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Autore: Mar16    15/08/2016    1 recensioni
Avevo solo sette anni e ricordare fa male.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Chester Bennington
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era il mio settimo compleanno. Il giorno ricevetti regali stupendi, ma il migliore era quello del mio papà:un bellissimo pianoforte nero, con almeno tripla laccatura, la seggiola in pelle nera, era perfettamente abbinata allo strumento. Avevo solo sette anni e ricordare fa male. Io non sapevo suonare, così papà chiese al figlio del suo migliore amico:Bill. Alto, biondo, occhi celesti, insomma il classico Ken di Barbie. << Chazy, tesoro, domani Bill inizierà a darti lezioni di piano >> in quel momento le parole di mio papà, mi sembravano magiche. Adesso mi sembrano solo le parole che mi hanno rovinato la vita, delle parole maledette, altro che magiche. Sono nato con la sfiga addosso. << Che bello! Dici sul serio!? >> urlai, lanciandomi verso di lui, per poi abbracciare sia lui che...Bill. << Perfetto, allora domani sarò qui alle 17:30, se per voi va bene...>> disse lui. << Certo, va benissimo, solo che io e Susan non ci siamo, perchè dobbiamo portare Brian a fare una visita >> spiegò papà. << Ah, no, meglio. Così possiamo lavorare con più concentrazione. Ti farò imparare gli accordi tutti in una sera. Ti farò soffrire. >> disse ridendo, io e papà, ci unimmo a lui. Stava soltando scherzando. No, stava fingendo di scherzare. << Beh, giovanotto, ci vediamo domani >> mi diede un piccolo bacio sulla testa ed uscì di casa. << D'accordo e grazie >> dissi felice, lanciandomi poi sul divano. Mamma arrivò e mi chiese cosa era successo, allora glielo spiegai e sorrise. Amavo il suo sorriso, si, era una bella donna, ma normalmente la gente guardava più per il suo sorriso che per la sua faccia. << Chaz, tesoro, è ora di dormire. Se dormi poco, non sarai attivo per domani e non suonerai bene >> mi disse prendendomi in braccio e portandomi al piano di sopra, nel mio caldo e dolce lettino. Prima però, mi fece lavare i denti. Odiavo farlo, ma se adesso ho dei denti sani e forti, è proprio merito suo. << Buonanotte, Chester >> sorrise di nuovo, dandomi un bacio sulla fronte. Il suo bellissimo sorriso. Il suo bellissimo sorriso che mi manca più di ogni altra cosa. E' un peccato che se sia morta così giovane. E' un peccato che sia morta suicida. Mi cantò una canzone che non avevo mai sentito prima, forse l'aveva inventata sul momento, o magari non l'avevo mai sentita e basta. Adesso non posso neanche più chiederle che canzone era. Mi addormentai subito, aveva una bellissima voce e quando cantava, l'aveva ancora più bella. Il giorno dopo mi svegliai, non riesco ancora a capire perchè Morfeo mi abbia fatto riaprire gli occhi, quel giorno. La giornata a scuola e l'ora di pranzo sembrava non volare mai. Non vedevo l'ora fossero le 17:30, dopotutto il pianoforte, era il mio strumento preferito. "Finalmente" dopo ore che sembravano secoli, era ora delle "lezioni" di piano. Non mi fece suonare il piano. Mi portò in camera mia, mi legò sul mio caldo e dolce lettino e mi stuprò. Piansi e urlai, come non avevo mai fatto. Era insopportabile quello che stavo provando, tra l'altro neanche capivo bene, cioè avevo solo sette anni:non è una cosa che capita tutti i giorni, essere stuprati nel proprio letto e poi massacrati di botte. Si perchè dopo mi ha anche picchiato. Dopo aver finito il suo "lavoretto" soddisfatto, iniziò a prendermi a pugni, schiaffi, calci. << Non devi dirlo a nessuno! >> urlò contro di me, io mi portai le braccia di fronte al viso, avevo paura e pensavo che in qualche modo potessi ripararmi dalle sue botte e piansi, forse più di prima. << Mi hai capito!? >> urlò più di prima, prendendomi per il colletto della felpa, mi fece guardare dritto nei suoi occhi, ma vedevo tutto appannato per colpa delle lacrime. << Mi hai capito, Chester!? Rispondimi! >> urlò sempre più furioso, scuotendomi. Io annuii debolmente, mentre mi fece cadere a terra. Mi guardai allo specchio di fronte alla mia scrivania:avevo un occhio nero, un taglio alla bocca, che ancora oggi ho, ma che copra con un piercing e una guancia rossa e gonfia. << Se ti chiedono, sei caduto, mentre giocavamo in giardino >> io annuii, continuando a guardarmi. Ero diverso, ma non perchè avessi il viso pestato, ma per i miei occhi. Ho sempre avuto gli occhi neri, ma dopo quell'episodio, gli ho visti sempre più scuri, sapevano più di morto, di un'anima in pena. << Ci vediamo alla prossima lezione. A presto, Chester >> disse prima di uscire dalla mia stanza ed uscire dalla mia casa, che in quell'oretta era già diventata la tana di Satana. Quando i miei tornarono a casa, gli dissi quello che mi aveva detto di dire Bill e loro ci credettero. Non parlai, così per sette lunghi anni, sapevo che se dicevo qualcosa, non ne uscivo vivo, o quasi. Mi ricordo ancora quando i miei lo scoprirono:rientrarono prima a casa e ci sorpresero, lo fecero arrestare e per fortuna è ancora in galera, ma il danno che ha fatto a me, niente può riaggiustarlo. Niente può riaggiustarmi. Niente, solo la droga, ma quando passa lo sballo, tutto diventa sempre più grigio e scuro, così ogni volta, ogni santissima volta, ed è sempre peggio. Ma non ce la faccio senza. Mio padre quando scoprì che mi drogavo, non mi rivolse più la parola e andò a vivere a Tempe. Mia madre invece, si suicidò. Ho ucciso mia madre, non direttamente, ma l'ho fatto comunque ed io non riesco a perdonarmelo. Mio fratello maggiore, Brian, non mi parla, non chiama e non mi cerca più, dopo la morte di mamma. Sono stato la rovina di questa famiglia. Se magari mamma avesse abortito o direttamente non mi avesse creato, forse adesso sarebbe viva, felice, con un solo figlio e suo marito. Una famiglia felice, quello che erano prima, prima che nascessi. Prima che rovinassi tutto. TUTTO. Ed oggi tutto quello che riesco a fare è spararmi l'eroina dritta in vena. << Mamma. Scusa. Non so se mi senti, ma sappi che mi dispiace, mi dispiace per tutto. Ormai ho venticinque anni, ma per cosa? Venticinque anni per piangere, fino a che la morte non mi divori. Già, la morte >> dico nel balcone di casa mia asciugandomi le lacrime. << Ti voglio bene, mamma >> sussurro prima di buttarmi giù. Mi schianto contro una macchina sento dolore, tanto, ma mai quanto ne ho sentito quel giorno. L'ultima cosa che sento, è la gente attorno a me che urla, poi una sensazione di freddo, ma piacere allo stesso tempo. Una luce si avvicina a me, una sagoma di una persona. Dei lunghi capelli castani, con gli occhi dello stesso colore. Sorride. Quel sorriso, non è cambiato affatto in questi ultimi anni. Si avvicina sempre più a me e mi abbraccia. Le lacrime bollenti, scendono copiose sul mio viso. << Benvenuto al paradiso, tesoro >> mi sento soffiare sulle labbra. La sua voce. La sua bellissima voce. Non è cambiata neanche quella. << Mi sei mancata >> sussurro, prima di sentire lei che inizia a cantare. Quella canzone. Quella canzone che mi cantò diciotto anni fa, il giorno del mio settimo compleanno.
   
 
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