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Autore: The_Rake    20/08/2016    0 recensioni
Haise Sasaki è un cliente abituale del re, e Touka è ossessionata dalla sua somiglianza con Kaneki. Ma se veramente è lui, non dà segno di ricordarsi il suo passato. La comparsa di un nuovo personaggio cambierà la situazione?
Attenzione: spoiler da Tokyo ghoul e Tokyo ghoul: re;
Presenti un OC e libertà nell'inventare particolari di momenti della vita dei personaggi non narrati dall'autore dell'opera principale.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kaneki Ken, Kirishima Tōka, Nuovo personaggio, Takatsuki Sen/Eto
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Si dice che il sesto senso delle donne sia infallibile. Che sia davvero così o che fosse tutto merito della fortuna - o della sfortuna, in quel particolare caso, Touka ci aveva visto maledettamente giusto. Quel giorno, in cui tra l’altro Yomo era fuori per delle oscure faccende note solo a lui, il locale pareva diventato un punto d’interesse per gli investigatori che componevano una buona parte degli avventori, già nel primo pomeriggio gli incassi erano esorbitanti rispetto al solito ma la tensione dissimulata dallo staff si stava facendo pesante; in particolare, nella schiena della ragazza si era formato un pesante nodo all’altezza delle vertebre lombari e ricordi dell’Anteiku, il vecchio caffè nella ventesima, riaffioravano di tanto in tanto. Era stato così che si era preannunciato il raid, l’altra volta. Non si erano visti, ad ogni modo, la squadra dei Quinx né il loro “mentore”, Sasaki. Kamui, dal canto suo, era contento che non ci fossero. Non aveva molta voglia di confrontarsi con il loro supervisore, men che meno con l’investigatore che l’aveva quasi dissanguato, che aveva appreso origliando qualche conversazione essere il capitano della squadra. Urie, se ben ricordava. Avrebbe dovuto essere parecchio cauto, se si fosse presentato: nonostante non potesse averlo visto in faccia quella sera e il suo timbro di voce fosse abbastanza anonimo, avrebbe potuto riconoscere il suo odore, per quanto le probabilità che l’olfatto del ragazzo fosse sensibile a tal punto fossero labili. Ringraziò internamente di non avere disinfettanti in casa e di essere stato costretto ad usare l’alcol, che aveva un odore molto più forte. Mentre si occupava di ricevere ordinazioni e di portare vassoi ai tavoli e Touka preparava le pietanze, ripensò all’avvertimento lanciatogli dalla ragazza ghoul dopo che si era cambiato. Ne parleremo di nuovo più tardi. Conoscendola, si aspettava un’altra sfuriata. Un leggero dolore localizzato della parte destra della nuca fece capolino ad unirsi a quello alla spalla. Diede la colpa al sonno perso e allo shock emorragico subito. Il mal di testa improvviso gli ricordò che la somiglianza degli eventi accadutigli di recente rispetto all’incidente che l’aveva cambiato per sempre era spaventosamente grande. Probabilmente Tokugawa gli aveva trasfuso sangue umano e il suo livello di RC era calato, dato che la ferita non era guarita in tre giorni. Il dolore crebbe leggermente d’intensità. E pensare che aveva assunto degli analgesici quella stessa mattina. Notò, mentre continuava nel suo viavai dai tavoli al bancone, che fuori tutto era molto calmo. Per quanto potesse essere strano a Tokyo che una strada potesse essere semivuota, giudicò che fosse la sempre esistente eccezione alla regola. Gli investigatori erano per la maggior parte in abiti borghesi, e sembravano conversare amabilmente. Ciononostante, aveva uno strano peso sullo stomaco, simile a quello che sentiva quando, tanto tempo prima, varcava la porta dell’università nei giorni in cui sosteneva gli esami. Una leggera ansia. La imputò al fatto di non essere abituato ad avere così tante persone potenzialmente ostili intorno; nondimeno, non diede nulla a vedere. La vita, però, quel giorno aveva in programma di giocargli un tiro mancino, come si divertiva a fare molto spesso.
Era l’orario di chiusura. Touka stava pulendo il bancone, mentre Kamui riordinava sedie e tavoli, quando l’uomo sentì gli occhi girarsi verso l’altro, prima di cadere carponi sul parquet. Nel RE calò il silenzio per pochi infiniti istanti, prima che Touka si accorgesse del mezzosangue che annaspava per terra come se avesse corso una maratona.
Tiratolo su a forza, la ragazza lo fece sedere su una sedia, nella speranza che si calmasse, agitata ed indecisa sul da farsi. Fortunatamente, così fu. Dopo pochi altri rantoli, il respiro di Kamui si regolarizzò. Affermò di stare bene, ma quando fece per rialzarsi scoprì di non riuscire a tenersi sulle proprie gambe e cadde di nuovo sulla sedia. Nonostante le proteste dell’altro, Touka riuscì a convincerlo a passare lì la notte e, dopo averlo aiutato - non senza insulti e spinte varie - a salire le scale, lo costrinse a togliersi la camicia e a mettersi sotto le coperte, prima di tornare di sotto ad occuparsi del locale vuoto e silenzioso. Decise che la chiacchierata con Kamui avrebbe potuto aspettare; dopotutto, non aveva piani per la serata: Sasaki - o, ora che aveva recuperato la propria memoria, Kaneki - non si era fatto sentire né vedere quella giornata, così lei aveva concluso che avesse parecchio lavoro da svolgere. Rabbrividì inavvertitamente al pensiero di quale “lavoro” si trattasse. Sterminare quelli come lei. Non credeva che avrebbe mai potuto abituarsi a quello. Per tenersi ulteriormente occupata e scacciare pensieri spiacevoli, decise di preparare qualcosa di leggero per il suo “ospite” al piano di sopra. La sensazione spiacevole che aveva alla schiena si intensificò un po’. Annotò mentalmente di andare da un chiropratico, quando se ne fosse presentata l’occasione.
Ora, cacciato nel letto al piano superiore del locale, lo stesso in cui aveva dormito non molto tempo prima, Kamui rifletteva su quanta sfortuna un essere umano potesse catalizzare su di sé nella propria vita. Il mal di testa era andato e la spalla pulsava poco, ma era stanco morto. La porta si aprì ed entrò Touka. Indossava una larga felpa nera e un paio di semplici blue jeans e in mano aveva un vassoio con dell’acqua che si rivelò essere zuccherata, quando Kamui si puntellò su un gomito e bevve a piccoli sorsi.
La ragazza posò il vassoio con il bicchiere vuoto sopra e si sedette su una sedia accanto al letto. Fu Kamui a parlare:
“Pare che abbia un talento per fare delle figure da idiota.”
“Sicuramente più grande di molte cose che hai”, rispose seccamente il ghoul.
“Piano con i complimenti, o potrei arrossire”, scherzò lui.
L’unico commento che ricevette in risposta fu un aspro “cretino”. Ci fu silenzio per un po’; infine gli chiese come mai si fosse sentito male.
Kamui chiuse gli occhi e piegò la bocca in un sorriso sghembo. “Una specie di effetto collaterale della mia emorragia. Le cellule RC nutrono i tessuti e ne dettano il metabolismo, quindi se il livello diminuisce drasticamente il corpo non riesce a tirare avanti a lungo senza conseguenze. In modo semplicistico, è come se annacquassi della benzina. Il motore funzionerà per un po’, ma alla fine cederà. Non mi aspettavo, però, che sarebbe successo in questo modo. Piuttosto…” Si interruppe un momento, poi continuò: “Di cosa volevi ‘continuare a parlare’, stamattina? Vuoi farmi un’altra lavata di capo per quello che ho detto al tuo innamorato?”
“Non c’era ragione di ferirlo in quel modo”, rispose Touka, stranamente calma. Il tono di voce della ragazza lo sorprese. Non trattarlo malamente non era da lei.
“Non credevo che una persona torturata, martoriata e usata come uno strumento per due anni potesse essere ferita dalla verità. A dirla tutta, credevo che non potesse proprio essere più ferita.”
“Non lo conosci. Non sai nulla di lui, e non sai nulla di quello che ha…”
“So più cose di quanto tu pensi, Touka.” La interruppe lui, serio. Tirò un respiro profondo e decise di dirle come la pensava riguardo il mezzo ghoul, anche a prezzo di creare di dissidi con lei. Ci sarebbe stato tempo di riappacificarsi, ma in quel momento sentiva che le cose andavano messe in chiaro. “Ci sono cose di cui non vado fiero. Ci sono cose e persone che ho perso. Cose che rimpiango. Ma una cosa di cui non mi pento è che riconosco una persona come lui, quando la vedo. Mi basta guardarla negli occhi. Non vuole vivere, odia se stesso. Chi odia se stesso non può fidarsi degli altri né amarli. Se proprio vuole fare qualcosa per gli altri, dovrebbe solo sparire.”
Il silenzio calò pesante sulla stanza. Touka era confusa, frustrata e triste. Kaneki era appena tornato nella sua vita, e già nuovi problemi si sostituivano a quelli vecchi. Aveva creduto che il mezzosangue potesse capire come si sentiva, ma evidentemente si era sbagliata. Si sentiva tradita da qualcuno che aveva appena iniziato a considerare un amico. Eppure, nel profondo capiva che nelle parole dell’uomo c’era del vero. Si alzò e prima di uscire e dirigersi nella propria stanza, affermò:
“Ieyasu Kamui, io ti odio.”
 
Era notte inoltrata e la luna era coperta dalle nubi inquinate di Tokyo quando una ragazza attraversò un incrocio in direzione della ventunesima circoscrizione. Aveva lunghi capelli spettinati, di un’insolita tonalità di verde, raccolti in una crocchia. Con un’espressione assonnata in volto, indossava un paio d’occhiali dalle lenti arrotondate e dei vestiti a dir poco eccentrici. In mano teneva uno spesso volume. Sulla costa della rilegatura campeggiava il titolo, scritto in un font elegante: Re Bileygr.
Venne fermata da un uomo sbucato da un vicolo laterale, seguito a ruota da un gruppo di teppistelli.
“Cosa ci fa una bella ragazza qui da sola, e per giunta di notte?”, la apostrofò arrogantemente. La donna, sulla venticinquina ma dall’apparenza molto più giovane, alzò lo sguardo verso colui che aveva parlato. Nel giro di pochi secondi tutta la banda era ridotta ad un ammasso disordinato di sangue, arti e viscere. Alla luce calda e sanguigna dei lampioni, il tutto aveva un aspetto ancora più malsano e macabro.
La donna sorrise e il suo occhio destro brillò di rosso, in contrasto con l’altro, verde.
“Stava portando un bel libro al suo vecchio amore”, rispose tutta contenta alla notte, “e ha trovato anche del cibo.”
 
Kamui venne svegliato da un gelido spiffero. L’aria gelata gli lambiva crudelmente la nuca. Strano, ricordava che fosse chiusa. Si girò assonnato sul fianco destro senza aprire gli occhi. Un odore familiare, uno dei pochi che era in grado di associare ad una persona senza avere il minimo dubbio, arrivò al suo naso. Era dolce, una nota di floreale che si univa ad un odore leggermente metallico.
Dio, no. Fa’ che non sia lei.
Aprì gli occhi. Nella penombra, seduta sulla sedia accanto al letto, c’era una ragazza dai lunghi capelli verdi e con un occhio rosso. Kamui si girò nuovamente, stavolta sulla schiena, e si tirò il braccio sugli occhi. Non poté, ad ogni modo, evitare di pensare che fosse bella; più di parecchie donne che aveva conosciuto. Scacciò stizzito il pensiero.
“Non dovresti fissare le persone mentre dormono, è inquietante”, le disse freddamente, “specialmente se fai parte di un passato da dimenticare.”
“Saluti così la tua vecchia ragazza?”, ribatté in tono condiscendente lei.
“Sto cercando di svegliarmi da quest’incubo, Eto. Non rendermi le cose più difficili.”
“Tutto questo mondo è un incubo, Ieyasu. Tu ed io lo sappiamo bene. Non era questo ad unirci?”, ghignò lei. “Ho sentito che ti sono successe parecchie cose… come dire… spiacevoli, e così ho pensato, perché non fargli visita dopo così tanto tempo? E quindi eccomi qui. ”
“Avresti potuto bussare.”
“Ma così il divertimento quale sarebbe stato? Guarda, ti ho portato una copia del mio ultimo libro, puoi leggerlo mentre ti riprendi dalle ferite. Non sei contento? Non è ancora stato dato alle stampe, sai?”
“Credevo fosse il lavoro di un editor, leggere dei lavori inediti”, replicò lui.
“Non eri dello stesso parere, un paio d’anni fa.”
“Ho cambiato idea su molte cose.”
“Eri una bestia superba”, affermò lei, con gli occhi che brillavano alla penombra scura della luna di una luce in parte orgogliosa e in parte divertita. “Distorto nella mente, ululante nella carneficina. Non posso negare di essere un po’ delusa da come sei ora. Come ci si sente ad avere una spalla rammendata?”
“Non è divertente. Ho chiuso con te, con il cambiare il mondo e le tue idiozie. Sparisci, ti prego.”
“Quanto sei cattivo”, continuò a stuzzicarlo lei, cominciando a dondolare avanti e indietro la sedia, “sarebbe davvero un peccato se, infastidita, uccidessi l’uomo con cui ho passato gli anni più scatenati della mia vita. Non credi?”
Kamui sapeva che una possibilità che la minaccia della donna, neanche troppo velata, si tramutasse in realtà esisteva. L’aveva conosciuta piuttosto bene, tempo prima. Aveva avuto con lei una relazione piuttosto turbolenta negli anni che corrispondevano alla sua vendetta contro il mondo, prima di rendersi conto che non era quello che voleva, di dedicarsi ad una vita più tranquilla e di prefissarsi un altro obiettivo, e sapeva meglio di molti altri che era violenta. Dopotutto, l’aveva riempito di botte più di una volta. Sospirò e decise di cedere, magari l’avrebbe lasciato dormire. “Darò un’occhiata al libro. Contenta, ora?”
Eto smise di dondolarsi e appoggiò il mento sulle mani. “Abbastanza”, rispose prima di fare una pausa per togliere il braccio dal volto di lui che rabbrividì ma non si oppose. “Ma c’è una cosa che mi soddisferebbe anche di più”, concluse.
Kamui la guardò di traverso, stanco. Strabuzzò poi gli occhi quando la donna gli prese il viso fra le mani e premette per qualche istante le labbra alle sue. L’odore di lei gli riempì le narici e gli riportò alla mente ricordi di un passato che si era lasciato alle spalle da tempo. L’uomo non protestò; non cercò di sottrarsi a quel contatto improvviso ed intimo, forse per la morbidezza delle labbra di lei sulle sue, o per quell’odore che trovava suo malgrado inebriante, o forse per la debolezza persistente. Non avrebbe saputo dire se quel bacio inaspettato gli fosse piaciuto o meno. Non avrebbe saputo neanche dire se stesse succedendo davvero o se fosse tutto frutto della sua mente sovraccarica di stanchezza. Si dimenticò per un attimo perfino della sua avversione per il contatto fisico.
Dopo pochi secondi che al mezzosangue sembrarono ore, Eto si alzò con un sorriso soddisfatto. “Tornerò più spesso. Ho sentito che qui il caffè è squisito. Dammi giusto il tempo di… uh, sistemare alcune questioni. Ah, riguardo alla tua amichetta… non credevo che mentire fosse uno dei tuoi hobby.” Dopo avergli rivolto un’occhiata ammiccante, saltò dalla finestra da cui era entrata e fu inghiottita dalla notte.
L’uomo, ormai solo nella stanza, ripresosi dalla sorpresa, restò a rimuginare su tutto quello che gli stava succedendo. Prima una gamba rotta, poi uno shock emorragico e un malore, e ora lei era tornata nella sua vita a tormentarlo per motivi a lui sconosciuti. Di sicuro il Gufo con il sekigan non si sarebbe scomodato tanto solo per fargli leggere un suo lavoro. Ebbe un brutto presentimento. Si passò la lingua sulle labbra e trovò che sapevano di sangue; evidentemente le era venuta fame durante il tragitto. Un uomo, decise Kamui, poteva attirarsi davvero tante, tante disgrazie.
Aria fredda gli carezzò nuovamente la testa e portò un temporaneo sollievo al suo volto bollente. Sospirò, indeciso sul da farsi e ormai insonne.
Cristo, però, pensò. Avrebbe anche potuto chiuderla, la finestra.


Author's corner:
Che dire? Ci ho ripreso la mano e puf, plot twist e lore bomb insieme. Francamente, quando iniziai questa storia, nell'ormai lontano-ma-non-così-lontano marzo 2015, non avrei mai immaginato che avrei avuto intenzione di finirla o di tirarla molto per le lunghe. Ora, però, mi erano venute parecchie idee, forse per la vista del Vesuvio o per il caldo di Napoli durante un weekend allo sbaraglio. Tante le ho scartate e rinnegate, altre però mi intrigavano. Volevo rendere il personaggio di Eto più centrale visti gli ultimi sviluppi del manga, e ho vagliato tante possibilità. Alla fine, dopo aver fatto letteralmente nottata davanti allo schermo, sono approdato a questo... risultato, se così vogliamo chiamarlo. Quindi altre idee si sono succedute e boh, spero vi piaccia. I prossimi aggiornamenti saranno abbastanza saltuari e non so cos'altro aggiungere a queste note che mi sembrano già abbastanza lunghe e noiose, quindi alla prossima.
T.R.
   
 
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