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Autore: _Lyss_    17/08/2016    6 recensioni
Immaginate Ariel, Aladdin, Peter Pan, Mulan e tutti gli altri. Fatto? Bene! Adesso rinchiudeteli tutti in un liceo e fateli diventare adolescenti qualsiasi, credete che questa volta riusciranno a vivere una vita "normale"? Certo non ci saranno i cattivi, ma a complicare le cose ci penseranno i primi amori, le crisi adolescenziali e, perchè no, anche i brufoli! Salvare il mondo, in confronto, sarà stato una passeggiata e chissà se riusciranno tutti ad avere il loro lieto fine anche nel mondo reale. Beh... non vi resta che scoprirlo!
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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15. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo.
 
Dopo una serie di disastrosi allenamenti, finiti con ragazze in lacrime e pon-pon distrutti, la scuola aveva deciso di affidare il gruppo delle cheerleader ad un supervisore, che avrebbe motivato e controllato le ragazze nel migliore dei modi. La figura scelta per questo delicato ruolo – ditemi se non è delicato il dover trattare con una ventina di ragazze in piena adolescenza – era Gioia Musy, un’allegra tipetta dai capelli blu, sempre desiderosa di diffondere felicità e con la lieve tendenza ad imporsi sugli altri.
“Su ragazze! Più vita! Sorridete … Biancaneve non devi supportare una squadra di morti viventi” saltellava per la palestra motivando le ragazze, ma tanto entusiasmo non era sempre ben accetto e l’unica capace di tollerare Gioia per più di cinque minuti era Giselle, ma Giselle riusciva a tollerare chiunque.
“Giuro che la prendo a calci” borbottò Bianca sull’orlo di una crisi di nervi, in mezzo a tutti i suoi casini mancava proprio una tizia dall’aria perennemente fatta forse dovrei chiedergli chi è il suo spacciatore … meditò.
“Ora, ragazze, ci dedicheremo alle prove di fiducia, chi se la sente di fare un salto mortale dal tappeto elastico?!” fortunatamente il folle piano della “coach”, come voleva essere chiamata lei nonostante la perplessità dei colleghi, fu interrotto dall’arrivo della vicepreside Yzma e dall’ondata di silenzio che la seguì.
“Signorine Peels, Cristal e Dwarf siete richieste dal preside” le ragazze si scambiarono un’occhiata preoccupata, mentre tutto il resto del gruppo le fissava incuriosito, cosa voleva il preside da loro? Erano nei guai? Se si, perché?
“Subito” gracchiò infastidita la vecchia donna, non c’era niente che gli stava più antipatico dei ragazzini e non ne faceva mistero.
 
Non appena misero piede nell’ufficio del preside Theòs, poterono tirare un sospiro di sollievo. L’uomo, infatti, accolse con un sorriso smagliante le tre studentesse ancora sudate e poco coperte dalla divisa della squadra.
“Sono mortificato di aver interrotto il vostro allenamento, prego accomodatevi” le poltrone di pelle erano comode e la stanza profumava di pulito, non ci voleva molto ad intuire che era il luogo dove si facevano affari.
“Vi domanderete perché vi ho chiamate ovviamente, state tranquille non ho niente da rimproverarvi … caramella?” l’uomo porse una ciotolina di vetro stracolma di caramelle al miele, nessuna delle tre ne approfittò anzi, tutta questa gentilezza appariva sospetta.
“Bene, andiamo al dunque” continuò “Correggetemi se sbaglio, ma mi trovo di fronte a: il capitano delle cheerleader; la ben quattro volte eletta La più bella del reame, ci aspettiamo tutti l’en plein signorina Dwarf; la rappresentante del gruppo volto all’impegno umanitario … tutte e tre grandi amiche, ragazze popolari e, se mi è concesso dirlo, molto belle” se prima Bianca, Aurora e Cenerentola erano sospettose, adesso non sapevano proprio cosa pensare, a che pro questa sviolinata?
“Signor preside, la ringraziamo per i complimenti, ma ancora ci sfugge come potremmo esserle utili” commentò Ella, prima che qualcun’altra azzardasse parole inadeguate dettate dal nervosismo. Che il preside apprezzasse la bellezza femminile era cosa nota e si vociferava che non poche tra le insegnanti più avvenenti avessero passato lungo tempo nel suo ufficio, ma l’idea che spostasse l’attenzione sulle studentesse era tanto ripugnante quanto impossibile.
“Come sapete non manca molto al trentuno ottobre e la tradizione vuole che la scuola organizzi una fiera a tema, voi, se volete, sarete le organizzatrici” qualunque pensiero affollasse la mente delle tre si tramutò subito in sorpresa, soltanto Biancaneve nutriva ancora qualche dubbio: “Non c’era un comitato per le feste?”
“Troppo costoso e poco unito, l’ultima festa dell’anno scorso è stata un disastro, non deve accadere mai più” non potevano dargli torto, per il ballo di fine anno il comitato aveva scelto il tema America anni 20, cosa davvero molto carina, se non avessero deciso di inserire “l’angolo del proibizionismo”, dove a nessuno erano vietati shottini di super alcolici … neanche a dirlo tutti si erano ubriacati talmente tanto da scatenare l’ira dei genitori e dei bidelli, che avevano passato un’intera giornata a ripulire macchie di vomito.
“E pensa che affidare il tutto a delle adolescenti migliori la cosa?” Bianca lo guardava ironica, se mai avesse organizzato una festa per una mandria di ragazzi, non avrebbe certo fatto mancare l’alcool.
“Sapete cosa piace ai giovani, lavorate bene in gruppo e l’unica paga che v’interessa è la popolarità. Inoltre, se fate casini, so come farvene pentire” era stato decisamente convincente.
“Il budget non è molto alto, ma potete coinvolgere qualunque dei vostri compagni e fare ciò che più vi aggrada, basta che sia legale. Lavorate bene e vi affiderò tutte le feste dell’anno, non senza premiarvi con dei crediti extra. Accettate?” L’idea era decisamente allettante, ma Cenerentola e Biancaneve erano afflitte dal medesimo dubbio: era il momento adatto? Aurora non aveva ancora superato la rottura e l’accumulo di stress la portava a dare di matto, forse non era il caso di affidarle una tale responsabilità.
“Siamo davvero lusingate dalla sua proposta, che arriva in un periodo particolare e …”
“E sarà un ottimo modo di mettersi in gioco, accettiamo” Aurora interruppe Ella, non le avrebbe permesso di perdere quest’occasione.
“Siamo d’accordo, allora. Questi sono i documenti con tutte le indicazioni necessarie, ma se avete domande non esitate a bussare alla mia porta” il preside accompagnò il trio fuori dall’ufficio, ancora più sorridente di quando le aveva fatte entrare, amava concludere ottimi accordi.
 
“Tesoro, non dovevi accettare per forza” Cenerentola non era ancora convinta della cosa, era fin troppo consapevole del pandemonio che sarebbe potuta diventare.
“Vuoi che mi distragga dalla storia con Filippo, no? Bene, questo mi sembra un ottimo modo”
“E credi che riusciremo ad organizzare tutto da sole? Aurora, sii realistica, per una volta non ci basterà sbattere le ciglia e, se falliamo, faremo una figura di merda davanti a tutta la scuola” protestò Bianca, non ancora convita dall’accordo, concluso troppo in fretta dal preside per essere a loro favore.
“Infatti non ho la minima intenzione di fare tutto da sole e so già a chi chiedere una mano, ma sarà dura da convincere”
“Convincere chi?”
 
Con fare insofferente Hans posò il deodorante nell’armadietto dello spogliatoio, cercando di ignorare l’urlo disperato di ogni suo singolo muscolo.
 Secondo certe voci di corridoio, qualche settimana prima in sala professori, Miss Sinclair aveva osato mettere in dubbio le capacità del coach Fil, insinuando che un omuncolo dalle gambe corte e la pancia larga non sembrava certo la figura ideale per insegnare le discipline sportive. Neanche a dirlo, Filottete l’aveva presa malissimo e, solo perché si trovava davanti ad una signora, aveva preferito mantenere un certo contegno, il fatto che suddetta signora fosse cintura nera di arti marziali miste e avesse seguito un durissimo addestramento militare era solo un dettaglio. Così, l’ira ingabbiata del prof, aveva deciso di riversarsi sui poveri alunni costretti ad allenamenti estenuanti, che non lasciavano speranza di sopravvivenza ai più deboli.
“Ehi Hans” Kristoff distolse il rosso dalla sua catena di maledizioni e lamentele mentali e lo inondò di goccioline quando scrollò i capelli ancora bagnati dopo la doccia.
“Kristoff” ricambiò garbatamente il saluto, tornando immediatamente alle sue occupazioni iniziali, non si aspettava certo che la discussione andasse avanti e non aveva la minima voglia di incoraggiarla, ma evidentemente quel giorno il ragazzone era pieno di buona volontà: “Quindi … em … hai fatto qualcosa di interessante ieri?”
Un sorriso divertito, intenerito quasi, addolcì il viso di Hans convincendolo a portare pazienza per quei goffi tentativi di discussione. Non è che non volesse parlare con Kristoff, ma da tempo si era convinto che diventare forzatamente amici fosse una cosa sciocca. Erano semplicemente diversi, interessi diversi, gusti diversi, caratteri diversi … l’unica cosa che condividevano era Anna ed era proprio lei a sognare un futuro in cui tutti sarebbero stati grandi amiconi, facendo pressione sui due ragazzi affinché socializzassero.
“Kristoff, te l’ha mai detto nessuno che non sai affatto recitare?” chiese con tono gentile e vagamente ironico.
“Si notava così tanto?”
“Che non ti interessasse niente della mia giornata di ieri? Abbastanza, ma si apprezza lo sforzo” pensò che sarebbe stato carino dargli delle pacche sulle spalle d’incoraggiamento, ma fermò la mano convincendosi che sarebbe stato inadeguato, non era certo un camionista lui.
“Dirai ad Anna che ciò provato, vero?”
“E loderò il tuo impegno e la tua affabilità”
“Non sono certo di cosa significhi affabilità, ma grazie! Vado a mettermi qualcosa addosso” seguì con lo sguardo il biondo, momentaneamente coperto solo da una ridicolmente corta asciugamano, e capì perché tutti gli chiedessero come facesse a non impazzire di gelosia quel ragazzo è una montagna di muscoli, chissà come è riuscito a farsi certi pettorali … era talmente assorto che non riuscì a voltarsi abbastanza velocemente quando anche la ridicola asciugamano sparì, mostrando al mondo dei glutei apparentemente di marmo. Già, come faccio a non essere geloso? Si domandò mentre tornava a concentrarsi sul suo armadietto semi vuoto, cercando di non scorgere altre natiche, per la giornata aveva fatto il pieno. Probabilmente è merito di Anna concluse, infatti, nonostante fosse palese che Kristoff provasse qualcosa per la ragazza, quest’ultima era talmente persa di Hans da non lasciare il minimo dubbio sulla sua fedeltà. E’ la ragazza perfetta, ma,  chissà perché, questo pensiero lo riempiva di tristezza.
“Chissà che hanno combinato le ragazze” sospirò Giselle, mentre usciva dalla palestra insieme a Charlotte. Dopo che Aurora, Bianca e Ella erano andate dal preside, si era aperto un acceso dibattito su cosa le avesse fatto convocare, ma, nonostante l’accesissima fantasia di tutta la squadra delle cheerleaders, nessuna proposta era stata ritenuta soddisfacente e il mistero era rimasto aperto.
“Te l’ho detto, la dolce Rorie avrà ucciso qualcuno e le altre hanno occultato il cadavere” spiegò sbrigativa Lottie, fortemente convinta che la sua ipotesi avesse perfettamente senso. Giselle lasciò correre, dopo aver saltellato e fatto ruote per due intere ore, non aveva la forza necessaria per combattere la mente caparbia dell’amica, inoltre non era del tutto certa di poter escludere l’idea di Aurora come omicida.
In contro al duo, che aveva spostato l’attenzione sulla nuova linea di rossetti MAC – a sentire Charlotte, c’era la serissima possibilità che qualche colore sarebbe riuscito a prendere il posto di Pink Nouveau, in vetta da anni nel suo cuore -  si presentò Edward, subito pronto a liberare la fidanzata dal peso della borsa e a salutarla con un bacio, facendo arricciare il naso a Charlotte davanti a quel ritratto di perfezione amorosa.
“Giselle, sei una pessima amica, sappilo” commentò con stizza, ultimamente era poco tollerante nei confronti delle coppie felici e la colpa, neanche a dirlo, era tutta di Naveen.
“Sbattermi in faccia il tuo perfettissimo fidanzato, non hai un goccio di sensibilità”
“Lottie, Naveen ti ha regalato una collana di perle per aver saltato uno, e dico uno, degli appuntamenti con te, perché aveva problemi di famiglia … mi sembra un ottimo fidanzato”
“Scoiattolina, dovrei regalarti una collana di perle?” intervenne Edward preoccupato, sembrava che rendere felice Giselle fosse la missione della sua vita, missione che seguiva egregiamente, senza tollerare di aver avuto alcuna mancanza. Qualcuno l’avrebbe definito nauseante.
“Non me ne frega nulla delle collane di perle, papi me ne compra quante ne voglio, mi interessa avere un fidanzato che mi porti la borsa e mi prepari il caffè  d’orzo” il viso tondo di Charlotte era diventato rosso per la frustrazione, abituata – male – ad avere sempre tutto ciò che voleva e come lo voleva, non riusciva a concepire come qualcuno non si comportasse esattamente come lei si aspettava. Se Giselle ed Edward erano tanto carini da essere chiamati Edwelle, perché lei e Naveen non potevano diventare i Lotteen?
La coppia si scambiò uno sguardo intenerito e la ragazza cercò le parole giuste per far capire all’amica quanto anche lei fosse fortunata: “Tesoro, tutte le coppie sono diverse e, per far funzionare bene le cose, bisogna scendere a compromessi. Probabilmente tu sei la prima ragazza seria di Naveen, già questo dovrebbe farti capire quanto lui tenga a te, devi dargli il tempo di imparare” Charlotte sospirò, forse Giselle aveva ragione.
“Scommetto che stavate parlando di Naveen” al gruppo si era unita Tiana, stava attendendo Lottie nel parcheggio per farsi riaccompagnare a casa, e guardando la faccia dell’amica, non poteva avere dubbi su quale fosse l’argomento della discussione.
Stavamo, adesso non più. Ho bisogno di una seduta di shopping intensivo e tu, sorella, mi accompagnerai” al solo pensiero del suono della carta di credito che strisciava, Charlotte si era rianimata di entusiasmo.
“Se non vengo dilapiderai il conto in banca di tuo padre, il mio è un compito fondamentale” Ed era assolutamente vero, senza nessuno che le ponesse un freno, Charlotte sarebbe stata perfettamente capace di comprare negozi interi … e l’aveva fatto.
Prima che le due partissero con la Mini rosa di Lottie, Giselle fermò Tiana: “Ehi, c’è qualche problema se domani passo da tua madre? Vorrei perfezionare quel book per il colloquio e solo lei può aiutarmi”
“Nessun problema, lo sai che ti adora” un sorriso illuminò il volto di Giselle e la macchina dal colore improbabile andò via.
Il colloquio al quale doveva presentarsi era davvero importante, se avesse fatto colpo l’avrebbero presa come stagista presso un’importante azienda sartoriale. Un ottimo primo passo nel mondo della moda e l’esperienza di Eudora come sarta era stata un aiuto prezioso, non le restava che sistemare gli ultimi dettagli e avere tanta buona fede.
 
“MERIDA!” 
“Che c’è? Che ho fatto? Sono appena entrata!” protestò la ragazza dai capelli ribelli, aveva effettivamente appena messo piede in casa, possibile che avesse già combinato qualche guaio? Seguì lo sguardo furioso di Elinor nel tentativo di capire come avesse fatto a scatenare la sua ira in otto secondi netti e … ah … sul parquet splendente, risaltavano atroci una manciata di impronte fangose, che minacciavano di moltiplicarsi se Merida avesse osato muovere un altro passo.
“Scusa” bofonchiò mentre la donna le porgeva un paio di ciabatte e si adoperava per ripulire quel disastro.
“Sei peggio dei tuoi fratelli, che l’ho fatta a fare una figlia femmina se non si preoccupa nemmeno del fango? Quando imparerai ad essere più … più … aggraziata?” ecco di nuovo il solito discorso sulla sua assenza di femminilità, Elinor l’aveva fatto così tante volte, che ogni membro della famiglia sarebbe riuscito a ripeterlo alla perfezione, per questo non fu difficile per Merida ignorarla spudoratamente e andare a rintanarsi in camera sua.
Tutto nella stanza era come l’aveva lasciato: una sedia a dondolo sormontata di vestiti, la scrivania fastidiosamente occupata dai libri di scuola, poster sgualciti d’improbabili band folk - rock e una bacheca in sughero piena di foto. Ma, sulla spessa coperta a quadretti, qualcosa si stagliava come aveva fatto prima il fango sul pavimento, rompendo l’armonia di tutta la camera: un imbarazzante, svolazzante abitino azzurro.
“E questo cos’è?!” gridò, mentre sollevava l’oggetto incriminato con disgusto, nemmeno si fosse trattato di un pannolino sporco.
“Oh, sono felice che ti piaccia” commentò ironica Elinor apparsa alle sue spalle “è un regalo da parte mia” Merida la guardò dubbiosa, quel coso non era affatto nel suo stile e aveva anche l’aria di essere troppo stretto … magari riesco a rifilarlo ad Anna, a lei questa roba piace. “Beh, grazie mamma. Mediterò a lungo, molto a lungo, su quale occasione sia adatta per indossarlo” era già pronta a nasconderlo nell’angolo più buio del suo armadio, quando la donna tornò alla riscossa col suo discorso sulla femminilità: “Sai, tesoro, non voglio cambiare il tuo stile, ma temo che, a furia di frequentare sempre e solo ragazzi – anche abbastanza rozzi- tu possa dimenticare quanto è bello sentirsi ogni tanto una principessa” sentirsi ogni tanto una principessa, davvero?
“Io non frequento solo ragazzi, Anna è la mia migliore amica e nella squadra di atletica ci sono un sacco di fanciulle, non devi fare un dramma se trovo le gonne scomode!”
“Puoi provarlo al meno?” il tono era stato così supplicante, che Merida mise per un momento da parte la sua dignità, pentendosene immediatamente. Era peggio del previsto. L’abito le stava stretto da ogni lato facendole mancare il respiro, le maniche, decorate con odiosi fiorellini bianchi, la rendevano impacciata e la gonna era ridicola sotto ogni punto di vista: troppo corta, troppe pieghe, troppo da bambolina. Nonostante ciò, Elinor, ebbe il coraggio di affermare, con aria assurdamente sincera: “Sei un amore!”
“Spero tu stia scherzando”
“Sta sera farai un figurone a cena con i colleghi di papà, quanti complimenti prenderai!”
“Aspetta, sta sera cosa?”
“Vengono a cena MacGuffin, Macintosh e Dingwall, con prole al seguito ovviamente” Merida strabuzzò gli occhi, avrebbe dovuto indossare quella roba davanti a tutti? Senza contare che quei tizi non le stavano affatto simpatici, tutti convinti di essere i migliori e con il figlio migliore, pronti a fare battutine sulle femmine e tremendamente bigotti … era davvero una coincidenza il fatto che fossero tutti e tre vedovi? Quelle poverette si saranno suicidate per la disperazione concluse.
“Io sta sera esco” affermò perentoria, ma non l’avrebbe scampata così facilmente.
“Non se ne discute! Non offenderai i nostri ospiti con la tua assenza. Questa sera ci sarai e ti comporterai da perfetta signorina, soprattutto con i ragazzi”
“Non hai detto che frequento troppo i maschi? E poi perché devo indossare questo vestito per intrattenere scemo, più scemo e il gay represso?” si lagnò, se proprio doveva partecipare al supplizio, non poteva farlo indossando i jeans?
“Merida! Sii rispettosa!”
“Ma è vero!”
“Se è vero o no, non conta. E indosserai quel vestito” il tono da mamma orsa non ammetteva repliche e la ragazza iniziò a prepararsi psicologicamente ad una serata terribile.
 
Dopo una noiosissima estenuante giornata scolastica, non c’era cosa migliore che andare al Benbow, sedersi al solito tavolo pieno di graffi e inspirare a fondo l’odore di pancetta e cappuccino.
“Non c’è cosa che desideri di più di un doppio cheeseburger, chi è con me?!” Flynn si sfregò le mani, già pregustando quel delizioso ed abnorme panino dai cui lati colava cheddar come fosse oro …  Puro godimento … ma il pubblico non era evidentemente entusiasta quanto lui, Naveen prestava tutta la sua attenzione al cellulare – probabilmente stava rispondendo al duecentosettantaseiesimo sms di Charlotte-  e Al faceva finta di niente fissando il soffitto l’avevano ridipinto di recente?
Flynn sbuffò spazientito come un cucciolo in cerca di attenzioni e, non ottenendole, iniziò con la tattica delle frecciatine: “Fratello, capisco che se quel piccoletto di Al mangia qualcosa, diventa uno gnomo panciuto … ma tu sei sufficientemente slanciato!”  Ovviamente funzionò. Aladdin gli lanciò uno sguardo indispettito, sopportava la qualunque, ma non i riferimenti ironici alla sua modesta altezza; però la vanità di Naveen superava qualsiasi complesso d’inferiorità e risultò ancora più piccato del basso amico: “Sufficientemente? Sono più alto di te!”
“Si, ma non hai il mio potere di trasformare le calorie in stupendezza”
“Io non ho bisogno di poteri, la mia stupendezza è stata direttamente un dono divino”
Sebbene la corsa al titolo di Sommo Don Giovanni fosse cessata quando era iniziata ufficialmente la relazione tra Lottie e Naveen, la sana competizione che infiammava gli animi dei due amici non si era certo spenta. Potevano passare ore a discutere su chi fosse migliore in qualsiasi cosa … migliore nello sport, migliore nel look, migliore nel mangiare la pizza senza mani e così via … portando al logoramento dei nervi di chiunque avessero intorno, Eric e Aladdin erano pronti a giurare che questa fosse la causa di ogni suicidio sulla terra.
“Vi rendete conto che stupendezza non è una vera parola?” s’intromise Aladdin esasperato, ora aveva bisogno di una birra.
“Comunque sia io sono più stupendo di te, lo dimostra il fatto che ho una ragazza” Naveen incrociò le braccia soddisfatto, illudendosi di aver messo un punto decisivo alla discussione.
“Parli della stessa ragazza che ti porterà presto ad una nevrosi? Amico, meglio single che stare con una pazza - maniaca del controllo come Charlotte, scommetto che non mangi perché l’ha deciso lei, per non ritrovarsi con un fidanzato ciccione” a quelle parole Al buttò indietro la testa in segno di resa, ci mancava la discussione su Charlotte, ora aveva bisogno di due birre.
“Non sono problemi tuoi” Naveen si mosse a disagio sulla panca di legno, consapevole di aver fatto un grosso errore giocandosi la carta della fidanzata, sapeva fin troppo bene quale fosse il pensiero di Flynn a riguardo, il pensiero di tutti a riguardo si corresse mentalmente Flynn è solo l’unico che ha le palle per dirmelo.
“Sul serio, perché ci stai? E’ palese che ti dia fastidio” ci fu un lungo silenzio prima che Naveen rispondesse, aveva sempre ignorato la domanda o dato risposte sciocche, ma ora che aveva tutto da mettere in discussione –suo padre non aveva cambiato idea sul lavoro e il suoi fondi erano sempre più esigui– aveva bisogno di dirlo a voce alta, dire perché si era appigliato a quella ragazza tanto carina quanto irritante: “Charlotte è vera. Sono stato con tante ragazze così finte da far concorrenza alle Barbie, tutte sorrisi, sesso e Naveee mi compri questo??? Lottie non è così, le faccio regali perché mi va e non perché me li chiede, lei desidera soltanto la mia presenza … è gratificante” sospirò di sollievo, bella sensazione aprirsi col mondo.
“Amico, sono commosso. Hai fatto un discorso intelligente” Al lo guardò con ammirazione, ignorando il disappunto sul viso di Flynn, ma il ragazzo si era arreso e tornò a concentrarsi sul suo argomento preferito: se stesso. “Rimane il fatto che voglio un doppio cheeseburger e voi due non mi farete mangiare da solo come un imbecille”
“Oh d’accordo, chiamate Jim e facciamola finita” tutto quel discutere aveva fatto venire fame anche ad Aladdin – più che altro non era saggio buttare giù due birre a stomaco vuoto e delle patatine fritte non gli sarebbero dispiaciute – che fece vagare lo sguardo per il locale, ma quando trovò l’amico non poté far altro che sorridere: “Mi sa che Jimmy è troppo impegnato per servirci, sta rimorchiando”
Flynn e Naveen scattarono come due cani da punta, increduli che quello sbarbatello di Hawkins riuscisse a comprendere anche il significato della parola “rimorchiare”, peccato che dalla loro posizione non riuscissero a vederlo. Pretesero più dettagli.
“Beh, è appoggiato al suo tavolo e sta dicendo qualcosa, lei sorride … sono piuttosto carini, credo le abbia offerto della torta”
“Ma chissene di cosa stanno facendo, lei chi è?” Flynn tamburellava le mani sul tavolo divertito, fremente dalla voglia di alzarsi e andare a stringere la mano a Jim “Scommetto che si tratta di Ariel, ho sentito che è pazzo di lei” commentò.
“Cosa? A Jim piace Ariel?! Oh … questo spiega molte cose, povero Eric” Naveen sembrava star vivendo un momento di epifania, confondendo però gli altri due amici.
“Cosa c’entra Eric? Non dirmi che anche a lui piace Ariel!” dimenticandosi di cheeseburger, Jim e quant’altro, Flynn era entrato in modalità pettegola, frequentava decisamente troppe ragazze.
“Ragazzi, frenate. Quella non è Ariel, è l’amica bionda … cammina sempre anche con Jasmine” sospirò melanconicamente pronunciando il nome della ragazza che non lo faceva dormire la notte, forse gli altri avevano ragione, doveva darsi una mossa e l’avrebbe fatto l’indomani, si! Le avrebbe comprato dei fiori, dei gelsomini ovviamente e …
“Flynn che cazzo fai?” E Naveen lo riportò nel mondo reale.
“Dove sta andando?”
“Non lo so! Appena hai detto bionda è sbiancato, poi si è alzato senza dire una parola” Naveen si spostò nel posto accanto ad Al, per poter vedere meglio cosa diavolo stesse combinando Rider, che stava puntando dritto a Jim.
 
“Ehy, Super-Hawkins!” con fare decisamente anomalo, Flynn abbracciò Jim, senza dimenticarsi delle fraterne pacche sulle spalle e lasciando interdetto il ragazzo colto di sorpresa. C’era palesemente qualcosa di strano nel suo atteggiamento, ma c’era sempre qualcosa di strano nell’atteggiamento di Flynn e Jim decise che era meglio far finta di nulla ricambiando il saluto.
“Ciao Flynn” fino a quel momento il ragazzo aveva fatto particolare attenzione a non abbassare lo sguardo, fingendo di ignorare totalmente la presenza di Rapunzel. Fu un sollievo per lui poterle rivolgere il migliore dei suoi sorrisi.
“Biondina! Non ti avevo visto, che ci fai qui tutta sola?”
“Nulla di particolare: cerco ispirazione e mi faccio offrire dell’ottima torta di mele” cinguettò la ragazza.
Evitando di dare ascolto alla vocina nella sua testa che gli suggeriva di picchiare Jim, Flynn continuò a sorridere e si sedette di fronte alla ragazza con la stessa fluidità che avrebbe avuto un manico di scopa.
“Ti dispiace un po’ di compagnia? Jimmy portami un’altra fetta di torta e due tè alla pesca, offro io” rimarcò con particolare insistenza le ultime due parole e non riuscì ad evitare di guardare l’amico in cagnesco fino a quando non fu abbastanza lontano, a quel punto si rilasso e guardò incuriosito gli schizzi che ricoprivano il tavolo: “Sono bellissimi” commentò sinceramente ammirato.
“Il club d’arte ha il compito di realizzare un murales nel cortile della scuola e io sono stata scelta per realizzare il disegno di base. Sono in crisi, non so cosa fare” un sorriso teso comparve sul viso di Rapunzel, era strano vederla così nervosa e senza motivo tra l’altro! Quei disegni erano tutti stupendi, così creativi e originali che, per Flynn, l’unico vero problema sarebbe stato scegliere quale eliminare.
Poi, da sotto gli altri fogli, sbucò una bozza accesa di color oro e porpora, così bella che non riuscì a trattenersi dal prenderla in mano. Un sole brillante dominava uno sfondo di fiori, ghirigori e immagini sinuose apparentemente casuali, ma che sembravano voler raccontare qualcosa … un segreto magari … ora nemmeno scegliere era più un problema.
“Dovresti proporre questo” la ragazza lo guardò stupita, non aveva nemmeno contemplato l’idea di inserire quel disegno tra le opzioni, era semplicemente uno schizzo uscito di getto mentre cercava delle vere idee. “Non credo sia il caso, penso che un planisfero sia più adatto o dei ritratti di figure importanti” indicava diversi fogli, ognuno rappresentante un’idea fantastica, ma nessuna riusciva convincerlo tanto quanto quel sole … la rappresenta, la rappresenta alla perfezione cazzo si ritrovò a pensare, mentre un’insolita sensazione di calore lo invadeva totalmente. Fermò con delicatezza le mani della ragazza, che ancora rovistavano frenetiche tra i fogli in cerca dell’idea migliore.
“In quanto studente ti rassicuro sul fatto che vorrei ci fosse questo sul muro della scuola, un’esplosione di vita e creatività, non qualcosa che mi spinga inconsciamente a studiare e poi siete il club d’arte , no? Beh questa mi sembra decisamente arte” Rapunzel fissò il suo sguardo su di lui, gli occhioni verdi sgranati e per un momento si dimenticò di respirare. Nessuno, mai nessuno in diciassette anni aveva parlato con tanta passione di un suo disegno e certamente sapeva di essere brava, ma suscitare delle emozioni era una cosa diversa e la mano di Flynn, sulle sue, era così piacevole …
“Ecco l’ordinazione” Jim posò piatti e bicchieri con cura, cercando di evitare i disegni che aveva avuto il piacere di osservare prima, e sorrise divertito alla vista dei due che si affrettavano ad allontanare le mani l’uno dall’altra. “Vi porto qualcos’altro?” rifiutarono rapidi e Jim quasi si dispiacque per aver chiaramente interrotto un bel momento, quasi.
 
Mentre tornava al lavoro, lasciandosi alle spalle la buffa coppia, Jim fu richiamato da “due tipi loschi” appartati in un angolo.
“Che state facendo?” chiese, ma già conoscendo la risposta: non era certo un caso che quello fosse un ottimo punto da dove spiare il tavolo di Rapunzel e Flynn.
“Dicci cosa hai sentito” ordinò secco Naveen, non sapeva se essere stupito o preoccupato, aveva visto decine di volte Flynn provarci con una ragazza, ma in quel momento si stava comportando in maniera del tutto anomala.
“Stanno parlando di disegni e si tenevano per mano, più o meno, credo fosse più un gesto involontario” spiegò velocemente, gli sarebbe piaciuto rimanere lì a complottare, ma aveva del lavoro da sbrigare.
“Non ci posso credere, Flynn ha una cotta!” esultò Al, non vedeva l’ora di congratularsi con lui e di vendicarsi per tutte le battutine su Jasmine.
“Non ha una cotta, non sta nemmeno flirtando” controbatté Naveen “E quel ragazzo ha un minimo d’onore, sa che Jim aveva la precedenza”
“Su cosa avrei la precedenza?” ecco, l’ultimo briciolo di voglia di lavorare era svanito.
“Su Rapunzel, ci stavi provando prima tu” Hawkins scoppiò in una risata divertita, quei due avevano l’intuito di un topo ubriaco. “Io non ci sto provando con lei, faccio solo il carino perché è un’amica di Ariel, magari poi parla bene di me” detta a voce alta, quell’idea sembrava parecchio stupida, ma era disperato … e sarebbe stato anche licenziato se avesse continuato a poltrire con quei due, obbligandoli a prendere una birra scomparve nelle cucine.
 
“Alla fine Sandokan mi è piaciuto molto” il tavolo aveva riassunto un aspetto ordinato, ma la torta nel piatto era scomparsa lasciando Flynn ancora affamato, un giorno ci incontreremo cheeseburger.
“Davvero? Non pensavo che l’avresti letto …” notando lo sguardo spiacevolmente sorpreso di Flynn, Rapunzel cercò di rimediare: “Cioè, immagino che tu abbia un sacco di cose più divertenti, che leggere uno stupido libro” non pensava quello che diceva, glielo si leggeva in faccia, ma era l’opinione più popolare tra i ragazzi e non voleva certo passare per un’asociale.
“L’ho trovato, invece, molto interessante” tanto interessante da fargli recuperare serie tv vintage e mettere a soqquadro il negozio di Cassim alla folle ricerca di un cappello come quello di Yanez, ma questo non era necessario che la biondina lo sapesse.
Per la cronaca: quel cappello gli stava da Dio.
 “Magari qualche volta potremmo andare in biblioteca insieme, hai evidentemente un gusto migliore del mio in fatto di libri” le guance di Rapunzel si imporporarono, senza volerlo l’aveva invitata ad uscire … perché questa ragazza è stata mandata per confondermi? “Oppure potresti farmi una lista” ridacchiò nervoso. Lui non era mai nervoso.
“Certo, ti farò avere un elenco” io non voglio un elenco! Io voglio, cosa voglio io? Dannazione!
Dopo aver dato un’occhiata ansiosa al suo telefono, Rapunzel raccolse tutte le sue cose frettolosamente, confondendo il già confuso Flynn: “Dove scappi?”
“Ora devo proprio andare, ma troveremo sicuramente un momento per parlare dei libri, così ti farò sapere anche del murales e, oh, grazie mille per la merenda” bella come il sole e col viso arrossato, Rapunzel andò via.
Ma Flynn non ebbe molto tempo per rimanere da solo: “Allora Rider, c’è qualcosa di cui vuoi parlarci?” mai gli sguardi dei suoi amici lo inquietarono tanto.
 
“E dovresti vederlo Fergus! Il mio ragazzone nel campo da rugby è un portento!” era da circa un quarto d’ora che MacGuffin sproloquiava sulle superlative qualità del figlio, figlio che tra l’altro non era in grado di formare frasi di senso compiuto … le carotine non sono mai state così interessanti sbuffò mentalmente Merida, spappolando sedicesima carota bollita – si, stava tenendo il conto- quando Macintosh attirò la sua attenzione: “Un giorno capirai anche tu, vecchio mio, aspetta che quei tre birbantelli diventino grandi e capirai le vere gioie di essere padre!”
“Il tutto elevato al cubo!” concordò MacGuffin, sorridendo al piccolo Hamish, che però preferì contraccambiare con una linguaccia. Bravo piccolo! La ragazza doveva ricordarsi di conservargli una fetta di dolce …
“A dire il vero, non ho alcun bisogno di aspettare, la mia Merida mi rende già più che orgoglioso” ammise Fergus in un attacco di amore paterno, dimostrando che qualcuno a quel tavolo era ancora in grado di ragionare, peccato che evidentemente fosse un’eccezione: “Senza offesa, ma la danza e il canto, per quanto adorabili, non possono competere con i veri sport!” Dingwall, finito di ripulire il piatto, s’intromise nella discussione, ansioso di dimostrare quanto anche lui fosse ottuso.
 Merida non riuscì più a trattenersi: “Non so ballare e, per fortuna di tutto l’universo, non mi dedico al canto. Tiro con l’arco e faccio parte della squadra di atletica mista, quindi gareggio anche contro ragazzi e, permettetemi di aggiungere, anche con notevole successo … mi pare che questi siano veri sport” il tono insolente e irritato le fece guadagnare un’occhiataccia dalla madre, ma l’appoggio di Fergus era tutto per lei e le facce sorprese dei tre uomini valevano la qualsiasi. Girl power, bitch!
Ovviamente però, Macintosh e la sua mente ridotta, riuscirono a rovinare questo momento di totale trionfo: “Una signorina con i pantaloni, eh? Fergus non è che hai combinato qualche guaio durante il concepimento? Ah! Poveretto chi riuscirà a metterle l’anello al dito!” il tono non era offensivo, divertito piuttosto, e la mente ridotta sopracitata non gli permetteva di comprendere di essere stato un perfetto cafone. Rossa in volto, Merida era pronta a risultare ben più insolente di prima, anzi, era pronta ad iniziare una vera e propria rissa per difendere il suo onore e magari, se sbatte la testa abbastanza violentemente, ricomincia a pensare … stava immagazzinando abbastanza aria nei polmoni per cominciare a sbraitare, quando un calcio sotto al tavolo la distrasse momentaneamente dal suo violento intento.  Incrociò lo sguardo eloquente della madre e si costrinse a mordersi la lingua trattieniti, trattieniti, trattieniti. Nemmeno a Fergus doveva essere sfuggito lo sguardo furente della figlia e prese la saggia decisione di allontanarla dai suoi ospiti: “Prima del dolce, perché non parliamo tra uomini? Tesoro, tu accompagna i ragazzi in taverna e divertitevi un po’”.
 
L’idea che quei tre tipi violassero la sua taverna, non le piaceva granché. Era una stanza piuttosto grande dove si riuniva spesso tutta la famiglia, ognuno impegnato nelle proprie attività, ma comunque vicino agli altri, era un luogo sacro di unione e amore familiare e nessuno di quei tre sbruffoni era minimamente degno di metterci piede.
Il giovane Macintosh occupò, senza troppi complimenti, la grossa poltrona di Fergus ed iniziò a guardarsi intorno con aria annoiata: “E adesso che si fa?”
“Football di noi parlare potremmo” propose a stento il giovane MacGuffin, fortunatamente averlo sentito parlare tutta la sera aveva allenato l’orecchio di Merida e degli altri, riordinare le sue strambe frasi era diventato quasi divertente.
“Certamente, ma non vorrei mai offendere la padrona di casa … probabilmente preferisci parlare di make-up” a differenza del padre, il giovane Macintosh, sapeva bene quando una sua frase poteva risultare offensiva e vedere il fastidio sul volto altrui era certamente la parte che lo divertiva di più, peccato avesse trovato pane per i suoi denti: “Sarebbe fantastico! Sono certa che potrei imparare molto da un esperto come te, sei così grazioso che il correttore si nota appena” la controffensiva di Merida scatenò l’ilarità degli altri due ragazzi e alla fine fu la faccia di Macintosh quella a tingersi di fastidio.
“Detto questo, chi vuole una birra?” propose allegramente la rossa, forse, se si interveniva in tempo, i giovani MacGuffin e Dingwall sarebbero potuti risultare una compagnia quantomeno accettabile.
“Tu bevi birra? Non è molto femminile come cosa” ecco, era sembrato troppo bello, MacGuffin rimane la mia unica speranza.
“Probabilmente hai ragione, ma anche Macintosh lo fa, quindi suppongo vada bene” scrollò le spalle con fare indifferente, ma non risparmiò l’ospite preso di mira da un’occhiata ironica. Occhiata che fu la classica goccia che fa traboccare il vaso.
“Hai finito con queste battute da quattro soldi?” il ragazzo si alzò furibondo dalla poltrona, effettivamente Merida aveva esagerato e lo sapeva ma ha iniziato lui!
“Allora smettila di fare battute da quattro soldi sulle ragazze, o userò altri modi per dimostrarti che non siamo affatto inferiori” Non c’era nulla da fare, era una guerrafondaia.
“Femminile non figura inferiore è, diverso ma noi siete da oggettivamente, offesa tuoi nessuna confronti”
In un momento di silenzio perplesso, Merida e Macintosh, sul punto di scannarsi un attimo prima, si scambiarono uno sguardo confuso. “Questo è troppo anche per noi”
“Credo volesse dire” intervenne Dingwall “Che nessuno vuole offendere le ragazze, ma bisogna ammettere che sono obbiettivamente diverse dai ragazzi” un applauso da MacGuffin confermò la sua interpretazione.
“E perché mai dovremmo essere diverse? E’ vero, ad alcune piacciono cose stupide, come il rosa o gli unicorni o gli One Direction, ma anche a diversi ragazzi piacciono cose stupide” i tre si scambiarono uno sguardo poco convinto, poverini non era colpa loro se erano stati cresciuti con una mentalità limitata.
“Come posso dimostrarvi di non star sparando cazzate?” chiese esasperata Merida, più a se stessa che a loro, le serviva un’idea … cosa? Una sfida di bevute? Una rissa? Un ... una sfida a freccette! L’illuminazione le era venuta grazie al tirassegno appeso alla parete di fronte, erano anni che lei e suo padre ci perdevano serate intere, con il sottofondo di Elinor che si lamentava su quanto fosse poco adatto ad una bambina quel barbaro gioco da bar. Perfetto.
“Vi sfido. Se riesco a battere tutti e tre voi pseudo – uomini, non oserete più pronunciare frasi che implichino l’idea inferiorità o ineguaglianza femminile per tutto il resto della vostra vita e dovrete ammettere la sconfitta davanti a tutti” guardò fisso i tre ragazzi cercando segni di tentennamento, ma sapeva che erano troppo orgogliosi per rinunciare e sperava di potersi fidare del loro senso dell’onore.
Recuperò la vecchia tazza scheggiata dove conservavano le freccette e ne consegnò una ad ognuno con aria solenne, tenendone tre per se stessa. Macintosh fece un passo avanti, sarebbe stato il primo a tirare, ma esitò per un momento: “E se sarai tu a perdere? Rimangerai tutto quello che hai detto?”
“Certamente”
Il ragazzo prese un respiro profondo, spostò un ciuffo di capelli dall’aria tanto fastidiosa quanto setosa e tirò. La freccetta fendette l’aria con decisione, ma mancò clamorosamente il bersaglio, mandando in crisi il giocatore e facendo spuntare un sorriso vittorioso sul viso della ragazza. “Non cantare vittoria, puoi ancora perdere!” l’ammonì Macintosh, mentre spingeva MacGuffin a provare, se quel mastodonte sapeva giocare a football sarebbe riuscito a lanciare una freccetta, no?
Effettivamente il tentativo del ragazzone andò meglio, riuscì perlomeno a colpire il bersaglio, sebbene nella sua parte più esterna. La frustrazione di Macintosh era tangibile.
Fu la volta di Dingwall, ma il ragazzo era troppo scoraggiato dai fallimenti degli amici per metterci impegno, tirò così a caso, senza restare a guardare cosa avrebbe colpito il suo dardo.
 “Non ci credo” sibilò Merida, spingendo l’ultimo sfidante a voltarsi … aveva fatto centro! “Beh, nessun problema” aggiunse la ragazza, non voleva certo mostrarsi preoccupata, avrebbe dato troppa soddisfazione a Macintosh. Ora toccava a lei.
Superare il punteggio di Mr. Capelli-da-sogno non sarebbe stato difficile, ma Merida voleva dare spettacolo e con il primo colpo fece già centro.
Il massimo punteggio le permise di battere anche MacGuffin.
“Non credi mica di poter centrare il bersaglio per tre volte?” concentrata com’era sul lancio, non si rese nemmeno conto di chi avesse pronunciato la frase, nella sua mente sentiva solo il proprio respiro e vedeva soltanto il cuore del tirassegno.
Tirò.
Per un attimo tutti trattennero il respiro, fin quando un rumore confermò che si, Merida aveva centrato il bersaglio tre volte.
“Yaaaaaaaaaa!” urlò in un eccesso di gioia, iniziando a saltare qua e là per celebrare la sua vittoria schiacciante. Dingwall e MacGuffin, sportivamente, si congratularono con lei mentre Macintosh non riusciva proprio a reprimere il broncio. Era stato ferito nell’orgoglio.
Richiamati dagli schiamazzi, gli adulti fecero il loro ingresso nella taverna chiedendo quale fosse la causa di tanta agitazione.
“Papà prendi la birra! Li ho battuti! Li ho battuti tutti!” esultò la ragazza.
“Merida! Ma di cosa stai parlando? E da quando bevi birra? Oh cielo! Il tuo vestito!” Elinor afferrò la figlia per un braccio per poter osservare meglio un brutto strappo sul vestito nuovo. “Te l’ho detto che era troppo stretto, muovendomi per giocare deve aver ceduto” si giustificò la ragazza, troppo euforica per mostrarsi davvero dispiaciuta e troppo impaziente nel vedere l’ammissione dei tre ragazzi che, bisogna ammetterlo, non tardò ad arrivare: “Merida ci ha dimostrato come le ragazze possano essere superiori ai ragazzi, ha battuto onestamente tutti e tre in una sfida che avrebbe dovuto favorire il cromosoma Y. Siamo stati tutti degli idioti a pensare che avere le tette sia una debolezza” il giovane Macintosh aveva parlato con fermezza, nelle sue parole si poteva appena cogliere qualche nota di fastidio e irritazione, ma nulla che non fosse dovuto a qualcuno che aveva appena perso una scommessa.
Gli uomini guardavano stupefatti il gruppetto di giovani, ma, di fronte ad una tale ammissione di colpa, non ebbero il coraggio di aggiungere nulla. Magari anche loro avrebbero imparato qualcosa quella sera.
“Bene! Adesso che siamo tutti d’accordo, andiamo a prenderci quelle birre!” l’idea dell’alcool riportò l’allegria nella comitiva, solo la povera Elinor era demoralizzata dall’idea della sua povera casa piena di uomini ubriachi, avrebbe fatto bene a controllare quanti bicchieri sarebbero stati riempiti. Tutti si spostarono dalla taverna per tornare in salone, ma questa volta fu Merida ad esitare: “Paul, aspetta un attimo!” il giovane Macintosh si fermò sorpreso, ormai i due erano soli nella grande stanza e si poteva sentire l’eco delle risate altrui, a quanto pareva Fergus aveva iniziato a cantare.
“Paul, sai il mio nome?” chiese con sarcasmo il ragazzo, l’aver ammesso i suoi errori non significava che avesse iniziato a nutrire un profondo affetto nei confronti della ragazza dai capelli a cespuglio, anzi …
“Mi dispiace di aver esagerato sta sera, non volevo risultare cattiva, insomma non ho niente contro di voi
Noi chi? Noi ragazzi? Beh lo voglio ben sperare, sarebbe seriamente un problema …”
Voi omosessuali” lo interruppe “Lo sai che l’ho capito e, per quanto vale, non mi importa un granché di chi ti porti o meno a letto, questo non ti rende una persona diversa … se non sei Mr. Simpatia non è certo per colpa dei tuoi gusti sessuali” lo pensava davvero, credeva in ogni singola parola che aveva pronunciato e ci credeva con tutta se stessa. Sapeva cosa significava essere additata come sbagliata, lei era sbagliata perché non le interessavano le scarpe col tacco, era sbagliata perché non aveva nemmeno i buchi alle orecchie, era sbagliata perché non aveva mai fatto la stupida dietro un ragazzo, cosa che aveva fatto mettere in dubbio più volte la sua sessualità rendendola stanca di ripetere continuamente “No, non sono lesbica”.
Ci aveva messo un po’, ma alla fine l’aveva capito, lei non era sbagliata, lei era solo Merida e pazienza se agli altri non andava bene, non aveva bisogno di chi non riusciva ad amarla così.
“Non ho idea di che cosa tu stia parlando” rispose con noncuranza Macintosh, ma intimamente grato di quella piccola precisazione, forse un giorno sarebbe riuscito ad ammettere la verità.
 


N.A.
OMMIODDIO SCUSATEMIIIIIIII!!!!!
Non solo sono in abominevole ritardo - probabilmente qualcuno era pronto a chiamare "Chi l'ha visto?"- ma non ho nemmeno la minima idea di come sia il risultato finale di questo lungo parto. Il capitolo è stato scritto in mesi e mesi, quindi non oso immaginare quanto appaia frammentato, ma dovevo pubblicarlo. 
7000 parole che mi pesavano sullo stomaco, dovevo liberarmene, andare avanti e sperare di essere più attiva. Gli ultimi mesi di scuola sono stati un casino, poi gli esami (ehy! ho portato una tesina sulla Disney!) e ora sto studiando per entrare all'università ... vi chiedo comprensione. 
Ora mi affido a voi e alle vostre recensioni, che non mi sono mai state tanto necessarie. Ho bisogno anche di voi per rientrare in carreggiata.
Come sempre vi amo e amo i vostri messaggi (siete carinissime!) 
Un caldo abbrccio
_Lyss
  
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