Quando
muore
un cuore
“Ne...
ne sei sicuro?”
Tu avevi annuito in modo stentato. Deglutisti –
vidi il pomo d'Adamo andare su e giù, come il mare lambisce
la
sabbia. Il mare dei tuoi occhi.
Eravamo poco più che bambini,
avvezzi a giochi di guerra e romanzate e grandiose battaglie. Nelle
storie eravamo sempre vincitori – sempre al fianco.
Mi posasti
la mano sulla guancia, liscia. Mi accarezzasti, col tuo sorriso
sempre presente per me e caldo – dedicato solo a me.
“Sei tu,
Tiberio. Sì che ne sono sicuro.”
Mi sussurrasti. Fu con
estrema delicatezza che le nostre labbra si sfiorarono – come
i
denti su una mela succosa. Sentivo il tuo respiro, pesante e
tremante, che accompagnava fedele il mio.
Le tue palpebre si
chiusero morbidamente sui tuoi occhi chiari e limpidi e le tue mani
indugiarono incerte sulle mie vesti – tanto che dovetti
essere io
ad aiutarti, a spingerti a proseguire.
Fu dolce come il Falerno e
caldo come le braci. Fu doloroso, sentito e disperato. Disperato
nonostante fosse la prima volta, sì, perché
temevamo il male.
Perché io, figlio di Marco Crasso, mi concedevo pienamente a
te,
Sabino. A te, con corpo e con anima; con labbra strette tra i denti e
sapore di sangue in bocca.
Non c'erano ombre di guerra ad
oscurarti. Non c'erano sangue, campi di battaglia, ribelli o il nome.
C'eravamo noi due, con le favole finite e l'amore da calcare.
Fu
dal nostro primo gioco insieme che agguantasti il mio cuore e fu la
nostra prima notte che lo legasti a te, tenendolo tra le mani come un
dono prezioso.
Io te lo lasciai, perché sapevo che l'avresti
custodito.
Furono le tue braccia a sorreggermi e le tue dita a
toccarmi fin nel petto, ghermendo i miei polmoni e stringendoli a te.
Come un unico uomo.
Ed ora, mentre tu cadi, i denti spezzati, le
ossa che sembrano vogliano fuggire dal tuo splendido corpo ed il tuo
nobile essere, mi chiedo se è questo ciò che
attende i guerrieri.
Perché quando io e te millantavamo delle guerre, delle
gesta,
non sembravano così crude. Perché quando Achille
perse Patroclo, il
loro mito ne ha offuscato il reale dolore. Perché quando ti
promettevo terre inesplorate, non sapevo che la tua fine sarebbe
giunta così presto, col mio cuore impaurito ancora stretto
tra le
tue forti mani. Forti, sì, ma non a sufficienza per
l'Imperatore.
Non a sufficienza per la guerra – quella vera. Per quella non
possiamo farci niente.
Fu quando moristi per mia mano, che mi
strappasti il cuore. Fu quando mi strappasti l'anima, e la legasti ai
tuoi splendidi occhi chiari, che l'aridità prese piede nel
mio
petto. Ed ora ho un buco e niente più.
L'amore, per noi, non è
così dissimile dalla guerra, in fondo.
Aspettami sulle rive
dell'Averno, Sabino.
Walking_Disaster's corner:
Scusate,
sono reduce di un rewatch di Spartacus e mi ero dimenticata di quanto
fossero potenti loro due! Forse scriverò ancora su di loro,
perché
si meritano decisamente più amore.
Se mi lasciate due parole vi
do un bacino!
Spero vi piaccia,
WD