Film > Kingsman: The Secret Service
Ricorda la storia  |       
Autore: kingstier    20/08/2016    0 recensioni
«Harry, siamo sposati?»
«Non lo siamo?»

Ovvero le cinque volte in cui sono praticamente sposati, più una in cui non lo sono (non ancora).
{ Harry/Eggsy | Long fic | 11524 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Gary - Eggsy - Unwin, Harry Hart, Merlin, Roxy Morton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note della traduttrice (Hiraeth): mi rendo conto che finora ho tradotto solo storie angst o con un finale angst e questa è per rimediare – anche perché l’adoro, e a un certo punto mi è capitato di leggere talmente tante fanfiction di Kingsman da dimenticare che il titolo di Galahad è di Harry e non di Eggsy, haha.
 Il link alla storia originale è questo qui, e vi consiglio caldamente di farci un salto se non ve la cavate male con l’inglese. Buona lettura!











sins without tragedies
di kingstier





I



Per la missione in cui lavorano insieme per la prima volta, assegnano loro le coperture di signor Hart e futuro signor Hart.

 Cinque mesi dopo il giorno ignorato con minuzia da tutti, Harry trova nella buca delle lettere un invito da parte di un vecchio amico di scuola. All’interno della busta c’è un biglietto in cartoncino goffrato in oro che richiede cordialmente che Harry faccia all’ospite l’onore di presenziare a una cena sociale: un mucchio di stronzate, in sostanza, e Harry è lì lì per buttarlo dritto nel bidone della spazzatura. Quando si dirige nella sala da pranzo compie cinque passi esatti prima che i suoi occhiali emettano un bip e la voce di Merlino lo informi del fatto che è stato finalmente autorizzato ad andare in missione, la quale ha solo per caso a che fare con l’invito che ha convenientemente ricevuto. Harry è una spia da abbastanza anni per capire che non si tratta di una coincidenza, dato che, dopotutto, la loro posta è ispezionata prima che sia distribuita nelle case offerte a loro dalla Kingsman. (Inoltre più tardi Merlino ammette che tre mesi prima ha intercettato l’invito e lo ha accettato per conto suo).

 E le circostanze sono perfette, davvero, perché Harry cominciava a essere sempre più irrequieto all’idea di passare giorno e notte a firmare documenti, essendo lui Artù. Non si capacita di come Chester riuscisse a stare dietro alle pile infinite di fascicoli ed e-mail e a trovare lo stesso il tempo necessario per infastidirlo a morte. Una delle condizioni che Harry aveva listato a patto di accettare il ruolo era che, per il bene della sua sanità mentale, gli venisse assegnata almeno una missione sul campo al mese. La buona notizia è che era stata approvata, la cattiva è che nessuna delle missioni in cui gli è permesso andare (citando il termine utilizzato da Merlino) ha la minima possibilità di finire in un incendio o in auto che esplodono. Il che significa che, per colpa di una leggera ferita alla testa, al re e secondo agente più anziano della Kingsman sono perlopiù destinate delle missioni di ricognizione a basso tasso d’azione. Meraviglioso.

 Quando Merlino consegna loro i dossier durante la riunione del pomeriggio prima dell’evento, Eggsy dà al suo un’occhiata e solleva un sopracciglio. «Quindi questa è una cena d’alta classe piena di vecchiacci leccaculo?»

 «Mi hai tolto le parole di bocca» risponde Merlino con voce piatta. «Ma sì, lo è».

 «E tu», inclina il capo verso Harry iniziando a ghignare, «entrerai in scena con una mano sul mio dolce culetto fresco? Quello sì che farà venire a tutti un infarto».

 «Oh, lo spero. A queste feste ci si annoia tremendamente e alle vite delle persone che le frequentano occorre un po’ di emozione» replica Harry, gli occhi scintillanti.

 Merlino riflette che forse ha commesso un errore appaiandoli insieme.

 Poiché l’invito è indirizzato al vero nome di Harry, è fondamentale che le loro coperture siano il più somiglianti possibile alla realtà, così da risultare, se qualcuno si incuriosisse e facesse ricerche, che Harry Hart è il proprietario di un negozio di sartoria a Savile Row ed Eggsy futuro Hart è il suo giovane protetto, colui che gli ha rubato il cuore dopo una serie degna di una commedia romantica di timide sbirciate, tocchi tremanti e ingegnosi design di completi. Eggsy considera la farsa un’idiozia, ma la gente abbocca con facilità a questo genere di storielle, per cui.

 Merlino ha deciso di affidare l’incarico a Eggsy un po’ perché lui in fondo è comunque l’ultimo arrivato e perché si tratta della prima missione di Harry sin dall’incidente nel Kentucky (importante e la causa delle precauzioni), ma soprattutto perché Harry ha meno tatto di un bambino di cinque anni ed Eggsy è l’unico che può avere a che fare con lui senza provare l’istinto di strappargli i capelli.

 Mentre sono dentro la navetta sulla via verso il negozio, Eggsy si tiene occupato divertendosi a immaginare i piccoli dettagli di ciò che avverrebbe durante la fase del loro reciproco corteggiamento. «Sì, ma chi ha fatto la prima mossa? Ritengo che dovrei essere io quello che ti ha chiesto di sposarmi. E cosa più essenziale, chi è che nel bel mezzo della notte accompagna fuori JB quando deve pisciare?»

 «Non abbiamo bisogno di una copertura così minuziosa, Eggsy, ma d’accordo. Tu hai fatto la prima mossa, poiché è generalmente disapprovato che un sarto vecchio e morente come me metta gli occhi su un giovanotto come te» spiega Harry, scoccandogli un’occhiata significativa e silenziosa che cerca di comunicargli qualcosa che Eggsy non riesce ad afferrare del tutto. «Sii colui che si è messo in ginocchio, se tanto lo desideri, tuttavia sta a te portare a passeggio il cane».

 «Aaah, Harry, guarda che JB ti vuole bene».

 «Non importa quante volte lo ripeti, ha macchiato il mio miglior paio di oxford». Eggsy alza le braccia in su e Harry si protende in avanti per abbassargliele. «Formerai delle pieghe sulle spalle».

 Eggsy si trattiene dallo stiracchiare gli arti e opta invece per afflosciarsi sul sedile, ignorando Harry che aggrotta le sopracciglia. Sì, ha ragione, non è una cosa molto da gentleman, ma sono soli ed Eggsy la passa liscia.

 Harry fa tsk con la bocca – principalmente per fare scena: Eggsy lo ha beccato più di una volta curvato in modo orribile mentre schiacciava pisolini sulle scartoffie – e si accomoda meglio sulla poltrona, accavallando le gambe fasciate dal tessuto color carboncino. «Cionondimeno, sei sulla pista giusta. Sono i particolari che rendono convincente una copertura e forgiare un’illusione persuasiva è basilare, qualunque sia il reale valore della missione. Detto ciò, è per caso necessario che io sia informato di qualcosa che ti crea disagio?»

 Eggsy solleva un sopracciglio, non confessa che è segretamente disposto ad accettare qualsiasi cosa Harry si prepari a dargli sin da quando ha fatto la sua entrata in scena nel quartier generale con una cicatrice nuova di zecca, e ribatte invece: «Siamo dei professionisti, bello, sono pronto a tutto».

 Harry canticchia. «Bene».

 «E tu? Niente di vietato?»

 «No», Harry sorride lievemente, «agisci come meglio credi».

Oh pensa Eggsy, sì, in effetti c’è una cosuccia che vorrei fare.

 Quando giungono alla sartoria e lo vede, Eggsy ammicca in direzione del loro capo sarto, il cui nome in codice è Elyan. Lui è un grande amico, davvero, gli ha ricucito la cravatta che Gazelle ha tagliato a metà senza neanche accennare alle altre in vetrina, identiche e innumerevoli. E poi quella lì non la usa neanche a lavoro, l’ha nascosta in un posto sicuro a casa sua.

 Fuori dal negozio c’è un taxi che li conduce all’albergo, distante poco più di quindici minuti in auto. Eggsy comincia a eccitarsi: è la prima missione che ha mai avuto con Harry e sarà una figata osservarlo da vicino e dal vivo – fingendo per giunta di essere il suo fidanzato. Quello lo emoziona per motivazioni un po’ diverse. Gli sono già state assegnate svariate missioni di ricognizione, due con Roxy e alcune come riserva di altri Cavalieri (interpretare il ruolo del figlio di Galvano è stata l’esperienza più memorabile, dato che in quella occasione ha utilizzato le granate-accendino), per cui ha una buona idea di che aspettarsi.

 I loro occhiali emettono un bip e la voce di Merlino si diffonde nell’aria, mentre il taxi sterza alla volta di Knightsbridge, verso il luogo d’incontro all’hotel. «Parkers non è ancora arrivato, ma mi sono accertato di procurarvi delle sedie allo stesso tavolo. Gli anelli sono in posizione?»

 «Sì». Eggsy si aggiusta la spessa fascetta nuziale sull’anulare sinistro. Sul metallo c’è un piccolo chiavistello, proprio dove la base del dito si congiunge con il monte di Apollo, che una volta premuto rilascerà la forma diluita di un siero della verità. È stato concepito nei laboratori della Kingsman, ma è più che altro un prototipo dagli effetti mutevoli: un’assicurazione da usare nel caso non riescano a carpire in tempo le informazioni di cui hanno bisogno.

 «Artù?»

 «Sì». Harry si blocca, poi sospira. «Mi chiedo perché non sei con noi stasera. Non hai ricevuto anche tu un invito, o hanno scordato il povero, vecchio Graeme?»

Graeme? mima con la bocca Eggsy. Non gli è mai venuto in mente che Merlino non fosse il suo vero nome.

 «Oh, quell’invito non ha nemmeno sfiorato casa mia. E poi, devo farvi da balia. Siete entrambi noti per comportarvi da diavoli durante le missioni in cui partecipate e non sopporterei la prospettiva di perdere un supervisore solo perché ho messo voi due insieme».

 Be’, non ha tutti i torti.

 «Allora, voi conoscete questo William Parkers?» domanda Eggsy.

 «Fino a un certo punto» risponde Harry. «Frequentavamo la stessa cerchia di amici, potremmo dire. Immagina la mia sorpresa quando il suo nome è spuntato nei nostri database».

 «Quello che intende dire» racconta Merlino a Eggsy con un sussurro cospiratorio, «è che ha centrato Harry dritto in fronte con un pallone durante una partita di calcio. Non l’ha mai superato». Eggsy ride per tutto il viaggio fino all’entrata principale dell’albergo.

 Non appena mettono piede fuori dal taxi, Harry ha già impresso in viso un leggero sorriso di educata indifferenza e raddrizzato le spalle, una postura accorta. È un brusco cambiamento dall’Harry che sedeva sui sedili posteriori del taxi con le gambe chilometriche divaricate di mezzo metro e dall’Harry che ruotava gli occhi quando Eggsy gli dava gomitate all’anca. È una maschera e un’iterazione di se stesso che, grazie agli anni di esperienza, ha sviluppato con la stessa facilità di bere un bicchiere d’acqua. Osservare Harry al lavoro è uno spettacolo, ecco cosa.

 «Tesoro?» Harry gli allunga il braccio.

 Eggsy tenta di reprimere il sorrisone che minaccia di stamparglisi in faccia, troppo da scolaretto per i suoi gusti, e prende Harry per il braccio. La stanza in cui sono condotti è ampia e trasuda lusso da tutti gli angoli. Dal pavimento alle finestre sul soffitto, passando per i cristalli incordati assieme in candelabri e le posate tirate a lucido che splendono sui piatti di porcellana, è l’esatto genere di panorama che uno si aspetterebbe di ammirare in occasione di una festa organizzata da un vecchio riccone ad un passo dalla casa di riposo.

 Sparsi uniformemente per la sala, ci sono una dozzina di tavoli larghi e rotondi ricoperti con tovaglie di raso morbido e dieci sedie allineate lungo la circonferenza di ciascuno di essi. Harry ed Eggsy trovano i loro posti e si accomodano, chiacchierando distrattamente con coloro che siedono accanto a loro mentre attendono che giunga il bersaglio.

 Dieci minuti dopo, Merlino lo avvisa: «Artù, a ore sei».

 Harry si volta e reclina il capo in direzione dell’orecchio di Eggsy, come per sussurrargli qualcosa, poi stabilisce il contatto visivo da sopra la sua spalla. «William» esclama.

 William Parkers, quarantanovenne, proprietario di un’impresa manifatturiera e sospettato di aver tentato di realizzare delle copie delle SIM card di Valentine, è a pochi metri di distanza dal loro tavolo. Gli occorre qualche secondo per identificare il suo interlocutore. «Harry! Be’, non ti ho quasi riconosciuto!»

 «Oh, è trascorso fin troppo tempo». Harry piega la testa verso la sedia libera alla sua destra. «Siediti pure».

 William saluta gli altri convitati assisi al tavolo, prima di sprofondare sullo spazio offertogli e girarsi verso Harry e notare Eggsy. «E lui chi è, tuo figlio?»

 Eggsy impallidisce immediatamente. Quello è un brutto colpo. «No, bello, Harry e io stiamo per sposarci, non è vero, amore?»

 Con naturalezza, Harry circonda con un braccio il busto di Eggsy e si china su di lui, godendosi l’espressione sbigottita di William (e di altri che stanno ascoltando). «Sì, è vero. In effetti, io ed Eggsy dobbiamo estenderti un invito, William?» Merlino nelle orecchie caccia un grugnito esasperato e commenta: Se l’accetta, io non ho intenzione di fingermi il vostro testimone. «Pensavamo di tenere la cerimonia a primavera, la scelta delle composizioni floreali è più vasta in quella stagione, si capisce».

 William batte le palpebre riprendendosi dallo shock e dà una pacca al braccio di Harry, il cui sorriso contiene adesso un’irrilevabile traccia di avversione, e non per colpa dall’assortimento dei fiori. «Ma guardati, vecchio furbacchione. Alla fine ti sei sistemato, eh? Per grande sfortuna, l’azienda non mi dà tregua: i progetti non si approvano e non si costruiscono da soli, per cui ti farò sapere».

 «Lo terrò a mente» replica Harry in un modo che fa intuire a Eggsy che, anche se stessero per sposarsi davvero, William non verrebbe invitato. «E come vanno gli affari?»

 «Bah, sai, le solite cose: della gente mi sottopone dei progetti, non li fa correttamente, e io devo subentrare. Se vuoi che le cose siano eseguite alla perfezione, falle con le tue mani, uhm?» William liquida la faccenda con una scrollata di spalle. Un tic del mignolo di Harry è l’unico indizio dell’arruffamento del suo proprietario al palese cambio d’argomento. «Allora, il nome è Eggsy, giusto? Di cosa ti occupi tu?»

 Eggsy gli parla di come sia stato assunto alla sartoria e di come si siano incontrati lui e Harry e, quando termina una lunga spiegazione sulla tecnica corretta per appendere i pantaloni alle grucce, ovvero al contrario e piegando una gamba cosicché l’orlo tocchi la linea della cucitura, dopodiché piegando sopra di essa l’altra gamba, William procede col rammentare il passato insieme a Harry e l’uomo alla sua destra. Eggsy nota che alcune delle storie raccontate a tavola sono incomplete e tralasciano in maniera imbarazzata nomi vari, e afferra infine che si trattano delle persone che non hanno superato il V-Day. Ne è sconvolto per un attimo, prima di farsi trascinare da Eric alla sua sinistra in una discussione animata sui peperoni della pietanza nei loro piatti.

 Più tardi, dopo che le altre coppie gli rivolgono svariate occhiate interrogative e il suo finto fidanzato gli poggia la mano sinistra sulla coscia, si rende conto di poter baciare Harry. Lui stesso ha sostenuto l’importanza di mantenere le apparenze, e adesso è il momento adatto per farlo e per dissipare i dubbi che hanno gli altri commensali su loro due (sì, comprende, Eggsy è il più giovane tra i presenti e la cosa risalta parecchio, okay). È ironico il modo con cui tutte queste persone abbigliate con i loro completi e le loro gonne eleganti non siano minimamente interessate ai loro partner tanto quanto lo è Eggsy con il suo finto partner. Ma ormai che ha considerato l’idea, non è in grado di smettere di pensarci e l’impulso improvviso gli fa tremare le ginocchia. Eggsy decide di buttarsi dopo che Harry dice qualcosa che fa ridere il gruppo, avvicinandosi a lui e premendogli un gentile e leggero bacio sull’angolo della bocca: è il massimo che riesce a osare.

 Si ritrae per scoprire che Harry ha un’aria positivamente deliziata. Eggsy l’adora, cazzo.

 È stato un semplice e veloce bacetto, neanche sulle labbra, ma che gli fa esplodere il cuore dal petto. Sei un professionista si dice tra sé e sé, trattenendosi a stento dallo sprofondare la faccia nella portata con un nome francese che non sa pronunciare. È consapevole del fatto che il rossore che ha sulle guance non sia provocato dal vino ed è grato che ora come ora Harry sia troppo occupato a cavare informazioni sugli affari di William per accorgersene.

 La donna seduta di fronte a Eggsy, Bridget, se la memoria non lo inganna, sospira. Ha il mento posato sui palmi e lo fissa con dolcezza, come se fosse perfettamente al corrente di quello che gli sta passando per la testa. O forse è l’espressione che ha in viso che lo rende ovvio. Che razza di spia è. «Ancora mi sembra impossibile che tu ti sia accalappiato achy breaky Hart¹».

 «Achy breaky Hart?»

 Merlino sbuffa divertito e tutti coloro che siedono nelle vicinanze ridacchiano. Eggsy si volta con la bocca aperta e con un sopracciglio alzato in direzione di Harry, che aggrotta la fronte, le orecchie rosa. «Achy breaky Hart?» sussurra. Non è implausibile che Eggsy futuro Hart reagisca così, per cui non è che stia uscendo fuori dal personaggio o altro, ma di colpo ha l’impressione di aver fatto bingo con questa missione. E sì, includendo anche il bacio che c’è stato.

 Come salta fuori, il soprannome non ha niente a che fare con la canzone country pop (pubblicata parecchio tempo dopo i loro anni a scuola), ma ha tutto a che fare con il disdegno sfacciato che Harry riservava ai suoi spasimanti e chiunque nutrisse dei sentimenti nei suoi confronti. E per quanto riguardava coloro che avevano avuto una possibilità, a quanto pare le cose non erano mai andate oltre a una breve storiella (ma, ehi, lui tenta di ignorare quella parte, grazie mille). Eggsy ottiene con le lusinghe ancora un altro paio di aneddoti imbarazzanti da Eric alla sua sinistra, mentre Harry registra dei progressi con William, riempiendo a ogni due giri di drink il bicchiere dell’uomo e facendovi cadere dentro alcune gocce del siero quando William inizia a biascicare e a deviare dall’argomento delle SIM card.

 Alla fine conseguono la maggioranza dei dati di cui hanno bisogno ed Eggsy, grazie ai racconti procacciati, si guadagna per qualche mese il diritto di accedere per primo al tè appena infuso nelle cucine del quartier generale.










⁰ Il titolo è un riferimento alla canzone I Write Sins not Tragedies dei Panic! at the Disco.
¹ Achy breaky Hart è un gioco di parole, purtroppo intraducibile, che deriva dal titolo della canzone del 1992 Achy Breaky Heart di Billy Ray Cyrus, dovuta all’omofonia tra cuore in inglese e il cognome di Harry. Mentre la canzone di Cyrus parla di una persona con il “cuore infranto e dolorante” a causa di una ragazza, il soprannome di Harry lo prende in giro per essere uno che spezza i cuori altrui.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Kingsman: The Secret Service / Vai alla pagina dell'autore: kingstier