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Autore: KohakuZ    17/08/2016    0 recensioni
Le nostre due protagoniste si sono trovate improvvisamente catapultate indietro nel tempo. Un giorno mentre erano in Corea del Sud si ritrovarono nella Corea di sessanta anni fa. E lì trovarono il nonno di una loro conoscenza.
Cosa succederà? Sarà utile questo incontro? Il futuro ne risentirà?
Leggete l'avventura di Chiara e di sua sorella Nami per scoprirlo!
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ravi, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Arrivammo a destinazione verso mezzogiorno. Appena scesi dal treno Nami disse di dover andare a comprare dell'acqua, così io e Kim rimanemmo soli in uno spiazzo davanti al negozietto. Il silenzio era sceso su di noi. Io non sapevo cosa dire. Del resto mi chiedevo cosa sarebbe successo... Insomma l'avremmo lasciato a casa sua, saremmo tornate in Corea, avremmo cercato un modo per tornare ai nostri giorni... e poi... Già, e poi? Bella domanda.

Avrei tanto voluto rispondere. Mi sarebbe piaciuto potermi avvicinare di più a Wonshik, conoscerlo meglio. Almeno dopo tutto il tempo passato con suo nonno io sentivo come se il mio destino fosse in qualche modo legato ed intrecciato al suo... però lui non era suo nonno. E dovevano passare ancora molti anni prima che lui nascesse e probabilmente a quel punto suo nonno avrebbe dimenticato la mia faccia o forse più semplicemente non avrebbe trovato quest'episodio così interessante da essere raccontato ad un bambino.

Che stupida! Come potevo anche solo immaginare che potesse ricambiare i miei sentimenti solo perchè avevo conosciuto suo nonno?!

Mentre mi stavo autocommiserando amaramente per la mia ritardataggine (?) sentii qualcuno dietro di me e mi girai ritrovandomi a pochissimi centimetri di distanza da Kim. Ero troppo impegnata ad insultarmi per essermi accorta in tempo di lui e ritrovarmi così vicina a lui di certo non aiutò il mio cuore a riprendersi dal mini-infarto che aveva già preso. Insomma era come se mi fossi trovata davanti a Wonshik!

Solo in quel momento mi accorsi che in effetti si era chinato verso di me e mi guardava sogghignando.

“Che... che c'è?” chiesi arrossendo inevitabilmente.

“Per caso mio nipote non ha ancora avuto il coraggio di dichiarartisi?”

“Eh?!?” cosa?!? Ma di che sta parlando?!

“Ti piace non è vero?” insisté ampliando ancora di più il sorriso.

“Non capisco di cosa stai parlando...” Sì, certo... e mia sorella è Babbo Natale...

“Avanti è ovvio! Voi due vi piacete! Insomma, guardati, stai diventando un pomodoro. Senza contare che anche a me piaci molto! Poi, dato che mi hai detto che assomiglio non solo fisicamente ma anche psicologicamente a mio nipote, allora vuol dire che anche lui ha perso la testa per te. E non provare a negarlo, si vede benissimo!” Ok, a questo punto il mio cuore era andato in vacanza... e s'era preso su pure le valige!! Non aveva alcuna intenzione di tornare al suo posto... sigh...

“E va bene, e va bene... lo ammetto mi piace tuo nipote. Però non parliamone più.” E così incrociai le braccia girandomi dall'altra parte.

“Ma adesso non c'è bisogno di parlare...” sussurrò con voce roca.

Mi voltai di scatto ritrovandomi il suo sguardo fisso nei miei occhi. E fu in quel momento che mi baciò.

Il mondo si era fermato. C'eravamo solo io e lui. Pian piano mi sciolsi e chiusi gli occhi.

Le sue labbra, che prima si erano limitate ad un semplice bacio a stampo, iniziarono a muoversi, chiedendomi dolcemente il permesso per entrare. A quel punto dischiusi leggermente la bocca e sentii il suo profumo inebriante invadermi e riscaldarmi. Mosse piano la lingua facendola passare sui denti per poi esplorare più in profondità. Anch'io allora iniziai a cercare di seguire il suo ritmo muovendo la mia lingua in sincronia con la sua e dando inizio ad una specie di danza. Intanto senza accorgermene avevo sollevato piano le mani, facendole passare delicatamente sul suo torace, sentendo i suoi muscoli guizzare sotto il mio tocco, per poi intrecciarle con alcune morbide ciocche dei suoi capelli. Lui nel frattempo aveva appoggiato una mano sulla mia schiena e l'altra teneva saldo un fianco. I nostri corpi si completavano a vicenda alla perfezione. Non mi ero mai sentita così tanto protetta, tranne quella volta in cui Wonshik mi aveva abbracciata da dietro dopo essersi allenato lamentandosi del suo duro lavoro (facendo andare K.O. il mio cuore... inutile anche dirlo). Probabilmente non se ne era accorto ma è stato quello il momento in cui capii veramente di essermi presa una bella cotta per il “Lucky Boy” dei VIXX.

“Avete finito voi due piccioncini?”

Ci staccammo all'istante sorpresi dall'arrivo di mia sorella la quale ci stava guardando con aria annoiata.

“Ho sempre detestato essere il terzo incomodo, quindi se proprio dovete sfogarvi trovatevi una stanza, ok?”

Scoppiammo tutti a ridere. La solita guastafeste.


“Vedi di dirgli tutto ciò che provi, va bene?” mi disse Wonshik mentre il treno iniziava a muoversi.

“Ma come?! Non è detto che sia come dici tu! Magari per lui sono solo un'amica!”

“Non è vero. Fidati!”

“E va bene, farò del mio meglio...”

“Così va bene. Mi raccomando. Fighting!”

“Sì, ok. Allora ci vedremo fra un bel po'. Vedi di innamorarti di qualcuna, altrimenti se non ritrovo Wonshik dove l'ho lasciato vengo a cercarti! É una minaccia!”

“Ok! Ciao!” urlò mentre ormai il treno si stava allontanando

“Ciao!”



- - -



Arrivate a casa ci mettemmo disperatamente a cercare in tutte le biblioteche possibili una qualsiasi informazione che ci permettesse di tornare al nostro tempo.

Passarono tre mesi.

Fu molto difficile riuscire a trovare un modo per tornare ma finalmente in un vecchio libro trovammo oltre a due millepiedi stecchiti la risposta al nostro dilemma. In realtà non dovevamo assolutamente fare nulla per tornare indietro ci bastava aspettare poche settimane e si sarebbe verificata un'altra modificazione nel tempo che ci avrebbe riportate a casa.

Ammetto che è stato interessante vivere quest'esperienza, del resto è stato come aver studiato storia a scuola a livello di informazioni ricevute… ma vivendo queste situazioni non permetteva solamente di comprendere gli avvenimenti storici, ci permise soprattutto di capire profondamente e dal vivo tutto ciò che la gente comune pensava veramente: i libri di storia sono limitativi, ma anche i romanzi storici lo sono spesso, purtroppo.

Per esempio, prendendo il considerazione la condizione femminile: uno dei motivi per cui ci fu più difficile trovare le nostre risposte fu che, nel momento in cui volevamo informarci leggendo libri, in pochissimi accettavano il fatto che delle donne potessero essere abbastanza intelligenti da leggere dei libri riguardanti materie scientifiche. Nei libri di storia non viene fuori questo aspetto così desolante e duro della vita delle donne dell'epoca…

Finalmente tornammo a casa, nel nostro appartamento a Seoul, una mattina di dicembre.


- - -



La vita ricominciò tranquilla come prima, Nami continuava a lavorare come insegnante di inglese ed io continuavo a frequentare l'università in contemporanea al mio lavoro part-time di cameriera al bar dell'edificio della Jellyfish (mi son sempre chiesta da dove questo nome saltasse fuori...).


Passarono due settimane prima di rivedere Wonshik. Fu difficile stargli vicino. Era venuto insieme ai suoi compagni al bar dove lavoravo: nel momento in cui li vidi entrare, dire che volevo scappare a gambe levate dall'uscita sul retro sarebbe stato un eufemismo. In effetti l'unico motivo per cui restai fu per non far venire un infarto al cliente a cui stavo servendo un drink.


Si sedettero tutti ad un tavolo e, dato che l'altro cameriere era già occupato, andai verso di loro, con penna e taccuino in mano e col cuore in gola.

Mi salutarono tutti in coro, tranne Wonshik, che aspettò che gli altri avessero finito per salutarmi per bene. Sempre il solito gentiluomo.

Presi le loro ordinazioni e mi diressi verso la cucina, sentendo il suo sguardo su di me (o almeno... questo è quello che il cuore voleva credere, mentre la testa mi diceva ben altro).

Appena il cuoco ebbe finito di preparare tutto, recuperai il vassoio con su cibi e bevande e lo portai al loro tavolo (cercando di non cadere).

“Perchè non ti fermi un attimo con noi?” Chiese il leader, Hakyeon.

“Non credo che il capo mi possa permettere una pau...”

“Scherzi?! Riposati pure un po'! Il tuo turno, tra l'altro, sta anche per finire.” Disse improvvisamente il mio capo che giusto in quel momento stava passando dietro di me, dandomi anche un pacca sulla spalla.

“Beh, allora suppongo che possa andar bene...” Dissi poco convinta. Bene?! Altro che bene! Il posto libero era giusto accanto a lui! Volevo sprofondare sotto terra...

“Allora? Come va da queste parti? Noi siamo appena tornati da un viaggio in Cina per la promozione dell'ultimo album.” Chiese Hongbin.

“Abbastanza bene. Nami ha appena ricevuto la notizia che il liceo ha accettato la sua richiesta. Dal prossimo anno potrà insegnare al liceo e non più alle medie.”

“Era il suo sogno vero? Dev'essere molto contenta.” Chiese Jaehwan sorridendo. Aveva un cotta per mia sorella. Lo sapevamo tutti, tranne lei ovviamente.

“Sì, sì è molto contenta.”
“Tu invece? Ti stai preparando per gli esami di gennaio?” Mi chiese Wonshik, improvvisamente rivolgendosi verso di me e facendo andare in tilt la mia testolina per qualche secondo.

“Sì, infatti dopo questa settimana ho chiesto al capo di lasciarmi libere le vacanze. Non credo che sarei riuscita a conciliare lo studio con il lavoro.”

“Se hai bisogno di una mano per studiare sappi che io ci sono. Ci hanno lasciato un periodo di vacanze proprio adesso.” A questo punto credo seriamente di essere rimasta senza il cuore, se n'era andato stufo delle mie emozioni troppo forti.
“Ci mancherebbe altro! È da luglio che stiamo lavorando senza sosta! Spesso ci chiamano anche per i weekend.” Esclamò, un po' arrabbiato, Sanghyuk.

“Grazie per l'offerta, ma credo sia meglio lasciarvi riposare.” Sorrisi a Wonshik, sperando di avergli trasmesso la mia gratitudine.


Continuammo a parlare ancora per un quarto d'ora, quando mi accorsi che ormai era ora di tornare a casa. Il frigo era rimasto vuoto e avevo promesso a Nami che sarei andata io a fare la spesa.

Mi alzai dal tavolo dopo averli salutati e, presa la borsa, andai verso il centro. Non potevo fare a meno di ripensare a come Wonshik fosse stato così gentile da offrirsi per darmi una mano. Stentavo ancora a crederci. Stavo cercando di rivivere quel momento nella mia testa per non scordarlo più quando sentii chiamare il mio nome da dietro.


Mi girai e mi trovai di fronte lui. Sembrava che avesse corso per raggiungermi.

“Hai detto che dovevi andare al supermercato? Posso accompagnarti?” Ci fu un attimo di pausa. “Cioè devo... comprare anch'io qualcosa comunque... Quindi... Se non ti dispiace...”

“No figurati! Anzi mi fa piacere!” Cercai di non sembrare troppo entusiasta. Forse avrei trovato il momento giusto per confessarmi... O forse no? Ripensandoci... credo proprio che non sarei riuscita a dirgli niente dei miei sentimenti. Conoscendomi sarei svenuta sul colpo. In ogni caso di certo un supermercato non è l'atmosfera più adatta per confessarsi. Con questo pensiero mi misi l'anima in pace.

Camminammo insieme, parlando ogni tanto, anche se spesso preferivamo stare in silenzio.

Erano ormai le sei e mezza e il sole aveva deciso di lasciare il cielo già da un po', permettendo al buio di subentrare al suo posto.

Senza che neanche me ne accorgessi eravamo già arrivati al negozio, dove Wonshik mi aiutò a scegliere la carne e le verdure che sembravano migliori. Dietro alla cosa per la cassa però mi venne in mente che aveva detto che voleva comprare anche lui qualcosa.

“Non avevi detto che volevi prendere qualcosa?” Mi guardò un attimo. Sembrava che non avesse capito. Poi però si riprese e rispose:

“Sì! Sì... Giusto... Devo prendere...” E senza terminare la frase iniziò a correre finchè sparì in un corridoio.

Intanto avevo raggiunto la cassa. Stavo pagando, quando, tutto trafelato, arrivò anche lui, trovando però la cassa senza coda e quindi depositando sul bancone un pacchetto di biscotti.

Quando finì di pagare gli chiesi:

“Hai fatto tutta questa strada per un pacchetto di biscotti?”

“Beh... mi piacciono molto.. eheh” Rispose, portando un mano dietro al collo. Molto sospetto il ragazzo. Lasciai perdere la cosa e ci dirigemmo sulla strada del ritorno.

Ad un certo punto arrivammo ad un incrocio, dove, se non mi ricordavo male, lui avrebbe dovuto girare per tornare a casa sua.

“Non devi girare adesso?” Gli chiesi.

“In realtà... posso accompagnarti ancora un po'? Anzi... poco più avanti c'è un parchetto. Devo dirti una cosa, ma forse è meglio che prima ci sediamo da qualche parte...”

Non mi guardava negli occhi e sembrava imbarazzato. Chissà cosa voleva dirmi... Però, devo ammettere che le sue parole e il suo atteggiamento di quel pomeriggio sembravano tradirlo: forse... forse suo nonno aveva ragione... forse anche suo nipote provava qualcosa per me. Fu difficile cercare di tenere a freno la speranza mentre ci appoggiavamo ad una staccionata che si affacciava ad un fiume.

Mi girai verso di lui e vidi che era arrossito,appoggiato a braccia conserte sulla staccionata. Era bellissimo...

“Senti... Chiara... Io... Allora... Mio nonno...” Il cuore mi si fermò. Chissà cosa gli aveva detto?! “Mio nonno ha detto che... che...” Si girò verso di me. Eravamo più vicini di quanto credessi.

Mi guardava negli occhi stavolta e senza rendermene conto i nostri visi si stavano avvicinando.
Vedevo pian piano il paesaggio intorno riflesso nei suoi occhi, fino a che...

Le nostre labbra si incontrarono. Nessuno di noi due osava muoversi. Mi staccai e riaprii gli occhi. Gli sorrisi.

“Cosa ti ha detto tuo nonno?” Dissi in un soffio di voce.

“Che tu eri quella giusta.” Sussurrò, con gli occhi appena socchiusi. Poi mi rivolse il più bel sorriso che avessi mai visto. Si girò del tutto verso di me e, prendendomi per i fianchi, mi sollevò in aria e mi fece girare due volte prima di depositarmi sulla staccionata.

Non avevo smesso di ridere un momento da quando mi aveva presa in braccio. Anche lui non aveva smesso di sorridere. Mi trovavo più in alto di lui adesso e posai le mani sulle sue spalle, mentre lui aveva appoggiate le sue sulle mie cosce e mi guardava dal basso.

Stavolta presi io l'iniziativa. Se il ragazzo non si sbrigava non ce la si cavava più.

Lo baciai io. Piano. Avevo comunque paura, nonostante l'impazienza. Ma questa volta non fu un semplice bacio a stampo. Mi sembrava di rivivere le stesse emozioni provate con suo nonno. Ma era diverso. Non era come vivere un sogno. E questo era confermato da tutto, dal suo sapore al profumo di shampoo dei suoi capelli che mi inondavano mandandomi in vacanza il cervello e facendomi salire i battiti cardiaci. Era ancora meglio che baciare suo nonno. Era come se tutta l'essenza di questo ragazzo fosse stata destinata a me e soltanto a me. E mi esaltava ancora di più sapere che, forse, avrei passato una vita con lui. Una vita con Wonshik.

Ebbi improvvisamente bisogno di respirare. Mi allontanai quasi a forza e appoggiai la fronte alla sua. Meno male che ero seduta. Non sentivo più le gambe.

Intanto notai che le sua mani erano salite e adesso mi cingevano saldamente i fianchi. Le mie dita invece avevano già trovato il loro lavoro, intrecciandosi con le ciocche dei suoi capelli, che adesso erano del loro colore naturale. Neri.

Non c'era una nuvola e la luna era alta in cielo, rischiarando il suo volto e riflettendosi nei suoi occhi. Era difficile recuperare il fiato in questa situazione. Anche lui però non sembrava messo meglio di me. Senza rendermene conto avevo scompigliato i suoi capelli e anche il suo giubbotto si era stropicciato. Chissà io com'ero conciata.

Rimanemmo così per un po'. Lui ogni tanto mi baciava mentre io gli accarezzavo prima i capelli poi il collo e le guance, fredde per il vento pungente. Non smettevamo mai di sorridere.

Questo durò un po', finchè le sue labbra trovarono altri posti: si spostò dalle labbra e concentrò la sua attenzione verso il mio collo. Partì da sotto al mento, poggiando una mano sulla mia nuca e costringendomi a sollevare la testa per lasciargli libero accesso. Lentamente tracciò una scia di baci fino a dove la pelle era coperta dal cappotto. Poi tornò su, soffermandosi su ogni tratto di pelle come se volesse assaporarla, mordicchiandomi delicatamente, lasciandomi riscaldata, nonostante la temperatura, ma con la pelle d'oca. Finì baciandomi di nuovo sulle labbra. Ormai non c'era più un centimetro di spazio vuoto fra noi. Si era avvicinato al mio corpo facendosi spazio tra le mie gambe che si erano appigliate ai suoi fianchi, mentre un suo braccio era avvolto intorno a me e mi spingeva contro il suo petto facendomi inarcare la schiena. L'altra mano invece aveva trovato posto sul lato del mio viso, mentre ricambiava le carezze ricevute prima da me. Intanto anche le mie braccia, come le gambe, si erano avvinghiate a lui, portandolo, se era possibile, ancora più vicino a me.

  
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