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Autore: valemeo97    18/08/2016    0 recensioni
Due vite destinate a intrecciarsi secolo dopo secolo, legate da un passato oscuro segnato dalla brama di sangue e di potere.
Basterà l'amore tra due ragazze a cancellare gli oscuri meandri di un destino che sembra avere già in serbo per loro un finale già scritto?
Umano o mostro, scegli.
Essere, vuol dire essere la somma di tutto ciò che si è stati. L'uomo non comprende e non accetta l'immortalità se non a condizione di ricordare se stesso. Essere, per la creatura intelligente, è confrontare ciò che si è stati con ciò che si è.
- Victor Hugo.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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“Ell?” Una voce profonda scandì il mio nome. Mio padre, come sospettavo, era appollaiato sulla poltrona in salotto; sorseggiando una bibita fresca, posava lo sguardo concentrato  sul televisore al plasma su cui stava andando in onda una partita di football.

“Ciao papà.”  
Purtroppo la sua permanenza era ormai agli sgoccioli e fra due giorni sarebbe tornato in Iraq per un altro chissà quanto lungo periodo. Il pensiero di vederlo sparire a bordo di un taxi mi provocava ogni volta un insostenibile nodo alla gola. Misi le mie preoccupazioni in un cassetto e lo raggiunsi lasciandomi sprofondare sul divano. 
“Come è andata la giornata tesoro?”chiese premuroso.
Gli raccontai i corsi che avevo seguito, il comportamento degli insegnanti e il loro modo sapiente di spiegare argomenti complessi a ragazzi annoiati, omettendo ovviamente l’accaduto con Miss Dubois. Ogni dettaglio sembrava interessarlo ma in fondo mio padre era fatto così, prestava la massima attenzione a tutto ciò che riguardasse la mia vita, forse perché provava una sorta di rimorso costante per non essere presente quanto avrebbe voluto. Io avevo imparato ad essere paziente e mai avevo azzardato un commento inopportuno riguardo alla nostra situazione familiare. Andava bene così, non avrei potuto chiedere genitori diversi perché loro mi avevano dato tutto ciò che una figlia potesse desiderare, comprensione, affetto, libertà. Certo non era stato tutto rose e fiori in passato ma gli alti e bassi fanno parte della routine domestica. 
“Sai tua madre a colazione, prima che si fiondasse in ufficio, non ha smesso un attimo di parlare di… Madison giusto? Conosci tua madre, ti inonderà di domande finché non asseconderai la sua richiesta di presentargliela. E se devo essere onesto anche io sono molto curioso!” Esordì mio padre. Sicuramente mia madre lo aveva spinto a prendere in mano la situazione, spronandomi ad aprirmi e a confidarmi con lui. Il nostro rapporto, infatti, si era sempre basato su una fiducia reciproca, coltivata con il tempo grazie all’onestà e al confronto verbale, spesso particolarmente acceso, ma indubbiamente efficace.
“Preferirei aspettare… ci frequentiamo da poco, a mala pena due settimane. E puoi dire alla mamma di non essere la solita ficcanaso! Ah, la mossa di metterti in messo, inoltre, era scontata.” Lui sorrise ripensando a come la moglie era riuscita a incastrarlo, costringendolo a interpretare il ruolo del padre molesto. In realtà lui era solo il portavoce, il gioco sporco era suo compito. 
Mi dileguai al piano di sopra visto che la partita stava attraversando la sua fase calda e, inoltre, avevo una miriade di compiti e troppo poco tempo. 


Prima di entrare in doccia scrissi un messaggio a Charlie, giusto per sentire se le sue condizioni di salute stavano migliorando. 
Ehi mostriciattolo! Non ti sei fatta vedere oggi, Maddy mi ha accennato che stavi male… fammi sapere come ti senti. Io ho da raccontarti un paio di cose.
Poggiai il cellulare sul letto e mi immersi sotto il tanto amato getto d’acqua calda. Sentivo ancora la testa un po’ pesante per via della contusione subita al mattino, però il tepore della gronda alleggerì il fastidio e rigenerò ogni fibra del mio corpo. 
Afferrai l’asciugamano e mi diressi in camera. Ora arrivava la parte difficile, cosa indossare quella sera. 
Maddy ormai aveva intuito che non fossi esattamente il prototipo di ragazza fine o comunque a cui piace sfoggiare gonne e vestiti. Tutt’altro. Jeans, camicie, felpe, t-shirt… ecco, questo era il mio genere. Dunque optai per un pantalone khaki a tubo con la vita rigorosamente bassa e una camicia blu. Certo, il mo look quella sera sarebbe stato discreto, sobrio, e anche con il trucco scelsi di non esagerare: eye-liner nero e, ovviamente, l’amato fondotinta.
Quando finii di prepararmi l’orologio segnava già le 19.20. Un occhiata fugace allo specchio del bagno e via a rotta di collo giù per le scale. I miei chiacchieravano beati in salotto quando mi videro affannarmi a infilare le Converse marroni. Agguantai dopodiché il mio chiodo del medesimo colore e rianimai i capelli con le mani. 
“Esco, non faccio tardi!” annunciai aprendo la porta. Un risolino accompagnò il cigolio dell’uscio che lentamente si richiudeva alle mie spalle.
Quella sera soffiava una lieve brezza invernale. I primi sintomi dell’autunno che indispettito si mette da parte, facendo subentrare l’inverno. Un’aria spettrale aleggiava tra le strade deserte e un’insolita quiete si respirava in quelle vie. La luna piena svettava in cielo in tutta la sua maestosità. Il plenilunio illuminava indifferente la vita terrena, osteggiando la sua potenza. 
Mi guardai in torno in cerca del Maggiolino di Madison, ma senza scorgerne nessuna traccia. Ai piedi, però, del marciapiede opposto a dove sostavo io, vicino a una panca, notai un uomo distinto, dal bel portamento. Un completo blu notte sottolineava palesemente la  carnagione diafana del volto. Un volto arcigno, dai lineamenti ben marcati e dagli zigomi alti. Il dettaglio su cui mi soffermai maggiormente furono sicuramente gli occhi, due iceberg  su cui si scontrò il mio sguardo. Per una frazione di secondo rimasi imbrigliata dalla severità delle sue gelide iridi grigie. Durante quel breve contatto avrei giurato che la sua espressione fosse mutata, trapelando curiosità e indiscrezione, e che le sue labbra sottili si fossero inarcate lievemente in una sorta di provocante sorriso sghembo, scandendo con assoluta precisione una parola, Lilith. Quel nome mi fece trasalire.
Il suono familiare del motore di un auto destò la mia attenzione. Maddy. In un lampo mi precipitai nell’abitacolo, divincolandomi dalla presa ipnotica di quell’individuo. 
“Tutto bene?” la voce preoccupata di Madison irruppe nei miei pensieri, chissà quanto disperata sembrasse la mia faccia. Cercai di reprimere quell’angoscia irrazionale che aveva rotto le dighe del mio subconscio, inondandomi con violenza. 
“Tutto bene” mentii. 
Non del tutto convinta, partì, lasciandosi alle spalle il vialetto di casa mia. Non ebbi il coraggio di voltarmi per accertarmi se quell’uomo fosse rimasto ancora immobile a fissarci, speravo solo che, abbandonando quella strada, avrei abbandonato anche l’irrequietezza che sentivo dentro.


Il Pep Bowl distava poco più di dieci minuti dal centro. Nel complesso l’edificio non spiccava certo per le sue dimensioni, le quali era considerevolmente insignificanti in confronto al Lucky Strike, ad esempio. La facciata, però, costituita interamente da lastre di vetro, attirava non poco l’attenzione. Inoltre le piste erano state ristrutturate recentemente e anche la gestione del bar al suo interno era cambiata. 
Quella sera il parcheggio non era particolarmente affollato. 
Meglio così, pensai, almeno Maddy sarebbe stata più a suo agio.
Non appena varcammo la soglia sentii il telefono vibrare attraverso i pantaloni. Con noncuranza accesi lo schermo e ravvisai un sms di Charlie.

Ehi Ell! Credo che starò ancora domani a casa, giusto per sicurezza. Più tardi ti chiamo, non preoccuparti Maddy mi ha accennato della vostra uscita quindi ti lascerò tutte le mie domande per dopo ahaha Divertitevi belle ;)

Sorrisi leggendo quelle due righe. Sicuramente non mi avrebbe lasciata respirare per i prossimi giorni. 
Senza indugiare oltre, decidemmo di occupare la pedana 3. 
Fu soltanto quando vidi Madison accingersi a selezionare una palla da bowling della misura adeguata che notai il grazioso vestito bianco che stringeva la sua figura, mettendo in mostra le sue gambe slanciate. Un dettaglio su cui non potei fare a meno di soffermarmi furono le mezze maniche in pizzo che davano un tocco alquanto elegante all’abito.
“Adesso guarda e impara” disse lei, strizzandomi l’occhiolino. 
Il tiro fu perfetto, nessun birillo rimase in piedi dinanzi al suo effetto. 
Sbalordita, mi avvicinai alla postazione, sperando di non fare una figuraccia. 
Forza.
La buona sorte accompagnò il mio lancio, mantenendomi al pari della mia avversaria.
Maddy rise, applaudendo le mani. “Sarà proprio una bella sfida!”
E in effetti così fu. Per i primi quattro turni il punteggio si mantenne in perfetto equilibrio. Quella ragazza non perdeva colpi e, in men che non si dica, mi distanziò di un paio di punti. Era da parecchio tempo che qualcuno non prendeva il sopravvento con me in quello sport, forse perché ormai mi ero abituata al livello di Charlie e degli altri nostri coetanei. 
Alla fine vinse Maddy, così decisi di offrire io la cena, cosa che comunque avrei fatto in ogni caso. 
Con i nostri due hamburger andammo a prendere posto in un tavolino adiacente alla zona biliardo.
“Sai non pensavo di perdere”, ammisi sinceramente.
“Beh forse mi sono dimenticata di dirti che nella vecchia scuola c’era una squadra di bowling e che io ne facevo parte” rispose lei, addentando una patatina. La guardai, sgranando gli occhi di fronte a quell’affermazione.
“Ecco scoperto il mistero!” 
“Comunque non te la sei cavata male” ammiccò, mordendosi il labbro inferiore. 
Diedi un morso alla mia pietanza, cercando un altro argomento di conversazione.
“Quando ti sono passata a prendere sembravi essere turbata… è successo qualcosa?”
Maledizione. Mi sentivo una stupida per la reazione del tutto irrazionale in cui Maddy mi aveva trovata quella sera.
“Ah, mio padre riparte a breve per l’Iraq… Sono solo preoccupata.” Mentii.
“Mi dispiace molto… vedrai che il suo ritorno avverrà in un lampo”.
Nel tentativo di sviare il sviare il discorso, ripensai al suo invito a casa sua, dopo il mio ricovero, ricordando quanto aveva accennato a sua nonna.
“Perchè non mi racconti altre storie che tua nonna ti ha raccontato. Sai, sono molto curiosa”.
Lei mi guardò con aria interrogativa, aggrottando la fronte, probabilmente nel tenativo di trovare le parole adatte.
“Lei si considera un’esperta di folklore… è una disciplina che l’affascina molto. Letale quando la mischia con un bicchiere di alcool. Addirittura si definisce una wicca. Non so se hai presente..” Io feci cenno di no con il capo e lei continuò.
“È una specie di religione o setta i cui si riuniscono quelle che noi comunemente chiamiamo streghe. Loro venerano la natura e la proteggono da squilibri che potrebbero turbarne l’armonia… Dio, sono cose assurde lo so.” 
“No, no! È affascinante in realtà”, cercai di rassicurarla dal momento che notavo il suo evidente disagio.
“Pensa che ha addirittura un libro che sembra uscito da chissà quale fiaba, pieno zeppo di disegni strani e segni incomprensibili. Lei lo chiama Grimorio e non vuole che nessuno si avvicini. Una volta provai a leggerne qualche riga ma niente, non ci capii nulla. Dopodiché lei mi ha beccata e sgridata, dicendomi che non potevo ancora sfogliarne le pagine.”
“Lei non si è trasferita con voi, giusto?”
“Non ho più un vero è proprio rapporto con lei da prima dell’incidente. Semplicemente se n’è andata, farfugliando un’altra delle sue scuse. Non è mai stata molto presente nella mia vita, veniva a trovarmi ogni tanto, giusto per le feste. Ma forse è meglio così...”
La serata trascorse in modo tranquillo, discorrendo del più e del meno il tempo volò e fummo costrette a lasciare il Pep Bowl. 
Non appena Maddy accostò l’auto in prossimità del mio vialetto e spense il motore, calò il silenzio. Nessuna delle due sapeva come approcciarsi all’imminente saluto. 
In effetti c’era una cosa che avrei voluto domandarle, qualcosa che mi frullava nella testa da dopo il nostro primo bacio. Respirai profondamente e prima che potessi ripensarci, lasciai che le parole uscissero spontanee e autonome.
“Maddy, che tipo di rapporto è il nostro? Vorrei sapere quello che pensi, vorrei sapere se anche tu senti quello che sento io… insomma sei diventata in pochissimo tempo un tassello imprescindibile della mia vita. Io mi sveglio euforica al mattino pensando che, varcata la porta, ci sia il tuo sorriso ad aspettarmi...”.
Il suo sguardo emanava tenerezza ed emozione e, lentamente, le sue labbra scandirono con precisione poche parole. 
“Ellie, non immagini quanto tempo ho aspettato una persona come te.” Si prese una ciocca di capelli tra le dita e continuò. “Io sento di non riuscire a immaginare un domani senza la tua presenza, sento di voler buttarmi con tutta me stessa in questa relazione. Sì, relazione.” 
Non occorreva aggiungere altro, mi avvicinai e la baciai dolcemente, sentendomi, per la prima volta dopo un letargo che avrei detto essere stato eterno, viva.

   
 
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