici e cantastorie affollavano il salone, dove tutti erano stati invitati a festeggiare. Si fece spazio per le danze, e per i racconti, mentre il sole tramontava al di là delle colline, lasciando il cielo ammantato di stelle.
-Portami a ballare- ordinò Briseide con un sospiro esasperato, quando Will si sedette accanto al camino con suo padre. Il giovane tentò di protestare, un’occhiataccia da parte di Briseide lo convinse a lasciarsi trascinare.
-Io non so ballare- cercò di mentire. Briseide scoppiò in una lunga risata.
-Come se non sapessi il contrario!- esclamò.
Will si sorprese a ricordarsi i vecchi passi che gli avevano insegnato i suoi compagni di fanteria. Era piacevole e divertente ballare. Si girava e si cambiava coppia, e lui finì per ballare con ogni dama della sala. Poi fra le sue braccia trovò Astro. La ragazza appariva molto felice in quel momento. Portava i capelli biondi sciolti e un abito color paglia.
-Sono contenta che tu abbia ritrovato i tuoi genitori, Will- gli disse. Will sorrise.
-Sì, anche io- le lasciò fare un giro per poi tornare a tenerla saldamente per la vita -Tu come stai?-
Astro sorride. -Benissimo, Will. Mi sembra di vivere un sogno. Finalmente ho Fedric al mio fianco... non sai quanto io sia felice-
-Un po’ mi manchi, Astro- le confidò all’orecchio. Astro lo guardò negli occhi.
-Anche tu mi manchi, Will, ma hai una cosa molto più importante di me da tenerti stretto- replicò lei mentre la musica finiva. Will voleva chiederle che cosa intendesse, ma fu trascinato via da Briseide che lo prese per un braccio, e lo portò via dalla folla. In un angolo poco illuminato dal braciere, lo fissò per un minuto che a Will parve un’eternità. Proprio mentre Will apriva bocca, la mano di Briseide si abbatté sulla sua guancia. Il ragazzo si passò la mano sul viso, reprimendo un gemito.
-Per cosa, si può sapere?- chiese. Briseide era rossa in volto.
-Hai anche il coraggio di chiedermelo?- sibilò Briseide. Will la guardò per un momento, poi scoppiò a ridere.
-Ah, la cosa ti fa ridere?- ruggì lei, cercando di mollargli un altro ceffone. Ma Will fu rapido e le afferrò il polso.
-Non ti permetterò di farlo un’altra volta- mormorò perentorio -E non ti permetto nemmeno di farmi scenate di gelosia. Sono stato chiaro?-
Briseide si morse un labbro, evitando il suo sguardo. -Non sono gelosa-
-No, affatto- convenne schernendola lui -Odio la gelosia, Briseide. La odio con tutto me stesso, e farai bene a ricordartelo-
-Che cosa c’è fra te e Astro?- sibilò allora lei. Will le tappò la bocca con la mano.
-Non ti permetto di alzare la voce, Briseide, non con me- sibilò -Non ti azzardare a continuata questa scenata. Non ne voglio più sapere, capito? Farai bene a toglierti dalla testa Astro e le tue congetture. Non sono affari che ti riguardano-
-Non sono affari che mi riguardano?- gemette lei -Io ti sposerò- sillabò -Voglio sapere chi è mio marito-
-Lo sai chi sono. Sono un ex guerriero. Sono il re della Solea. Fatti bastare questo. E adesso torniamo di là. Non voglio che qualcuno ci veda litigare e- alzò la mano alle proteste di Briseide -basta così!-
-Posso ancora rifiutarmi di sposarti!- borbottò lei imbronciando le labbra. Will scoppiò in una lunga risata.
-Tu mi ami- sussurrò malignamente -e comunque se io non ti sposassi, chi altri lo farebbe? Hai forse dimenticato il mio caro fratello?-
Briseide aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, mentre le sue guance diventavano rosse di rabbia. -Sei crudele-
-No- replicò Will scuotendo la testa -Sono concreto. Io per te ho scelto- ringhiò -adesso sei tu che devi fare una scelta-
Frustrato dal comportamento infantile di Briseide Will se ne andò, lasciandola da sola. Oltrepassò i suoi genitori e corse fuori. Si tolse il mantello, gettandolo a terra in un moto di rabbia. La luna era piena quella notte, una notte con un sacco di stelle, che guardavano indifferenti il suo destino.
Si può essere più ottusi e infantili?, si chiese. Odiava la gelosia, era illogica e forniva soltanto argomenti per litigare. E lui non voleva litigare con Briseide. Si poteva discutere, parlare, ma non sopportava dover sopprimere le idee degli altri con le proprie. E poi, sapeva che chi l’avesse spuntata fra i due, lui e Briseide, non sarebbe certo stato lui. Strappò un ciuffo d'erba e lasciò che i fili verdi fossero trascinati via dalla brezza leggera. Detestava litigare. Era una cosa che proprio non gli andava a genio.
Dietro di lui sentì dei passi avvicinarsi. Si voltò. Suo padre si sedette sull’erba accanto a lui.
-Cosa c’è che ti turba, ragazzo mio?-Will sospirò, tornando a fissare le stelle.
-Ho avuto uno scambio di opinioni con Briseide- rispose. Suo padre sorrise lievemente annuendo con la testa.
-Avete litigato-  disse dopo un po’.

Will sbuffò piano. -Diciamo che non abbiamo le stesse idee-
-Fa bene a volte litigare, Will. Quando due persone stanno insieme è normale che abbiano delle divergenze-
-Tu e la mamma non litigavate mai- obiettò Will, piccato.
-Tu non ci vedevi Will- ridacchiò Aleck -Io e tua madre litighiamo come tutte le altre coppie che si amano, figliolo. Amare non vuol dire andare sempre d’accordo-
Will non rispose. Si portò le gambe al petto, intrecciando le mani. Erano passati quattro anni da quando aveva salutato i suoi genitori. Eppure adesso erano lì con lui, pronti a dispensare consigli.
Non che la cosa gli dispiacesse, anzi, non onera più avuto nessuno con cui parlare delle  proprie parte o desideri, da quando era partito per la guerra. Aveva sempre sbagliato da solo, scelto da solo, da quando era partito da Erden. Era dovuto crescere in fretta, per non permettere agli orrori della guerra di penetrare nel suo cuore, e non aveva certo avuto il tempo di provare affetto. La nostalgia per la sua terra e i suoi genitori si era pian piano attenuata, ma non era mai svanita del tutto. Adesso che i suoi genitori erano lì, sapeva che non sarebbe mai potuto tornare a Erden; aveva dei doveri verso la Solea e non poteva certo abdicare. Anche se non gli sarebbe dispiaciuto affatto...
-A cosa pensi?- suo padre gli posò una mano sulla spalla. Will alzò lo sguardo verso di lui. Il suo volto era in ombra, perciò non poteva distinguere la sua espressione.
-A niente di importante- mentì lui, grato che suo padre non potesse vedere il rossore sulle sue guance. Sorrise lievemente. Ogni volta che mentiva a suo padre o a sua madre, loro lo capivano sempre. Non era un bravo bugiardo, in effetti.
-Rientriamo allora- gli propose Aleck alzandosi. Will si alzò a sua volta.
-Papà?- lo chiamò mentre l’uomo si incamminava verso il castello. Lui si voltò.
-Dimmi, figliolo-
Will si morse un labbro, prima di rispondere -Dimmi com’è Erden, adesso. È quasi primavera, là, non è vero?-
-Sì, William, è quasi primavera. Nei campi ci sono i prossimi raccolti, le piante sono fiorite e si comincia a portare le bestie sulle montagne- sospirò Aleck -Ma non crucciarti, Will. Erden è solo una terra-
-Ma è la mia- protestò Will appoggiandosi una mano sul petto -E mi manca-
-Lo so- annuì Aleck, allargando le braccia, come per arrendersi -Manca anche a me, ma sapevo che questo giorno sarebbe arrivato... Will, essere re non è così terribile come pensi. Molti uomini pagherebbero per essere te-
-Già- convenne sarcastico Will, sogghignando -ma non io-
-Sei il figlio di tua madre. Sangue del nostro sangue, e noi ti vogliamo bene, adesso come quando sei partito. Sono orgoglioso di te- Aleck sorrise, uno dei rari sorrisi che Will gli aveva visto fare da quando si era ferito alla gamba -Non dimenticarlo mai-


*


Seth scrutò le tenebre intorno a lui, socchiudendo gli occhi. Allargò leggermente le braccia per non cadere lungo disteso a terra, dalla posizione accovacciata. Gli facevano male le gambe, ma non poteva muoversi, non ancora. La tenda nella quale si trovava non era più larga di dieci passi. Non sapeva quanto fosse lunga, ma non aveva nessuna intenzione di attraversarla. Alla sua destra dormiva un fuocherello di sterpi, mentre alla sua sinistra giacevano un involto di abiti e delle armi. C’era odore di fumo e di carne arrosto. Respirando piano, Seth si avvicinò carponi all’angolo da cui proveniva il respiro pesante di Guy di Monte Argento. Il brigante ringraziò le tenebre che lo tenevano nascosto. Era sempre stato un mago ad intrufolarsi nelle case altrui, ma in una tenda era un po’ diverso. Un movimento brusco, uno scricchiolio e l’uomo si sarebbe svegliato. Represse il desiderio di sospirare.
Accidenti a me e a quando ho accettato questo incarico, pensò, mentre cercava di non calpestare i vari strati di sterpi, abiti, pezzi di armatura disseminati sul terreno. Non si sarebbe mai immaginato di dover dare la caccia al fratellastro del re della Solea. E pensare che non era nemmeno stato difficile trovarlo. Aveva incrociato per un caso fortuito la colonna di soldati che si ritirava dagli accampamenti soleani, e aveva chiesto al Capitano, Guy per l'appunto, di potersi unire a loro. Non era stato difficile farsi passare per un Ambasciatore. Non era nemmeno stato difficile fingere di essere contro il re della Solea. Aveva scoperto che Guy era totalmente allo scuro di ciò che era successo nel mese precedente a Briseide o a Will, e Seth lo trovava piuttosto ignorante. Era un uomo la cui compagnia era se non orribile, alquanto tediosa. Guy non faceva altro che parlare di se stesso, delle sue imprese ed era talmente pedante e noioso da risultare terribilmente antipatico. Seth capiva adesso l’odio che William nutriva per il suo fratellastro, e il perché ci teneva a ricordare di essere imparentato con lui solo da parte di padre. Guy era opportunista ed egocentrico. Tutti i suoi soldati dovevano osservare ciecamente i suoi ordini, e naturalmente essere d’accordo con lui. Chi tentava di protestare veniva giustiziato seduta stante.
Seth sorrise. Guy gli aveva parlato di William, grazie al vino che aveva trangugiato durante la cena. Lo odiava quanto William odiava lui, ma non solo. Era convinto di essere notevolmente più intelligente del fratello, e anche molto più affascinante. Era sicuro che Briseide, molto presto, sarebbe diventata sua moglie, come voleva il Governatore di Salazard, suo padre. Seth si era tenuto per sé tutto ciò che sapeva, sia su Briseide, sia su William.
Seth drizzò le orecchie quando un nuovo rumore attraversò la tenda. Guy si voltò sulla branda, russando come un mantice. Il brigante trasse un breve sospiro di sollievo. All’esterno alcuni soldati stavano ancora facendo baldoria, ma tutto il vino che Guy aveva trangugiato lo teneva ben addormentato. Seth si spostò ancora più vicino alla branda del soldato, mentre la sua spada cozzava contro il legno. Guy non si mosse, continuando a dormire. Seth sudava freddo, ma si alzò, tastando avanti in cerca della testata della branda. Si accovacciò accanto alla testa del soldato.
-Sogni d’oro dolcezza- sussurrò, mentre lo tramortiva. Guy smise all’istante di russare e la sua testa ciondolò di lato. Seth accese una torcia e illuminò la tenda. La conficcò nel terreno, poi tagliò la tela della tenda con il coltello, cercando di non fare rumore, anche se era convinto che nessuno si sarebbe mai sognato di andare a vedere quello che faceva il Capitano. Avrebbero scoperto soltanto in seguito che l’uomo non dormiva più nel suo letto. Il brigante legò una corda attorno il costato di Guy e lo trascinò fuori. Questo continuò a dormire, anche quando Seth, con enorme fatica, lo issò sopra il mulo. L’animale ragliò scontento, ma Seth tirò le briglie, salendo sul suo cavallo. Uscirono dall’accampamento ancora illuminato dai falò. La luna alta nel cielo, e non c’era una nuvola a coprire le stelle. Un fiume argentato scorreva proprio sulla testa di Seth, ma il brigante non vi fece caso, continuando la sua marcia lungo la pista battuta dai carri diretti a Teti. Non aveva il tempo per guardare il panorama, o soffermarsi sulle stelle sopra la propria testa. Appena arrivato al castello avrebbe cercato di chiedere perdono a Briseide. Chissà, forse non sarebbe stato poi così difficile.
Guy riprese i sensi fin troppo presto, ma non fu un problema farlo tacere per Seth. Gli legò un pezzo di stoffa sulla bocca, e le mani al pomello della sella del mulo. Seth sogghignò. Un asino in groppa ad un mulo, e rise mentre gli occhi scuri di Guy mandavano scintille.
Gli ci vollero ben dieci giorni a raggiungere Desra, fermato dalle violenti piogge che ingrossarono il fiume e che resero la strada una palude continua. I pochi giorni di sole che videro furono quando si trovarono in prossimità di Desra. Seth riusciva a vedere i torrioni del castello. Tirò un sospiro di sollievo. La compagnia di Guy era finalmente finita. Il soldato, quando gli aveva tolto il bavaglio, non gli aveva dato tregua. Aveva continuato a borbottare come una pentola di fagioli, e a straparlare di vendette e risarcimenti.
-... e quando sarò di nuovo in possesso delle mie armi, vedrai che cosa ti succederà damerino da quattro soldi. E vedrai... oh se vedrai, ti farò giustiziare. I miei soldati ti infilzeranno con le frecce fino a farti diventare un puntaspilli. Anzi no, accenderò un fuoco sotto i tuoi piedi e ti farò arrostire come un maiale. E insieme a te metterò allo spiedo anche quell’insolente ragazzino di mio fratello e...-
-Fa silenzio dannazione!- urlò a quel punto Seth. Dio, non ce la faceva più ad ascoltare quegli spropositi. -L’unico che sarà arrostito come un maialino sarai tu!-
Guy chiuse la bocca, digrignando i denti. Seth si passò una mano sulla fronte. E pensare che lui e Guy avevano la stessa età. Inoltre nel sangue di Guy scorreva il sangue di Will. Non poteva crederci, non sembrava assolutamente possibile. Erano talmente diversi da non sembrare nemmeno imparentati.
-I miei soldati mi verranno a cercare- sentì Guy sibilare.
-I tuoi soldati se ne sono andati, Capitano- lo rimbeccò sarcastico Seth -E io ti porterò al cospetto del re della Solea- fermò il mulo e il cavallo davanti ai cancelli di Desra. Un soldato lo scrutò per un momento, ma poi, quando vide lo stemma del re impresso del gilet di Seth lo fece passare.
Il brigante e il soldato legato entrarono all’interno delle mura. Dopo qualche minuto un paggetto venne loro incontro. Quando Seth gli ebbe detto di andare a chiamare il re il paggetto rimase per un attimo interdetto.
-Quello giovane?- chiese abbassando la voce. Seth ridacchiò, ma annuì lievemente. Il paggetto corse via, e dopo pochi minuti fu di ritorno. Dietro di lui William camminava lento, quasi non avesse nessuna fretta. Era vestito in modo semplice, ma elegante. Indossava un paio di stivali bianchi, sotto il ginocchio, dentro i quali erano infilati un paio di pantaloni color miele. Portava un mantello rosso ruggine, e sotto di questo un gilet dello stesso rosso e una camicia di lana bianca ricamata sulle maniche di rosso e oro. Sembrava molto austero, in quel momento. Seth scese da cavallo e chinò il capo. Will alzò una mano.
-Vedo che sei tornato- disse sottovoce. -E mi hai portato ciò che ti ho chiesto-
-Sì- rispose Seth -non è stato difficile-
Will annuì leggermente. I capelli neri erano leggermente più lunghi di quando Seth se n’era andato, e lui se li scostò dagli occhi con un gesto seccato della mano guantata.
-TU!-
William alzò la testa verso il fratellastro, legato alla sella del mulo. Un ghigno apparve sulle sue labbra.
-Ben trovato, fratello- ridacchiò. Chiamò con un gesto due soldati di guardia e ordinò di farlo scendere. Guy non parlava, ma la rabbia nei suoi occhi pareva dire tutto. -Non c’è bisogno di fargli del male. Rinchiudetelo in modo che non possa parlare con nessuno e soprattutto uscire-
I soldati portarono via il Capitano, che si dimenava come un ossesso. Will rilassò le spalle, chiudendo per un momento gli occhi.
-Pagherà?- chiese Seth con uno stretto nodo alla gola. Sapeva che era arrivato il momento della verità, e non era sicuro di volerla sapere. Vide William riaprire lentamente gli occhi e fissarlo. Il sole rendeva più chiare le iridi azzurre, ma la sua espressione era tutt’altro che tranquilla.
-Pagherà- confermò con voce roca -ma non nel modo che pensi tu. Il lavoro della terra non lo ha mai interessato. Se vorrà sopravvivere dovrà lavorare. Sarà una punizione sufficiente- voltò lo sguardo verso uno dei torrioni -In quanto a te- tornò a guardare Seth, che deglutì -ti darò ciò che ti spetta-
Seth represse un brivido. Il tono della voce di Will non era affatto quello che si aspettava.
-Quanto manca al matrimonio?- chiese per non lasciare che il silenzio s’insinuasse tra loro mentre salivano le scale. William appoggiò una mano sulla parete di pietre e voltò lentamente la testa.
-Due settimane- rispose laconico -meno di quanto vorrei-
-Ma non avevi detto che eri felice di sposare Briseide?- domandò allora Seth corrugando le sopracciglia. La bocca di Will formò una linea affilata.
-Certo che lo sono- disse -ma non so se lo è lei-
-Oh, andiamo!- lo rimbeccò Seth scoppiando a ridere -Sei il re della Solea, William! Tutte le donne vorrebbero essere al posto di Briseide. Lei ti ama-
-Come fai a saperlo?- scattò allora William voltandosi verso di lui. Gli occhi celesti lo fissarono con astio -Che cosa te lo fa credere?-
Seth aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Non poteva certo dire a William quello che era successo dopo che Briseide aveva tentato di scappare per la seconda volta. Era deplorevole quello che aveva fatto. Non solo, lei aveva lottato, ma lui non l’aveva lasciata andare. Era un verme, e non poteva dirglielo.
-Si vede- disse alla fine chinando lo sguardo. Passarono lenti alcuni minuti di silenzio, poi la voce di Will risuonò atona sulle scale.
-So che le hai fatto qualcosa, Seth- il brigante alzò lo sguardo, scontrandosi con la schiena del ragazzo -so che l’hai picchiata, e legata e maltrattata... volevo ucciderti- lo vide serrare i pugni -come un cane. Volevo ucciderti con queste mani- si voltò. La rabbia trasfigurava il suo volto in una maschera deforme -Ma non l’ho fatto. Briseide ha fermato per ben due volte la mia spada. Quando sono sceso in quella stanza, volevo ucciderti. Avevo il mio coltello nello stivale. Avrei detto che avevi tentato di scappare- scoppiò a ridere, una risata del tutto priva di allegria, che fece venire i brividi a Seth. Il ragazzo si voltò di nuovo, appoggiandosi alla parete. Seth aspettava. Sapeva di meritarsi la rabbia e l’odio di William, ma non pensava certo che fossero così violenti i suoi sentimenti.
-E poi- continuò Will, la voce che si alzava di un tono -ho dovuto trovare il modo di farti andare via. Dovevi andartene dal castello, così che lei non potesse vederti. Così che io non potessi farti del male- voltò la testa verso Seth. -Ho sperato che Guy ti uccidesse, ma non lo ha fatto-
-Che cosa farai?- ebbe il coraggio di chiedere Seth -Ora che sono tornato, mi ucciderai?-
-Per cosa?- replicò William, sarcastico -Per cosa? Vendetta? Rabbia? No. Non servirebbe a niente- si passò una mano sul viso con un gesto stanco. -Sono il re e devo dare il buon esempio. Un patto è un patto. Avrai il tuo lasciapassare-
Seth rilassò le spalle. Per un momento aveva avuto il timore che William volesse davvero ucciderlo. Non voleva morire, almeno non ancora. Salirono le scale fino ad una sala. William chiamò degli uomini che Seth non aveva mai visto prima, notai probabilmente. Fece redigere il lasciapassare per Seth, e glielo porse. Seth lo prese e lo lesse.
-Sembra tutto in regola- commentò schiarendosi la voce. William annuì.
-Sì lo è. Adesso puoi...- ma chiuse la bocca prima di finire il discorso. Socchiuse gli occhi, gettando lo sguardo oltre le spalle di Seth. Dalle scale venne un trambusto degno di un mercato. Seth sentì qualcosa gridare il nome di William. Il giovane fece un passo verso le scale ma si bloccò, gli occhi che si spalancavano dalla sorpresa. Seth si voltò, e ad alcuni passi da lui vide Guy, che doveva essere imprigionato. Ai polsi aveva ancora le corde, ma erano tagliate, strappate via da una lama. Aveva la mano destra sporca di sangue che colava attraverso la manica della camicia, e brandiva una spada corta, a doppio filo. Il suo volto era la maschera di un delirio.
-Fratellino- ansimò -alla resa dei conti-
Seth vide William indietreggiare, mentre il fratello avanzava. Strinse la pergamena tra le mani. Doveva fare qualcosa. Ma non aveva armi. Le aveva lasciate nelle stalle. Che cosa aveva? Solo se stesso. Guy gridò, scagliandosi contro il fratello.
Avvenne tutto in un attimo e Seth non seppe nemmeno come si ritrovò ad un centimetro dal volto di Guy. Gli occhi scuri dell’altro lo fissarono per un momento, poi un sorriso sadico si disegnò sul suo volto. L’unica cosa che vide dopo Seth, fu solo la patina rossa del dolore che scese sui suoi occhi come un manto.
La dura pietra impattò contro la sua spalla. Emise un gemito, mentre il sangue caldo gli scorreva fra le dita. Non riusciva ad udire più nulla. L’unica cosa che riusciva a sentire era il tonfo sordo del suo cuore irregolare nelle tempie. Tutto era sfocato, impreciso. Vide degli stivali aggirarsi attorno a lui, urla che sembravano sussurri si agitarono nelle sue orecchie.
Poi due mani forti gli presero le spalle. adesso poteva vedere un volto conosciuto. I capelli neri ricadevano eleganti sul suo volto abbronzato. E Seth pensò che aveva davvero dei bellissimi occhi azzurri.
-Seth! Seth!- la sua voce lo stava scuotendo.
-W... Will- si sentiva la lingua impastata, attaccata al palato. -Ho... freddo- era vero, stava battendo i denti. Erano tornati fuori? Perché ricordava che c’era vento, una brezze leggera ma tagliente.
Vide Will sganciarsi il mantello. E pensò che lo avrebbe imbrattato di sangue. Voleva dirgli che non importava, che stava bene. Anzi, non sentiva più nemmeno il dolore. Si guardò le mani.
Erano rosse, rosse del suo sangue. Colava a terra. C’era una piccola pozza che si allargava sotto di lui. Che cosa...
-Will- ebbe la forza di sussurrare.
-Non parlare- gli ordinò l’altro -andrà tutto bene-
-Io... sto... morendo- gemette. Sentì le lacrime premergli contro i lati degli occhi. Non voleva morire, no non voleva.
-Non morirai- gli arrivò la voce sempre più lontana di Will.
-Dì a... Briseide... io non volevo- afferrò il colletto della camicia di Will -diglielo- sentì il sapore del sangue sulla lingua -Dillo a... Briseide... io non volevo...-
-Glielo dirò...-
-Grazie-
Appoggiò il capo sulla pietra dura. Si sentiva così stanco. Abbandonò il corpo contro il pavimento. Sentiva ancora le braccia di William che lo sorreggevano. Avrebbe voluto dirgli che sarebbe stato un grande re. Ma non gli venivano le parole.
Che strano... mi sento così stanco... così stanco...

Will vide Seth chiudere gli occhi blu. Il suo corpo si rilassò contro il proprio, e la mano che teneva aggrappata alla sua camicia si allentò. La mano di Will passò sul volto del brigante. Gli aveva salvato la vita. A lui, che lo voleva uccidere. A volte com’è strana la vita, pensò.
All’improvviso la tristezza lo avvolse come un’onda di marea. Adesso che il corpo senza vita del brigante giaceva ai suoi piedi non sentiva altro che un immenso vuoto. In un modo o nell’altro aveva avuto la sua vendetta, ma adesso che cosa rimaneva? Accanto a Seth giaceva il lasciapassare, imbrattato di sangue.
-Mio signore?- una guardia lo scosse. William alzò la testa dal volto senza espressione di Seth. -Mio signore, il fuggitivo è stato catturato- lo informò.
-Rinchiudetelo. E fate in modo che non possa scappare stavolta- rispose con un filo di voce Will.
-Diteci...-
-Dannazione fate come volete!- urlò Will alzandosi -Legatelo, storditelo, dategli una botta in testa, ammazzatelo, fate quello che volete! Non m’interessa-
-Sì signore- il soldato chinò il capo e corse via. William si accovacciò di nuovo accanto a Seth.
Era morto, non c’era più nulla che lui potesse fare.



SPAZIO AUTRICE

Ciao Ara^^
Felicissima che il tredicesimo capitolo ti sia piaciuto!
Eh, siamo arrivati al penultimo capitolo, *sigh*, un po' mi dispiace per il mio bimbo che tanto bimbo adesso non è ^^eh eh eh^^...
Spero di non averti delusa con la storia di Seth...

Un bacione enorme!
Stellalontana*

ps: sai, forse sono io la paranoica, ma voglio farti capire perchè ho scelto il nome Erden, è molto importante per me: "Erden" è il verbo reden in tedesco (parlare), oltre ad essere la parola tedesca per "terra madre", ma soprattutto se togli la "r" viene Eden.
Scusa, per questo, ma ci tenevo che tu lo sapessi... lo so che è infantile, ma sentivo il bisogno di dirlo... T_T

bacio^^




   
 
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