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Autore: PetrovasFire    22/08/2016    6 recensioni
La donna stava urlando, gli occhi spalancati e sgomenti, e azzurri. Era la personificazione ciò che la società definiva “bellezza”: alta, slanciata e con le curve al punto giusto, capelli dorati, nessun difetto. Se J doveva essere onesto (e lo era sempre, verso se stesso) pensava che fosse meravigliosa.
La storia è ambientata in "Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno" (The Dark Knight Rises). Una storia su Harley Quinn raccontata attraverso gli occhi del Joker
Genere: Avventura, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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J adorava il telegiornale di Gotham City. Il miglior programma in televisione, il più interessante, il più divertente, perché non c'era finzione nelle notizie. Ecco un senatore che da un bacio a un bambino, potrebbe candidarsi presto alla presidenza; non è dolce, non è buono? Che uomo, che uomo, che uomo. Se non fosse per il fatto che il senatore, J lo sapeva, era un molestatore di bambini e probabilmente aveva avuto un erezione per aver posato le labbra su quel bambino, e nessuno lo aveva menzionato, ed era una tale barzelletta.

Ha ha hee hoo ha. Ha.

Ma comunque, non era questo il punto. Il punto era che a J piaceva guardare il telegiornale, così avrebbe saputo quando Batman sarebbe finalmente riapparso. Otto anni senza neanche un segno, otto anni da quando J era stato rinchiuso ad Arkham ed era semplicemente scortese, come farsi una scopata e poi scappare, ma peggio, perché scopare e scappare ha senso, almeno. Volere il piacere senza i casini, quello sì che aveva senso. Ma Batman che non si fa vedere? Non. Aveva. Affatto. Senso.

Ma lui era tornato ora, quindi era di nuovo tutto divertente, tutto sorrisi, era il momento di giocare a un nuovo gioco. Per la prima volta in otto anni J iniziava ad accorgersi dello scorrere del tempo, iniziava a pensare a evadere. Senza Batman in giro a stuzzicarlo era diventato impegnato, distratto, occupato a vedere fino a che punto poteva spingere i dottori prima che si spezzassero come noccioline negli M&M's fra i suoi denti. (Rossi e Verdi, le calze di natale erano le migliori).

J se ne stava seduto nella sala della TV mangiando M&M's e guardando il Pipistrello che giocava con Bane, e urlava e lui lo adorava e pensava che quest'uomo, Bane, sarebbe potuto piacergli, sembrava proprio il suo tipo. E Joker vedeva il difetto ora, la falla nel suo vecchio piano. La sua bomba non era grande abbastanza! E dicono che le dimensioni non contano! Cattivi, cattivi bugiardi!

Ma la bomba di Bane, oh, la sua bomba era enorme e stava strappando via la maschera, aprendo il guscio, facendo sanguinare la città, rivoltandoli gli uni contro gli altri, fino a divorarsi a vicenda e J lo adorava.

"Dammela, dolcezza. Oh, sì. Dammela, dammela dammela." mormorava sottovoce, gli occhi fissi sullo schermo.

La legge marziale era stata proclamata e il Joker ridacchiava e si chiedeva quanto tempo sarebbe passato prima che Arkham si rompesse come un uovo.

Non ci sarebbe voluto molto.

-l-

Era pieno giorno quando l'allarme aveva iniziato a suonare e la porta della cella di J si era aperta con un tonfo sordo, solo un crack. Era uscito e si era affacciato all'atrio "Uh, c'è nessuno?"

Non c'era nessuno, e poi improvvisamente c'erano tutti. Gente in tuta arancione che correva il lungo e in largo, scarpe che scricchiolavano sui pavimenti brillanti di cera. (A J piaceva quel cigolio. A volte faceva sanguinare la gente solo perché così avrebbero dovuto passare nuovamente la cera sui pavimenti.) Doc Scarecrow, l'unico dottore accettabile in quel posto, stava ridendo fragorosamente indossando la sua maschera, tranne per il fatto che, Joker lo sapeva, la maschera non era una maschera, era la sua faccia e i tratti umani sotto di essa erano il travestimento.

Ignorando gli ordini e le guardie che cercavano freneticamente di contenere i detenuti, J si mise le mani in tasca e uscì dai cancelli principali di Arkham, fischiettando allegramente. Non si ricordava dove avesse sentito quella canzone.

Oh, beh. Non importava.

Niente importava.

-l-

Trascorse il primo giorno di libertà a gettare via i vestiti della prigione e a sentirsi nuovamente se stesso. Ucciso un tizio con la giusta taglia, ne prese gli abiti e le scarpe. Non era esattamente ciò che cercava, ma non era niente male. Giacca nera e pantaloni, camicia azzurra, cravatta blu scuro con stampa a fantasia con piccoli diamanti bianchi. Scavalcando il cadavere, J si recò nel bagno e si guardò allo specchio. I suoi capelli erano più corti. I dottori di Arkham li mantenevano così, gli impedivano di sembrare se stesso, credevano che se fosse sembrato più normale, come pensavano che dovesse essere, allora forse si sarebbe anche comportato come loro credevano dovesse comportarsi. Che avrebbe iniziato a mentire per far sembrare il mondo più bello, proprio come facevano loro.

J odiava i bugiardi. Lui mentiva a chiunque e a tutti, ma soltanto perché loro mentivano per primi.

"Hey, bellezza" si rivolse al suo riflesso, poi ridacchiò. I dottori potevano fargli qualsiasi taglio di capelli volessero, potevano rifiutarsi di dargli il suo cerone, ma le cicatrici sarebbero rimaste. J non sarebbe mai stato bello. Ma gli andava bene perché le cicatrici erano vere, erano la sua verità, ce l'aveva scritta in faccia perché tutto il mondo la vedesse e ogni volta che qualcuno indietreggiava o lo fissava, lanciandogli sguardi furtivi, lui imparava qualcosa in più sui bugiardi che lo circondavano.

C'era del gel per capelli nello stipetto del bagno, che J usò per fissare indietro i capelli. Meglio. Non era ancora lui, ma così non avrebbe attirato l'attenzione del Pipistrello troppo presto, giusto? Ora aveva bisogno di conoscere i dintorni della città e non voleva interrompere il giochetto di Bane. Non quando era così divertente assistervi.

Si chiese chi aveva il detonatore. Sperava fosse una madre. Le madri erano le creature più feroci appartenenti al genere umano. J lo sapeva per esperienza personale.

-l-

Si aggirava per le strade, ancora incerto su quale territorio avrebbe reclamato il suo piccolo regno personale, quando sentì delle urla. Erano acute urla di terrore di una donna. Seguì quel suono, perché no? Sarebbe potuto essere divertente.

Girò l'angolo, le sue nuove scarpe riflettevano la luce del sole e lui sorrise perché le rapine in pieno giorno, questo sì che era sincero. Niente più uomini dietro la tenda, che si aggirano furtivamente nell'ombra. Semplicemente la brutalità, il mondo come effettivamente è.

Era un vicolo cieco, del miglior tipo, o del peggiore, dipende dalla prospettiva e, tre grossi delinquenti formavano un semicerchio attorno ad un'esile donna. C'era anche un quarto tizio, ma era sul pavimento, le budella che fuoriuscivano dallo stomaco; J pensò che non contasse. Non più. Mai più.

La donna stava urlando, gli occhi spalancati e sgomenti, e azzurri. Era esattamente ciò che la società definiva “bello”: alta, slanciata e con le curve al punto giusto, capelli dorati, nessun difetto. Se J doveva essere onesto (e lo era sempre, verso se stesso) pensava che fosse meravigliosa, e sapeva esattamente cosa quegli uomini volessero da lei. Nessuno si preoccupava del fatto che dopo sarebbe stata viva o meno.

La parte migliore, la parte migliore del tutto, era che nessuno di quegli uomini era un criminale. Oh, erano corrotti, ma non criminali. Non avevano mai indossato una tuta arancione, ne' mai avevano visto lo schifo di una cella, hmm. Ragazzi di una confraternita. Forse era loro abitudine violentare studentesse universitarie vestite come se “andasse bene”, come se lo volessero; non sarebbero dovute andare ad ubriacarsi, se fosse stato diversamente.

Forse ora, ora che non dovevano mentire, che non dovevano farlo sembrare giusto, vagabondavano per la città in branco, prendendo le donne che volevano.

Chissenefrega.

Bande di confratelli che se ne andavano in giro a violentare ragazze e a uccidere i loro fidanzati con coltelli da cucina e una mazza da baseball. Noioso. Privo d'immaginazione. Semplice, ordinaria malvagità di tutti i giorni. Gotham meritava di meglio.

Tuttavia.. Oh, il terzo uomo aveva un coltello a serramanico. E Joker lo voleva. Lo voleva.

Si recò nel vicolo.

"Hey, hey," disse. I ragazzi si voltarono, brandendo le loro armi. “Dammi il coltello.” disse, allungando la mano per prendere il coltello a serramanico. Scintillò, ammiccando a Joker.

"Trovatene un'altra" tentò di minacciarlo il ragazzo con la mazza da baseball. All'inizio pensò che si riferisse alla lama, ma poi rise quando realizzò che in realtà parlava della donna. Ha, ha, ha, hee. Era divertente.

"Dammi il coltello, dammi il coltello. Voglio quel coltello, voglio quel coltello, dammelo." lo tormentava tra le risatine, muovendo le dita verso il ragazzo con la lama.

I tre si guardarono. Non sembrarono far caso alla biondina, l'angelo spaventato che si faceva indietro, rifugiandosi in un angolo, cercando di farsi piccola piccola.

Baseball Bat* (Ha ha! Baseball Bat) sogghignò a Joker. "Brutto scherzo della natura, sei fuori!"

Beh. Questa era cattiva.

Joker inclinò la testa, passandosi le mani fra i capelli neri ingellati. "Vuoi giocare ad acchiapparello?" chiese a Baseball Bat.

"Huh?"

Joker balzò in avanti, dando un calcio nelle gambe a Baseball Bat. Aveva dovuto farlo fuori per primo, la mazza aveva il raggio d'azione più lungo, era il pericolo più immediato. Quello cadde a terra pesantemente, la testa fece un rumore sordo a contatto col cemento, la presa sull'arma si affievoliva a causa del dolore. Maddai. Amatori.

Joker afferrò la mazza e oscillò in avanti. "Acchiapparello! Voi siete il bersaglio!"

Colpì in testa Coltello da Cucina* e poi Coltello a Serramanico* alle spalle. Stavano troppo vicini. Idioti. (Gotham si meritava di meglio per davvero). Coltello da Cucina cadde a terra e Joker colse l'opportunità di calpestare le sue “noccioline” soltanto per essere sicuro che sarebbe stato a terra per un po'. Coltello a Serramanico stava scuotendo la testa per riprendersi, come se quello potesse funzionare, e tenendosi la guancia, ma era ancora in piedi e aveva il coltello che Joker voleva proprio nella mano destra. Joker lo colpì in basso, sulle ginocchia. Funzionava sempre. Poche persone si rendono conto di quanto le gambe siano importanti fino a che non sono più in grado di usarle.

Le ossa si frantumarono e Joker sorrise mentre guardava Coltello a Serramanico gettare a terra la lama e urlare. Joker prese il coltello caduto (era bellissimo, oh, sì, lo era) e tagliò la gola di Coltello a Serramanico da parte a parte. Poi fece lo stesso a Coltello da Cucina e a Mazza da Baseball, giusto per sicurezza e, perché era carino. Far sì che le loro gole si aprissero come in un sorriso.

A J piaceva il suo nuovo coltello.

La donna corse dall'angolo del vicolo in cui si trovava e J non vi fece molta attenzione. Si spostò di lato, supponendo che sarebbe passata oltre, fuggendo a temere un nuovo giorno o che altro. Non gli importava molto.

Fu così sorpreso quando gli gettò le braccia al collo con tale impeto che quasi la ferì con la lama.

"Grazie, grazie, grazie, grazie," ripeté sul suo collo ed era semplicemente. Huh.

"Shshshshs, shushshushshush. Sta' zitta," le disse, accarezzandole i capelli. Non si era accorto che invece non stava piangendo finché non l'ebbe zittita. Ma avrebbe dovuto piangere. È questo che fa la gente.

Non stava piangendo, ma stava tremando, vibrava contro J nel più delizioso dei modi. Era soffice e dura allo stesso tempo, forti muscoli compatti ammorbiditi dal seno e dal sedere. Anche i suoi capelli erano soffici. Era passato molto tempo da quando J era stato accanto a una donna che non odorava di medicine e sangue. (Oh, c'era del sangue in realtà, ma veniva dalle sua mani. Le stava sporcando i capelli, ma non sembrava le importasse).

Odorava di pesche.

J pulì il coltello sui suoi pantaloni e lo chiuse prima di riporlo in tasca. Poi attirò a se la donna, pensando che sarebbe anche potuto piacergli se avesse avuto intenzione di stringersi a lui come una scimmia. Era stato (accidentalmente, non intenzionalmente) il suo eroe. Forse era così che ci si sentiva ad essere come Batman.

Strano.

"Hanno ucciso Jimmy," disse lei. La sua voce era carezzevole, il suo timbro echeggiante, vibrava con lo spessore dell'accento di qualche città. J avrebbe voluto morderle la lingua.

Lui lanciò uno sguardo all'ammasso di carne che probabilmente era stato Jimmy, il piccolo punk che era morto quando J era arrivato.

J alzò un sopracciglio. "Fidanzato?"

La donna scosse la testa, i suoi capelli gli solleticavano il mento. “Vicino di casa” disse con quella sottile vocina “Aveva detto che sarebbe stato meglio se fossimo stati insieme. Sai. La bomba e tutto il resto.”

"Già."

Jimmy aveva probabilmente pensato che quello era il suo biglietto da visita per quel corpo sexy. Proteggi la donna, stai vicino a lei e presto sarebbe stato dentro di lei.

Non era male come piano, se ti piacciono consenzienti. (Come piaceva a J. Era una rarità, con la sua faccia e tutto il resto. E non gli dispiacevano neanche quelle recalcitranti. Si dimenticava sempre di quello che stava facendo prima di arrivare alla parte della scopata e le uccideva. Oops.).

"Beh, uh." J cercò di allontanarsi, ma la donna non sembrava intenzionata a lasciarlo andare. Pensò di colpirla. "Va' via ora," le disse "Sciò."

Lei emise una risatina e quello era, quello era.

Lo guardò in faccia e il suo sorrisino si congelò, i suoi occhi fissi su, oh, giusto, certo.

“È per via delle cicatrici, eh? Vuoi sapere come me le sono fatte?" Joker fece scivolare una mano giù per la schiena di lei, le sue dita sul coltello a serramanico che teneva il tasca. Magari l'avrebbe tagliuzzata un po', le avrebbe dato delle cicatrici sue su cui fissare lo sguardo.

La donna scosse la testa in segno di diniego.

J sbatté le ciglia. Nessuno diceva mai no. Volevano sempre sapere, volevano una storia, una spiegazione, per trovare qualcuno da incolpare. "Non vuoi sapere come mi sono fatto queste cicatrici?" le chiese, per sicurezza. Magari era stupida, non si può mai sapere.

Quegli occhi azzurri erano grandi, grandi, grandi, e guardavano attraverso di lui. L'aveva riconosciuto? Si ricordava di lui dal telegiornale? Era stato l'attrazione del momento per un certo periodo, anche se non si parlava più di lui da un po'.

"Non importa come te le sei fatte," disse, e le sue mani facevano su e giù come conigli spaventati, finché non posò i palmi sulle sue guance. Accarezzo le cicatrici con i pollici, uno su ogni lato della sua bocca e lui rabbrividì. Dannazione. Dannazione.

Finalmente qualcuno che capiva, che vedeva. Qualcuno che sapeva che non importava. Che non cercava una storia, un motivo, vedeva soltanto che le cicatrici erano lì, vedeva il suo volto e lo accettava. J sorrise per lei e lei inarcò le sopracciglia, le punte delle dita vagavano nuovamente sulle cicatrici, ne esploravano i contorni.

"Ho freddo," disse d'un tratto.

J si scostò, stringendo le mani attorno ai polsi di lei. Le pulsazioni erano rapide, battevano contro le sue dita, e il suo respiro si era ridotto a corti ansimi, alternandosi a momenti in cui sembrava che smettesse di respirare del tutto. Shock, capì lui. (Era così intelligente che sarebbe potuto essere un dottore, se non fosse così noioso).

Si allontanò da lei, che questa volta non si oppose, anche se non voleva proprio starsene più lontana di qualche passo da lui. J si tolse la giacca e l'avvolse attorno alle sue spalle. Infilò le braccia nelle maniche e si strinse a se stessa, premendo il naso contro il colletto e respirando profondamente, come se avesse bisogno del suo profumo dentro di lei, come se avesse bisogno di lui dentro di lei.

Sembrava una bambolina. Una piccola bambola di porcellana e oh, quando avrebbe adorato vedere quella porcellana distrutta in pezzi, vedere se c'era solo aria dentro.

Iniziava ad eccitarsi, l'erezione che premeva contro la stoffa dei pantaloni. Lei sembrò non accorgersene. In realtà non sembrava accorgersi di molte cose in quel momento, non faceva altro che guardarlo come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

"Allora, bambolina, dov'è che abiti?" c'era bisogno di riscaldarla, farle bere qualcosa, o sarebbe potuta morire o qualcosa del genere e quello sarebbe semplicemente deludente.

Lei si accigliò, i suoi occhi non sembravano mettere a fuoco i dintorni "Hai intenzione di uccidermi?” gli chiese. Diretta. Gli piaceva.

Ci pensò su per un minuto. Questa donna meritava la verità, proprio perché non gli aveva chiesto nessuna bugia. Penso che se lei glie l'avesse chiesto, le avrebbe anche potuto raccontare la storia delle cicatrici. Essere abbastanza coraggiosi da vedere il mondo per come realmente è meritava una ricompensa, dopotutto.

"Nah, non ti ucciderò," le promise. "Non preoccuparti, mantengo la parola data."

Rise sotto i baffi, chiedendosi nuovamente se lei sapesse, se immaginasse. Sarebbe stato divertente vedere quanti indizi avrebbe potuto darle prima che lo capisse. Se non lo sapeva già. Chi sapeva cos'avrebbe fatto? Le barzellette di cui non sapeva la battuta finale erano le migliori.

Rivolse lo sguardo agli uomini morti nel vicolo. Non le avrebbe mai fatto questo ora. Peccato. Ma aveva promesso e le sue promesse, valevano qualcosa. Avrebbe potuto fare ciò che voleva a quella donna, ma non l'avrebbe mai, mai uccisa. Neanche se fosse stata lei a volerlo.

Magari avrebbe provato a farglielo desiderare. Quello sarebbe potuto essere divertente. Ironia della sorte.

Ritorniamo agli uomini morti. J li perquisì per trovare qualcosa di utile. Niente di così insignificante come il denaro. I soldi non importano quando si ha appena preso ciò che si desidera. Come il suo dolce nuovo coltello.

Nessuno di loro aveva niente d'interessante. J prese il coltello da cucina, perché no, e poi ci pensò su qualche secondo prima di porgere la mazza da baseball alla donna.

"Hey, hey, hey," la fece oscillare di fronte a lei poiché non sembrava capire cosa bene volesse. "Prendila. Se ci attaccano tu, uh, colpisci alla testa e alle palle. La testa confonde la vittima, il bassoventre indebolisce. Non colpirmi.”

Rimase imperturbata nonostante l'avvertimento nella sua voce. Shock. Beh, sarebbe stato meglio che si ricordasse ciò che le aveva detto, comunque. Le sue mani strinsero la mazza, la sua stretta era fievole. J decise che andava abbastanza bene, ci avrebbe lavorato su quando avesse smesso di tremare, quando sarebbe stata più in se. Sperò che sarebbe accaduto in fretta, non voleva che lo annoiasse.

Uscì dal vicolo e lei lo seguì, esattamente come sapeva avrebbe fatto.

"Hey, um," lo chiamò, i suoi piedi facevano “tic tac” sul cemento mentre lo raggiungeva “Come si chiama, Signor...?"

"J," le disse senza pensarci. Non era il suo nome, ma era un soprannome, anche se lui era l'unico che lo avesse mai usato e soltanto nel silenzio della sua mente. Ma che importava, per lei poteva andar bene.

"Mister J," ripeté. "Okay. Io sono Harleen."

J rise. "No. No. Non mi piace. Non fa per te."

Lei scrollò le spalle e J si voltò, attirandola verso di lui, un braccio stretto attorno alla sua vita, mentre con l'altra mano le afferrava il mento. Le voltò la testa da una parte all'altra, le sue guance facevano “ciac” tra le sue dita, e lei glielo lasciava fare. La lingua della donna guizzò al lato della sua bocca. J la imitò, sfiorando le cicatrici con la lingua.

Harleen. Lena. Leni. Harl. Arli. Harli.

"Harley, Harley, Harley," Joker mormorò, modellando le labbra attorno alle sillabe.

"Sì, Mister J?" chiese lei. E, brava ragazza, brava bambolina, sapeva già il suo nuovo nome. Harley. Molto meglio di Harleen. Persino perfetto.

"Portami a casa, Harley."








Note dell'Autore

Si tratta di una personale traduzione dall'inglese del primo capitolo dell'omonima storia. Spero che non sembri troppo "una traduzione" e che scorra bene, in tal caso si accettano correzioni e appunti, benevoli possibilmente ahahah 
Ho deciso comunque di non proseguire nella traduzione del resto della storia, ma di lasciarla come una one-shot o continuarla da me in maniera completamente diversa dall'originale, purtroppo i capitoli seguenti non mi hanno presa come il primo. Per chi volesse continuare a leggerla in originale lascerò qui il link della storia: Killing Time All credits to: pristineungift. Non si tratta di uno scritto a scopo di lucro.

 

  
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