Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |      
Autore: fervens_gelu_    20/08/2016    2 recensioni
Non posso credere che mi abbia parlato così dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme, come se non significasse nulla. La cosa peggiore è che non è neanche un po’ triste all’idea di dividerci. Questo è quello che rammento quando sono fuggita, di corsa, dal centro medico per Pokémon. Assaporo le mie lacrime, sanno di tristezza, di angoscia, sento il peso opprimente del mio corpo che vorrebbe solo fuggire da qui. Da tutto e da tutti, a parte che da lui. Me lo aveva promesso. PROMESSO. Promesso che ci saremmo rincontrati, ci saremmo rivisti, mi ero fidata di lui, delle sue parole.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Misty | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una luce dorata penetrava dalla finestra della palestra e si rifletteva leggiadra sull’acqua, illuminando con il suo chiarore di luna l’interno. Regnava il più completo silenzio, a tratti si sentiva qualche Murkrow, di quelli che erano soliti volare nei dintorni della città di Cerulean City durante la notte.

Sedevo sul ciglio del trampolino, ogni sera era così, ogni notte ripetevo quello sciocco ed inconcludente rituale, in attesa di non si sa bene cosa. I miei capelli rossastri erano sciolti e su di essi riverberava la luce notturna, la luce della luna piena. Come ogni sera venivo travolta da molteplici pensieri, i ricordi affioravano veloci, si facevano spazio tra le crepe del cuore e facevano rivivere, anche solo per qualche istante, quelle emozioni, quei dolci momenti in compagnia di Lui. Sì, pensavo a combattere ogni giorno di più, ero diventata sempre più forte e i miei Pokémon d’acqua erano veramente in gran forma. Ma c’era qualcosa che mancava, che mi ottenebrava la vista ogni qual volta mi trovavo da sola, lì, in quella palestra, ogni volta che un allenatore lasciava l’edificio con o senza la tanto agognata medaglia goccia. Aspettavo ormai da troppo, incessante tempo che da quella porta potessi intravedere un ragazzo immaturo, un po’ infantile con i suoi bellissimi capelli corvini, sempre spettinati e con il cappellino ufficiale della Lega Pokémon.
 Per un attimo gli occhi si inumidirono ed una lacrima mi solcò il viso… non posso sentirmi così per un ragazzino immaturo come lui, mi ripetevo specchiando il volto nelle acque calme della piscina. E’ passata una marea di tempo ma il pensiero di te con il tuo Pikachu sulla spalla è vivido in me, non vuole andarsene, è impresso nel mio animo, come un pegno d’amore, in uno scrigno prezioso celato dalla mia rabbia, dalla mia gelosia e dal mio orgoglio che mai, mentre ero in viaggio con te, mi avevano permesso di ammettere a me stessa e soprattutto a te cosa veramente provassi, cosa veramente sentissi in tua presenza.
Sì, all’inizio volevo solo la mia bicicletta, come dimenticarlo, o forse no, non l’avevo mai voluta. Mi hai incuriosita fin da subito e sono sicura che è stato per questo che ho deciso di seguirti, di accompagnarti nel tuo lungo viaggio. Stavo solamente ingannando me stessa con il pretesto della bici, avevo visto in te una luce che ardeva di passione, eri diverso dagli altri, amavi i Pokémon come la cosa più preziosa al mondo;  tenevi ai tuoi amici come fratelli. E questo l’ho capito con il tempo, seguendoti regione per regione e combattendo al tuo fianco. Ti ho voluto bene e te ne voglio ancora, nonostante le sfuriate o i battibecchi con cui iniziavano le nostre celebri discussioni. D’altronde le nostre litigate erano un modo per nascondere quanto, in realtà, ci volessimo bene… le parole dell’Infermiera Joy di Vermilion City rimbombano ancora come un’eco nella mia testa, quando due persone litigano vuol dire che si vogliono molto bene. Forse, lei, prima di noi, aveva capito cosa ci unisse in un legame indissolubile. Tanto che noi rispondemmo in coro, voler bene a lui/lei. Ero una ragazzina, anzi eravamo due ragazzini, non andavamo mai d’accordo e ancora eravamo all’oscuro dei nostri sentimenti, di ciò che provavamo l’uno per l’altra!
E’ passato molto tempo ma credo che non si sia dimenticato di me, così come io di lui…

Una brezza di vento mi scompigliò i capelli mentre con uno sguardo mesto mi diressi con la mia bici verso il promontorio della città, dove il faro, ogni notte, aiutava le navi ad attraccare. Mi lasciai cadere sull’erba, avvertendo un leggero solletico sulla pelle mentre la rugiada umettava il mio corpo. Guardo le stelle, ma mi sembra di vederne una più luminosa, che spicca tra le altre, mi ricorda te, sempre a brillare più di qualsiasi altro ragazzo, almeno per i miei occhi, ti distinguevi dagli altri, potevi anche perdere un incontro, ma non perdevi mai la tua voglia di andare avanti, non ti arrendevi mai. Non ti arrendi mai.
Alcuni Goldeen e Seaking nuotano veloci ed eleganti nelle acque del mare, sotto le stelle. Le loro pinne fluttuano leggiadre mentre i loro corni affiorano sul pelo dell’acqua con estrema bellezza e potenza. Che spettacolo, quasi una magica danza, un tripudio di effetti, giochi d’acqua… quei meravigliosi Pokémon riuscivano sempre a mettermi di buon umore. O quasi. Non quella sera. Quella sera i ricordi mi attraversavano, veloci,  sentivo il loro peso gravare su di me, facevo fatica a respirare… l’acqua scorreva rapida, inesorabile e si infrangeva in una cascata potente, di zampilli. Ognuno di questi zampilli sono un ricordo di te.
Mi chiedo perché quel giorno sia andata a pescare? Perché l’ho fatto? Sarà stato il destino?
Non è stato un caso incontrare te tra tanta gente, queste furono le tue parole prima che ci separassimo; forse, è stato il destino che ci ha fatto incontrare; due strade che si sono incrociate all’inizio del loro viaggio, poi si sono allontanate e forse non riusciranno più a congiungersi, due linee incidenti, poi parallele che hanno perso il contatto, la vicinanza, si sono spezzate e non potranno più essere ricucite.

Poso lo sguardo sulla riva del mare.

Mi ricorda quando ti incontrai la prima volta, quando ti pescai, -che ragazzino buffo- pensai, ti ho anche mollato uno schiaffo in quell’occasione. Un leggero sorriso fece capolino sul mio volto mentre una lacrima, di cristallo cadde in acqua creando cerchi d’acqua, quasi eterni, così come è eterno il ricordo che io ho di te…
Quante discussioni, quanti momenti bui e quanti momenti felici ho passato in tua compagnia;
Caddi quando con la bici carbonizzata sulle spalle ti aggredii più tardi al centro Pokémon.  
Strillai quando il tuo Caterpie si avvicinò a me. 
Esplosi quando facesti degli apprezzamenti su quella certa Giselle.
Ti tirai una pallonata quando mi dicesti quanto assomigliassi ad una ragazza.
Arrossii quando ti chiesi se volessi venire a ballare con me e tu accettasti.
Corsi in acqua per te quando fosti inghiottito dalle acque gelide del mare.
Riuscii a stento a trattenere le lacrime quando non eri nemmeno un po’ triste all’idea di dividerci.

 I ricordi si fanno sempre più pesanti, troppo; battono dentro di me come un secondo cuore.
 Ogni volta che penserai di tornare, nella mia mente, ricordami di dimenticarti. Anche se è difficile. Anche se forse, sarà tutto vano.
Sento freddo, ogni sera sempre la stessa identica sensazione, le mani tremano, mi dispero per qualcosa che non potrà più tornare, ormai rimasta nel mio cuore per sempre, oramai incapace di farmi dormire, di farmi rialzare. Cerco di debellarti dai miei ricordi, ma non riesco. Sei lì, e non te ne andrai. Mai.
 La sera non posso che liberare la mia tristezza, la mesta consapevolezza che fa parte delle vera me, che ti ha perduto, per sempre.
Tutto questo lontano dallo sguardo indiscreto delle mie sorelle che, altrimenti mi giudicherebbero subito:
“Cosa hai?” mi chiederebbero
“Sarà sicuramente un ragazzo… ma qui a Cerulean ce ne sono a bizzeffe… in molti ti fanno la corte. Ad esempio quel certo Giorgio”  direbbe schietta Daisy.
No, no e ancora no, a me non piace alcun ragazzo, non a caso ho rifiutato tutti, da Danny a Giorgio, perché solo uno ha fatto breccia nel mio cuore, LUI, colui che mi ha sempre fatto impazzire, quel ragazzino testardo, a me piaceva solo lui, mi piace ancora solo lui. Troppo tardi me ne sono resa conto, purtroppo. La bici, la bici, uno stupido pretesto!
Ci sono stati momenti brutti e tristi in cui ti avrei voluto picchiare selvaggiamente mentre in altri ti avrei voluto abbracciare per dirti quanto ci sarei sempre stata per te, in attesa che potessi ricambiare quel tenero gesto d’affetto. Quanto vorrei che ora fossi qui con me, che mi possa scaldare, mi possa far dimenticare gli ultimi anni immersi nella solitudine e nell’attesa di qualcosa che non sarebbe mai tornato, rimasto sospeso nel tempo, nel più vivo ricordo di te che ogni giorno si dissolve sempre più velocemente, lasciando posto alla solitudine, all’inettitudine, ad un mesto ricordo, che risiede unicamente dentro di me. Brucia. Divampa. Arde. Come le fiamme sprigionate dal tuo potente Charizard. Ognuna di queste fiamme sono un ricordo di te.
Di nuovo un sorriso... che ragazzino cocciuto, sempre prodigo per aiutare i suoi Pokémon e i suoi amici, ma ancora non aveva compreso cosa io provassi per lui, ma, forse non lo avevo capito nemmeno io, allora, o, almeno fino a quando non visitammo le Isole Orange; nemmeno adesso lo so… so solamente che ti voglio accanto a me, soltanto per un attimo, per non lasciarti più andare, e per non lasciarmi più andare.
Solo lui mi faceva sorridere, solo lui mi fa piangere, capiva di me ben oltre ciò che capissi io. Quella volta quando mi affezionai a quel Marill, fosti il primo a smascherare i miei sentimenti verso il Pokémon, ma, come sempre, l’acidità e la scontrosità che mi caratterizzano riuscirono anche in quell’occasione a celare tutte le emozioni che provavo dentro e che mi vergognavo nel manifestare. Sì, erano per me un elemento di debolezza, di sconfitta, un arrendersi di fronte a te. Anche per i sentimenti che provavo nei tuoi confronti. Non volevo ammetterlo. Non potevo farlo. Ma sentivo di provare qualcosa. Lo percepivo. Lo vedevo. Lo provavo. E per questo, lo nascondevo. Ma in questo sono sempre stata molto brava. Il mio carattere fermo e scontroso ti ha sempre tenuto testa, non penso che ti si sia mai accorto di nulla e non so se lo farai mai. Se ti accorgerai mai di me. Sono solo una tua vecchia compagna di viaggio ormai, ti sarai dimenticato di me, avrai cancellato i ricordi di tutto quello che abbiamo passato insieme… per questo raccolgo i ricordi di entrambi, lo faccio per noi, per me, per non dimenticare quello che è stato e che non potrà più tornare. Immerso nel tempo dei ricordi. Eterno, rigoglioso in me, nella mia memoria, per dare linfa alla mia anima, stretta tra le morse del senso di colpa. Il ricordo di te, il ricordo di me, il ricordo di noi due.
Questo peso è sempre più dirompente, non sarebbe continuata a lungo questa mia sopportazione. Ma, non ho mai potuto dirlo, non potevo dirlo a nessuno, non posso dirlo.
 L’orgoglio è troppo forte. Schiaccia i sentimenti che però, evadono nel buio della notte, quando, guardandomi allo specchio, non vedo più me stessa, ma un’ombra sbiadita, un volto pallido, dei capelli rossastri che hanno perso il loro colore…
Sono l’ombra di me stessa, ormai. Un’ombra sbiadita di noi due. Hai catturato la mia anima e non l’hai più lasciata andare.

Tornai in fretta a casa, era veramente tardi, era ora di andare a dormire, altrimenti non sarei stata abbastanza pronta per gli incontri di domani. Il telefono squillò.
“Chi mai potrebbe essere a quest’ora della notte” dissi ad alta voce leggermente alterata.
Odiavo il trillo del telefono… mi ricordava quando le mie sorelle mi avevano chiamata per tornare alla palestra, quando tutto finì, quando tutto si infranse, quando tutto mi cadde addosso, quando il mondo si capovolse. Prima di quella chiamata, pensavo che quel viaggio con lui sarebbe potuto durare ancora per lungo tempo. Desideravo che potesse rimanere con me per sempre e potesse rimanere quel ragazzino dal cuore d’oro che avevo imparato a conoscere. Ma quando udii le mie sorelle ripetere quelle dannatissime parole, tutto finì, esattamente come era cominciato, tutto era finito. Nella stessa città, nello stesso luogo, con la stessa bicicletta. Quella maledetta telefonata, il giorno più brutto della mia vita. Avrei dovuto lasciare i miei amici, ma soprattutto lui. Colui che più amavo.
Perché? Perché non posso essere felice? Perché è dovuto succedere proprio a me?
Strinsi forte a me Togepi, come se questo gesto potesse alleviare il dolore, ma non faceva che peggiorarlo. Niente avrebbe potuto rendermi felice in quel momento, e, mai, da quel momento in poi, niente e nessuno lo avrebbe più fatto. Solo i ricordi a volte, insieme ai sospiri, curavano la mia anima, mi permettevano di sopravvivere e di andare avanti, per inerzia. Dietro quella maschera di ferro di capopalestra di Pokèmon d’acqua assai rispettabile, si nascondeva una bambola di porcellana, fragile, sarebbe bastato un foglio di carta o uno folata di vento per frantumarla in mille pezzi, per farla sanguinare, per ferirla. Una cicatrice si era riaperta. Fragile dentro, una corazza robusta fuori. Dopo la mia dipartita sono passati anni, niente ha potuto risanare la sofferenza, niente e nessuno, solo i miei Pokémon, che riescono ancora a darmi soddisfazioni e gioie, anche solo per un po’, anche solo per un momento, per un istante.
 Come su un grande schermo nella mia testa passano invisibili ricordi di noi, si combinano, si avvolgono e danno vita a nuove realtà e a nuove speranze,oramai in balia delle intemperie, di oscurità sempre più recondite, di certezze ormai caduche…

Fino a quel momento avevo sempre pensato che fossi  solamente uno stupido ragazzino cocciuto ed immaturo ma pensandoci bene, eri tu che riuscivi sempre a strapparmi un sorriso e a rallegrarmi le giornate. Sì aveva ragione quella ragazza, Melody, mi sta a cuore, ma non è il mio amico del cuore, mi aveva tirato fuori di bocca quelle parole. Ci aveva visto giusto. Come dimenticare. Mi aveva dato la consapevolezza di qualcosa per cui non avevo ancora riflettuto minimamente. Non provavo soltanto amicizia, era qualcosa di più. Spesso due parole ben assestate possono svegliarci, possono forgiarci, farci crescere,maturare, svegliare dal torpore sentimenti fin ad allora tenuti nascosti tra le pieghe dell’animo. Soprattutto se riferite da una persona di cui si è veramente gelosi, che odiamo o che amiamo;
 Come si era permessa di dare il bacio di benvenuto a Lui. Come aveva osato? Spero non abbiano notato il mio volto in quel momento, ero rossa dalla rabbia, mi avrebbero dovuto gettare un secchio d’acqua per sbollire i miei infiammati spiriti.
 Salvarti dalle acque gelide fu per me un vero supplizio. Sapevo che dovevo salvarti. Dovevo riuscirci. Senza di me non ce l’avresti fatta. Ma fintanto che avevi me non ti saresti mai fatto del male. Perché lui ha me. Perché tu hai me. Perché tu sei Lui.
I pensieri continuano a frullare nella mia testa, ferma ed immobile, inghiottita dalle lacrime e dai miei stessi ricordi, piacevoli, magici,che toccano il cuore ma che straziano la mia carne, la lacerano in un groviglio di liane, in un impeto di dolore, un sussulto al cuore. Una ferita. Un taglio. Un dardo conficcato nella pelle. Era quello che provavo per non aver mai fatto nulla, per non aver dimostrato abbastanza di amarti.
Singhiozzo e il buio della stanza mi avvolge, mentre la pioggia inizia a picchiettare sui vetri.
Il telefono è lì, immobile nel silenzio della stanza. Non rispondo. Non mi sento nelle condizioni di farlo. Mi tremerebbe la voce.
Non posso credere che mi abbia parlato così dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme, come se non significasse nulla. La cosa peggiore è che non è neanche un po’ triste all’idea di dividerci. Questo è quello che rammento quando sono fuggita, di corsa, dal centro medico per Pokémon. Assaporo le mie lacrime, sanno di tristezza, di angoscia, sento il peso opprimente del mio corpo che vorrebbe solo fuggire da qui. Da tutto e da tutti, a parte che da lui. Me lo aveva promesso. PROMESSO. Promesso che ci saremmo rincontrati, ci saremmo rivisti, mi ero fidata di lui, delle sue parole. Sì, a volte era proprio un cretino, ma altre ancora riusciva ad essere serio e con poche parole riusciva a tranquillizzarmi, a soffocare le mie ire, anche prima di una sfida, come quando riuscì a farmi sentire più sicura la notte precedente al mio primo incontro nel torneo della Coppa Vortice. Ma non lo davo mai a vedere. Ma sono sicura che anche lui provasse qualcosa per me, ma era ancora troppo piccolo per capirlo. Quando mi vide con il Kimono su quella scogliera fece una faccia memorabile, non la dimenticherò mai. Era rimasto completamente imbambolato.
 Per non parlare dell’incontro con Rudy, fu proprio in quell’occasione che entrambi ci rendemmo conto di cosa provassimo l’uno per l’altra, o forse lui ancora non proprio. Ma fui io a capirlo, lo aiutai a vincere la medaglia, anche se lui non lo ha mai ammesso, conoscendolo, avremmo iniziato a litigare per delle interminabili ore, se soltanto avessi osato rinfacciarglielo.
Ero lì a guardare l’incontro dalla mongolfiera con Tracey e la sorellina di Rudy. Quel giorno si sarebbero decise tante cose, troppe cose, una scelta che mi avrebbe cambiato la vita mi aspettava. Decisamente. Avrei dovuto decidere se rimanere con il capopalestra sull’isola per sempre o se seguire Ash nel suo viaggio.
 Le sue richieste erano così insistenti, credevo di essermi infatuata. Insomma, un mazzo di fiori, tanti complimenti, parole dolci solo per me, quale ragazza si sarebbe sottratta a tutto questo. Sarebbe stata una vita da favola, servita e riverita ogni giorno, una storia da sogno. Ma non per me. Il mio cuore apparteneva ad un altro. E lui lo capì, prima che fossimo noi a capirlo. Inspiegabile. Lui fece talmente tante scenate di gelosia quel giorno, che lo avrei voluto soffocare. Ma non era esattamente geloso per le attenzioni che riservava Rudy nei miei confronti, secondo me desiderava solamente combattere con lui ed io ero di troppo, in quel frangente. Come era infantile. E, invece, avrebbe dovuto aspettare ancora un altro giorno, perché il capopalestra mi aveva invitato a cena. No, non era esattamente geloso di me. Non accettava il fatto che io potessi ricevere attenzioni da un altro ragazzo. Sì, forse lo era. Non lo so bene nemmeno io, con esattezza. Quel giorno credo di averlo odiato veramente e quindi seguii ciò che la testa mi diceva di fare, abbandonando le vie del cuore. Almeno per un po’.
 Il solito egoista, pensava solo a se stesso, quando si parlava di incontri di Pokémon. Un bambino. Sì, era solo questo e niente altro. 
E, lì da quella mongolfiera avrei visto il loro incontro, l’incontro del mio cuore, diviso in due, da una parte con un ragazzo che mi avrebbe fatto sentire una principessa e mi avrebbe amato ma con cui non avrei mai potuto essere pienamente felice mentre dall’altra un bambino viziato, un testardo senza uguali, con cui avrei litigato tanto, ma che aveva rubato il mio cuore. Avrei amato, solo perché era lui, un ragazzo testardo, senza uguali, ma era lui. Ma a me piaceva così come era. Con il suo modo di fare, con le sue facce buffe e con le sue grandi ambizioni mi aveva spronato nel fare del mio meglio e mi strappava ogni volta un sorriso. Sapeva anche farmi alterare, come lui nessuno mai o disperare quando si cacciava in qualche guaio. Ero sempre in pensiero per lui.
Forse a quei tempi non era amore, eravamo troppo piccoli per poter essere legati da un sentimento così profondo, ma sentivo dentro me che dovevo stare dalla sua parte, che avrei dovuto sostenerlo, perché era lui che avevo scelto. Avevo scelto un ragazzino viziato ed odioso, a dispetto di un ragazzo che mi amava veramente. Ma avevo scelto lui.  Avevo fatto la mia scelta. Anche se poteva sembrare sbagliata, per me era la più giusta, avevo seguito il cuore.
Erano in parità, rimaneva ad entrambi un solo Pokémon, ma Ash con il suo Squirtle era visibilmente in difficoltà, stava perdendo e mi rendevo conto, solo ora che la causa di tutto ciò, forse, ero solo io, era il mio orgoglio, che, ancora una volta, non riusciva a manifestare cosa realmente volessi. Avevo sconvolto Ash, pensava che avrei scelto Rudy, che sarei andata via con lui, per sempre.
Ma, in quel momento, le parole uscirono da sole, veloci, chiare, forti ed erano dirette verso il ragazzo dai capelli corvini:
-Ti vuoi muovere?-
-Misty…- queste furono le sue parole, pronunciate con una dolcezza con cui non si era mai rivolto a me. Dolcezza mista ad incredulità, non si aspettava evidentemente una mia reazione così decisa;
-Solo tu conosci le potenzialità di Squirtle, avanti…-
-Lo so, lo so…- fece con il suo fare testardo, credeva sempre di sapere tutto.
D’altronde era questo ciò che mi piaceva di lui, il suo essere sempre coraggioso, il suo essere testardo. Voleva avere sempre ragione. Una testa dura! Ma quando le necessità lo volevano, riusciva anche ad essere dolce.
Ma quella volta avevamo vinto in due, insieme. Il merito era stato di entrambi. Le mie parole, la mia voce lo svegliarono dall’incertezza che lo avviluppava, avevo messo a tacere la gelosia- che sotto sotto provava- e riuscì facilmente a sconfiggere il Pokémon di Rudy. Mahri mi guardò rassegnata, sibilando –preferisce lui- e anche Tracey rimase sbalordito dalla mia uscita, anche se lui sapeva, in cuor suo, che eravamo fatti l’uno per l’altra. Non aveva mai esitato a punzecchiarci di proposito.
 Forse, quindi, Ash teneva veramente a me.
 Questi erano i primi pensieri che vorticavano nella mia testa. L’avevo tenuto bene a mente e da quel momento in poi il viaggio non fu più lo stesso. Non mi importava più della bicicletta ma soltanto di lui. Un viaggio per inseguire qualcosa, per inseguire lui, il suo sogno, il mio sogno.
Ora sono diventata una grande allenatrice di Pokemon d’acqua, sicuramente una mia grande aspirazione da sempre, ma ho perso lui. Non mi sento completa, mi manca e mi aggrappo ogni giorno al suo ricordo, alla sua voce.  Qui, in questa palestra lo aspetto, aspetto di vedere quella porta aprirsi e vedere lui che mi abbraccia e mi dice –Hai visto, te lo avevo promesso- . Un vuoto incolmabile, che non potrà mai saturarsi, se non con la sua presenza, la sua voce. Il suo ricordo non mi basta più. Mi fa star male. Mi fa soffrire. Punge. Uccide. Giorno dopo giorno, una parte di me, se ne va con lui.
 Troppo tempo passato insieme, ed io non sono mai riuscita a dirgli cosa provassi realmente.
Rassegnata.
Soffro.
 Piango.
 I sensi di colpa mi lacerano ogni giorno sempre di più. Si conficcano in ogni parte di me e mi rendono vuota, mi succhiano le energie. Perché ti ho sempre amato Ash Ketchum, perché ho sempre voluto starti accanto, ti ho dato tutto di me e tu non mi hai amato, almeno non come avrei voluto io. E, ora, distrutta piango ogni notte, in attesa di poterti rivedere, di sentire il tuo respiro, la tua voce, i tuoi passi. 
Ricordo quando mi hai portata in volo, sentire le tua braccia stringermi fece crescere in me un sentimento particolare, inaspettato. Ancora sento il tuo tocco, le tue mani e il tuo respiro. Sai è difficile dimenticare ed io non ho intenzione di farlo. In quei giorni ancora non provavo nulla per te, ma fu un viaggio indimenticabile, e fu, forse, in quell’occasione che iniziai a sentire scorrere un sentimento, ma lo scacciai rapidamente e in modo funesto. Arrossivo spesso, ma anche tu, ad esempio quando il Team Rocket insinuò che fossimo una coppietta. Te lo ricordi? Eravamo rossi come due peperoni.
Con chi sto parlando in questo momento non lo so nemmeno io, le parole fuggono via da sole, rimbalzano in ogni angolo della stanza ma tengo stretti i ricordi per paura che questi se ne possano andare via, che mi possano tradire. Per questo non voglio dimenticare, e continuerò per sempre a pensare a te. A rivivere i momenti passati assieme. In ricordo di te. Ora non so neppure dove sei. E’ da tempo che non ho più tue notizie.
Il telefono continuò a squillare con insistenza, imperterrito. Asciugai le mie lacrime e con tutta la forza che ancora avevo in corpo mi apprestai ad alzare la cornetta:
-Chi diamine è a quest’ora? Richiami domani mattina!- risposi acida.
-Misty… sei sempre la solita, non cambi mai- una voce al di là della cornetta mi mantenette al telefono. Era la sua voce, no, stavo solo sognando. Dopo tutto questo tempo. Non poteva essere lui. No, non poteva. Ma era lui, sentivo il suo respiro affannato attraverso il telefono, la sua voce che mi parlava. Ma non riuscivo a rispondere, le corde vocali si erano congelate, paralizzate. Non si era dimenticato di me. Aveva mantenuto la sua promessa. 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: fervens_gelu_