- Victoria, va tutto bene?
Se ne restava immobile con un pennello in mano a fissare un punto invisibile a chiunque tranne che a lei, ma che presto lo sarebbe stato non appena avesse deciso di imprimerlo in quella tela. O almeno era quello che aveva fatto fino a qualche istante prima, ritrovandosi adesso a chilometri di distanza da quel luogo.
La donna si riscosse, si girò verso di lei con un mezzo sorriso.
- Si, certo.
- Posso dirti che ha un non so che di morboso quello che fai?
- Soprattutto non ti fa bene.
- Non sono del tuo stesso parere. Ne ho bisogno.
- Si ma dovresti riposare. I tuoi progressi si sono fermati e sono abbastanza sicura che dipenda dal fatto che non ti dai tregua, sotto qualsiasi aspetto.
- Katrin, ne abbiamo già parlato. Mi dispiace se ti preoccupi per me, ma francamente quello che faccio non ti riguarda. Non ho bisogno di una balia.
- Rimpiango già l’assenza di abuelita.
Tutto quello che le aveva detto la curatrice quel giorno era vero, lei non poteva fidarsi di lei perché non era stata in grado di farle sentire la profondità del suo amore. Ma ripensando ai mesi trascorsi insieme non poteva non pensare che in quel periodo non avrebbe potuto agire diversamente, molte cose mettevano in dubbio la sua vita, troppe cose stavano accadendo e lei non era stata in grado di capire l’opportunità che la vita le stava regalando.
Dopo anni di sofferenza e incertezza l’esistenza aveva aperto uno spiraglio alla felicità mettendole sul suo cammino una persona che racchiudeva tutto il suo mondo, tutto quello che aveva sempre desiderato, e si odiava nonostante tutto per non essere stata in grado di riconoscerlo.
Quindi adesso si ritrovava aggrappata all’unica cosa che le dava sollievo, il suo lavoro e non aveva nessuna intenzione di mollare la presa. Si compativa un po’ perché in fondo lo vedeva come l’ultimo legame che aveva con Ruth. Per quanto si ripetesse che non fosse ancora finita, una piccola voce le sussurrava di abbandonarsi alla rassegnazione. Voce che spesso ricacciava via con rabbia ma che a volte, quando era da sola nel buio e nel silenzio della sua stanza, si ritrovava ad ascoltare e a versare tutte le sue lacrime che quel sussurro le scatenava.
Victoria si avvicinò alla finestra guardando fuori, fece un profondo respito.
- Ormai la primavera è nell’aria.
- E’ buffo, un anno fa ci ritrovavamo qui con te che cercavi di convincermi a tornare a lavoro, e adesso invece vorresti farmi smettere.
- Non ho mai detto che dovresti smettere, ma di abbassare il ritmo. Tu non conosci mezze misure….
- Voglio andare via.
- Come scusa?
- Voglio andare a casa.
- Ma tu ci sei già. Di quale casa stai parlando?
- Quella di mia madre, quella dei miei avi. Ho bisogno di sentire qualcosa di profondo e impottante per me. Qualcosa che mi ridia equilibrio.
- Vic, ma che cosa stai dicendo? E poi non puoi ancora..
- A differenza di quello che pensi ho fatto dei progressi, potrei partire in qualsiasi momento.
- Ma per quanto tempo.
- Non so, forse per sempre.
- Ma come farai con le tue cure, il tuo amatissimo lavoro?!
- Posso dipingere in qualsiasi posto, e per le mie cure, qualcosa mi inventerò.
- E a me? A me non pensi? Che cosa dovrei fare io?
- Vivere la tua vita ad esempio non sarebbe sbagliato. Dedicarti a te stessa e alla ricerca della tua felicità. Magari senza me intorno potresti anche incontrare qualcuno, e chissà, magari innamorarti.
- Vic…
- Kat. Lei non tornerà da me, ormai l’ho capito, e non voglio fare lo stesso errore che ho fatto con Dana rimandendo a vivere nell’attesa di qualcosa che… se devo continuare a vivere devo trovare il modo meno doloroso per farlo, o forse più radicale.
- Un cambiamento può far solo bene ad entrambe.
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- Ruth, va tutto bene? Sembri distante mille miglia – sorrise un po’ imbarazzata notando lo sguardo che le aveva lanciato la sua interlocutrice
- Si va tutto bene.
- E’ che a volte è così palese il muro che c’è fra di noi che mi destabilizza.
- Non c’è nessun muro credimi, e mi dispiace se senti questo.
Aveva capito sin dall’inizio che la donna provava un certo interesse per lei così si ritrovò a pensare che anche quella sarebbe potuta essere una buona cura, aprirsi ad un'altra persona, provare a concentrarsi su qualcuno che non fosse Victoria.
Così avevano iniziato ad uscire, trovava quella donna molto divertente, i suoi lineamenti di origine medio orietale l’avevano affascinata, la trovava molto sexy. Sarah era un chirurgo, e Ruth aveva avuto modo di constatare di come fosse una persona dalla vasta cultura. Le piaceva molto stare ad ascoltare i racconti delle sue esperienze come medico volontario nei paesi del terzo mondo. Insomma, restava a guardarla e si ritrovava a pensare che sulla carta era la donna perfetta, ma nonostante questo si era resa conto presto che tutto questo non le bastava per riuscire a lasciarsi andare, l’unica cosa che era stata capace di fare era stato quello di baciarla davanti la porta di casa e di scappare subito dopo per non rischiare di dover rifiutare un’invito a salire.
E questo ormai era la conclusione di ogni singola uscita.
Ma non si soffermava molto ad analizzare il reale motivo per cui non riusciva ad aprirsi a quella nuova situazione o a cercare di dare un nome a quel senso di colpa che avvertiva tutte le volte che Sarah cercava un contatto fisico, sentimento che la induceva a respingerla con delicatezza cercando in vano di non ferire i suoi sentimenti.
Ma l’aver espresso i suoi sentimenti a piena voce aveva risvegliato Ruth facendole capire che non era stata in grado di celare il suo disagio. Ruth si riscosse cercando di cambiare argomento.
- Allora, verrai alla cena per il mio compleanno?
- Si, mi rende felice sapere che vuoi che io ci sia.
- Perché non vorrei?
- Mi era sembrato di capire che avevi organizzato quelcosa per gli amici più intimi.
- Si, voglio che tu ci sia.
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Ruth era stata impegnata tutto il giorno a cucinare e a lavorare per rendere perfetta la cena che si sarebbe tenuta nel suo appartamento, da lì a qualche minuto sarebbero iniziati ad arrivare gli invitati, che si riducevano in Harry e Hanna, Beth, Sarah e il fratello con la famiglia al completo. In tutto sarebbero state nove persone, e si riteneva soddisfatta del risultato di quello che aveva cucinato. Beth, secondo il suo personalissimo punto di vista, era venuta a darle una mano sin dalla mattina, ma il massimo con cui era riuscita a contribuire era stato di aprire il vino e di versarlo di tanto in tando nei bicchieri e di berlo durante la preparazione delle pietanze e della sala da pranzo.
Quando il citofono aveva suonato, Ruth si stava guardando allo specchio della sua camera, aveva fatto una doccia veloce e si era cambiata e adesso, dopo aver indossato una lunga collana e gli orecchini, si ritrovava a fissarsi negli occhi, una strana malinconia le aveva afferrato il cuore. Si riscosse sentendo Beth parlare con qualcuno e riconoscendo nell’altra voce Sarah.
Uscendo dalla stanza le andò incontro con un grande sorriso e baciandola velocemente su una guancia per salutarla, quando l’altra donna aveva già proteso le labbra. Solo Beth si rese conto dello sguardo deluso dell’altra donna dopo quel gesto non curante, e scosse con un mezzo sorriso la testa.
- Hai veramente una bella casa.
- Ti ringrazio.
- Beh penso che anche tu avrai una bellissima casa.
- Sicuramente meno calda ed accogleinte di questa
- Si, Ruth ha costruito il suo nido in maniera eccellete.
Non appena aveva aperto la porta le nipoti le corsero incontro con un pacco nelle mani eccitate, Ruth rimase a parlare con loro aprendo quel regalo di cui andavano molto fiere.
Subito dopo la padrona di casa servì del vino e un piccolo aperitivo, e l’atmosfera si riempì presto del suono delle loro chiacchiere allegre e spensierate. Che continuarono non appena si sedettero a tavola.
- Sicura che sia tutto commestibile?
- Piantala Harry!
- Sicuramente è molto più di quanto riusciresti a fare tu.
- Se è per questo allora ci vuole veramente poco. Comunque ho il telefono sotto mano per chiamare i soccorsi.
- Ma perché siete tutti così poco fiduciosi delle mie doti culinarie?!
- Per il semplice motivo che non ti abbiamo mai visto farlo.
- Harry…. Ti ricordo che se non fosse stato per me subito dopo il college saresti morto di fame.
- Vero, ricordo che sapevi far diventare appetitosa una scatoletta di carne con dei pomodori.
- Beth, non darle corda! Ma… è vero. Dai lasciati prendere in giro.
- Brava sorellina. Ottima cena.
- Si concordo.
Sorprendendo tutti suonò nuovamente il citofono. Tutti gli sguardi si concentrarono sulla padrona di casa.
- Aspettavi ancora qualcuno?
- No.
- A quanto pare c’è una consegna per me.
Quando firmò per la consegna le diedero anche un biglietto che accompagnava il pacco.
Per un attimo le tremò il cuore.
Quando chiuse la porta era stata raggiunta dagli altri presenti in casa.
Ruth rimase a fissare quell’involucro incerta, poi allungò una mano strappando la carta che lo avvolgeva ritrovando a fissarsi su quella tela in bianco e nero e l’unico tono di colore era il bronzo.
Era la sua immagine, non c’era alcun dubbio ma allo stesso tempo era talmente bella da non poter sembrare un essere reale. Quella donna dallo sguardo fiero, limpido, che sapeva passare attraveso la persona che aveva di fronte, e un mezzo sorriso che un po’ tutti in quella stanza conoscevano, quello che le si dipingeva sul viso quando era soddisfatta e orgogliosa di qualcosa che aveva fatto. Il volto incorniciato dai suoi lunghi capelli, che con le onde che li caratterizzavano, imprimevano movimento al dipinto, lasciavano intravedere il suo lungo e bellissimo collo fino a dove si incastonava nel petto per poi perdersi nella linea delle spalle che terminavano il dipinto.
C’era l’essenza di Ruth in quel quadro, chiunque lo guardasse riusciva ad intravedere la sua anima, il suo essere. E la proprietaria in quel momento ne era fortemente turbata e messa a disagio.
Le persone presenti restavano in un silenzio stupito ad osservare sia il quadro che la padrona di casa, fino a quando non la videro aprire il biglietto che lo aveva accompagnato.
“ E’ il vuoto della tua assenza quello che sento in pieno petto. Mi domando se passerà mai, ma la verità è che non so se ho voglia che questo intenso dolore svanisca, è la testimonianza che c’è stato un noi, che hai fatto parte della mia vita.
Questo dipinto e il mio regalo per te, insieme al mio addio, Ruth, so che il tempo ti regalerà di nuovo sorrisi, ma so anche che tu non tornerai più da me. V.“
Nel leggerlo la sua espressione in un primo momento era passata dall’ accigliata all’inespressività più totale, solo la mano che lo teneva tradiva un legero tremore. Non appena finito di leggerlo lo piegò riponendolo in una stasca dei pantalono rivolgendo un ultimo sguardo al dipinto per poi rivolgersi agli amici che la gurdavano perplessa. Sarah fu la prima che ruppe il ghiaccio, comprendendo che dietro quel bellissimo quadro c’era qualcosa di più profondo di un semplice regalo di compleanno.
- E’ un dipinto stupendo.
- Si, molto bello. – La prese per mano e rivolgendosi agli altri – che ne dite di tornare alla nostra cena? Fredda diventerà realmente immangiabile.
Fu una lunga serata, tutti i presenti si trovavano a loro agio e sembrava che nessuno avesse voglia di farla terminare. Ma all’una suonata, quando ormai le bambine dormivano sul divano e anche Harry aveva iniziato a sbadigliare capirono che era ora di andar via. Il fratello insieme ad Harry avevano preso in braccio rispettivamente una delle due ragazzine addormentate e si diressero accompagnati all’entrata dalla padrona di casa passando nuovamente davanti al dipinto di Victoria. Ma nessuno fece ulteriori commenti. Anche Beth aveva preso la giacca con sorpresa si Ruth.
- Pensavo che restassi a dormire.
- Non è a me che dovresti chiedere di rimanere.
- Buonanotte Ruth.
Quando le porse il bicchiere Ruth si sarebbe aspettata di vederla sederdi accanto a lei sul divano, invece andò a sorseggiarlo davanti al dipinto inaspettato, osservandolo con attenzione.
- Sicuramente chi lo ha creato deve conoscerti molto bene.
- Non abbastanza.
- Non quanto avresti voluto tu?
- Come scusa?
- Non capivo perché mi tenessi lontana. O alemeno, sapevo che c’era qualcosa, ma stasera ho compreso cos’è.
- Ok. E’ vero, a volte riesco ad essere distante ma..
- Non prendermi in giro, per favore. Tu ami un’altra persona, e magari è proprio l’autrice di quel dipinto.
- E’ vero, l’ho amata.
- Voglio che tu mi aiuti a dimenticarla, a cancellarla totalmente dalla mia vita. Voglio che mi insegni nuovamente a fidarmi di qualcuno.
Solo per un attimo l’attenzione di Ruth fu di nuovo attratta da quel dipinto, poi chiuse gli occhi e si lasciò condurre verso la camera da letto.