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Autore: RedRuby    24/08/2016    1 recensioni
Dal primo capitolo: — Chi sei? — Chiese lei, con fare poco amichevole. Jin sollevò lentamente le braccia, mostrando di essere innocuo. Forse ci mise un po' troppo per rispondere, perché lei lo colpi abbastanza delicatamente con la pistola da non farlo svenire, ma da farlo male.
— Lex! — La riprese il ragazzo che l'aveva aiutato poco prima. Lei gli lanciò un'occhiataccia e poi si rigirò verso Jin. La sua espressione valeva dire "allora?" in un modo altrettanto poco amichevole. — Mi chiamo Jinyu, — Rispose. — sono un chirurgo. Abitavo a Manhattan e sto andando a cercare mio fratello a Seattle. Okay? — Terminò, arreso.
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La storia ha un alto contenuto SLASH, se avete qualche problema con questo, siamo nel 2016, svegliatevi.
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte era ormai inoltrata e la strada inglobata nella solita oscurità era deserta.
L'uomo al volante sospirò profondamente. Spostò gli occhi dal taglio tipicamente asiatico dall'orizzonte alla spia del carburante. Cazzo... ci mancava solo questa, pensò, irritato.
Guidò lentamente fino a scorgere delle luci lampeggianti in lontananza. Fu non poco sorpreso di vedere delle luci ancora funzionanti: di solito era tutto spento. Avanzò e scorse una stazione di benzina e a destra, un bar.
Be', che colpo di fortuna.
Accostò e uscì dal veicolo. Guardandosi intorno non vide anima viva... né anima morta.
Dal sedile posteriore prese una lunga lama pesante e la sua pistola.
— Un altro bar, un altro pranzo... — Disse, fra sé e sé. Strinse il machete nella mano e mise la pistola dietro la sua schiena, intrappolata nel jeans scuro e sporco di sangue.
Più che mangiare avrebbe pagato per avere una doccia con l'acqua calda e dei vestiti puliti, ma si adeguava. 
Camminò lentamente verso la stazione; si guardava intorno con fare sospettoso, anche se non sembrava esserci nessuno di cui preoccuparsi. Arrivato, esaminò alcune taniche di benzina messe al lato. Vuote...
Si voltò di scatto dopo aver sentito un rumore. Una mano era già a stringere la pistola dietro la sua schiena. Non c'era nessuno se non una lattina che rotolava poco più avanti, comparsa dal didietro di un muro di mattoni. Camminò lentamente verso l'oggetto e si chinò per prenderlo. Ci guardò dentro, ma era vuoto e sporco di sangue sull'apertura. Piuttosto mi faccio mangiare da un'ordata di quei cosi.
Non ebbe il tempo nemmeno di pensarlo che udì dei grugniti e si voltò da dove la lattina era rotolata. Sgranò gli occhi e vide cinque o sei soggetti che stavano divorando tutti insieme un'unica ragazza. O almeno quello che era rimasto di lei.
Uno dei vaganti si accorse dell'uomo e con un verso delicato quanto le unghie su una lavagna avvertì gli altri. Così fu, e si ritrovò a scappare dal gruppo. Pensò anche di spararli o di affrontarli col lungo coltello da macellaio, ma una delle soluzioni avrebbe fatto troppo rumore e peggiorato la situazione e per l'altra erano semplicemente in troppi. Correre era la cosa giusta e così stava facendo. Si accorse dalla porta di metallo del bar e ci si fiondò dentro. Riuscì ad aprirla mettendoci non poca forza. Che cazzo è?  Un caveau, che ha bisogno di essere tanto pesante?!
Richiuse la porta alle sue spalle, lasciò cadere il machete sul pavimento di legno e con tutta la forza che aveva tirò la maniglia intagliata verso di sé per richiudere il più velocemente possibile. Bloccò poi quest'ultima con il machete stesso, messo fra la maniglia e l'apertura della porta. Aprendosi da dietro, la teneva ben chiusa.
Indietreggiò e sospirò, chiudendo gli occhi. Dovrei stare più attento, forse, pensò, cercando di rallentare i suoi battiti cardiaci, poi li riaprì e si voltò. Ad attenderlo c'era un'altro dei vaganti che lo attaccò non appena gli fu davanti. Jin provò ad indietreggiare ma, nonostante la stazza esagerata, il vagante agì più velocemente e gli si lanciò addosso. Entrambi finirono in terra, Jin che tentava di non diventare il prossimo pasto del mostro obeso e questo che invece gli sbavava in faccia e cercava di divorarlo, facendo scattare la mascella - tra l'altro visibile attraverso la carne nera, putrefatta e nauseabonda - più volte e di certo il tizio avrebbe avuto bisogno di una mentina fresca o di un buon set per l'igiene orale tutto nuovo.
Si sentì un potente colpo di sparo e finalmente il vagante che invece di vagare rotolava, gli morì addosso. O meglio, gli rimorì addosso.
Jin si arrese e lasciò le braccia sul pavimento, a contornargli il volto. Il corpo si stava muovendo sopra di lui finché non fu completamente per terra. 180 chili di meno, pensò, riprendendo fiato. L'unica cosa che vide fu poi una mano attaccata ad un braccio attaccato ad un busto attaccato ad una testa, la testa di un uomo. Aveva le sopracciglia corrugate ma gli angoli della bocca sollevati, in un sorriso. Era bello, davvero bello, ma non ebbe il tempo di rifletterci troppo su che strinse la sua mano e si fece aiutare a sollevarsi. Il divario d'altezza era quasi nullo e da sollevato era anche più attraente. Quando fu in piedi, il suo sorriso malcelato si trasformò in un arma di distruzione di massa: mostrò i denti bianchi e provò ad aprire bocca per parlargli, ma lo fermò una donna, puntando la pistola dritto alla tempia di Jin, distraendolo da tale meraviglia. Non è un bel momento per prendersi una cotta, evidentemente...
— Chi sei? — Chiese lei, con fare poco amichevole. Jin sollevò lentamente le braccia, mostrando di essere innocuo. Forse ci mise un po' troppo per rispondere, perché lei lo colpi abbastanza delicatamente con la pistola da non farlo svenire, ma da farlo male.
— Lex! — La riprese il ragazzo che l'aveva aiutato poco prima. Lei gli lanciò un'occhiataccia e poi si rigirò verso Jin. La sua espressione valeva dire "allora?" in un modo altrettanto poco amichevole. — Mi chiamo Jinyu, — Rispose. — sono un chirurgo. Abitavo a Manhattan e sto andando a cercare mio fratello a Seattle. Okay? — Terminò, arreso.
— Puoi abbassare le mani. — Gli venne detto con tono pacato dal tizio con la donna. Jin le abbassò lentamente ma lei teneva la pistola puntata alla tempia e l'espressione adirata.
Ora che poteva vederli meglio, mostravano non pochi segni fisionomici in comune, partendo dal fatto che erano entrambi molto molto belli. Lei era più bassa, i capelli lisci e lunghi, stretti in una coda di cavallo dietro la nuca color ebano. I suoi occhi erano di un acceso azzurro, molto penetranti e il viso tondo. Lui, invece, aveva gli occhi più scuri, fra il verde e il nocciola, lo stesso viso tondo, un signor naso e i capelli dello stesso colore di lei sparati in testa senza un vero senso. 
— Dai, Alexandra, metti giù la pistola, è un medico, quanto può essere pericoloso? — Lei lentamente eseguì l'ordine con gli occhi ridotti a due fessure. — Sai che non dovremmo fidarci di nessuno, vero, Matthew?
Lui oltre il bancone del bar, che esaminava qualche bottiglia di liquore, scosse le spalle. Lex si allontanò da Jin e cominciò a frugare un po' in giro. — Vedo se c'è del cibo decente.
Ad un tratto l'uomo asiatico si sentì invisibile. Con la voce di uno che si intromette spudoratamente, disse: — Voi due state insieme? — Chiese, e poi approfittò per scavare di più nella superficie. — Insieme insieme?
Matthew si voltò verso Jin con gli occhi chiusi ed un sorrisetto imbarazzato. — No, no. Siamo fratelli. Io sono Matthew Stone e lei è Lex... Alexandra.
Jin ricambiò il sorriso e fu stupefatto. — Alexandra Stone?! Quella Alexandra Stone?
— Se intendi la psicologa: sì. — Rispose lei, ritornando, soddisfatta. — Sono io.
Jin lanciò uno sguardo a Matt e lo vide roteare gli occhi, questo lo fece sorridere. 
— Per essere una psicologa non sei molto brava ad accogliere le persone... probabilmente la tua fama ti sopravvaluta.
— Di questi tempi, Jin, non ti puoi fidare di nessuno. — Il fratello stava per aggiungere ma lei lo fermò subito. — No, Matt, nemmeno un chirurgo, anche se effettivamente ci farebbe comodo un medico in giro. Io sono negata in queste cose e lui — Continuò, riferendosi a Matt. — è soltanto un insegnante. I lavori che servono oggigiorno sono il medico e uno che sappia usare bene le armi, nient'altro.
— "Soltanto un insegnante". — Le fece il verso, mimando le virgolette con le dita dopo che ripose una bottiglia di tequila sul bancone. — Lo dici come se non fosse un lavoro importante. Io apro le menti! — Fece, con un gesto delle mani che andavano a formare un arco nel vuoto. — Be', sì, anche io. — Rispose Jin. — Ma io lo facevo letteralmente. — Rise e Matt lo guardò con aria d'inferiorità, l'altro lo rispose con un occhiolino e si sorprese del suo comportamento: non faceva certe cose, anzi, di solito era molto scostante, soprattutto col sesso opposto. La sua bisessualità era... riservata alle donne, di solito.
— Quindi vieni da New York, giusto? — Chiese lei, mettendosi davanti a Jin che era rimasto fermo ad osservarli per tutto il tempo. Le braccia incrociate. Lui annuì.
— Noi ci dirigevamo lì... — Fu presa dallo sconforto. — ma se te ne vai, evidentemente non è un buon posto.
— Era questo che ci dicevano. — Aggiunse Matt, avvicinandosi alla sorella, con la stessa espressione di delusione. — "New York è la nuova via di salvezza!", dicevano. "A New York non c'è traccia dei mostri, è un posto sicuro". Evidentemente erano tutte cazzate.
— Evidentemente sì, ragazzi, mi dispiace. Io stavo cercando soltanto un po' di benzina per l'auto che è in panne e magari qualcosa da mettere sotto i denti. Poi dei vaganti mi hanno attaccato e poi voi due...
— Vaganti? — Chiese Matthew. — È così che li chiami?
— Noi ci limitiamo a "zombie", come nei film. — Riprese Lex. — E comunque mi dispiace per averti colpito. — Indicò per un secondo il rossore sulla tempia di Jinyu con un movimento della mano. — Ti direi di prendere tutto ciò che ti serve, ma non c'è cibo e di benzina non ne ho vista qui e nemmeno fuori, quando siamo arrivati.
— Perfetto! — Sospirò. — Quindi sono a piedi.
— Be', magari per farci perdonare possiamo darti un passaggio fino a Seattle per trovare tuo fratello. — Fece Matthew, sorridendogli e guardandolo dritto negli occhi. Al contrario, Jin, quando lui parlava gli fissava le labbra rosee. — Ormai New York è andata e non abbiamo un'altra meta.
— Magari dovremmo parlarne prima, non credi? — Si intromise la sorella. 
— Scusa, andiamo a parlare un attimo di te. — Si congedò Matt e i due si allontanarono da lui e presero a bisbigliare. Non era un litigio particolarmente acceso, ma "non lo conosciamo nemmeno", "chissà cosa potrebbe farci" echeggiarono più o meno in tutto il bar. D'altra parte Matthew diceva cose tipo "non possiamo lasciarlo senza un'auto" o "abbiamo bisogno di un medico" ...
Jin si guardò un po' intorno, per camuffare il fatto di stare sentendo perfettamente tutto.
Il bar aveva una struttura rettangolare. Oltre la porta d'entrata, a destra partiva il bancone in legno lucido e subito dietro, una parete di bottiglie e incastonata in un angolo, dall'altra parte della stanza, c'era una televisione. A sinistra, invece, c'era qualche divano rivoltato e i quadri che prima erano appesi, si trovavano al suolo, distrutti. Il pavimento in parque e anche il muro era ricoperto di legno. 
— Ci abbiamo riflettuto su — Si riavvicinarono e a parlare fu la psicologa. — e non possiamo semplicemente lasciarti qui. — Jin sorrise e lanciò un occhiata a Matt, che anch'esso sorrideva. — Ma vogliamo sapere se hai dei medicinali con te, cibo, qualunque cosa.
— Medicinali? No, mi dispiace. Mi sono portato dietro soltanto lo stetofonedoscopio e lo sfigmomanometro.
Matthew ed Alexandra si guardarono per un secondo e poi riportarono lo sguardo confuso a Jinyu. Contemporaneamente dissero: — Che?!
Il medico roteò gli occhi. — Stetoscopio e quell'aggeggio per misurare la pressione, okay?
— Oh! Certo. Usa parole umane, medico. — Rispose Lex, dicendo l'ultima parola come un insulto. 
— Ma fuori c'erano un gruppo di zombie, non posso andare in auto a prenderli. — Aggiunse Jin, indicando con il pollice la porta dietro le sue spalle. — Magari sono andati via.
— Ma magari no, quindi meglio evitare. Matt, va' a vedere se c'è una porta sul retro. — L'uomo andò senza protestare. — Hai qualche altra arma oltre il machete con cui hai bloccato la porta, lì? — Chiese lei. 
Jin era indeciso se dirle della pistola che si portava dietro. Avrebbe potuto mentire tranquillamente e tenerla per sé... 
— Non c'è nessuna porta, ma ho visto una finestra e uno alla volta potremmo uscire da lì. — Ritornò Matthew, quasi con il fiatone. — L'unico problema è che è bloccata, non sono riuscito ad aprirla.
Lex annuì e si mise a pensare. — Magari potremmo trovare qualcosa con cui sbloccarla. Dividiamoci, tanto questo posto è piccolo. Se succede qualcosa... urlate. — Jin prese in mano la situazione e i due fratelli si dileguarono in cerca di qualunque cosa. Matt stava controllando la zona dei divani e Lex frugava dietro il bancone. — Di solito non hanno tutti un fucile dietro questi affari per alcolizzati?
— Alexandra, da quanto non vedi un film? — Rise Jin e lei sorrise a malapena. 
— Diciamo che negli ultimi tempi... — La voce di lei si fece triste, come se il solo pensare alla sua vecchia vita le facesse riemergere tutti i sentimenti del passato. — non ho avuto il tempo di guardare molti film.
— Tranquilla, nemmeno io. Quando mia moglie è morta non ho passato un bel periodo, ovviamente. — Matt, dall'altra parte, si voltò non appena sentì la parola "moglie", ma non disse niente. Jin andò dietro il bancone con Lex, seguito dallo sguardo del fratello. Lei si mise una mano sulla spalla del medico. — Mi dispiace, per tua moglie. Vuoi parlarne?
Jin scosse il capo. — Troviamo qualcosa per andare via di qui, voglio trovare mio fratello e sapere che sta bene. — Lex annuì e si rimise alla ricerca di qualcosa. 
Jin attraversò il bancone e prese a cercare dietro uno dei divani, insieme a Matt. — Puoi aiutarmi a sollevarlo? — Chiese quest'ultimo, mettendo le mani sotto il mobile. Jin non rispose e si mise al suo fianco, anche lui con le mani vicine a quelle di Matt. I due fecero forza e lo sollevarono. — Vedi qualcosa qui sotto? — Chiese Jin. L'insegnante diede uno sguardo e scosse il capo. — Rimettilo giù, controlliamo l'altro. — E così fece. Jin si rialzò aiutato da Matt. — Quindi... avevi una moglie? Mi dispiace che...
— Va tutto bene. È passato tanto tempo. — Si avvicinarono all'altro divano, distrutto a tal punto che si poteva vedere attraverso. — Mi sa che dovremmo cercare qualcos'altro. — Sbuffò Matthew.
— Trovato niente? — Chiese Lex, a gran voce. Matt e Jin risposero contemporaneamente di no e lei sospirò, avvicinandosi ai due. — Come possiamo fare?
— Sarà da pazzi... — Esordì Jin. — ma potresti togliere il machete dalla porta, magari adesso sono andati via.
— E se così non fosse?
— Noi due — Rispose, riferendosi a se stesso e a Matthew. — possiamo tenere ferma la porta mentre tu sblocchi la finestra.
— Sì, ma se ci riesco poi come mi raggiungete?
— Corriamo. — Disse Matt incrociando le braccia e meritandosi una bella occhiataccia da parte della sorella. — Sei stupido? Anche se riuscissi ad aprirla, è troppo in alto e dovremmo aiutarci uno alla volta. Se quei cosi entrano e noi stiamo ancora uscendo, è finita.
— Non possiamo nemmeno rimanere per sempre qui dentro, Alexandra! — Terminò l'insegnante. — Ragazzi, — Riprese Jin con voce pacata. — vale la pena tentare. Vi aiuterò io a salire e poi voi darete una mano a me, così se succede qualcosa almeno voi sarete insieme, okay?
— E lasciarti qui?! — Aggiunse Lex, scuotendo il capo. — No, mi dispiace.
— Andiamo, mi avete conosciuto venti secondi fa, quanto potrò mancar-
— Dovremmo farlo. — Disse Matthew senza guardare Jin. 
E così fu. Tutti e tre vicino alla porta bloccata dalla lama. Si scambiarono un'occhiata per un paio di volte e poi partirono. Lex sfilò il machete dalla porta e questa parve ferma. — Forse se ne sono andati dav-
La porta si dischiuse ed entrarono mani e braccia. Jin e Matt si fiondarono su di essa e spingevano con le spalle e le schiene. — Lex, corri, vai! — Urlò Matt, spingendo. La donna andò nella stanza angusta dove si trovava la finestra. Si guardò indietro e vide i due uomini faticare non poco. Forse gli zombie lì fuori non se n'erano andati, ma addirittura aumentati.
Strinse bene il machete in mano e accoltellò un angolo della finestra. Cercava di aprirla infilando la lama sempre più in profondità e muovendola in alto e in basso.
— Lex?! — Si sentì urlare, ma lei non capì chi dei due la chiamò.
— È bloccata, datemi un attimo! — Rispose, provando a fare con più forza. Perse la presa sul manico di plastica e scivolò sulla lunga lama. Urlando lasciò l'arma. La lama era ricoperta di rosso, così come le sue mani. Guardò ancora una volta indietro e vide Matt e Jin venire verso di lei: la porta era spalancata e gli zombie entravano come acqua da una falla.
— Che diavolo è successo?! — Fece Matthew alla vista di tutto il sangue.
— Al diavolo! — Jin staccò il machete dalla finestra. — Spostatevi dalla finestra! — Urlò, lanciando il machete a Matt che lo prese in modo giusto, fortunatamente. I fratelli andarono alla porta dello sgabuzzino e provarono a chiuderla. Matt tagliava teste, braccia e mani che vedeva, ma il sangue di Lex non faceva altro che attirarne di più.
Jin si allontanò dalla finestra e tirò fuori la pistola, la caricò e sparò al vetro che si infranse in mille pezzi. Rimise a posto l'arma. — Lex, vieni, ti darò una mano a salire! Matt, ce la fai un secondo da solo? — Lui annuì e lei si spostò dalla porta.
— Hai una pistola?! — Chiese sconvolta.
— E ti pare il momento? — Lei non rispose e Jin la issò. Lei riuscì ad uscire.
— Matthew! Tocca a te! — Lui si voltò, mentre faceva peso verso la porta.
— Morirai se mi lasci andare. Possiamo respingerli insieme!
— Non essere stupido! Mi farete uscire di qui, ma se rimani moriremo entrambi e sarà stato tutto inutile!
L'uomo parve pensarci su e poi lasciò la porta. Si affrettò verso Jin e per un millesimo di secondo si fermarono l'uno di fronte all'altro, guardandosi negli occhi. Il tempo, così come i vaganti, parve essersi fermato. Il taglio asiatico degli occhi di Jin lo rendevano attraente, aggiunti alla barba leggermente incolta.
— Ragazzi! — L'urlo di Lex li fece riprendere e Jin sollevò anche Matt, finché non fu fuori dalla finestra. La testa dell'insegnante fece capolino da quest'ultima e vide gli zombie invadere lo stanzino. — Jin! — Urlò Matt, vedendolo indietreggiare oltre l'armata dei mostri.
— JIN! 


 

NOTAE·AVCTORIS
Sono solito dare dei volti ad ogni personaggio principale della storia (per farla breve), quindi ecco i nomi dei personaggi e se cliccate sul nome dell'attore vi si aprirà una pagina apposta con una foto. Grazie. Da notare la fantasia con cui ho scelto i nomi...
  1. Jìnyǔ "Jin" Gāo (劲雨·高) è Godfrey Gao
  2. Matthew Nathan Stone è Matthew Daddario
  3. Alexandra Anna Stone è Alexandra Daddario
  
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