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Autore: Emmastory    15/08/2016    4 recensioni
La sfortuna della giovane Rain continua a perseguitarla. Sono passati due anni, e il regno di Aveiron è ancora in ginocchio, sotto la costante minaccia dei Ladri, persone assetate di ricchezza e potere, che faranno di tutto per ottenere il completo controllo del regno. Alla ricerca di salvezza, Rain è fuggita verso il villaggio di Ascantha alla ricerca dei suoi genitori, e nonostante i contrasti avuti con loro, è ora fiduciosa e pronta. Sa bene di dover agire, e di non essere sola. I nostri protagonisti si trovano quindi catapultati in una nuova e pericolosa avventura, costretti a far del loro meglio per fronteggiare il pericolo. Si assiste quindi alla nascita di amicizie, amori, gioie, dolori e tradimenti, ma soprattutto, e cosa ancor peggiore, oscure minacce provenienti da voci sconosciute. A quanto sembra, il regno nasconde molti segreti, e toccherà alla nostra Rain e al suo amato Stefan risolverli dando fondo ad ogni grammo di forza presente nei loro corpi. Nelle fredde e buie notti, l'amore che li lega è la loro guida, ma nessuno sa cosa potrà accadere. In ogni caso, bentornati nel regno. "Seguito di: "Le cronache di Aveiron: Segreti nel regno)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-III-mod
 
Le cronache di Aveiron: Oscure minacce

Capitolo I

Equilibrio

E così, in un giorno di primavera, piove. Due lunghi anni sono passati, e svanendo, hanno lasciato il posto ad uno completamente nuovo. Volendo essere ottimista, sorrido, e guardando fuori dalla finestra, le vedo. Piccole gocce di fredda pioggia, che rigano il vetro scivolando lente, per poi raggiungere il terreno e bagnarlo, dando quindi alle tenere e non ancora esistenti piantine una speranza di nascere. Analogamente, mi chiamo Rain, e ho da poco dato alla luce mia figlia Terra. Una bambina dolce e a dir poco adorabile, i cui occhi, verdi come smeraldi, mi ricordano moltissimo quelli di due persone a me molto care. Mia madre e mia sorella. Una di loro è felice di essere diventata nonna, mentre l’altra, disgraziatamente, non sa neppure di essere zia. Alisia. Questo è il suo nome, che ricordo nonostante l'inarrestabile e crudele scorrere del tempo. La sfortuna me l'ha portata via in un nefasto giorno dividendoci sin da allora. Qualcosa, forse un presentimento, o una voce nella mia testa, mi dice che è viva, e tenendo in braccio la mia piccola, non faccio che pensare. Il mio amato Stefan è accanto a me, e rinfrancata dalla sua presenza, so di non dover temere. “Ricordi?” chiede, avvicinandosi e stringendomi un braccio attorno alle spalle. Un gesto che non compie ormai da lungo tempo, e che mantenendo il silenzio, accetto senza proteste. “Ricordi.” Rispondo, con fare triste e sconsolato. “Sta tranquilla, non sei certo sola, sai?” continua, dischiudendo le labbra in un debole sorriso. Colpita, mi volto a guardarlo, ma anche stavolta, non oso proferir parola. “Ci siamo io e Terra.” Disse, dopo aver trascorso alcuni preziosi secondi di silenzio a guardarmi. “È questo il problema. È solo una bambina, e Dio solo sa cosa potranno farle!” Sbottai con forza, poco dopo aver adagiato la bimba nella sua culla, stesso nido che mi aveva accolta nei miei tempi da neonata. “Rain, smettila. Ho fatto una promessa, e intendo mantenerla. Quei vermi non toccheranno nessuna di voi due. Io vi amo, e non potrei mai permetterlo.” Rispose a muso duro, fissandomi con occhi di ghiaccio e non ottenendo risultato dissimile dall'intristire nostra figlia. Allarmata dal suo pianto, mi precipitai verso la culla, e prendendola in braccio, feci quanto fosse in mio potere per aiutarla. “Va tutto bene, calma.” Sussurrai, cullandola e stringendola fra le mie braccia. A quelle parole, la bimba sembrò calmarsi quasi istantaneamente, e in breve, i suoi pianti si tramutarono in dolci vagiti. In quel preciso istante, guardai di nuovo fuori dalla finestra. La sera era calata, e uscendo da quella stanza, Stefan ed io lasciammo che nostra figlia dormisse in pace e serenità. Poco prima di andare, le rivolsi un ultimo sguardo, e sorridendo, sussurrai alcune parole. “Ti voglio bene.” Tre lemmi di una semplicità incredibile, ma che dati i miei trascorsi, avevano con il tempo assunto un significato speciale. Afferrando la maniglia della porta, la chiusi evitando accuratamente ogni cigolio, e appena un attimo dopo, mi concentrai su Stefan. “Ne sei sicuro?” chiesi, riferendomi alle parole da lui precedentemente pronunciate. “Te l'ho detto. è una promessa.” Rispose, non appena raggiungemmo quella che era la nostra camera. Infilando il pigiama, mi sdraiai sul letto, e chiudendo gli occhi, non volli sentire il volare di una mosca. In quel momento, non volevo che chiudere gli occhi e dormire, sperando di cadere in un sonno profondo e dimenticare, almeno per la durata delle lunghe ore notturne, la difficoltà del mio vivere e la precarietà del suo stesso equilibrio.
   
 
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