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Autore: Duncneyforever    14/08/2016    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Il pomeriggio non passò particolarmente in fretta e la quiete, che così faticosamente eravamo riusciti a creare, fu improvvisamente interrotta da un bussare particolarmente vigoroso...
Zohan propose di non aprire, ma Friederick insistette e raggiunse la porta tentennante: inserì la chiave nella toppa e fece scattare la serratura con un movimento lento e rumoroso, poi si voltò indietro e riscontrò i nostri occhi scuri, ingoiò di conseguenza un groppo di saliva e respirò profondamente, prima di volgersi di nuovo avanti. 
- Non aprire quella porta - dissi a mezz'aria, ricordando il film dell'orrore quasi omonimo. Il biondo mi guardò per un attimo e mi disse che se non avesse aperto la porta l'avrebbe sfondata. Io non dissi niente e non mi opposi più, ma quando vidi la chioma rossa del crucco percepii un fremito ed ebbi la forte tentazione di sbarragli la strada; mi ritrovai a pensare che " Leatherface " e Schneider non fossero poi così diversi...  
- Herr Kommandant! Was führen Sie hierher? / Qual buon vento? - Chiosò Zeno, ridendo istericamente; tentò di allentare lo stretto colletto della camicia, si passò più volte una mano sul collo e lo fece così tante volte che cominciai a pensare che il suo fosse un tic nervoso. 
​- Schweig, Halbblut! / Taci, mezzosangue! - Sbraitò, facendoci sobbalzare e facendomi tremare come una foglia... Il moro tacque e non proferì più parola per il resto della discussione. 
- Ich bin für sie da. / Sono qui per lei. - Quasi svenni quando mi afferrò per un polso e mi sbatté al suo fianco. Friederick mi guardò preoccupato e poi guardò anche il colonnello
- Weißst du, wie spät ist es? / Sai che ore sono? - 
- L-le s-sei? - Il rosso si sfilò il prezioso orologio dal polso e quasi glielo scaraventò in faccia, cosicché potesse notare quanto realmente tardi fosse: la lancetta più lunga era ferma sulle dodici, appena sopra le due " S " nere, mentre quella più corta segnava le sette.
Il biondo cercò di allontanarsi, ma la mano dell'altro sul suo bavero glielo impedì... Si giustificò, allora, come meglio poté ma, dato che il " Rothaarig " proprio non ne voleva sapere di lasciarlo andare, intervenni io; 
- Fried sta dicendo la verità. - Iniziai - lui non ti avrebbe mai disubbidito e questo lo sai bene - vidi quegli occhi grigi più espressivi del solito e non pensi l'occasione di dire ciò che realmente pensavo - perché tanta premura? Siete forse geloso di me? - Incrociai le braccia al petto e stetti ferma sul posto, così da non perdermi nessuna delle reazioni dei presenti. Rudy alzò scetticamente un sopracciglio e riprese il solito sorriso sghembo; 
- Io geloso di una viziata bambina italiana? - 
- Viziata lo dici a qualcun'altra, " mangia-patate. " - Scandii, prima di essere nuovamente presa sotto braccio e gettata, indelicatamente, nel corridoio. Il rosso si riallacciò, poi, l'orologio al polso, chiuse repentinamente- e violentemente - la porta e subito si incamminò verso l'esterno della struttura, trascinandomi appresso come una bambola di pezza. Non mi guardò nemmeno, camminò e basta, fino all'automobile.
- Sali, ragazzina. - Mi sistemai sul sedile anteriore, accanto a lui, e poco dopo partimmo alla volta di casa sua. Lo osservai più volte e non vidi alcuna traccia di rabbia nel suo sguardo, quindi mi rilassai ed esternai un'osservazione: gli feci notare quanto strano fosse lui e il suo comportamento; 
- a tutto c'è una risposta, Italienerin. Sta a noi decidere se rivelarla o meno. - Mi rispose, lasciandomi confusa e perplessa.
- Non so se vorrò mai conoscerla, però c'è una cosa che vorrei sapere... - In quel momento, non seppi esattamente cosa mi prese, seppi solo di volerlo conoscere meglio. - Come ti chiami? Rudy è il diminutivo di... - 
​- Rüdiger. Rüdiger Kostantin Aswin Schneider. - Mi rispose, distrattamente, senza staccare gli occhi dal volante. Poi accese una sigaretta e mi guardò; 
- non si può dire che i tuoi genitori non abbiano avuto fantasia - più stupita che impressionata, ribadii quanto facile fosse per me - e per tutti - chiamarlo semplicemente " Rudy ". 

*** 
Sono trascorse più di quindici ore da allora, ma il ricordo di ieri è ancora vivissimo nella mia mente. Ho veduto la luce azzurrina negli occhi di Rudy Schneider e sentito la sua risata cristallina: non posso dimenticare questo, ma non posso nemmeno negare che egli sia una delle persone più spregevoli di questo tempo... 
- Ancora qualche minuto! - Le ferite di Ariel si stanno lentamente rimarginando e il suo carattere ne sta risentendo moltissimo: a livello fisico pare più in forza e le sue guance sembrano aver ripreso un colore quasi naturale; il profondo taglio sul suo braccio si sta cicatrizzando più velocemente di quanto avessi immaginato e non è più così raro vederlo lavorare senza troppa fatica. 
- Non ti preoccupare Ari - la dedizione e l'amore con i quali il ragazzo armeggia tra i fornelli mi stupiscono sempre, trovo che siano ammirevoli, e prometto di assaggiare tutto ciò che mi porterà senza fare storie; sembra brutto a dirsi, ma i suoi piatti assomigliano proprio a quelli della nonna ed è questo che mi piace della sua cucina: sono piatti semplici, frugali, abbondanti e decisamente all'italiana. Potrei mai lamentarmi? 
- Pronto - esclama, con una vocina squillante, portando in tavola un vassoio d'argento coperto da una cloche tonda, anch'essa in argento.
- Stupiscimi. - Alla mia richiesta, Ariel solleva la cloche e rivela una torta; una torta composta da due strati di pasta al cioccolato e da uno strato più sottile di confettura di albicocche, ricoperta da uno strato di glassa al cioccolato fondente... Una Sacher davvero ben fatta. 
- Non sapevo quali fossero i tuoi gusti... - Incomicia, impacciato come sempre, prima di essere interrotto dalla sottoscritta:
- è la mia preferita -
- davvero? - Lui ne taglia una fetta e me la porge, con un misto di felicità e stupore impresso sul viso. Io annuisco e ne assaggio un cucchiaio, prima di mugugnare un apprezzamento; 
- Com'è? -  È soffice come una nuvola di zucchero filato e pastosa come il marzapane, la glassa è appiccicosa come il caramello e, nell'insieme, mi è parso di addentare una fetta di paradiso...
- Non vorrei essere troppo melensa, ma trovo che sia davvero favolosa. - 
Gliene taglio una fetta, ignorando le sue proteste: " tu devi assaggiarla. " 
-  Non ammetto un " no " come risposta. - Gli dico, senza dargli via di scampo. 
- È buona. - 
- Molto buona. - Aggiunge, prendendone un'altro pezzo - più di quanto sperassi. - 
Una nota di amarezza spezza l'armonia che si era creata e gli occhi di Ariel si riempiono di tristezza: 
ripensa al fratello Maxim e si sente tremendamente in colpa. 
- Io mantengo sempre le mie promesse - lo rincuoro - ma c'è una cosa che ancora non mi hai detto. -  Lui alza lo sguardo, confuso, e mi domanda quale sia questa cosa: 
- se lo trovassi, lui mi capirebbe? Non parla solo tedesco, vero? Se parlasse un po' di inglese andrebbe bene comunque - 
- Io gli ho insegnato la tua lingua... Spero solo che si ricordi qualcosa! - Dopo aver sentito queste parole, mormoro un " mi farò capire " prima di alzarmi dalla tavola e dirigermi verso la porta; 
- dove stai andando? -
- Da un amico che domani partirà. - 
- Lui mi aiuterà a trovare Max e poi se ne andrà, prenderà un treno diretto per Francia e tornerà tra due settimane, se tutto volgerà per il verso giusto. Mi mancherà, Ariel... Sentirai il mio pianto per giorni, ma sappi che starò bene. Pian piano tutto scorrerà e noi passeremo le giornate affogando la solitudine nei nostri ricordi più belli... A parte questo, ho trascorso una magnifica mattinata in tua compagnia e vorrei ringraziarti per la colazione. Ne prenderò volentieri un'altra fetta, appena tornerò! - 
Una lacrima solitaria percorre le mie guance arrossate, prima di cadere silenziosamente a terra. 
- hai talento, leone, non arrenderti mai... -  *
- ... Dio è con noi, mein Freund. -  





 

NOTICINA AUTRICE:  

* In ebraico Ariel significa " leone di Dio ". 
 

 

 

 

  
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